CECA, REPUBBLICA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Ceca, Repubblica

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Martina Teodoli
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(v. cecoslovacchia, IX, p. 602; App. I, p. 390; II, i, p. 541; III, i, p. 335; IV, i, p. 395; V, i, p. 535)

Popolazione

La R. C. è uno dei due Stati sovrani (l'altro è la Slovacchia), nati il 1° gennaio 1993 dalla pacifica divisione tra le due parti della Cecoslovacchia. Gli abitanti rappresentano la punta avanzata verso ovest degli Slavi appunto detti occidentali, stanziata ai confini del mondo germanico, della cui influenza culturale hanno risentito durante l'intero arco della loro storia. Essa è formata essenzialmente dai Cechi (nelle lingue germaniche e latine noti come Boemi), che ne costituiscono l'81%, e dai Moravi (13%), strettamente affini ai primi e solidali con essi e parlanti la stessa lingua, nonché da un 3% di Slovacchi e da qualche sparuto gruppo di Polacchi, Slesiani (culturalmente non molto diversi dai Moravi), Tedeschi (residuo dei numerosissimi espulsi, specialmente dalla regione dei Sudeti, alla fine della Seconda guerra mondiale) e altri ancora. In campo religioso è da segnalare che alla grande maggioranza cattolica si affianca una tradizionale e attiva piccola minoranza protestante (hussiti e 'fratelli boemi').

La popolazione della R. C. (10.282.000 ab. nel 1998) ha subito, negli anni Novanta, un lieve decremento a causa del calo di natalità e dell'invecchiamento demografico. La capitale, Praga, accoglie 1,2 milioni di ab. (1997); altre grosse concentrazioni urbane sono quelle di Brno (385.900 ab.), capoluogo della Moravia, di Ostrava (323.200) e di Plzeň (169.400).

Condizioni economiche

L'agricoltura ceca, la cui privatizzazione è avanzata ma lascia largo spazio a forme cooperative anche se di tipo nuovo, vanta produzioni specializzate nella barbabietola da zucchero, nel frumento, nell'orzo da birra (con la complementare coltura del luppolo nella valle dell'Ohře), nelle patate e anche, su scala limitata, nella vite (Moravia, piana di Mělnik). I boschi dominano le aree montane e coprono nell'insieme un terzo della superficie del paese. L'allevamento prevalente è quello suino.

L'economia rurale assorbe però, a fine millennio, solo poco più di un ventesimo della popolazione attiva. La R. C. è dunque anzitutto un paese industriale, il più sviluppato e il più affine all'Occidente - in questo campo la privatizzazione, con il suo corredo di investimenti stranieri, ha proceduto speditamente e si è praticamente completata sul finire degli anni Novanta - tra quelli dell'Europa orientale, con forti concentrazioni produttive, soprattutto nella Boemia settentrionale. Dopo la crisi della transizione, una notevole ripresa produttiva si è fatta sentire alla metà degli anni Novanta, anche se - sul finire del secolo 20° - non sono mancate delusioni nel raggiungimento dei traguardi economici prefissati, delusioni che hanno aperto la strada a polemiche e dubbi sulla effettiva consistenza di quello che inizialmente era stato considerato il 'miracolo' della trasformazione postcomunista.

Tradizionale paese carbonifero di buon livello europeo, la R. C. ricava buone quantità di antracite, e ancor più di lignite, dai bacini di Ostrava, nella Slesia ceca contigua a quella polacca, e della Boemia settentrionale; in tali aree è impiantata una robusta siderurgia e sorgono diverse centrali termiche a lignite. Energia si ricava anche dal petrolio russo importato e da due centrali nucleari (con qualche problema di sicurezza e qualche protesta popolare), che utilizzano anche uranio estratto localmente. Infine, la R. C. ricava dal sottosuolo piccole quantità di minerali metallici; ma il suo profilo industriale è essenzialmente quello di un paese che importa materie prime per esportare manufatti: dalle automobili (Škoda, oggi nel gruppo Volkswagen) ai tradizionali cristalli e porcellane di Boemia, dagli strumenti musicali ai tessuti del pedemonte settentrionale (Erzgebirge e Sudeti) e fino alle calzature. L'economia forestale, dal canto suo, alimenta cartiere e mobilifici.

