RELIQUIE

Enciclopedia Italiana (1936)

RELIQUIE

Nicola TURCHI
Giovanni Pietro KIRSCH

. S'intende per reliquia ciò che resta (corpo o parte del corpo; oggetti, vesti, armi, utensili, che furono a contatto con il corpo) di una persona reale (o anche mitica) dotata agli occhi del gruppo di qualità eccelse o addirittura sovrumane.

Storia delle religioni. - La venerazione e l'uso delle reliquie, fuori della religione cattolica si fonda sul principio di magia simpatica che il contiguo agisce sul contiguo: quindi il contatto, l'ingestione, l'uso di cose o appartenenti o collegate a persona particolarmente ricca di virtù produce gli stessi effetti ammirati nella persona: effetti di gagliardia, di intelligenza, di preservazione contro mali influssi, ecc. Col progredire del livello religioso, il devoto, invece di attribuire alle reliquie un valore magico, le venera in quanto appartenute ad uomini che hanno onorato la divinità, che sono stati esempio da imitare e il cui ricordo vale, come le immagini, ad eccitare la pietà.

L'uso delle reliquie è universale nelle religioni primitive ed etniche dell'antichità e si accentua in quelle religioni universali che, avendo avuto un fondatore, amano venerare i ricordi superstiti della sua persona e della sua vita.

I primitivi. - Come il cannibale parte dall'idea che ingerendo il cuore, il fegato, il rene, l'occhio del guerriero ucciso se ne assimilano le qualità, così il primitivo che porta al collo, al braccio, sullo scudo quelle stesse parti del corpo mummificate, o anche capelli, denti, ossa, ecc., ritiene di riceverne una protezione magica e un potenziamento delle sue facoltà (v. amuleto) specialmente nei casi di guerra, di caccia, di provocazione della pioggia, di cura o preservazione dalle malattie, ecc.

Si possono considerare, sebbene impropriamente, come reliquie anche le impronte di mani, di piedi, del corpo, lasciate dall'eroe su blocchi o su rocce; e difatti verso di esse i devoti muovono in pellegrinaggio.

Egitto. - L'Egitto ha assai venerato le reliquie di Osiride, specialmente i 14 pezzi del suo corpo disseminati dall'uccisore Set per tutto l'Egitto e sui quali furono eretti santuarî. Di questi il più importante era quello di Abido, dove era sepolto il capo. Notevole anche era a Busiride il misterioso pilastro ded strettamente legato alla persona del dio. Anche i Serapei dell'Egitto greco-romano contenevano nella mummia del bue Api la reliquia dell'Osiride ultramondano.

Grecia. - Il culto degli eroi in Grecia è essenzialmente un culto delle loro reliquie, chiuse nell'apposito tempio (ἡρῷν) e considerate come salvaguardia ambitissima della città che le possedeva: tanto che erano ricercate con cura, spesso in seguito a indicazioni di oracoli, e una volta ritrovate venivano con gran pompa portate nelle città dove servivano come fonte ordinaria di divinazione e presidio da malattie o altre iatture. Ricordiamo, tra le reliquie più celebri, il capo di Orfeo (conservato a Lesbo o a Smirne) e le sue ossa (a Dio in Macedonia); le ossa di Europa (Hellotis) in Creta; quelle di Teseo da Sciro in Atene; quelle di Oreste a Sparta, dove dànno la vittoria contro quei di Tegea; quelle di Esiodo a Orcomeno dove, appena entrate, liberano la città da un'epidemia, ecc.

Anche oggetti che avevano appartenuto ad eroi erano considerati reliquie: la lancia di Achille a Phaselis, la spada di Memnone a Nicomedia, la lira di Orfeo in varî luoghi, il flauto di Marsia a Sicione, lo scettro di Agamennone a Cheronea; e più lo scudo di Pirro, il residuo della creta con cui Prometeo foggiò Deucalione e Pirra, i sandali di Elena, le uova di Leda, ecc.

