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CONGO, Repubblica Democratica del

di Claudio Cerreti e Sebastiano Gentile - Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)
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Congo, Repubblica democratica del

Claudio Cerreti e Sebastiano Gentile
ENCICLOPEDIA ITALIANA VI APPENDICE Tab congo 01.jpg

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(v. congo belga, XI, p. 133; App. I, p. 457; II, i, p. 675; congo, App. III, i, p. 419; zaire, App. IV, iii, p. 865; V, v, p. 810)

Nel maggio 1997 il paese ha abbandonato la denominazione di Zaire per riassumere, al termine di un periodo di disordini civili protrattosi per diversi mesi, il nome ufficiale di Repubblica Democratica del C., già in vigore fino al 1971. Al tempo stesso ha preso avvio un riassetto politico e geopolitico, etnico ed economico, la cui portata appare tuttora mal interpretabile.

Geografia umana ed economica

di Claudio Cerreti

Popolazione

Con un tasso di crescita sempre elevatissimo, la Repubblica Democratica del C. è uno dei paesi più popolosi del continente africano, ma presenta una densità media decisamente modesta e soprattutto una distribuzione estremamente irregolare della popolazione: le regioni orientali nell'area dei Grandi Laghi equatoriali e, all'estremo opposto, il settore attraversato dal basso corso del fiume Congo hanno densità almeno triple rispetto al resto del paese, mentre vastissime regioni forestali, come l'Alto Congo, di circa mezzo milione di km², o agricole e minerarie, come il Katanga (Shaba), di pari dimensioni, hanno ciascuna una popolazione non più numerosa di quella insediata nella sola area urbana della capitale. In quest'ultima, del resto, si sono realizzate condizioni di insediamento assai precario, in vasti quartieri (a base etnica) informali, che tendono a riproporre situazioni di villaggio in cui gli immigrati che arrivano incessantemente trovano elementi di solidarietà e di comunanza, assolutamente necessarie in un ambiente praticamente privo di servizi per la popolazione e di disponibilità di posti di lavoro.

Le altre città principali del paese, Lubumbashi, Mbuji-Mayi, Kisangani e Kananga, hanno una dimensione demografica assai più modesta, mentre il modello insediativo prevalente rimane quello del villaggio isolato e autosufficiente. Tanto nelle aree rurali quanto in quelle urbane, le condizioni di vita della popolazione, sotto il profilo socio-sanitario ed economico, appaiono ancora assai lontane dall'essere soddisfacenti, tanto più dopo un lungo periodo di accentuata flessione produttiva che si protrae dalla metà degli anni Ottanta.

La situazione economica è stata una delle cause all'origine dei mutamenti verificatisi al vertice politico del paese, insieme con la crescente insoddisfazione verso un regime personalistico e poco efficiente; anche la straordinaria varietà etnica e linguistica costituisce da tempo uno dei principali ostacoli a uno sviluppo equilibrato. Se la nuova classe dirigente procederà nel senso di una modernizzazione del sistema produttivo e di una democratizzazione dell'apparato statale, è possibile che le ricorrenti tentazioni secessioniste (nelle regioni settentrionali, orientali e sud-orientali) che hanno variamente punteggiato la storia del paese passino in secondo piano. Risulta anche chiaro che la situazione di confusione che si è creata nella fase di passaggio dei poteri ha consentito la riorganizzazione di tendenze etniche o regionali orientate verso una richiesta di autonomia o di indipendenza da Kinshasa.

Condizioni economiche

La Repubblica Democratica del C. continua a essere uno dei paesi potenzialmente più ricchi dell'Africa e, per quanto riguarda la disponibilità di risorse naturali, del mondo intero, ma, come si accennava, ha vissuto recenti fasi di grave recessione economica (con un massimo negativo nel 1994: −11% rispetto all'anno precedente). Il calo produttivo si è riflesso sui valori del PIL per abitante, crollati a livelli irrisori, in un quadro di gravissima inflazione e di tracollo delle entrate statali, mentre ha preso sviluppo l'economia informale, sola via rimasta a larghi strati della popolazione per garantirsi la sopravvivenza.

Questa situazione è imputabile in buona parte a una cattiva gestione pubblica (esasperata dal fallimento, nel 1991, della principale impresa mineraria statale) delle risorse e delle infrastrutture necessarie alla loro valorizzazione, nonché all'assenza di servizi per la popolazione e per le imprese. Significativamente, la regione mineraria dello Shaba è riuscita negli ultimi decenni a proseguire, sia pure a ritmi decrescenti (anche per il calo dei prezzi internazionali del rame, principale prodotto locale), il suo progresso economico solo in virtù dei collegamenti ferroviari che la connettono a porti sull'Oceano Indiano (Tanzania) o Atlantico (Angola), e dei sistemi di commercializzazione offerti da Zambia e Tanzania (o direttamente controllati dalle imprese transnazionali).

