Virtuale, realta

Enciclopedia delle Scienze Sociali I Supplemento (2001)

Virtuale, realtà

Luciano Gallino

Preminenza della definizione radicale di realtà virtuale

Secondo la concezione radicale, la realtà virtuale è una simulazione visiva tridimensionale, generata e controllata dal computer, di spazi, oggetti, persone, integrata da altri stimoli (acustici, tattili, muscolari, ecc.), che nella sua totalità trasmette al soggetto, mentre questi interagisce con essa, l'impressione di trovarsi realmente in un luogo o ambiente diverso da quello in cui è al momento presente. È vero che lo stesso termine viene correntemente usato anche per riferirsi ad artefatti digitali più comuni, quale la rappresentazione in 3D, sullo schermo del computer, d'un edificio, d'una macchina, d'un panorama. Ma la realtà virtuale non avrebbe dato origine all'imponente massa di studi filosofici, sociopsicologici, pedagogici, estetici, letterari che la caratterizzano, a fianco di quelli prettamente tecnologici, se la percezione di chi su di essa riflette non fosse orientata dal senso che quivi si annodano legami inusitatamente profondi del rapporto tra uomo e macchina, natura e artificio, replicazione del mondo com'è e creazione di mondi possibili.

In effetti, stando alla sua storia, la concezione radicale della realtà virtuale contiene in nuce l'ideale punto d'arrivo di questa tecnologia, il suo punto omega, ch'è al tempo stesso la realizzazione materiale d'un archetipo della condizione umana dalle plurime facce verso il quale l'immaginario collettivo la sospinge. Duplicarsi, sì da poter essere presenti con l'intero sé altrove, anche in molti luoghi contemporaneamente, magari con un volto diverso, quando così si desideri: a condizione di conservare la memoria e la facoltà di poter tornare senza scarti al dove di partenza. È questa una delle facce dell'archetipo senza tempo che soggiace alla realtà virtuale e ne anima segretamente la ricerca; laddove esso viene viceversa interpretato come una meta lontana da chi, in concreto, lavora a sviluppare tale tecnologia. L'altra faccia, e una differente meta, è il desiderio di creare e sperimentare realtà diverse da quella che normalmente consideriamo reale, altri mondi resi tangibilmente reali con l'artificio. Simile sfondo presuppositivo spiega come, tolti gli articoli strettamente tecnici, gli studi sul significato sociale e culturale della realtà virtuale abbiano come riferimento preminente, perfino a fronte di realizzazioni talora modeste, la concezione radicale di essa.

Antecedenti della realtà virtuale: letteratura, psicologia, tecnologia

L'ideale della duplicazione del sé, il desiderio a esso congiunto d'esser presenti a distanza, al caso mutando la propria identità; e, insieme con essi, l'immersione bramata o subita in una realtà diversa da quella ordinaria, sono stati realisticamente rappresentati dalla letteratura e analizzati dalla psicologia molti decenni prima di diventare, negli anni sessanta, linee di ricerca e sviluppo delle tecnologie informatiche. In L'Ève future (1886) Villiers de l'Isle-Adam descrive la disperazione d'un giovane lord che si è follemente innamorato d'una fanciulla di stupenda bellezza, ma purtroppo del tutto sciocca. Sull'orlo del suicidio, una via di salvezza gli è offerta dal famoso inventore Thomas Alva Edison. Egli promette all'amico inglese di costruire per lui, con i mezzi prodigiosi dell'Elettricità, una forma umana bella quanto l'originale; ma, diversamente da questo, di squisito intelletto. "Non sarà più la Realtà - assicura l'inventore - ma l'Ideale." Poche sere dopo la donna artificiale compare, e l'inventore precisa che si tratta, al momento, d'una "entità magneto-elettrica" - oggi diremmo un ologramma. (v. Villiers de l'Isle-Adam, 1886; ed. 1992, p. 181). Solo più tardi procederà a ricoprirla di "carne artificiale", un tessuto chimico-elettrico, che renderà perfetta l'Imitazione-Umana, come la chiama Edison; e che noi chiameremmo cyborg, altro riferimento inaggirabile della realtà virtuale contemporanea.

Agli inizi del Novecento, Guillaume Apollinaire crea nel racconto Le toucher à distance il personaggio del barone d'Ormesan. Questi dispone d'un apparecchio che trasmette a distanza non soltanto l'apparenza d'un corpo, ma anche "le proprietà di resistenza tramite le quali i ciechi ne acquisiscono la nozione". Impeccabile anticipazione di quella che si chiama oggi 'retro-alimentazione di sforzo'; così come il "tatto a distanza" del titolo costituisce oggi, alla lettera, sia l'oggetto specifico degli studi di aptica (inglese haptic, tedesco Haptik: 'scienza del senso del tatto'), sia la funzione degli elettro-guanti impiegati nei sistemi di realtà virtuale. Per mezzo del suddetto apparecchio il barone riesce a creare ottocentoquaranta doppi di sé, dislocati in altrettante città.

A un altro letterato, Paul Valéry, si deve l'articolo La conquête de l'ubiquité (1928), in cui prevede che quanto prima si saprà "trasportare o anzi ricostituire in qualsiasi luogo il sistema di sensazioni - o, più esattamente, il sistema di eccitazioni - che è prodotto in un luogo qualunque da un oggetto o un luogo qualunque" (v. Valéry, 1928; ed. 1960, p. 1284). Simile passo sembra contenga per intero il programma della realtà virtuale radicale.Una data fatale della realtà virtuale, anche se l'autore non usa questo termine, è il 1984, quando William Gibson pubblica il romanzo cyberpunk Neuromancer. In esso si descrivono le masse di dati presenti nella rete planetaria - che di fatto diventerà realtà soltanto una decina di anni più tardi, con l'invenzione della tecnologia web per mano di Tim BernersLee del CERN di Ginevra - come se fossero immensi edifici luminescenti, nei quali un navigatore esperto entra ed esce quasi fossero edifici reali. Ai giorni nostri proprio la visualizzazione dei dati è una delle linee di ricerca avanzate della realtà virtuale.

