Regolamentazione del mercato

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Interventi di r. prevalentemente volti al condizionamento dei meccanismi spontanei del mercato. Se ne è avvertita la necessità in seguito al processo di graduale crescita delle dimensioni delle imprese, che hanno assunto di fatto una struttura monopolistica o oligopolistica. Infatti, una delle principali motivazioni della r. risiederebbe nella constatazione che il mercato è soggetto a ‘fallimenti’ e che, pertanto, un intervento pubblico può consentire il conseguimento di risultati che lo spontaneo funzionamento del mercato non potrebbe garantire.

Il primo ordine di fallimenti del mercato individuati da tale teoria riguarda il monopolio naturale, che caratterizzava tipicamente la maggior parte dei servizi pubblici quali l’elettricità, l’acqua, il gas, i trasporti ferroviari, le telecomunicazioni. Questi monopoli naturali giustificavano la necessità di r. delle condizioni di entrata sul mercato allo scopo di garantire un più efficiente utilizzo delle risorse, e hanno costituito storicamente la prima area d’intervento pubblico. Pur quando i progressi tecnologici e organizzativi hanno permesso la concorrenza anche in questi settori, il loro carattere di servizi di pubblica utilità impone una r. delle tariffe e delle condizioni di servizio. Un secondo tipo di fallimenti del mercato deriva dalla disparità delle informazioni disponibili al cliente e al fornitore (caratteristica dei servizi finanziari e assicurativi), che determina sul mercato una allocazione delle risorse non efficiente. Una terza tipologia di fallimenti del mercato deriva dalle esternalità, cioè dagli effetti su terzi causati dalla produzione o dallo scambio di beni tra agenti economici (come, per es., i danni all’ambiente).

Lo Stato può assumere il controllo dei prezzi (e determinare le condizioni di entrata), delle condizioni di lavoro e dell’ambiente oppure della concorrenza. Quest’ultimo caso, che si riferisce alla normativa antitrust, comporta il controllo delle acquisizioni, dei comportamenti dell’impresa dominante e delle intese tra imprese. Esiste, tuttavia, una posizione teorica alternativa che interpreta i fenomeni di r., generalmente associati alla crescita del settore pubblico e alla sua ingerenza nel funzionamento del mercato, come frutto di una diversa logica. La r. crescente del mercato sarebbe stata originata dal tentativo di determinati gruppi (per es., categorie di imprese o di lavoratori) di realizzare i propri interessi particolari. Secondo gli esponenti di quest’orientamento d’ispirazione liberista, sono i vantaggi che derivano al settore regolamentato, quali le barriere all’entrata, la determinazione di prezzi minimi, l’attenuazione della concorrenza di prodotti o di servizi sostitutivi, a motivare l’intervento pubblico, facendo perdere alla r. il suo connotato positivo. Quest’interpretazione della r. ha avuto, a partire dalla fine degli anni 1970, una significativa influenza sul processo di progressiva riduzione di norme e regolamenti in buona parte delle economie occidentali.

Per quanto riguarda l’Italia, come generalmente è avvenuto per altri paesi europei, l’intervento pubblico in economia è stato realizzato soprattutto attraverso nazionalizzazioni più che mediante la r. di imprese private. A partire dagli anni 1990, in sintonia con un mutamento di opinione rispetto all’intervento diretto nell’economia da parte dello Stato, si è avvertita la necessità di una più precisa definizione dei compiti della r. e si è fatta più pressante l’esigenza di costituire apposite agenzie dotate di un’adeguata capacità tecnica. Nel 1990 è stata varata la normativa antitrust e istituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato; inoltre, per alcuni settori, esistono organismi indipendenti con compiti di garanzia e di vigilanza: la Banca d’Italia per gli enti creditizi, l’ISVAP (Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni Private e d’interesse collettivo) per le assicurazioni, la CONSOB per i mercati finanziari e, dal 1995, le authorities per la regolazione dei servizi pubblici.

Al polo opposto rispetto alla r. si situa la deregulation (➔) o deregolamentazione, che consiste nella progressiva abolizione di norme legislative e di regolamenti fissati in precedenza per imprese operanti nel campo dei servizi e in quello energetico.

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