Gran parte delle relazioni commerciali della R.C. si svolgono, oltre che con la 'sorella separata' slovacca (tra i due Stati fu sottoscritto fin dall'inizio un accordo di unione doganale), con il ricco e potente vicino germanico. Il turismo può contare sulle bellezze naturali del paese e sul fascino esercitato dalle opere d'arte e dalla struttura urbanistica della capitale, la quale peraltro deve ancora risolvere qualche problema di organizzazione e di sicurezza. *

Bibliografia

S.J. Kirschbaum, Czechoslovakia: the creation, federalization and dissolution of a nation-state, in Regional politics and policy, 1993, 3, pp. 69-95.

Transition, fragmentation, recomposition: la Tchéco-Slovaquie en 1992, éd. V. Rey, Fontenay-St. Cloud 1994.

S.L. Wolchik, The politics of ethnicity in post-communist Czechoslovakia, in East European politics and societies, 1994, 8, pp. 153-88.

P. Pavlínek, Regional development and the disintegration of Czechoslovakia, in Geoforum, 1995, pp. 351-72.

A. Zemplinerova, Small enterprises and foreign investors - key players in enterprise restructuring and structural change, in Ekonomicky Casopis, 1997, 10, pp. 810-50

A. Fagin, P. Jehlicka, Sustainable development in the Czech Republic: a doomed process?, in Environmental politics, 1998, 1, pp. 113-28.

Storia

di Martina Teodoli

La R. C. è nata, contemporaneamente alla Repubblica Slovacca, il 1° gennaio 1993, in seguito alla dissoluzione della Cecoslovacchia, tappa conclusiva della crisi politica e sociale che aveva investito il paese dopo la caduta del regime comunista. Nell'ambito di tale crisi erano infatti riemersi i tradizionali contrasti fra Cechi e Slovacchi: mentre una parte crescente del mondo politico slovacco rivendicava una trasformazione del paese in senso confederale, i principali esponenti dei partiti cechi sottolineavano l'opportunità di mantenere un certo grado di centralizzazione, tale da garantire il rapido passaggio a un'economia di mercato. Nel corso del 1992, di fronte all'impasse creatasi sul piano politico e istituzionale, fu proprio il governo locale ceco, guidato dal liberista V. Klaus, a promuovere con maggiore risolutezza la prospettiva della dissoluzione dello stato cecoslovacco. La separazione delle regioni ceche dalla più arretrata Slovacchia fu infatti vista come un passaggio che avrebbe facilitato la trasformazione economica delle prime, favorendone al tempo stesso l'integrazione negli organismi economici, politici e militari occidentali (in primo luogo la NATO e l'UE), obiettivo prioritario del governo ceco.

Contemporaneamente alla proclamazione del nuovo Stato entrò in vigore una nuova Costituzione; approvata nel dicembre 1992, prevedeva l'introduzione di un sistema di tipo parlamentare, con un parlamento bicamerale formato da una Camera dei deputati di 200 membri, eletti per quattro anni, e da un Senato di 81 membri, in carica per sei anni. Il Consiglio nazionale ceco, parlamento locale nell'ambito della federazione, assunse le funzioni di Camera dei deputati, mentre l'elezione degli 81 membri del Senato veniva più volte rinviata (si svolse per la prima volta nel novembre 1996). V. Havel, già presidente della federazione cecoslovacca, fu eletto presidente della Repubblica (gennaio 1993), con un mandato quadriennale rinnovabile una sola volta - ai sensi della nuova Costituzione - mentre Klaus, primo ministro della repubblica federata ceca dal giugno 1992, mantenne la guida del governo, espresso da una coalizione di centro-destra.

Oltre che dal Partito civico democratico, guidato dal primo ministro ed espressione della nuova borghesia emergente, che con 76 deputati era la principale forza politica, il governo era composto dall'Alleanza civica democratica, dal Partito cristiano democratico e dall'Unione cristiano democratica. La prima, nata come il Partito civico democratico da una scissione a destra del Forum civico, si era segnalata per i toni nazionalisti adottati durante il processo di separazione dalla Slovacchia e per la rivendicazione di una radicale epurazione in senso anticomunista dell'amministrazione statale, ed era rappresentata nella Camera da 14 deputati. Dei due partiti cristiani, il primo, già alleatosi al Partito civico democratico per le elezioni del 1992, confluì in questo nell'aprile 1996, mentre il secondo, in coalizione con il Partito del popolo, radicato in particolare negli ambienti rurali della Moravia, contava su 15 deputati nella Camera.