Roma. - In Roma le reliquie più notevoli erano il palladio di Enea, le tombe di Evandro, di Carmenta, di Romolo, di Acca Larenzia, oltre ad altre minori; il fico ruminale, la casa di Romolo sul Germalo, la conocchia e i sandali di Tanaquilla conservati nel tempio di Iuppiter Fides, la pila horatia con le armature dei tre Curiazî, il tigillum sororium, le spoglie opime di Romolo dedicate a Giove Feretrio sul Campidoglio, ecc.

Buddhismo. - Il buddhismo ha sempre venerato le reliquie. Ai funerali del Buddha le sue ceneri furono divise in otto parti e distribuite alle genti intervenute. Esse furono conservate in altrettanti stūpa, divenuti centro di costruzioni religiose. Di esse sono state ritrovate quelle contenute negli stūpa di Piprāwā (Nepal) eretto dai Sakya di Kapilavastu, le più autentiche; di Bīmarān tra Cabul e Jalālābād e di Peshāwar fondato dal re Kaniska (v.). Il nord dell'India, Ceylon e la Birmania sono i paesi dove le reliquie del Buddha sono più venerate.

L'induismo ignora la venerazione delle reliquie, come anche il jainismo. Così pure l'islamismo, salvo in quei paesi dove è stato suggerito dall'ambiente etnico: così a Bījāpur (Deccan) vi sono peli della barba di Maometto cui si presta venerazione all'anniversario della nascita del profeta; a Rohrī (Sind) si venera un suo capello che si mostra ai fedeli una volta l'anno, né vanno dimenticate le impronte dei suoi piedi (ad Ahmadābād, Gaur, Delhi); nell'Africa settentrionale sono venerate le tombe dei cosiddetti santoni.

Tutte queste forme di culto si devono considerare però come degenerazioni locali della pura religione coranica.

Bibl.: A. Erman, Die ägyptische Religion, 3ª ed., Berlino 1909 (trad. it. Pellegrini, Bergamo 1908); P. Pfister, Reliquienkult im Altertum, voll. 2, Giessen 1909; A. Wylite, Buddhist Relics, in Chinese Researches, Sciang hai 1897; L. A. Waddel, The Buddhism of Tibet or Lamaism, Londra 1895; I. Goldziher, Muhammedanische Studien, Halle 1889-90, II, pp. 275-380; E. Doutté, Notes sur l'islām maghribin: Les marabouts, in Revue de l'hist. des religions, XL-XLII (1899-1900); R. Basset, Nédromah et les Traras, Parigi 1901.

Cristianesimo. - È spontaneo all'uomo avere una considerazione speciale e una venerazione per ciò che si riferisce a persone, per le quali si aveva stima particolare o sentimenti speciali di affetto. Questa inclinazione naturale unita con la venerazione religiosa verso i martiri, quali eroi della fede e cristiani perfetti, forma la base del culto delle reliquie e dell'apprezzamento speciale che queste hanno preso già nell'antichità nella vita religiosa dei cristiani. La voce reliquiae (in greco λείψανα) fu usata nell'antichità, secondo il senso etimologico (illa quae ex aliqua re relicta sunt) arche per designare resti dei corpi dei defunti o le ceneri dei corpi incinerati. In questo senso la parola passò nell'uso del linguaggio cristiano, dove però prese un senso più ampio, con l'estensione della venerazione anche a oggetti, venuti a contatto con i resti dei santi. Dal sec. IV in poi, la voce "reliquie" venne usata non soltanto per i resti mortali del corpo o per il sangue raccolto in occasione del martirio, ma anche per parti degli strumenti del martirio o considerati come tali (catene di S. Pietro, di S. Paolo, graticola di S. Lorenzo, pietre della lapidazione di S. Stefano), per pezzi degli abiti portati dai santi, per oggetti toccati alla tomba di un martire (pezzi di stoffa, brandea, polvere della tomba) o usati per onorare la tomba (fiori depositativi sopra, olio delle lampade), e simili ricordi materiali.

