Rappresaglia

Dizionario di Storia (2011)

rappresaglia


Istituto di origine molto antica, dal latino medievale represalia, diritto di riprendere con la forza quanto bastasse a risarcire del danno patito. Nel mondo greco vigeva l’uso del rivalersi sui beni o sulla persona del debitore straniero o di suoi concittadini, salvo che intercorressero accordi particolari in senso contrario, intesi a garantire l’asilìa. Nel mondo romano la r. è piuttosto nota come momento dei rapporti internazionali, nella forma di azioni punitive rivolte contro comunità straniere che venissero meno ai loro impegni verso Roma. Nel Medioevo la r. era invece un istituto giuridico per mezzo del quale il creditore, che non riusciva a ottenere l’adempimento dell’obbligazione da parte del suo debitore straniero, otteneva dal proprio comune, esperita ogni via pacifica, la concessione di «lettere di r.», in forza delle quali egli poteva rivalersi nei confronti del debitore, del comune cui esso apparteneva, o dei suoi concittadini. In talune città, come a Bologna, si istituirono particolari magistrati, chiamati ambasciatori delle r., che dovevano recarsi a domandare i risarcimenti richiesti da un cittadino contro debitori d’altro luogo. Lo sviluppo dei commerci e l’ingrandirsi degli Stati italiani, assieme al desiderio di attrarre nelle proprie città l’afflusso dei mercanti, pellegrini ecc., fecero sì che, a mano a mano, le r. fossero contenute e represse. Già nel sec. 9° alcuni trattati fra città avevano eccettuato i mercanti; la Habita (1158) di Federico Barbarossa ne esentò gli studenti di Bologna, privilegio che fu esteso a tutte le altre università; altri privilegi salvaguardarono i pellegrini che si recavano ai luoghi santi. Ma solo verso la fine del Trecento e nel Quattrocento si delineò una vera reazione contro l’uso delle r., come prova il moltiplicarsi dei trattati fra Stati, che si impegnavano reciprocamente a escluderle. Le r., intese in questo significato, scomparvero definitivamente nei secc. 16° e 17°, quando prevalse il principio che lo Stato rendesse giustizia agli stranieri come ai propri cittadini. Nel diritto internazionale odierno, la r. è la reazione di uno Stato a un comportamento illecito e lesivo di un suo diritto, posto in essere da un altro Stato. Essa può essere effettuata sia in tempo di pace sia in tempo di guerra, ma nel primo caso è escluso che uno Stato possa adottare r. che comporti l’uso della forza armata, se non come risposta a un attacco già sferrato. In una ulteriore accezione, si intende per r. una azione o misura punitiva violenta e disumana, indiscriminata, adottata dalla potenza occupante nei confronti della popolazione del territorio occupato, quando questa abbia causato qualche danno a propri funzionari o militari. Tipico il caso delle r. attuate dai nazisti e dall’esercito tedesco nei riguardi delle popolazioni dei Paesi occupati durante la Seconda guerra mondiale; ma anche nei decenni successivi alla guerra non sono mancati casi di r. nel corso dei conflitti che si sono susseguiti in varie zone del mondo.

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