Nei mesi successivi alla separazione dalla Slovacchia, i rapporti con quest'ultima, regolati sulla base del Trattato di amicizia e cooperazione siglato nel dicembre 1992, furono interessati da alcuni contrasti in merito alla divisione delle proprietà federali; inoltre, con alcuni mesi di anticipo rispetto a quanto stabilito, furono introdotte monete separate (febbraio 1993), la corona ceca e la corona slovacca. Sul piano interno, il programma dell'esecutivo continuò a essere incentrato sulla politica di trasformazione in senso liberista dell'economia: la rapida privatizzazione dell'apparato produttivo e dei servizi costituì la priorità dell'azione governativa, accanto alla creazione di un nuovo sistema bancario e all'adozione di incentivi per gli investimenti esteri. I successi inizialmente ottenuti sul piano macroeconomico (l'inflazione passò dal 20% nel 1993 al 10% nel 1994; la disoccupazione si mantenne intorno al 3,5% fino al 1995 e il PIL crebbe del 2,6% nel 1994 e del 4% nel 1995) valsero al paese, primo fra gli Stati dell'Europa centro-orientale, l'ingresso nell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (1995). Tuttavia, a partire dalla fine del 1995 la situazione economica cominciò a rivelare crescenti segni di squilibrio (aumento del deficit della bilancia commerciale e deficit del bilancio statale), che contribuirono a determinare la crisi del modello di trasformazione dell'economia promosso dal governo Klaus. Inoltre, la riforma del sistema di sicurezza sociale e pensionistico e la privatizzazione del settore sanitario avevano creato un crescente malcontento popolare: le prime azioni di protesta contro la politica economica del governo si svolsero nella primavera del 1995, ma fu soprattutto con le elezioni per la Camera dei deputati del giugno 1996 che si manifestò la crescita dei consensi per le forze di opposizione.

Il Partito civico democratico, con il 29,6% dei voti, si aggiudicò 68 seggi e rimase il partito di maggioranza relativa, ma il risultato più significativo fu quello del Partito socialdemocratico passato dal 6,5% del 1992 al 26,4%, e che ottenne 61 seggi, mentre come terza forza politica si affermava il Partito comunista di Boemia e Moravia che con il 10,3% dei voti otteneva una rappresentanza parlamentare di 13 deputati. L'Unione cristiano democratica e l'Alleanza civica democratica ottenevano rispettivamente l'8,1% e il 6,4% dei suffragi e, con 18 seggi il primo e 13 il secondo, portavano a 99 il totale dei seggi dei partiti della coalizione di governo. Una relativa affermazione per questi ultimi si ebbe con l'elezione del Senato, svoltasi nel novembre successivo: sugli 81 seggi complessivi, 32 andarono al Partito civico democratico (che ottenne il 49,2% dei voti), 13 all'Unione cristiano democratica (con il 10,7% dei suffragi) e 7 all'Alleanza civica democratica (5,2%), mentre il Partito socialdemocratico si aggiudicava il 31,8% dei voti e 25 seggi.

Intanto, confermata l'alleanza fra i partiti della coalizione, nel luglio 1996 Klaus aveva costituito un gabinetto di minoranza, mentre l'impegno informale del Partito socialdemocratico a sostenere discrezionalmente il governo portava all'elezione del leader socialdemocratico M. Zeman come presidente della Camera dei deputati. I mesi successivi videro un progressivo deterioramento del clima politico nel paese; fonte di acceso contrasto fra governo e opposizione fu, fra l'altro, il decreto sulla restituzione alla Chiesa cattolica di parte delle proprietà espropriate in epoca comunista, avversato dal Partito socialdemocratico. Ma anche la compattezza della coalizione di governo si mostrò sempre meno solida, sullo sfondo di un peggioramento delle condizioni economiche del paese, mentre l'emergere di ripetuti ed estesi scandali finanziari portava alla luce la diffusa corruzione che aveva accompagnato il processo di privatizzazione. Nel 1997 furono adottati diversi piani di austerità, ma i tagli alla spesa pubblica e il blocco dei salari compromisero la credibilità del governo Klaus, cautamente sostenuto da parte della popolazione per i risultati economici che si era impegnato a realizzare.

Nel novembre 1997, mentre cresceva la protesta contro la politica economica dell'esecutivo, quest'ultimo veniva travolto dalle conseguenze della denuncia di un presunto illecito nel finanziamento del Partito civico democratico e, dopo l'uscita dal governo dei ministri dei due partiti minori, lo stesso Klaus si trovò costretto a presentare le dimissioni. Nel dicembre 1997 J. Tošovský, già governatore della Banca Nazionale Ceca, formò, in vista delle elezioni politiche anticipate convocate per il giugno 1998, un gabinetto di transizione nel quale entrarono l'Unione cristiano democratica, l'Alleanza civica democratica e l'Unione della libertà, nata da una scissione del Partito civico democratico con l'appoggio di 31 deputati e 3 senatori già appartenenti al partito di Klaus. Nel gennaio 1998, Havel veniva rieletto alla presidenza della Repubblica.