Tutti questi oggetti nell'antichità cristiana, dal sec. IV in poi specialmente, furono considerati come sacri e venerabili, e furono trattati come reliquie nel senso più stretto della parola, benché chiamati anche con altri nomi (sanctuaria, pignora, beneficia).

Il culto delle reliquie è un'espressione deìla venerazione religiosa verso i martiri e si sviluppa in modo parallelo a questa. Già nell'antichità classica, presso i Greci e presso i Romani, si trova il culto degli eroi e delle loro reliquie: culto praticato naturalmente secondo concetti idolatrici. Questo però presenta soltanto un'analogia generica col culto cristiano dei martiri, basato com'è sul concetto naturale di venerazione per insigni personaggi, ma non è la radice o il modello diretto del culto dei santi e delle loro reliquie, come del resto è già dichiarato da autori cristiani antichi, i quali rilevano la differenza essenziale tra il culto pagano degli eroi e la venerazione cristiana dei martiri (Eusebio, Praepar. evang., XIII,1; Gregorio Nazianz., Adv. Iulianum, I, 69 segg.; Cirillo Aless., Contra Iulianum, VI). S. Girolamo dichiara espressamente che non si adorano, non si rendono onori divini alle reliquie dei martiri, per non servire le creature piuttosto che il creatore: i cristiani onorano le reliquie dei martiri per adorare quello del quale sono martyres (Ad Ripar., ep. 53, c. 1).

I motivi che indussero i fedeli a venerare le reliquie dei santi sono presentati da varî Padri, principalmente nei panegirici pronunziati in occasione delle feste dei martiri. Gli eroi della fede cristiana, restati fedeli a prezzo della vita, sono degni della più alta gratitudine, avendo dato il più bell'esempio a tutti i cristiani. I loro corpi sono stati strumento dello Spirito Santo per la vittoria contro gli avversarî di Cristo, perché in questo corpo hanno potuto vincere tutte le pene e torture; cosicché questi resti mortali hanno acquistato un valore particolare, anche dopo che l'anima si è distaccata dal corpo. Sono quindi degni di venerazione da parte dei fedeli, i quali mediante quelle reliquie possono partecipare alla grazia particolare ad esse congiunta. E questa venerazione si estende anche agli oggetti materiali venuti a contatto con i corpi o la tomba (Gregorio Naz., Adv. Iulianum, I, 69; Paolino dl Nola, Natal., IX, 451-453).

Il culto delle reliquie prese origine e si sviluppò in modo parallelo al culto dei martiri nell'antichità (v. martire). Dapprincipio questo culto s'accentrò sulla tomba del santo, la quale conservava il suo corpo: secondo la lettera autentica sul martirio di Policarpo (v.), i fedeli consideravano i resti del corpo bruciato del loro vescovo martirizzato più cari delle pietre preziose e dell'oro (Eusebio, Hist. eccl., IV, 15). Tale era il sentimento generale dei cristiani nei primi secoli all'epoca stessa delle persecuzioni, per cui si cercò di avere ricordi materiali del martire. La comunità di Gerusalemme venerava come reliquia la cattedra stessa usata da S. Giacomo (Eusebio, Hist. eccl., VII, 19). Uno dei guardiani di S. Cipriano desiderava avere gli abiti del vescovo dopo il martirio di questo come contenenti "i sudori già sanguinei" del martire (Vita Cypriani, 16), e i cristiani di Cartagine misero panni sul luogo del supplizio per conservarli dopo averli bagnati del sangue del loro vescovo (Acta proconsularia s. Cypr., c. 5).

