FARNESE, Ranuccio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 45 (1995)

FARNESE, Ranuccio

Roberto Zapperi

Nacque a Roma nel 1509, quartogenito del cardinale Alessandro Farnese, poi papa Paolo III.

Il nome della madre, Silvia Ruffini, non è mai indicato nei documenti, perché, come la sorella Costanza e i fratelli Pierluigi e Paolo, il F. era figlio naturale di un uomo di Chiesa, un cardinale appunto, che, se pure non avesse preso ancora gli ordini maggiori e non fosse prete a tutti gli effetti, non poteva però contrarre matrirnonio ed avere figli.

Il fratello Paolo, nato a Roma nel 1504, morì presto, probabilmente nei primi anni di vita, perché di lui non si fa menzione nel breve di Leone X in data 23 giugno 1513 che ammette alla successione dei possedimenti aviti sul lago di Bolsena, oltre a Pierluigi, già legittimato nel 1505, il F. stesso ancora illegittimo. La sua legittimazione sopraggiunse cinque anni dopo, con atto notarile del 22 marzo 1518, confermato da un breve di Leone X del 5 aprile.

Affidato alle cure dell'umanista Baldassare Molosso da Casalmaggiore, che ne cantò l'infanzia felice in numerosi versi latini, il F. doveva essere avviato alla carriera ecclesiastica. Il breve di Leone X del 1518 gli riconosceva infatti insieme con la nascita legittima, la facoltà di prendere gli ordini sacri e di percorrere la carriera ecclesiastica fino ai gradi più alti. Nello stesso mese di aprile egli venne nominato inoltre protonotario apostolico. Aveva appena raggiunto i dieci anni di età, che il padre, ormai potentissimo cardinale di Curia, gli trasmise come amministratore apostolico il vescovato di Corneto e Montefiascone (in data 13 apr. 1519) che egli deteneva già da venti anni, per via della grande importanza per la famiglia di controllarne, oltre alle entrate, i poteri giurisdizionali sulla diocesi relativa ai possedimenti famesiani. Per mascherare la successione di padre in figlio, proibitissima dai sacri canoni, cedette in data 23 marzo 1519 il vescovato ad un collega fidatissimo. il cardinale Lorenzo Pucci, che lo trattenne i venti giorni sufficienti ad interrompere la successione diretta del piccolo F. al padre. Questi programmi non ebbero però seguito, perché il richiamo delle armi risulterà per il F. irresistibile come per tutti i suoi avi. Il vescovato tuttavia resterà saldamente nelle sue mani fino alla morte, quando fu passato, il 12 nov. 1528, ad un nipote del cardinale Alessandro, Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, primogenito della figlia Costanza.

Nei primi anni del pontificato di Clemente VII, verso il 1525, il F. figura già destinato a tutt'altra carriera e fidanzato ad una ricca ereditiera lombarda, Virginia Pallavicini. La tutrice di questa, Laura Pallavicini Sanvitale, si rifiutò però di consentire al matrimonio, negò la consegna della sua pupilla al legato pontificio che gliela richiedeva a nome del cardinal Farnese e del papa. E neanche l'intervento delle truppe pontificie riuscì ad avere ragione della sua resistenza. Il F. intanto aveva manifestato una precisa vocazione per la carriera delle armi.

Nel marzo del 1526, in previsione della lega antimperiale che sarà conclusa nel maggio a Cognac dal re di Francia con i Veneziani e il Papato, a Venezia si fece il suo nome per una condotta militare. Nel maggio l'ambasciatore veneziano scrisse da Roma che si trattava di un nipote del cardinal Farnese e nel giugno fece sapere che Clemente VII ne caldeggiava la nomina. Sia il cardinale sia il papa premevano perché gli venisse assegnata la condotta di 100 cavalli leggeri e la Signoria, che voleva limitarsi a 80, alla fine dovette cedere. Si decise anche, sempre su pressioni della Curia, che il F. restasse a Roma con la sua gente a disposizione dello stesso pontefice. Inviato in un primo tempo a Velletri, all'approssimarsi delle truppe imperiali che calavano dal Nord guidate dal connestabile di Borbone, il F. rientrò a Roma e quando ai primi di maggio 1527 la città fu presa e messa a sacco, si ritirò in Castel Sant'Angelo al seguito del papa che vi si era rinchiuso. Tra i difensori del castello fino alla capitolazione, sottoscritta il 6 giugno con gli Imperiali, l'abbandonò il 7 con i primi contingenti militari del presidio che si diressero verso Perugia. Sempre al soldo dei Veneziani nel dicembre era in Toscana con 20 balestrieri. Nell'estate dell'anno successivo fu richiamato in tutta fretta al Sud, per soccorrere, con 1100 cavalli leggeri che aveva riavuto, l'esercito francese del Lautrec assediato a Napoli. Il F. vi si precipitò, ma solo per trovarvi la morte alla fine di agosto del 1528.

Per il padre che lo "amava singularmente fu un colpo durissimo. Ancora sette anni dopo la sua morte, l'ambasciatore veneziano a Roma Antonio Soriano, scrisse nella sua relazione del 1535 che il F. era considerato il "suo occhio destro", oltre che una pedina fondamentale nell'abile gioco politico che conduceva con i Francesi e gli Imperiali (il F. era filofrancese e Pierluigi filoimperiale).

Fonti e Bibl.: Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di E. Alberi, s. 2, III, Firenze 1846, p. 321; Calendar of letters, despatches and State papers relating to the negotiations between England and Spain, III, 2, Henry VIII, 1527-1529, a cura di P. Gayangos, London 1877, pp. 236, 949; Leonis X pontificis maximi regesta, a cura di J. Hergenroether, Friburgi Brisgoviae 1884, pp. 193 s.; M. Sanuto, Diarii, XLI-XLII, XLV-XLVI, XLVIII, Venezia 1894-97, ad Indices; Les suites du Sac de Rome par les Impériaux et la campagne de Lautrec en Italie. Journal d'un scrittore de la Pénitencerie apostolique (décembre 1527-avril 1528), a cura di H. Omont, in Mélanges d'archéol. et d'histoire, XVI (1896), pp. 16, 44-45; F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di S. Seidel Menchi, III, Torino 1971, p. 1960; F. de Navenne, Rome, le palais Farnege et les Farnèse, Paris 1913, ad Indicem; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, III, Monasterii 1923, p. 248; L. v. Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1924, pp. 15, 17.

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