ARAGONA, REGNO DI

Federiciana (2005)

Aragona, regno di

David Abulafia

Parlare del 'Regno di Aragona' non rende giustizia al particolare carattere del complesso di entità che gli storici chiamano 'terre della Corona d'Aragona'. Il giovane Federico II poteva contemplare due realtà principali: la contea di Barcellona (in pratica la Catalogna) e il Regno di Aragona con capitale Saragozza, che furono riuniti sotto un unico sovrano dopo il 1137. I due stati erano comunque distinti per lingua, costumi, interessi politici ed economici. La Catalogna, sebbene fosse formata in maggior parte da terreno agricolo per lo più improduttivo, stava cercando una nuova fonte di profitti nel commercio internazionale. Le città marinare, in particolare Barcellona e Tarragona, si trovarono così a rivaleggiare con Pisa e Genova per la gestione del commercio nel Mediterraneo. Dall'altra parte i due stati condivisero una tradizione politica di monarchia moderata, caratterizzata dallo sviluppo delle Corts o Cortes nella gestione della cosa pubblica. Il consenso fra monarca, baroni e, in Catalogna, città divenne un aspetto fondamentale della vita politica catalano-aragonese. Già attorno al 1200 un secondo ambito di interesse della casa di Barcellona si spostò sul territorio imperiale, nella contea di Provenza, retta generalmente da un ramo cadetto della casa catalana. Un dato importante fu l'apporto dei mercanti e marinai di Marsiglia nella conquista di Maiorca del 1229. La città di Montpellier divenne dopo il 1204 un feudo aragonese, e infatti fu lì che il giovane re Giacomo I d'Aragona (v.) ricevette un'istruzione. Montpellier, con i suoi strettissimi rapporti commerciali che legavano la Francia del Nord alla Catalogna e al Mediterraneo, funse da snodo nel sistema commerciale dei catalani.

Durante la vita di Federico II si assistette a una sostanziale trasformazione della Corona di Aragona. Il giovane Giacomo stabilizzò nuovamente il potere regio con la conquista di Maiorca nel 1229 e con la successiva invasione di Valenza nel 1238. Dopo la morte del padre, Pietro II, nel 1213 a Muret, durante la crociata contro gli albigesi, l'autorità regia fu nuovamente compromessa da una lunga reggenza. Il pericolo che la Catalogna potesse perdere la sua indipendenza, divisa tra diversi piccoli signori, ritornando ad essere 'il paese dei castellani' (da cui proviene l'origine del nome 'Catalogna') fu grave. Le conquiste delle terre musulmane proiettavano inoltre un'immagine del giovane re come un capitano di guerra, non come un vero sovrano. Ma le ragioni legate alla conquista delle terre musulmane (come si evince con chiarezza dall'autobiografia di Giacomo I, il cosiddetto Libre dels Feyts) non furono soltanto mirate all'umiliazione dei saraceni, bensì anche al consolidamento del potere della casa reale di Barcellona.

Un aspetto della politica aragonese che Federico poté seguire con vivo interesse fu l'attitudine ad una tranquilla convivenza dei re d'Aragona nei confronti dei loro sudditi musulmani: il trasferimento coatto della popolazione musulmana come nell'esempio di Lucera (o in Castiglia negli stessi anni) fu abbastanza raro nei paesi della Corona d'Aragona. Quanto ai rapporti tra la Sicilia e la Catalogna, all'epoca di Federico possiamo certamente parlare di legami che tuttavia subirono un brusco ridimensionamento dopo la conquista aragonese della Sicilia nel 1282. Un elemento importante fu anche il matrimonio fra il giovane Federico e la sua prima moglie, Costanza d'Aragona, sorella di Pietro II.

Tra i piccoli regni cristiani emersi nella Spagna pirenaica, grazie anche al sostegno dei Carolingi di Francia, Catalogna e Aragona sperimentarono un'evoluzione distinta fino al 1137. L'Aragona fece prima parte del Regno di Navarra, emergendo come Regno autonomo solo nel sec. XI. Il carattere di questo piccolo Regno fu trasformato dalla conquista di Saragozza, città musulmana, nel 1118. La trasformazione fu dovuta non solo alla decisione del re di acquistare estesi territori nella pianura dell'Ebro, ma anche alla presenza della popolazione dell'ex Regno musulmano di Saragozza abitato da musulmani ed ebrei. I re d'Aragona avevano, per la prima volta, un'alta proporzione di sudditi non cristiani. La stessa situazione non si riscontrò, con simile intensità, in Catalogna, a eccezione della regione di Lleida (Lerida), conquistata dai catalani nel 1138. L'Aragona, come Regno indipendente, trovò un protettore nel Papato, e così nel 1204 Pietro II d'Aragona (v.) intraprese un viaggio a Corneto, in Italia, dove fu unto re dal papa. Questo fu un evento di grande importanza alla luce dei costanti tentativi dei castigliani di impadronirsi dei territori aragonesi o di far rivalere un'autorità 'imperiale' in tutta la penisola iberica.