Si hanno altri esempî dagli Atti autentici di martiri a dimostrare che i cristiani dopo il supplizio raccoglievano con panni il sangue del santo, come ricordo e reliquia. I corpi dei martiri erano seppelliti completamente e la venerazione si svolgeva principalmente attorno alla tomba; ma nell'ultima persecuzione si ebbero casi di una forma di venerazione per le reliquie, in quanto si cercarono resti dei corpi stessi per conservarli e venerarli. Nel Testamento dei Quaranta martiri di Sebaste, questi pregano espressamente che i loro corpi siano seppelliti insieme e domandano istantemente che nessuno ritenga parte dei loro corpi; tuttavia questa raccomandazione non fu seguita, poiché sappiamo da testimonianze del sec. IV (S. Basilio, Hom. in SS. XL martyres, 8; S. Gregorio di Nissa, Hom. in SS. XL mart., in Patrol. Graeca, XLVI, 784) che resti delle ceneri e di ossa bruciate si conservavano in varie parti come reliquie dei Quaranta martiri (v.).

Quest'uso, però, da principio non venne approvato dalle autorità ecclesiastiche e dal sentimento di molti fedeli. Ne abbiamo un'eco nella Passio, leggendaria ma antica, di S. Fruttuoso e dei suoi compagni. Nella notte dopo il martirio, i fedeli si recano all'anfiteatro di Tarragona, versano vino sui corpi pȧrzialmenie bruciati e portano con sé parte delle ceneri; ma S. Fruttuoso appare a questi fedeli e ordina di riportare via tutto e di preparare ai martiri un sepolcro comune, mettendovi tutti i resti dei corpi. Si vede dunque che l'idea di deporre nella tomba tutto ciò ch'era appartenuto al corpo del martire e di rispettare la tomba con le reliquie, era ancora viva specialmente presso i rappresentanti dell'autorità ecclesiastica. Tuttavia nel sec. IV, con lo sviluppo del culto dei martiri, l'uso delle reliquie nella vita religiosa dei cristiani divenne molto frequente e il loro culto prese una parte importante anche nella vita ecclesiastica.

La venerazione dei martiri e delle loro reliquie era in uso, secondo la tradizione anteriore, in tutta la Chiesa, e un'opposizione contro questo uso religioso non si manifestò in modo generale. Quando, al principio del sec. V, Vigilanzio scrisse contro il culto delle reliquie, fu combattuto e confutato da S. Girolamo (Contra Vigilantium). L'espressione principale primitiva della venerazione dei martiri nel culto era la celebrazione del loro anniversario che comprendeva il sacrificio eucaristico. Questo culto cominciò nella seconda metà del sec. II e ne abbiamo le testimonianze più antiche per l'Asia Minore (S. Policarpo) e per l'Africa (Martiri Scillitani, Sante Perpetua e Felicita e compagni).

A Roma, la celebrazione solenne dell'anniversario venne in uso nel corso del sec. III. Oltre a questa solenne commemorazione liturgica, i fedeli visitarono le tombe dei martiri per esprimere la loro devozione privata e per implorare l'intercessione di questi particolari amici di Cristo; più tardi, anche in giorni fuori dell'anniversario, fu celebrato in loro onore e in forma più privata il sacrificio eucaristico.