Nel campo delle scienze psicologiche, pressappoco alla stessa epoca in cui Villiers de l'Isle-Adam narrava dell'Eva magneto-elettrica, uno dei loro padri, William James, metteva a fuoco nei Principî di psicologia (1890) l'idea che la realtà che sperimentiamo normalmente sia solo uno dei tanti stati di coscienza possibili; un asserto che si incontra di continuo in molti studi contemporanei sulla realtà virtuale. Del 1907 è il saggio di Sigmund Freud sulla Gradiva dello scrittore Wilhelm Jensen, nel quale il fondatore della psicanalisi analizza le successive apparizioni, nella mente del protagonista del racconto, d'una fanciulla raffigurata in un altorilievo pompeiano. Prima immagine marmorea, poi immagine fantastica, quindi forse un'allucinazione, oppure uno spettro 'reale', uno spettro del mezzodì. Ma "un piccolo particolare nel racconto elimina subito la prima possibilità. Una grande lucertola giace immobile ai raggi del sole; fugge però all'apparire del piede della Gradiva [...]. Niente allucinazione dunque, ma qualche cosa che ha una sua realtà fuori della mente del nostro sognatore." (v. Freud, 1907; tr. it., p. 128). Quando si prova a darne una descrizione oggettiva, assumendo il punto di vista del soggetto, la realtà si scompone su diversi piani, nessuno dei quali appare avere maggiori diritti degli altri al predicato 'vero'. Ma se le realtà sono plurali, esse sono realmente il mondo, o sono costruzioni del soggetto? Seguendo questa linea, studi recenti che stabiliscono un nesso tra gli stati di coscienza alterati, le personalità multiple e la fenomenologia psichica della realtà virtuale, sono giunti a concludere che "ciascuno di noi vive 'dentro' una macchina di simulazione del mondo. Noi dimentichiamo quasi sempre che la nostra 'percezione' è una simulazione, non la realtà stessa; e quasi sempre dimentichiamo che non abbiamo nulla a che fare con i particolari di come funziona la simulazione" (v. Tart, 1991).

In verità le ricerche sulla realtà virtuale che decollano negli anni sessanta sono, sulle prime, dei semplici tentativi di migliorare a breve termine varie tecnologie preesistenti: come rendere più convincenti gli oggetti prodotti con la grafica computerizzata e più realistica l'esperienza degli allievi a contatto con i primi rozzi apparati di addestramento al pilotaggio. Ma ben presto emerge pure tra i tecnologi, come dianzi nella letteratura e nella psicologia, l'archetipo della condizione umana che sta al fondo dell'idea di realtà virtuale, e le mete poste alla ricerca e sviluppo si ampliano. I concetti base della realtà virtuale sono formulati a metà degli anni sessanta da Ivan Sutherland, che negli anni successivi sviluppa anche i primi modelli di video-casco, nonché i programmi capaci di generare immagini digitali stereo che mutano quando l'osservatore, muovendo la testa, cambia punto di vista. Un simulatore di volo interamente computerizzato per l'addestramento dei piloti, con display grafici molto dettagliati, viene costruito dalla General Electric nel 1972 su commessa delle Forze Armate statunitensi. Un primo tipo di elettro-guanto sensibile alla flessione delle dita vede la luce nel 1977. Nei primi anni ottanta la realtà virtuale è ormai considerata una tecnologia matura e le ditte produttrici si moltiplicano. Guanti e microvisori sofisticati sono sviluppati all'epoca da Jaron Lanier, un altro nome che è d'obbligo ricordare nella storia della realtà virtuale. Di fatto, dopo aver coniato nel 1979 l'espressione 'realtà artificiale', è Lanier a parlare per primo, nel 1988, di virtual reality.

Al pari di altri settori dell'informatica e della computer science, lo sviluppo della realtà virtuale deve molto, oltre che alle commesse passate dalle Forze Armate statunitensi e dalla NASA alle università, a studenti e docenti che lasciano queste ultime per mettersi in proprio. A metà degli anni ottanta, accanto alla miriade di imprese piccole e medie da loro fondate, scendono in campo i giganti: Boeing, IBM, Intel, Sun Microsystems, Fujitsu, avviano numerosi progetti di realtà virtuale e lanciano sul mercato prodotti destinati a uno spettro di applicazioni sempre più vasto e differenziato. Nella loro scia, le case produttrici di videogiochi fanno propria la nuova tecnologia e diffondono macchine e programmi che offrono giochi interattivi sempre più realistici, anche quando il mondo che rappresentano è interamente fantastico. Verso la fine degli anni novanta la diffusione di linguaggi di programmazione come il VRML (Virtual Reality Modeling Language), di basso costo e utilizzabili su PC, allarga la platea dei ricercatori interessati alla realtà virtuale e apre a questa la via di Internet. La 3D Internet, ossia la rete con interfacce e oggetti tridimensionali, accessibile a un gran numero di utenti, è al presente uno dei settori della realtà virtuale in più rapida espansione.Come si può evincere da questi cenni, lo sviluppo della tecnologia relativa alla realtà virtuale è stato sino alla fine del Novecento quasi esclusivamente un'operazione statunitense. Solo negli ultimi anni centri di ricerca specializzati sono nati altrove, sia in paesi avanzati (Francia, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna) che in alcuni in via di sviluppo (Cile, Colombia). La loro attività è peraltro condizionata dal peso dei grandi investimenti necessari per poter compiere, in questo settore di ricerca e sviluppo, progressi significativi.

Dispositivi e sistemi di realtà virtuale

I dispositivi tecnologici e i sistemi di realtà virtuale al presente disponibili rappresentano mezzi di avvicinamento progressivo alla meta ideale della presenza a distanza, e a quella della creazione di realtà simulate e pur provviste di autonomia: mondi artificialmente costruiti, ma non meno resilienti di quello comune. Alcuni sistemi appaiono distanti da queste ardue mete, altri più prossimi. Ciononostante, se li si osserva nel loro complesso, la linea di tendenziale approssimazione alle medesime, sulla quale in modo frastagliato si dispongono, appare evidente.