Il ruolo della Catalogna nel panorama internazionale fu diverso. Formalmente una contea del Regno di Francia, la Catalogna divenne indipendente dalle pretese francesi solo col trattato di Corbeil nel 1258. I suoi confini furono comunque piuttosto vaghi: il Rossiglione e la Cerdagna, domicilio dei primi conti catalani nel sec. IX, rimasero (a eccezione del periodo relativo ai primi anni del sec. XIII) sotto la giurisdizione del nonno del re, Nunyo Sancho; per non parlare della contea di Urgell retta dalla casa di Barcellona solo dopo il 1229.

Nel tardo sec. XII, dopo l'unificazione di Aragona e Catalogna sotto un unico sovrano, i conti-re tentarono di creare un'amministrazione effettiva, in particolare in Catalogna. Le ricerche di Thomas Bisson sui frammenti dei registri fiscali usati in Catalogna fino al 1213 dimostrano un crescente interesse per il problema della contabilità, cioè la responsabilità degli ufficiali locali di produrre conti esatti e chiari. L'aiuto di tesorieri, sia templari sia ebrei, istruiti ai principi della contabilità, rese possibile un incremento delle risorse della monarchia aragonese attorno al 1200. Dopo la morte di Pietro II a Muret, comunque, il problema fiscale divenne più pressante sia per Giacomo I che per la maggior parte dei sovrani europei del Duecento.

Il problema del reperimento di denaro ebbe come conseguenza l'imposizione di nuove imposte, o al più il reintegro di altre già esistenti come il bovatge (bovaticum), sempre con il consenso delle Corts. Un'altra fonte di denaro può certamente essere individuata nel commercio internazionale. Sotto Giacomo I si osserva l'ingresso di generose somme di denaro dai fondachi, e in particolare dagli insediamenti catalani in Africa. Il commercio degli schiavi, del grano (incluso quello siciliano), dell'oro, dei tessuti fiamminghi e francesi fu accolto nei mercati africani con vivo interesse. I catalani si trovarono a rivaleggiare con i genovesi nel tessere proficue relazioni commerciali con i Marinidi del Marocco, gli Abdalwadidi dell'Algeria e gli Hafsidi della Tunisia, per non parlare dei Nasridi in Granada dopo il 1250. Durante i primi anni del regno di Giacomo questi rapporti furono resi più difficili dalla presenza in Africa, così come nella Spagna meridionale, di isolati stanziamenti dell'Impero almohade. Anche gli Almohadi comunque sperimentarono i vantaggi di questi scambi commerciali.

L'altro aspetto significativo afferente alla sfera catalana fu il crescente ruolo dei catalani nella riconquista della Spagna musulmana. Durante il sec. XII le navi adoperate per la conquista della parte meridionale della penisola iberica furono fornite dagli italiani, come per esempio per la conquista di Tortosa nel 1148. La campagna catalana contro Maiorca segnò un cambio di tendenza. I partecipanti all'azione militare questa volta furono catalani e provenzali, provenienti da Barcellona, Tarragona, Montpellier, Marsiglia, e così via. Un ulteriore aiuto fu fornito dai baroni e prelati catalani che avevano assicurato al re il loro appoggio durante una grande cena svoltasi a Tarragona. La conquista di Maiorca nel 1229, importante centro di commercio (e di pirateria), fu seguita dalla sua sottomissione al sovrano catalano nel 1231 e dalla conquista di Ibiza nel 1235. La presa di Ibiza rese più sicura la navigazione in questa parte occidentale del Mediterraneo fornendo inoltre le basi per un ponte commerciale tra il continente europeo e quello africano. Conscio della necessità di affermare la sua autorità in Catalogna, Giacomo lasciò il governo di Maiorca ad altri. Solo nei suoi ultimi anni concepì di creare per il secondogenito Giacomo un Regno distinto di Maiorca che comprendesse le Baleari con Montpellier, Rossiglione e Cerdagna e possibilmente la Sardegna. La conquista di Valenza, dall'altra parte, fu dettata in parte dalla necessità della nobiltà aragonese che, giudicando la spedizione contro le Baleari un'impresa catalana, voleva cercare fortuna e gloria contro i mori in altri luoghi. Ciò che rendeva Valenza attraente agli occhi degli aragonesi era la ricchezza di una città dotata di una vasta popolazione e di tecniche industriali e agricole innovative. Però la conquista del Regno di Valenza (che rimase congiunto alla Corona d'Aragona come un Regno distinto rispetto all'unione di Aragona-Catalogna) non si esaurì con la presa di Valenza nel 1238. Anche le aree rurali e le piccole città con la loro popolazione islamica dovevano essere ridotte una dopo l'altra all'obbedienza del re Giacomo I, un fatto ancora incompiuto alla sua morte nel 1276. Il re resistette alla tentazione di espellere i musulmani, in parte per mancanza di nuovi coloni (che trovarono più appetibile Maiorca). I trattati di sottomissione offrirono ai musulmani garanzie di libertà di culto in cambio della promessa di accettare Giacomo come successore dei re musulmani che avevano governato fino ad allora il Regno di Valenza. Prima del 1250 il carattere del Regno valenzano subì pochi cambiamenti: un nuovo re, un re cristiano ma sovrano di un Regno che rimase, a eccezione della capitale Valenza, prevalentemente islamico. Vale la pena di considerare le analogie (di tipo pratico) con la Sicilia, dove nel sec. XII la popolazione islamica deteneva alcuni diritti di autonomia politica e religiosa paragonabili a quelli del Regno di Valenza nel sec. XIII.