In origine, ogni comunità cristiana onorava così i suoi martiri, e questo culto liturgico e privato si faceva presso la tomba stessa del martire. Dal sec. IV in poi, furono costruite basiliche e cappelle presso la tomba con le reliquie dei santi e, se questi avevano la sepoltura in gallerie sotterranee, si crearono anche cappelle più grandi presso la tomba, principalmente nelle catacombe romane. Così l'altare per la celebrazione eucaristica poteva essere disposto presso il sepolcro venerȧto, e quando sulla tomba fu eretta una chiesa più grande (come per lo più avveniva) la costruzione fu disposta in modo che l'altare venisse costruito sopra la tomba stessa del martire, e perciò, secondo un'espressione di Prudenzio, la sacra mensa era nello stesso tempo, donatrix Sacramenti e custos fida sui martyris (Peristephanon, XI, 170). Le tombe nelle cripte e nelle basiliche cimiteriali erano dunque i veri santuarî delle reliquie dei martiri. Se i fedeli si fossero contentati di erigere chiese in onore di santi soltanto presso le loro tombe, ognuno di essi avrebbe avuto un unico santuario. Ma l'importanza del culto dei martiri portò alla fondazione di chiese in onore dei santi in varie località, fuori del loro sepolcro. Anche per queste chiese si voleva avere una memoria materiale del santo. In Oriente cominciò nel sec. IV l'uso della traslazione delle reliquie di martiri celebri in altre città, dove furono fondate chiese in loro onore. Così la capitale dell'impero d'Oriente, Costantinopoli, ricevette le reliquie di più corpi di santi, trasferiti e deposti nelle suntuose chiese a loro dedicate: S. Timoteo nel 356, S. Andrea e S. Luca nel 357 sotto l'imperatore Costanzo; altri imperatori posteriori, come Teodosio I, seguirono questo esempio per le chiese della capitale, e anche altre città orientali, come Antiochia, Edessa, Alessandria, videro solennità grandiose in occasione della traslazione dei corpi di santi. Se in questi casi troviamo la deposizione di tutti i resti mortali di un santo in una chiesa dedicata alla sua memoria, l'uso di separare piccole parti di reliquie del corpo di santi cominciò in Oriente fin dal sec. IV e continuò nell'epoca posteriore. Alle reliquie dei Quaranta martiri e di altri martiri si aggiunsero reliquie di S. Stefano protomartire dopo la rivelazione della sua tomba.

Un altio genere di reliquie furono memorie materiali dei luoghi santificati in Palestina dalla vita terrestre di Gesù, piccoli pezzi della sua croce, venerata a Gerusalemme nel sec. IV. Tutte queste reliquie furono trattate in modo simile ai corpi dei martiri: esse furono deposte in piccoli sepolcri, sotto o dentro gli altari delle chiese, e venerate come si usava per le tombe stesse dei santi. Ma non soltanto reliquie nel senso proprio, cioè resti del corpo, ma anche oggetti messi in contatto col sepolcro di un martire e altre reliquie secondarie furono venerate e trattate in modo simile. Qui però troviamo fino al sec. VII una differenza nella disciplina ecclesiastica tra l'Oriente e l'Occidente. In Oriente le traslazioni di reliquie, e l'uso molto diffuso di usare dei resti di corpi di martiri come reliquie, sia nelle chiese sia nella vita religiosa privata, non trovarono difficoltà. A Roma inveee e nell'Occidente a questa epoca si conservava la disciplina primitiva, per la quale il sepolcro di un martire non doveva essere aperto né si potevano separare particelle del suo corpo. S. Gregorio Magno (Epist., IV, 30) nella sua lettera all'imperatrice Costantina di Bisanzio, che aveva domandato la testa o altra parte delle ossa di S. Paolo, dichiara che questo era assolutamente impossibile, poiché in Roma e in tutto l'Occidente sarebbe stato considerato sacrilegio toccare i resti mortali dei martiri: perciò egli dà soltanto pezzi di stoffa posti sulla tomba di santi, piccole particelle delle catene di S. Pietro o di S. Paolo, riguardando simili benedictiones come reliquie e adducendo come prova i miracoli operati mediante tali oggetti. Questa disciplina dell'Occidente è confermata per il sec. VI da Gregorio di Tours (De gloria mart., I, 25, c. 55). In Occidente si cercò ansiosamente di avere reliquie di questo genere, sia per uso privato, sia per deporre queste reliquie in altari consacrati alla memoria di santi. Il vescovo Gaudenzio di Brescia fece lunghi viaggi per procurarsi molte reliquie, che, poste nella sua chiesa, fecero sì che essa fosse nominata "il concilio dei Santi" (Sermo XVII, in Patrol. Lat., XX, col. 959 seg.); Paolino di Nola parla del grande numero di reliquie che egli poté avere per le chiese da lui fondate (Carmen, XXVII, 403 segg.; Epist., XXXII, 10), e testimonianze simili sono conservate di altri vescovi. Così avvenne che, verso la fine del sec. IV e nei secoli seguenti, non si fondasse una chiesa nuova senza che si cercasse di avere delle reliquie per metterle nell'altare, principalmente quando il santuario era dedicato in modo particolare a un santo. Furono trovate varie iscrizioni di altari, specialmente in Africa, dove sono indicate le reliquie deposte in un sepolcreto, dentro o sotto l'altare; e altari conservati del sec. VI e VII mostrano quasi regolarmeme il piccolo sepolcro per le reliquie. L'uso divenne tanto generale, che in Occidente si fissò nei secoli VIII-IX la norma che nessun altare poteva essere consacrato senza reliquie, e per conseguenza non si poteva celebrare il sacrificio eucaristico senza che vi fossero reliquie dentro l'altare.