Tutti i sistemi di realtà virtuale sono formati da combinazioni di dispositivi informatici, elettronici, ottici. Centrale tra di essi è il software, poiché alla fine un qualsiasi oggetto digitale che pretenda, anche solo sullo schermo di un PC, a una veridicità d'aspetto assimilabile a quella della realtà ordinaria, è il prodotto di decine di migliaia di righe di codice complesso. Il cambiamento di prospettiva in funzione dei movimenti della testa di chi guarda; il gioco delle luci e delle ombre d'un chiosco in cui il soggetto ha l'impressione di camminare; la tessitura d'una parete di mattoni o d'un prato verde; i movimenti delle figure che nel chiosco si incontrano: ciascuno di questi elementi è generato e controllato da un programma - e in un sistema di realtà virtuale di buona qualità simili elementi si contano a centinaia.Il compito dei programmatori di sistemi di realtà virtuale è oggi facilitato da linguaggi appositi, quali il VRML già ricordato. L'hardware comprende i computer su cui i programmi girano, generando immagini tridimensionali di spazi e oggetti; i comandi che permettono all'utente di interagire con il sistema, a partire dai comuni mouse e joystick; le connessioni di rete; i servers e i routers che trasferiscono al computer i dati necessari per far funzionare il sistema. L'elettronica fornisce ai sistemi di realtà virtuale i canali e i trasmettitori di dati a banda larga necessari per sostenere l'intenso flusso di informazioni in entrata e in uscita dal sistema e dall'utente; i convertitori di segnale; i sensori che captano e trasmettono i segnali bioelettrici emessi dal corpo dell'utente. Gli apparati ausiliari comprendono video-caschi con microschermi LED simili a occhiali e auricolari stereo (che nel lessico della realtà virtuale sono detti Head Mounted Devices, HMD, ovvero 'dispositivi da mettersi in testa'), elettro-guanti, elettro-tute incorporanti sensori e fibre ottiche, le quali hanno la funzione di ricevere dal computer immagini e suoni e di rinviargli gesti e movimenti dell'utente. Vi sono anche apparati ausiliari formati da grossi e complicati macchinari elettromeccanici o ottici, quali la cabina d'un veicolo, o batterie di videocamere e videoproiettori. Essi sono necessari in vari sistemi di realtà virtuale, tipo i simulatori di volo, per conferire all'ambiente, che è sì totalmente governato dal computer, ma che in questi casi è soltanto in parte generato da esso, un adeguato grado di realismo, e nel contempo assicurare all'utente un'adeguata misura di controllo.

Tra gli apparati ausiliari della realtà virtuale vanno inclusi anche i robot telecomandati. Infine un sistema di realtà virtuale deve essere supportato da basi di dati che gli forniscano in tempo reale le informazioni di cui ha bisogno, non essendo sovente possibile o conveniente tenerle in memoria nel server su cui gira quel dato sistema.

Ciascuno dei predetti dispositivi può variare, quanto a sofisticazione tecnologica e costo, di molti ordini di grandezza. Di fatto il grado di realismo della realtà virtuale è una funzione di costo. Questo può variare dalle poche centinaia di dollari d'un programma base per disegnare sullo schermo di un PC immagini tridimensionali, la cui artificialità resta palese all'occhio dell'utente, ai milioni di dollari d'uno studio virtuale per produzioni cinematografiche o televisive che rende impossibile distinguere un'intera città virtuale da una reale. Dalle molteplici combinazioni di simili dispositivi hanno origine numerosi sistemi di realtà virtuale. Una tassonomia sintetica dei principali di essi comprende i seguenti sistemi.Sistemi senso-sostitutivi - Nei più avanzati di questi sistemi l'utente indossa un HMD, degli elettro-guanti e una elettro-tuta che lo isolano completamente dagli stimoli visivi, acustici o tattili provenienti dall'ambiente. Al loro posto egli riceve, attraverso i suddetti dispositivi, gli stimoli generati o trasmessi da un computer. In tal modo la realtà del mondo ordinario, la cui trama è formata da un incessante flusso di stimolazioni sensoriali, viene sostituita dalla trama di stimolazioni generate dalla macchina. Queste, affluendo ai sensi dell'utente, gli rappresentano un mondo differente, che un osservatore esterno definirà immaginario o virtuale, ma che l'utente percepisce in quel momento come intensamente reale. Si pensi a un individuo che si trova in piedi al centro d'una stanza. I minischermi del suo HMD gli proiettano a pochi centimetri dalle pupille l'immagine stereoscopica d'una strada; gli auricolari gli trasmettono in stereofonia o olofonia i rumori del traffico; gli elettro-guanti, dotati di meccanismi per la retroalimentazione dello sforzo, gli fanno sentire la resistenza d'un corrimano posto sul bordo del marciapiede per impedire ai pedoni di attraversare all'improvviso la strada. Se volta il capo a sinistra o a destra, vede il lato sinistro o destro della strada, poiché il computer capta il suo movimento e gli proietta in tempo reale sui display ante-oculari le immagini appropriate. Se alza la testa, vede, giusto come gli accadrebbe nella realtà quotidiana, i piani alti degli edifici o le colline verdi in fondo alla via. E se fa un passo per attraversare la strada nel momento sbagliato, l'automobile virtuale che sterza bruscamente per evitarlo gli procurerà uno spavento molto simile a quello di un'auto vera.

Sistemi corpo-inclusivi - In questo caso l'utente non si deve bardare con HMD, tute e altri dispositivi, ma entra semplicemente in una cabina, un corridoio, una stanza, sovente con uno o più compagni. Dopodiché il computer procede a far funzionare la cabina come fosse una reale cabina di guida o di pilotaggio, oppure a trasformare il corridoio in un bosco, la stanzetta in una cattedrale. I più sofisticati e diffusi dei sistemi corpo-inclusivi - e dei più costosi: milioni di dollari - sono i simulatori di volo utilizzati da anni per l'addestramento dei piloti. Il computer proietta sul parabrezza immagini della pista di decollo o di atterraggio - in differenti condizioni climatiche e in diverse ore del giorno -, del cielo, del territorio che si sta sorvolando, di altri aerei in avvicinamento. Quindi le modifica in tempo reale in rapporto alle azioni che l'utente compie mediante la cloche o altri comandi. Inoltre, tramite una miriade di servomeccanismi, il computer controlla l'inclinazione della cabina (che poggia materialmente su dei martinetti idraulici), il suono dei motori, i dati che si leggono sugli strumenti, sempre in rapporto a quello che fa l'utente. Esistono anche cabine di simulazione concepite per addestrare alla guida di altri mezzi di trasporto, dagli autocarri ai carri armati.

Il cosiddetto 'effetto cattedrale', ovvero la capacità del sistema di trasmettere al soggetto, che si trova entro una camera di pochi metri quadrati, l'impressione di trovarsi in un ambiente immensamente più grande, è ottenuto mediante la proiezione su pareti, soffitto e pavimento di immagini derivanti vuoi da riprese dal vero, vuoi dalla grafica computerizzata. È quindi possibile simulare sia le navate d'una vera cattedrale, sia una caverna immaginaria piena di anfratti minacciosi. In ambedue i casi l'effetto è altamente realistico. Pareti, pavimento e soffitto sono di materiale traslucido; le immagini vengono proiettate sulle loro superfici dall'esterno. Il computer fa variare fluidamente le immagini simulando, ad esempio, la diversa luminosità e gioco di ombre dell'ambiente a seconda che 'fuori' ci siano il sole o le nuvole, che sia mattino presto o pomeriggio tardi, ovvero che 'dentro' ci siano delle lampade accese o spente.