Il più importante legame tra Federico II e il Regno di Aragona fu di carattere puramente personale: il legame cioè tra il giovane re di Sicilia e la sua prima moglie, Costanza (v.), principessa della casa d'Aragona che al momento delle nozze con Federico era già vedova del re ungherese Emerico. Scelta da papa Innocenzo III, Costanza sposò un giovane quattordicenne, rispetto al quale aveva certo più anni e più esperienza. È probabile che il papa temesse che Filippo di Svevia proponesse una sposa tedesca a Federico, mentre il pontefice voleva mantenere una netta separazione tra il Regno siciliano e l'Impero tedesco. Innocenzo III doveva anche tenere in considerazione la dipendenza formale di ambedue i re, di Aragona e di Sicilia, dal Papato come vassalli di S. Pietro. Un altro aspetto importante del matrimonio agli occhi del papa fu l'organizzazione di truppe che sarebbero state essenziali per la pacificazione della Sicilia. Innocenzo III aveva già tentato di regolare gli affari dell'isola durante l'incontro avuto a San Germano nel 1208, avanzando la sua proposta di fornire duecento cavalieri per proteggere l'isola. L'arrivo di Costanza in Sicilia fornì un ulteriore aiuto. In occasione dello sposalizio Costanza fu infatti accompagnata da cinquecento cavalieri provenienti dai territori aragonesi, includendo anche la Catalogna e la Provenza. Comunque l'arrivo delle truppe non sortì un grande cambiamento. Pronti a entrare in campo contro i ribelli siciliani, i cavalieri aragonesi furono colpiti da un'epidemia di peste che li decimò. I sopravvissuti decisero quindi di non continuare l'impresa e di fare ritorno in patria. Nonostante tutto la nuova regina rimase al fianco di Federico e la relazione tra i due fu tramandata come affettuosa e intima. Pare che alla morte di Costanza, nel 1222, Federico fece mettere nel sarcofago della regina (un sarcofago antico riutilizzato per l'occasione una corona nota poi come 'la corona di Costanza'. Altri gioielli e preziosi furono trovati insieme al corpo della defunta. Dopo questi eventi il legame con l'Aragona divenne meno importante. Mentre gli aragonesi s'interessavano alla conquista dei territori ancora sotto il controllo musulmano, Federico II si concentrava sugli affari tedeschi, italiani e del Levante. Dopo la morte di Federico, il legame con l'Aragona fu rinvigorito dalle nozze tra Pietro d'Aragona, figlio di Giacomo I, e Costanza, figlia di Manfredi, un'alleanza dinastica che fu all'origine delle richieste di aiuto per una presenza aragonese in Sicilia all'epoca del Vespro.

Dal punto di vista commerciale, la posizione strategica della Sicilia nelle rotte marittime del Mediterraneo e la ricerca di grano di buona qualità determinarono la necessità di una presenza commerciale catalana nell'isola. Nel 1238 Joan de Banyeres di Barcellona mandò una schiava moresca in Sicilia per venderla. Il mercante catalano ebbe in cambio cotone o cumino. Lo stesso fu per il nuovo centro di commercio catalano, la città di Maiorca (l'odierna Palma). Sappiamo, per esempio, che un gruppo di mercanti stanziati in Maiorca inviò una nave in Sicilia nel 1242 e nel 1243, e due nel 1247. Una schiava nera, Maymuna, fu condotta in Sicilia per conto del mercante internazionale Arnau de Font. Tutte queste notizie testimoniano il ruolo di Maiorca e Palermo nel mercato degli schiavi. Per quel che riguarda la loro presenza in Sicilia, gli schiavi ‒ generalmente africani ‒ formarono, dopo le deportazioni a Lucera, la quasi totalità della popolazione musulmana presente nell'isola.

fonti e bibliografia

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T. Bisson, La Corona d'Aragona: storia di un regno medievale, Genova 1998.

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