L'importanza del culto dei martiri e delle loro reliquie in epoca posteriore fece ricercare i corpi di martiri non venerati con culto speciale, e creò anche delle rivelazioni intorno al sito dov'erano tombe di martiri.

Per alcuni di questi ritrovamenti si può constatare che vi era una tradizione intorno alla tomba; per altre di queste rivelazioni è difficile trovare un fondamento storico.

Tra le invenzioni più celebri sono da ricordare quelle dei Ss. Gervasio e Protasio, di S. Nazario a Milano, e dei Ss. Vitale e Agricola a Bologna all'epoca di S. Ambrogio, e, nell'Oriente, quella di S. Stefano protomartire nel 415 a Cafargamala. Le reliquie di S. Stefano furono distribuite in tutte le regioni dell'impero romano cristiano. Altre rivelazioni e traslazioni di reliquie avvennero in seguito. In Occidente però si mantenne fino al sec. VII, quasi generalmente, l'antica disciplina di non asportare particelle delle ossa o ceneri dei santi, ma contentandosi di reliquie di secondo ordine. Col sec. VIII però si cominciò ad asportarne anche nella chiesa latina; il cambiamento è in relazione con la traslazione dentro la città di Roma delle reliquie dei martiri dalle loro sepolture primitive nei cemeterî fuori le mura. Lo spopolȧmento della campagna circostante, causato dalle invasioni dei Longobardi, e la decadenza di Roma stessa nei secoli VII-VIII non permettevano più di mantenere il culto dei martiri nelle molte chiese cemeteriali erette sulle loro tombe; perciò varî papi dei secoli VIII e IX tolsero le reliquie dei santi dalle loro tombe primitive per trasportarle in chiese dentro la città, dove furono deposte sotto gli altari, cosicché si poté continuare il culto dei resti preziosi.