Sistemi definibili come 'finestra sul mondo' (Window on World, WoW) - La 'finestra' non è altro che lo schermo del computer, sia esso un normale PC o una potente stazione di lavoro. La scena che compare sullo schermo può sembrare vera, ma in questo caso l'utente è affatto consapevole di non far parte di essa; la sta guardando come se fosse affacciato appunto a una finestra. Questa metafora dei sistemi WoW risale a uno dei padri sopra citati della realtà virtuale, Ivan Sutherland. Nel 1965 egli pose alle ricerche di grafica computerizzata un obbiettivo per allora straordinariamente ambizioso: "Uno dovrebbe poter guardare allo schermo come a una finestra attraverso la quale vede un mondo virtuale. Per la grafica computerizzata la sfida sta nel far sì che la scena vista alla finestra sembri reale, dia il senso di poterla realmente toccare, e gli oggetti che ne fanno parte agiscano in modo realistico" (v. Sutherland, 1965). Oggi esistono sistemi WoW, tipo quelli che simulano esperimenti di fisica o operazioni chirurgiche, che si avvicinano notevolmente a tale meta.

Telepresenza - Il senso di essere presenti a distanza viene trasmesso al soggetto anche da sistemi sensosostitutivi o corpo-sostitutivi; si può anzi dire sia uno dei loro scopi. Tuttavia nella letteratura sulla realtà virtuale si preferisce riservare il termine telepresenza a sistemi che permettono davvero all'utente di compiere in tempo reale delle azioni in un luogo distante da quello in cui fisicamente si trova. Tra i sistemi di telepresenza si distinguono due tipi principali: a) quelli in cui il soggetto opera su una scena distante e ne riceve gli stimoli mediante un intermediario, di solito un robot; b) quelli in cui una rappresentazione del soggetto, che resta collegata a questo in tempo reale, si trasferisce sulla scena stessa.

Nei sistemi del primo tipo, un operatore è connesso a un robot che si muove in un ambiente sconosciuto, che a seconda dei casi non solo è distante ma può essere nella realtà inaccessibile all'uomo, come un fondo marino a meno 1.000 metri o la gola d'un vulcano in attività, o molto pericoloso, come un campo di battaglia. La connessione avviene per mezzo di una elettro-tuta che grazie agli stimoli visivi, sonori, tattili trasmessi dal robot, e alla retroalimentazione dello sforzo, permette all'operatore di formarsi una rappresentazione dell'ambiente adeguata agli scopi che persegue: esplorare il terreno a fini geologici, rimuovere o neutralizzare oggetti pericolosi, prelevare campioni di materiale, recuperare strumenti scientifici, oppure compiere operazioni chirurgiche.

Nei sistemi del secondo tipo, il computer genera un'immagine tridimensionale del soggetto, volutamente fedele o infedele, e la proietta in un ambiente virtuale - una sala, un giardino, un chiostro - dove essa si troverà a interagire con le immagini di altri soggetti. In certi sistemi l'immagine digitale rappresenta solo la testa, o il busto, dei soggetti che sperimentano l'incontro virtuale. Nel caso che essa rappresenti fedelmente il relativo soggetto, l'immagine che compare ai partners dell'incontro viene detta clone virtuale; mentre si parlerà piuttosto di maschera digitale, o anzi di spettro, nei casi in cui essa rappresenti di proposito, per dire, un volto completamente diverso dall'originale, oppure una femmina mentre il soggetto è un maschio, un giovane in luogo d'un anziano, un asiatico in luogo di un europeo - o viceversa. La possibilità di presentarsi nell'ambiente costruito dal computer con un volto che nessuno può sapere sia o no quello vero, alimenta da tempo gli studi sui problemi dell'identità nel cyberspazio.

La telepresenza può venire altresì realizzata proiettando nell'ambiente virtuale l'intera figura dei partecipanti, per necessità molto ridotta rispetto alle dimensioni normali. Queste mini-figure sono dette avatar (antico termine che significa letteralmente 'incarnazione'), non hanno alcuna pretesa di simulare i rispettivi soggetti, ma offrono l'interessante possibilità di vedersi insieme con altri mentre si passeggia in uno spazio aperto, si dialoga o si gioca. Gli incontri in telepresenza mediante avatar sono particolarmente apprezzati in campo educativo, dove permettono a scolari o studenti di diversi istituti, seppur separati da grandi distanze, di discutere in gruppo e attendere a progetti comuni.Realtà ampliata (Augmented Reality, AR) - Un sistema di realtà ampliata crea per l'utente, a mezzo di 'occhiali' o video-caschi, solo parzialmente simili a quelli degli HMD, dato che non lo isolano dall'ambiente, una visione composita. In questa, elementi virtuali, generati dal computer, si sovrappongono a elementi reali. Scopo principale dei sistemi di realtà ampliata è il miglioramento della qualità e della rapidità di prestazioni che si svolgono in situazioni critiche. Un chirurgo che debba compiere un'operazione endocranica, ad esempio, si trova di fronte a diversi problemi: stabilire con la massima precisione dove effettuare il taglio della calotta ossea; ridurre al minimo l'area d'incisione; individuare il punto esatto dell'encefalo in cui intervenire con il bisturi, una sonda o un altro strumento. Mediante un sistema di realtà ampliata egli vede, si supponga, un lato del capo del paziente al naturale; però l'immagine della parte superiore è 'ampliata' dall'immagine tridimensionale di quel lato del cervello, perfettamente sovrapposta alla particolare conformazione del cranio. Immagine che il computer ha ricavato da precedenti esami clinici, quali una o più TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) o ecografie. Con tale visione potenziata il chirurgo può avviare l'operazione con un margine di precisione assai più elevato, e condurla più rapidamente.

A sua volta un pilota d'aereo che vola a fini esplorativi su un territorio a lui ignoto ha il problema di stabilire se i particolari che vede corrispondono alla mappa che ha studiato a tavolino. Il sistema di realtà ampliata incorporato nel suo casco provvede quindi a fornirgli una visione combinata dei due elementi, nella quale ai dettagli del terreno che sta sorvolando appare sovrapposta la mappa che conosce.