Oltre al superamento dell'instabilità economica e politica, il programma del gabinetto Tošovský si focalizzò sulla preparazione del paese ai negoziati per l'ingresso nella NATO. L'invito in tal senso, presentato dall'Alleanza Atlantica nel luglio 1997, era stato un passaggio di rilievo per la politica estera della R. C.: fortemente orientata all'integrazione del paese nelle strutture politiche e militari occidentali, l'azione del governo Klaus sul piano internazionale si era caratterizzata anche per una relativa resistenza alla politica di integrazione regionale, maggiormente perseguita, invece, dal presidente Havel e sfociata nell'Accordo centroeuropeo di libero scambio (dicembre 1992) fra i paesi del cosiddetto gruppo di Vyšegrad' (Cecoslovacchia; quindi, dal gennaio 1993, R. C. e Slovacchia, Polonia, Ungheria e, dal 1996, Slovenia). Inoltre, l'ingresso del paese nella NATO (formalizzato nel marzo 1999), se da una parte veniva concepito come uno strumento di difesa dalla Russia (con la quale fu comunque firmato un Trattato di amicizia e cooperazione nell'agosto 1993), dall'altro, inserendo la R. C. in una struttura sovraeuropea, era visto come un fattore di protezione dall'egemonia tedesca in Europa. Il governo ceco si adoperò infatti per consolidare i rapporti con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, mentre i rapporti con il potente Stato vicino, fortemente rafforzatisi nei primi anni Novanta (la Germania divenne ben presto il principale partner commerciale del paese), continuavano a essere interessati da alcuni elementi di tensione, in primo luogo dalla questione dei Sudeti.

Espulsi dalla Cecoslovacchia nell'immediato dopoguerra, i Tedeschi dei Sudeti, rifugiatisi prevalentemente in Baviera, costituivano un potente gruppo di pressione in Germania: oltre al governo bavarese, anche esponenti di rilievo del governo federale ne avevano appoggiato la principale rivendicazione, quella della restituzione delle proprietà confiscate dal governo praghese nel 1945. Praga si opponeva a tale richiesta, offrendo invece la possibilità ai Tedeschi dei Sudeti e ai loro discendenti di ottenere, con il recupero della cittadinanza ceca, il diritto di partecipare al processo di privatizzazione. La questione, riemersa nel corso dei negoziati che avevano portato alla firma di un Trattato di amicizia fra Germania e Cecoslovacchia (febbraio 1992), rimase a lungo bloccata; nel gennaio 1997, infine, Bonn e Praga sottoscrissero una Dichiarazione di riconciliazione, contenente reciproche scuse per l'annessione nazista della Cecoslovacchia nel 1938 e l'espulsione dei Tedeschi dei Sudeti nel 1945. Nel gennaio 1998 fu istituito un fondo per il finanziamento di progetti congiunti ceco-tedeschi in favore delle vittime del nazismo. Il mantenimento di strette relazioni con Bonn era considerato indispensabile da Praga per sostenere la propria candidatura all'ingresso nell'UE, formalmente avanzata nel gennaio 1996; a tale proposito fu avviato un processo negoziale nel marzo 1998.

Nel giugno 1998 si svolsero le elezioni anticipate per la Camera dei deputati: il Partito socialdemocratico, che con il 32,3% dei voti ottenne 74 seggi, si affermò come forza di maggioranza relativa e il leader del partito, Zeman, costituì nel luglio successivo un governo socialdemocratico di minoranza. La mozione di fiducia al governo passò (agosto) grazie all'astensione del Partito comunista di Boemia e Moravia (11% dei voti, 24 seggi) e del Partito civico democratico (27,7% dei voti e 63 seggi), mentre un voto contrario fu espresso dall'Unione cristiano democratica, che con il 9% dei suffragi aveva ottenuto una rappresentanza parlamentare di 20 deputati, e dall'Unione della libertà, cui erano andati l'8,6% dei voti e 19 seggi.

Bibliografia

J. Svejnar, The Czech Republic and economic transition in Eastern Europe, San Diego 1995.

O. Urban, Petite histoire des pays tchèques, Paris 1996.

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