In tali occasioni si cominciò a staccare parti delle ossa per deporle in cappelle o chiuderle dentro altari, e da questo tempo si fissò anche in Occidente l'uso di distribuire come reliquie le parti delle ossa dei santi. Dopo la conversione dei Franchi e delle altre tribù germaniche alla Chiesa cattolica, il culto dei santi e delle reliquie occupò una parte importante nella vita religiosa anche di questi popoli. Dagli scritti di Gregorio di Tours (sec. VI) si vede chiaramente la diffusione della venerazione delle reliquie; ma si veneravano ancora in primo luogo i martiri, come eroi della fede, e appresso a loro presero posto vescovi, asceti, fondatori di monasteri, come rappresentanti della perfezione cristiana, e ciò sia nella venerazione dei fedeli sia nel culto liturgico. Quindi anche reliquie di tali santi vennero usate come quelle dei martiri, sebbene costoro conservassero il primo posto nella considerazione dei cristiani. Roma era la "città santa" per il grande numero di celebri martiri che vi avevano le loro tombe, e numerosi pellegrini delle nazioni germaniche convertite vi si recavano per venerarne i sepolcri. Le chiese nuovamente fondate furono spesso consacrate a celebri martiri romani, e quando nei secoli VIII-IX le reliquie furono trasferite dentro la città, principi, vescovi e abati delle varie regioni europee cercarono di procurarsene qualche particella per portarla nella loro patria. Così un certo numero di martiri vennero trasportati in Francia e in Germania, dove suntuose chiese furono fondate per queste reliquie. Ci sono pervenute relazioni contemporanee di alcune di queste traslazioni. Si manifestarono però presto abusi nella pratica di procurarsi reliquie, perché in alcuni casi se ne faceva un vero commercio, come pure per certe traslazioni l'autenticità delle reliquie è molto dubbia. In quest'epoca cominciò l'uso di mettere reliquie, non più dentro altari, ma in reliquiarî, per poterle esporre sopra gli altari alla venerazione dei fedeli. All'epoca delle crociate venne in Occidente una ricca messe di reliquie dalla Terrasanta, sia in relazione alla religione giudaica sia riguardanti le persone di Gesù e di Maria Vergine; ma queste reliquie non possono essere ritenute, nella grande maggioranza, come autentiche. Presa Costantinopoli nel 1204, molte delle reliquie conservate in quella città furono portate in Occidente, e varie città italiane, come Venezia, Amalfi, Bari, ecc., ebbero parte a queste traslazioni. Il culto in certi casi fu accompagnato da pratiche superstiziose contro le quali agirono varî sinodi del Medioevo. Un nuovo impulso alla venerazione delle reliquie fu dato dalla scoperta delle catacombe di Roma nella seconda metà del secolo XVI e dalle ricerche condotte in seguito in quei venerandi cimiteri sotterranei. Per un giudizio formatosi in buona fede, ma completamente errato, si credeva, sulla base di racconti leggendarî e favolosi, che tra le tumbe scoperte nelle catacombe molte appartenessero a martiri, e che certi segni (palma, corona, monogramma di Cristo) scolpiti sulle lastre di chiusura, e la presenza di ampolle e vasetti fissati presso i sepolcri o trovati dentro i loculi, considerati erroneamente come recipienti ov'era stato raccolto il sangue del defunto, indicassero il martirio dei fedeli sepolti in tali sepolcri; perciò le ossa rinvenute in tali condizioni furono considerate come reliquie di martiri, e numerose chiese nei varî paesi accolsero tali "corpi santi".

Il progresso del metodo scientifico nello studio delle catacombe e dei loro monumenti per opera di G. B. De Rossi mostrò che questi concetti erano errati, e dalla metà del sec. XIX l'uso di levare tali resti mortali di antichi cristiani come reliquie non poteva più essere approvato. Il protestantesimo nelle sue varie forme rigettò sia il culto dei santi sia quello delle reliquie, tanto che furono gettati fuori dai santuarî i resti venerati nei secoli anteriori, e furono distrutti i reliquiarî, spesso anche di gran valore artistico, nelle regioni dove trionfò il protestantesimo. Il Concilio di Trento dichiarò e formulò la dottrina cattolica sul culto dei santi e delle loro reliquie nella sess. 25 (De invocatione et veneratione Sanctorum). Più tardi, la direzione e sorveglianza di ciò che riguarda le reliquie fu affidata alla S. Congregazione delle indulgenze e delle reliquie (16 luglio 1669), la quale nell'anno 1904 fu riunita con la S. Congregazione dei riti. Con varî decreti fu stabilita la disciplina ecclesiastica intorno alle reliquie, alle dichiarazioni di autenticità (le "autentiche" necessarie per farne uso nel culto o per esporle alla venerazione). La compra e la vendita di reliquie sono severamente proibite.

In varie regioni si celebra una festa speciale delle reliquie, e sia in questa celebrazione, sia nelle dichiarazioni della Chiesa si riconosce che la base e lo scopo del culto delle reliquie è la venerazione dei santi e l'impulso dato ad esso mira a farne ricopiare le virtù e a implorarne l'aiuto.

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