Sistemi di realtà proiettiva - In alcuni sistemi di realtà proiettiva un'immagine del soggetto in movimento, ripreso da diverse videocamere, viene proiettata insieme con altre immagini su un grande schermo. Egli vede quindi se stesso come se si trovasse su un palcoscenico. Da parte sua il computer, oltre a costruire la scena tridimensionale visibile sullo schermo, fornisce per così dire un complemento oggetto ai gesti del soggetto. Qualora su una parete virtuale della scena sia appeso un quadro, e il soggetto compia nel vuoto - regolandosi in base a quanto vede sullo schermo - il gesto di spostare il quadro, egli vede il se stesso che sta dentro la scena nell'atto di spostare realmente il quadro da una parete all'altra.In altri sistemi di realtà proiettiva il soggetto A compie un'azione reale - ad esempio discute animatamente con il partner B - in un locale relativamente piccolo e di fatto quasi vuoto, tranne alcune videocamere che riprendono l'azione. Quando la registrazione viene proiettata, la discussione tra A e B appare accadere nella hall d'un grande albergo, tra mobili, tappeti e l'andirivieni di clienti e impiegati. Questo sfondo è stato costruito dal computer che ha generato, grazie a un apposito programma di modellizzazione grafica 3D, migliaia di immagini digitali. Esse sono state poi immesse istante per istante nella stessa videocamera (o più videocamere) che riprendeva le due persone. Il computer fa in modo che a seconda che la camera inquadri A o B, o si muova avanti o indietro, l'inquadratura della hall appaia mutare di conseguenza. È questa la tecnologia dello studio virtuale.Mentre le tecnologie di realtà proiettiva sopra indicate, in specie la seconda, sono ormai d'uso comune nell'industria dello spettacolo, ancora in fase sperimentale è la tecnologia degli ologrammi. Tutti conoscono gli ologrammi, in genere piccole foto tridimensionali ma statiche, inserite su superfici piatte come un pendente o il quadrante di un orologio. Le ricerche sulla realtà virtuale mirano in questo campo a simulare oggetti a grandezza naturale, compresa una persona intera, e a dotarli di movimento, regolato da un programma. Un ologramma non compare sullo schermo di un computer, ma viene generato nello spazio ordinario - una camera qualsiasi - da raggi di luce coordinati, proiettati da diversi punti della camera. L'ologramma d'una persona in movimento richiede, oltre alla soluzione di ardui problemi di programmazione, un'enorme potenza di computazione.

Proprietà che rendono 'reale' la realtà virtuale: simulazione, immersione, interattività, autonomia

Sul metro della concezione radicale della realtà virtuale, un sistema appare tanto più reale quanto più incorpora le seguenti proprietà: 1) l'ambiente virtuale simula realisticamente un ambiente vero; 2) il soggetto è immerso in esso con tutti i suoi sensi; 3) il soggetto ha la possibilità di interagire in vari modi con l'ambiente virtuale; 4) l'ambiente è autonomo a fronte del soggetto. Questi, in altre parole, non può manipolare l'ambiente a suo piacimento: come nella realtà, al fine di introdurvi dei mutamenti deve rispettarne le leggi fisiche.

Il concetto di simulazione è più forte di quello di emulazione o imitazione. Un oggetto simulato pretende di essere indistinguibile da un oggetto vero. Ma non è detto che l'oggetto simulato debba corrispondere a un oggetto della realtà ordinaria, ovvero essere una sua copia fedele. Mediante la realtà virtuale si creano mondi virtuali. A seconda delle finalità del ricercatore o del progettista, un mondo virtuale può alternativamente: a) riprodurre un ambiente o un oggetto effettivamente esistente, o analogo a uno esistente, dotato al limite del possibile delle proprietà dell'originale; b) raffigurare un oggetto del mondo reale che non esiste ancora, come la carrozzeria di un'automobile in progetto o una casa da costruire in campagna; c) ricostituire un ambiente o un oggetto scomparso o distrutto, come un antico edificio di cui sono rimaste, nella realtà, poche vestigia; d) creare un ambiente o oggetti aventi proprietà realistiche ma interamente immaginari, quali una città del futuro sospesa nello spazio o caverne prossime al centro della terra, popolate dai personaggi di Jules Verne; e) creare un ambiente avente proprietà ignote o impossibili a confronto della realtà ordinaria, sul genere di mura che si attraversano come fossero fatte d'aria, banche dati simili al Colosseo o cieli in cui si vola semplicemente allargando le braccia.Il concetto di immersione si riferisce alla sensazione psicofisica di 'esser dentro' un mondo virtuale che il soggetto dovrebbe provare laddove questo sia efficacemente simulato, quale che sia la classe (delle cinque sopra indicate) cui appartiene. Come avviene agli astronauti che, rinchiusi in una tuta spaziale, si immergono in una piscina per imparare a muoversi nel vuoto, l'immersione in un mondo virtuale dovrebbe comportare - idealmente - la completa estraniazione sensoriale dal mondo reale. Tutti gli stimoli che arrivano ai sensi del soggetto dovrebbero provenire dal mondo simulato, ossia dal computer che lo genera e lo controlla. I sistemi più complessi di realtà virtuale si avvicinano all'ideale d'una completa immersività per quanto concerne la vista, l'udito, la sensibilità propriocettiva (terminazioni muscolotendinee) e la sensibilità epicritica (tatto e sensazioni termiche e dolorifiche). Sono state avviate ricerche ed esperimenti concernenti l'olfatto; più lontana, ma non impossibile, appare la conquista del gusto da parte della realtà virtuale.

Nella riflessione teoretica sulla realtà virtuale, la fenomenologia sensoria dell'immersione viene spesso accostata all'immersione nell'opera d'arte e, più specificamente, nell'opera narrativa. Il sentirsi intimamente parte d'un racconto; l'esser coinvolti emotivamente in una scena che esiste solo sulla carta; l'impressione di vedere con chiarezza o anzi di 'essere dentro' un luogo descritto icasticamente dall'autore, è un'esperienza che viene da lungo tempo studiata dalla teoria della letteratura come dalla critica letteraria. Ben prima che arrivassero i dispositivi della realtà virtuale, l"'allucinazione consensuale" di cui parlò W. Gibson, il concedersi con i sensi a un ambiente che all'inizio sapevamo illusorio, sino a vederlo e percepirlo come reale, era osservabile su se medesimo dal comune lettore di narrativa. Un filone parallelo di studi, non meno ricco, riguarda l'esperienza dell'immersione nelle arti figurative (v. Nechtaval, 1999; v. Ryan, 2000).

La contiguità del concetto di immersione quale si incontra da un lato nelle arti visive e nella letteratura, dall'altro nella realtà virtuale, è un'ulteriore verifica di come le tematiche della realtà virtuale tendano sempre più a intersecarsi, su vari piani, con ambiti culturali che vanno dall'estetica e dalla storia dell'arte alla psicologia, dalla critica letteraria alla filosofia, dall'epistemologia alla sociologia cognitiva.Un'altra delle condizioni per cui il mondo ordinario ci appare reale è la possibilità di interagire con le sue parti. In esso noi afferriamo oggetti e li spostiamo; chiudiamo porte e apriamo finestre; se voltiamo il capo vediamo di esso aspetti differenti; se un ramo in giardino ci preclude la visuale lo spostiamo con la mano. D'altra parte quando il mondo cambia di stato per conto suo, noi compiamo azioni correlate ai suoi mutamenti. In sintesi, lo stato del mondo muta a seconda delle azioni che compiamo, mentre i mutamenti che avvengono in esso ci inducono ad altre azioni. Da un mondo virtuale ci si attende di poter avere con esso un rapporto analogo; ossia deve presentare, al pari del mondo reale, un elevato coefficiente di interattività con l'utente.Un mondo virtuale deve infine possedere una sua autonomia. La sua natura, le leggi fisiche che lo regolano, i rapporti tra gli oggetti e le scene che lo compongono, debbono apparire indipendenti dall'utente, e manifestare un'affidabile stabilità. Qualora si costruisca, ad esempio, un mondo virtuale nel quale la chimica si fonda su elementi che hanno proprietà differenti dagli elementi del sistema periodico di Mendeleev, ogni fenomeno in cui intervenga la chimica deve apparire come il prodotto delle proprietà di quegli elementi. Né i soggetti che frequentano quel mondo non-mendeleeviano possono avere la capacità di modificare i suoi elementi, così come di simile capacità non dispongono nel mondo di Mendeleev.

Campi di applicazione della realtà virtuale

Formazione e addestramento costituiscono uno dei campi in cui più diffuse sono le applicazioni della realtà virtuale. I principali vantaggi di queste stanno nel ridurre i costi ed eliminare i rischi sovente connessi alla formazione o all'addestramento condotti in situazioni reali. Mediante la realtà virtuale si costruiscono laboratori di chimica che non esplodono se un apprendista aggiunge il reagente sbagliato; pazienti virtuali che non si irritano a essere goffamente visitati cento volte da un apprendista medico, o operati in modo errato da un futuro chirurgo; cabine per formare piloti il cui costo orario è un centesimo di quello di un aereo in volo. In campo educativo i sistemi di realtà virtuale consentono a numerosi studenti di compiere a scuola, o a casa, esercitazioni di alto livello tecnologico-scientifico che sarebbero loro precluse se dovessero recarsi in un lontano laboratorio. Anche l'addestramento per superare o attenuare diversi tipi di disabilità rientra nelle potenzialità della realtà virtuale che vengono attualmente esplorate nei laboratori. Gli stessi processi di apprendimento vengono studiati con l'ausilio di sistemi di realtà virtuale per verificare in che modo questi sono atti a migliorarne la motivazione e l'efficacia.

Un altro campo d'applicazione dei sistemi di realtà virtuale che, al pari della formazione, attraversa numerose discipline, professioni e settori di attività, è quello della sperimentazione. Pure qui stanno in primo piano la riduzione dei costi, la ripetibilità dell'evento, la rapidità con cui è possibile variarne le condizioni. Ad esempio, nei crash tests che l'industria dell'auto effettua per migliorare la sicurezza dei suoi prodotti, la vettura mandata a schiantarsi contro un muro alla velocità di 60-65 km/h, attrezzata con elaborati manichini e numerosi strumenti, può costare tra i 60.000 e gli 80.000 dollari. La medesima collisione simulata al computer per mezzo di un sistema di realtà virtuale offre indicazioni altrettanto efficaci, costa 100-200 dollari e può venir ripetuta poco dopo variando virtualmente, in base alle indicazioni ricavate dal primo test, lo spessore d'un pianale o le dimensioni degli air-bags.

Al di là di questi impieghi d'ordine generale esistono, a vari stadi di sviluppo e di diffusione, applicazioni della realtà virtuale nei campi più disparati. Il loro elevato numero non permette che di menzionarne alcuni. È innegabile che in primo piano per numero, costo e complessità dei sistemi di realtà virtuale utilizzati si collochino, oggi come ieri, le applicazioni a fini bellici. Sin dalle origini di questa tecnologia l'interesse dei militari era evidente dal loro ruolo di principali finanziatori di quasi tutte le sue linee di ricerca. I piloti di aerei da combattimento e di carri armati, dopo essere stati addestrati per mezzo di potenti simulatori, impiegano sistemi di realtà ampliata durante le missioni. Gli alti comandi ricorrono a sistemi di realtà virtuale per simulare e seguire l'evoluzione dei teatri d'operazione, sia durante le esercitazioni che nella realtà. Altri apparati di realtà virtuale trovano impiego per verificare prima in sede di progetto, poi nell'uso effettivo, l'efficacia comparata di differenti sistemi d'arma.

All'architettura e all'urbanistica i sistemi di realtà virtuale, per lo più del tipo 'finestra sul mondo', permettono di presentare al committente l'immagine tridimensionale di un qualsiasi manufatto in progetto: un edificio, uno svincolo autostradale, un intero quartiere. Il manufatto virtuale può venir esaminato da diversi punti di vista, dall'alto e dal basso; in diverse condizioni di luce; in diverse stagioni. E in esso si può ovviamente (avere il senso di) camminare. Nel campo dell'archeologia, mediante sistemi di realtà virtuale si ricostruiscono, complete di arredi mosaici e piscine, intere ville romane - o di altre civiltà - partendo dai ruderi rimasti e dalle notizie che ne forniscono le cronache dell'epoca. Preziosi per il recupero di opere d'arte, in specie dopo eventi gravi come un sisma, un'inondazione, un incendio, sono i laboratori virtuali di restauro; questi consentono, tra l'altro, di simulare preventivamente varie modalità di collocazione di migliaia di frammenti d'un affresco distrutto, avendo come base un'immagine digitalizzata di questo.

Cinema e televisione utilizzano sempre più estesamente la tecnologia della realtà proiettiva dello studio (o set) virtuale. Essa richiede cospicui investimenti iniziali, ma consente in seguito forti riduzioni di costo a paragone degli studi tradizionali dove tutto viene costruito da legioni di carpentieri, o delle riprese in esterni. In medicina la realtà virtuale permette di realizzare immagini tridimensionali del cervello o di qualsiasi altra struttura del corpo umano partendo da immagini bidimensionali come quelle prodotte dalla TAC. Mediante la realtà virtuale vengono esplorate nuove tecniche di chirurgia poco invasiva. Su un paziente virtuale, un chirurgo ha la possibilità di effettuare ripetutamente un'operazione difficile, arrestandola per esaminare i risultati o chiedere consiglio a un collega, tornando indietro al punto in cui qualcosa gli è parso non procedere correttamente o ricominciandola da capo. Forte di tale esperienza, potrà se necessario effettuare la stessa operazione mediante un sistema di telepresenza assistito da microrobot. In effetti sin dagli anni novanta programmi di telechirurgia sono stati sviluppati dalla Advanced Research Projects Agency (ARPA: l'ente del Pentagono che negli anni sessanta promosse la prima rete di computer da cui più tardi nacque Internet) al fine di poter operare immediatamente, ma da sicura distanza, un ferito in combattimento. Sistemi di realtà virtuale vengono utilizzati anche per la riabilitazione di pazienti che hanno subito amputazioni o danni cerebrali. Studi di psicoterapia offrono da tempo di trattare vari generi di fobia 'desensibilizzando' il soggetto mediante il suo inserimento in ambienti virtuali. Con una cabina di aereo simulata si cura la paura di volare; tramite una piattaforma posta in cima a una lunga scala virtuale si affronta la paura del vuoto (acrofobia), mentre ai sensi di chi teme i luoghi aperti (agorafobia) si apre una vasta piazza; temporali simulati sono proposti a chi vorrebbe superare la paura dei fulmini. Al fine di correggere o aumentare il livello di coscienza corporea, un trattamento che viene utilizzato a fini sia psicoterapeutici sia di riabilitazione, vengono generati ambienti virtuali intesi a modificare l'immagine del corpo.

Le interfacce tridimensionali per Internet rappresenteranno probabilmente per la grande rete un'innovazione di portata ancora maggiore dei browsers, che dalla metà degli anni novanta consentirono a masse di illetterati digitali di diventare navigatori esperti. Ogni prodotto offerto dai gestori di commercio elettronico potrà venire presentato con un tale grado di realismo da superare gran parte delle difficoltà in cui si imbatte oggi l'e-commerce: in primo luogo lo scarso interesse del consumatore per prodotti che non si possono esaminare da vicino, e in diverse condizioni. Nell'Internet dotata di realtà virtuale si potrà visitare in ogni angolo la casa per le vacanze prima di affittarla; vedere un capo di abbigliamento indossato da un avatar che ci assomiglia; aprire i cassetti e gli elettrodomestici di un dato modello di cucina.

Notevoli ricadute positive della cosiddetta 3D Internet sono attese anche nel campo dei processi educativi, dalla scuola primaria sino alla formazione continua post-laurea. Essa faciliterà l'incontro in ambienti virtuali quali i Multi User Object-Oriented Dungeon (MOO), un luogo generato dal computer in cui gli avatar di un buon numero di studenti si possono incontrare e discutere di questioni di comune interesse, mentre i loro corpi reali che controllano gli avatar si trovano a centinaia o migliaia di chilometri l'uno dall'altro.Tramite la visualizzazione dei dati i ricercatori che lavorano sulla realtà virtuale puntano a migliorare la qualità percepita dall'utente dell'accesso via Internet alle sterminate masse di dati e documenti che sono al presente memorizzate in milioni di computer: banche di dati sociodemografici, cataloghi di biblioteche, annate di riviste, serie storiche di parametri meteorologici, sentenze di tribunali, esami superati da studenti universitari, andamento del mercato del lavoro, ecc. Al momento, all'utente che lancia una ricerca, i dati o i titoli dei documenti si presentano per lo più, sullo schermo del terminale, come fittissimi elenchi scritti, oppure come tabelle di ardua lettura. Le ricerche di realtà virtuale si propongono di trasformare le masse di dati in edifici di differenti dimensioni, ampiezza e funzioni. L'utente sceglie a colpo d'occhio l'edificio che lo interessa, vi entra, percorre locali e corridoi seguendo segnali messi apposta per lui, sino a trovare la stanza, l'armadio, il cassetto in cui giacciono i dati che lo interessano. Gli scenari che codesta visualizzazione dei dati sarebbe capace di produrre sono già stati descritti in dettaglio dallo scrittore William Gibson nel già citato Neuromancer (1984).

Varie applicazioni di realtà virtuale si osservano infine nel campo dei videogiochi. Peraltro i tutori della concezione radicale di essa negano che queste posseggano le proprietà (v. cap. 4) a fronte delle quali si può parlare di vera realtà virtuale.

Recupero e superamento della corporeità. Il futuro della realtà virtuale

Dal fatto che vien definita virtuale alcuni possono trarre l'impressione che la realtà virtuale sia un fenomeno privo di densità e spessore, un gioco di pura visualità il quale compare sullo schermo d'un computer grazie a fasci intangibili di elettroni che illuminano dinamicamente milioni di microcellule. Il che è certamente vero dei sistemi di realtà virtuali più semplici, come i sistemi WoW che generano sul monitor d'un PC immagini tridimensionali d'una macchina o d'un ufficio da arredare. Ma le ricerche più avanzate di realtà virtuale, seppure solo in parte tradotte finora in sistemi funzionanti, affrontano decisamente il problema di conferire agli oggetti rappresentati delle proprietà fisiche. Per quanto riguarda specificamente l'uomo, i ricercatori impegnati sulla realtà virtuale studiano come far sì che l'elettronica digitale riproduca - si dirà meglio: simuli - le principali proprietà organiche del corpo umano. "I mondi elettronici non assorbono la realtà abituale in modo piatto, bensì attribuiscono alla sua particolarità -per contrasto - rinnovato peso. Corporeità, durezza, costanza, resistenza e affidabilità vengono nuovamente apprezzate" (v. Welsch, 2000², p. 169).

Simili tentativi di conferire corporeità reale ai corpi virtuali hanno già prodotto risultati importanti. L'organismo del paziente virtuale su cui i futuri chirurghi compiono le prime operazioni a fini di addestramento presenta al loro tatto, mediato dal computer, una plasticità analoga al vero; pelle, muscoli e ossa offrono al bisturi la stessa resistenza d'un ordinario corpo umano; sollevare un arto del paziente reso inerte dall'anestesia richiede uno sforzo analogo a quello reale. Questi risultati sono stati conseguiti dagli studi di aptica, una branca della realtà virtuale che si occupa della simulazione di stimoli sensoriali non-visivi e non-auditivi (v. Zwisler, 1998). Al tempo stesso cresce il realismo onde vengono simulati gli organi interni, dal cervello alle vie respiratorie, al colon. Così come cresce di continuo il realismo dei cloni digitali, delle maschere o degli avatar con la cui mediazione i soggetti si presentano a distanza in ambienti virtuali. I volti diventano mobili e capaci di variate espressioni; i movimenti degli avatar appaiono, di versione in versione del programma che li genera, più naturali.

Sino a che punto possa arrivare il tentativo della realtà virtuale di simulare con il massimo grado di realismo proprietà e componenti interne ed esterne sempre più dettagliate del corpo umano, e con esse la densità, la resiliente plasticità di questo, è difficile dire. Di passo in passo gli ostacoli per sviluppare la tecnologia necessaria aumentano, sia sul terreno dell'hardware - al quale si chiedono enormi potenze di elaborazione racchiuse in spazi minimi e distribuiti - sia su quello del software, da cui si pretendono programmi di estrema complessità. Ma gli antecedenti letterari e psicologici della realtà virtuale, dai quali è emerso il modello mentale, l'archetipo che nell'inconscio collettivo ne sospinge lo sviluppo, non meno che gli studi teorici a essa dedicati - senza trascurare i racconti di fantascienza che descrivono le sue applicazioni future - indicano chiaramente il punto a cui la realtà virtuale vorrebbe arrivare. Questo altro non è se non la simulazione di esseri umani capaci di muoversi e 'vivere' autonomamente nel cyberspazio. Essi non rappresenterebbero necessariamente l'incarnazione fedele o infedele di un dato soggetto. Inoltre la completezza della simulazione avrebbe reso impossibile evitare che tali esseri fossero dotati di intelligenza - giacché questa è un epifenomeno inevitabilmente emergente d'un cervello ben simulato - e l'intelligenza avrebbe reso autonomi una parte di loro. Altri sarebbero invece cloni o doppi digitali di soggetti reali, e tuttavia pur essi in qualche misura autonomi rispetto all'originale. Un vero doppio non si limita a riprodurre i gesti del soggetto che duplica; o accetta di svolgerne autonomamente le missioni, o si contrappone ad esso.

Alla pressione per un recupero delle proprietà del corpo al fine di simulare con la realtà virtuale esseri umani dall'aspetto e dal comportamento affatto reali, si sta sommando, nello stimolare e guidare le ricerche di realtà virtuale, un processo culturale assai vivo nelle società contemporanee. Esso ambisce a superare quelle che vengono ormai considerate le improprietà dei corpi umani, i limiti derivanti dalla loro naturalezza non più tollerabili all'epoca della connettività globale. I corpi si spostano con troppa lentezza, sono vulnerabili, hanno un numero eccessivamente ristretto di canali di input-output per accedere alla rete planetaria. "Gli uomini non vogliono più essere osservatori dei mondi artificiali, bensì vogliono entrare in questi con i loro corpi, attraversare lo schermo e la consueta illusione; essi vogliono esserci, abitare l'immagine, il virtuale" (v. Roetzer, 2000² A simile processo culturale la realtà virtuale pare fornire gli strumenti capaci di inverarne le speranze.

L'esito finale della perfetta simulazione d'un corpo umano, incluse le facoltà intellettive, sarebbe un essere umano che non ha coscienza di essere simulato. (Si noti che qui non si tratterebbe d'una sorta di cyborg, creatura fatta di componenti elettroniche e organiche, né di un automa con il cervello 'positronico' e le pelle sintetica di Asimov: un corpo simulato dalla realtà virtuale è formato soltanto da bit). Un racconto di fantascienza del 1964, Simulacron 3, scritto allorché la realtà virtuale muoveva appena i primi passi, fornisce un quadro realistico - predicato non casuale - delle situazioni a cui ciò potrebbe addurre. Nel racconto, una ditta specializzata ha costruito un grande simulatore computerizzato, capace di creare al proprio interno un mondo virtuale abitato da persone fittizie, alle quali si chiede di sperimentare nuovi prodotti da lanciare sul mercato. Far ricerche di mercato su consumatori fittizi, che però reagiscono agli stimoli con valutazioni e comportamenti realistici - il tutto contenuto in un grande computer - è assai più pratico e meno costoso che farlo impegnando persone reali. Sennonché, insospettito da vari segni, uno dei progettisti del simulatore prende a un certo punto coscienza di essere lui stesso, con tutti i suoi compagni, un individuo simulato. Qualcuno, a un livello di realtà superiore, ha proceduto a simulare la ditta che ha il compito di simulare gruppi di consumatori; e insieme con essa tutti i suoi dipendenti, il quartiere in cui è collocata, il clima, l'avvicendarsi del giorno e della notte, e quant'altro occorre per far apparire il luogo affatto reale (v. Galouye, 1964).

La possibilità che nel mentre un soggetto lavora a sviluppare un sistema di realtà virtuale in cui agiscono persone simulate scopra accidentalmente d'essere a sua volta una persona simulata per via digitale, la quale interagisce con altre persone in un ambiente duplicato da un supercomputer con tale perfezione da apparire loro compiutamente reale appare, al momento, solo moderatamente inquietante, perché di certo lontana nel tempo. Però contiene il nucleo di altre due possibilità che non mancheranno di sollecitare la discussione sulla realtà virtuale come riflesso di modelli del mondo che la nostra epoca ha compreso, e inteso, di poter avviare a realizzazione. La prima, già menzionata, è la possibilità che la simulazione perfetta, spinta al punto che i simulacri da essa generati siano capaci quanto gli originali di creare doppi di se stessi, oppure agenti autonomi, sia precisamente la meta essenziale verso la quale la realtà virtuale tende con tutte le profonde forze che le presta la sua natura archetipica. La seconda possibilità è che questa realtà a più livelli trovi già una simulazione fedele nel mondo contemporaneo, dove ciascuno vive in una realtà virtuale senza averne nella maggior parte dei casi coscienza alcuna. Sono le realtà virtuali interne con cui ciascuno si rappresenta il mondo, e se stesso nel mondo. Mondi non solo virtualmente reali, ma realmente immaginari, che però determinano le nostre azioni in ogni settore dell'organizzazione sociale. Secondo l'approccio costruttivista, seguito da gran parte degli studi teoretici sulla realtà virtuale, se prendessimo coscienza della virtualità di tali realtà interiori, originate da processi non digitali ma sociopsicologici, il nostro agire politico, economico, sociale, ambientale, attingerebbe probabilmente superiori stadi di libertà e responsabilità.

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