La massima parte del territorio del paese continua a denunciare la mancanza di un accesso economicamente utile al mercato, sia interno che estero, nonostante le potenzialità offerte dall'immensa rete di corsi d'acqua navigabili. A questo grave inconveniente si aggiunge la circostanza che nelle regioni meglio collegate lo sfruttamento delle risorse è proceduto a un ritmo inevitabilmente molto accelerato, provocando fenomeni di preoccupante depauperamento (così nel campo agroforestale come in quello minerario). La ricchezza della Repubblica Democratica del C., a ogni modo, deriva sostanzialmente dalla disponibilità di materie prime sul cui corso commerciale né lo Stato né le imprese nazionali hanno alcuna possibilità di incidere: la dipendenza dai mercati internazionali, di conseguenza, è pressoché totale. Va poi aggiunto l'effetto del contrabbando, così significativo che, nel settore dei diamanti, la ricerca e la commercializzazione sono state parzialmente liberalizzate. È stato così ottenuto almeno il risultato di non deprimere eccessivamente il valore del prodotto: le vendite illegali, infatti, avvenivano a prezzi molto inferiori rispetto ai corsi ufficiali (tanto che venivano incettate in prevalenza dalle stesse imprese che, avendo la concessione dello sfruttamento diamantifero, evitavano in questo modo un eccessivo deprezzamento sul mercato internazionale).

Nell'insieme, l'interscambio commerciale rimane positivo, ma anno dopo anno il margine di avanzo si va riducendo, in concomitanza con il rallentamento delle produzioni esportabili (diamanti, rame, cobalto e zinco fra i minerali, caffè, caucciù e legname fra i prodotti di piantagione), riducendo la possibilità di ripianare, con il surplus commerciale, il gigantesco debito estero del paese.

bibliografia

Ipanga Twhibwila, Organisation de l'espace zaïrois par la distribution de la population, in Géo-Eco-Trop, 1991, 2, pp. 173-98.

J. MacGaffey, The real economy of Zaire. The contribution of smuggling and other unofficial activities to national wealth, Philadelphia 1991.

Économie populaire et phénomènes informels au Zaïre et en Afrique, in Les Cahiers du CEDAF, 1992, 3-4 , fascicolo monografico.

L. de Saint-Moulin, Les villes et l'organisation de l'espace du Zaïre, in Bulletin des séances de l'Académie royale des sciences d'Outre-Mer, 1992, 3, pp. 447-69.

H. Leclerq, L'économie populaire informelle à Kinshasa. Approche macro-économique, in Zaïre Afrique, 1993, 1, pp. 17-36.

F. Goossens, B. Minten, E. Touens, Nourrir Kinshasa. L'approvisionnement local d'une métropole africaine, Paris 1994.

J.-C. Bruneau, Crise et déclin de la croissance des villes au Zaïre, in Revue belge de géographie, 1995, 119, pp. 103-14.

R. Devisch, La "villagisation" de Kinshasa, in Revue belge de géographie, 1995, 119, pp. 115-21.

L. Nzuzi, L'apport du diamant artisanal à l'essor de l'économie urbaine informelle à Mbuji-Mayi au Zaïre, in Revue belge de géographie, 1995, 119, pp. 161-73.

L'économie zaïroise: état des lieux, in Marchés tropicaux et méditerranéens, 1997, 2670, pp. 57-96.

Storia

di Sebastiano Gentile

Negli anni Ottanta l'attuale Repubblica Democratica del C. (Zaire fino al maggio 1997), perso il suo ruolo di roccaforte occidentale contro il comunismo, vide ridursi gli aiuti economici di USA, Francia e Belgio, fino ad allora suoi principali alleati, anche perché l'attenzione internazionale si era concentrata sulle ripetute violazioni dei diritti umani che avevano contraddistinto il governo del dittatore Mobutu Sese Seko. Neppure la promessa d'instaurare un regime democratico e multipartitico, con l'approvazione di una legge elettorale (maggio 1995) e con l'annuncio di nuove elezioni, valse a mitigare l'isolamento internazionale del paese. Un miglioramento si ebbe con la decisione di Mobutu di aprire i confini agli Hutu in fuga dal Ruanda (1994), che indusse Francia e USA a offrire aiuti economici tramite canali non governativi a partire dal 1996. Tuttavia l'arrivo di più di due milioni di profughi, che si stabilirono nell'Est del paese, creò nelle zone di accoglienza non solo seri problemi logistici, ma soprattutto gravissimi conflitti etnici, da cui nacquero le rivolte che portarono al rovesciamento del regime di Mobutu e successivamente alla ribellione contro il suo successore L.-D. Kabila.

Alla radice di questi conflitti fu l'ingresso nel paese, tra i profughi civili, di milizie hutu fuggite dal Ruanda, che cercarono di scacciare la popolazione tutsi indigena con l'appoggio dell'esercito di Mobutu. La reazione dei Tutsi, ai quali si unirono esponenti di etnie diverse, portò alla formazione dell'AFDL (Alliance des Forces Démocratiques pour la Libération du Congo-Zaïre). La ribellione che ne seguì (ottobre 1996), capitanata da Kabila, oppositore sin dal 1960 di Mobutu, fu appoggiata da Ruanda, Uganda e Zimbabwe. La rivolta armata, propagatasi rapidamente, ben presto portò Kabila e i suoi a occupare la maggior parte della regione Kivu, nell'Est del paese, e a impadronirsi dell'importante città di Bunia (dicembre 1996). Il tentativo di Mobutu, tornato precipitosamente dall'Europa dove s'era recato per ragioni di salute, di costituire una forza in grado di contrastare i ribelli, unendo all'esercito nazionale milizie angolane dell'UNITA (União Nacional para a Indipendência Total de Angola) e mercenari europei, non sortì risultati. Le forze guidate da Kabila, e sostenute da Ruanda, Burundi e Angola, conquistarono la seconda città del paese, Lubumbashi (aprile 1997), e a nulla valse un tentativo di mediazione del presidente del Sudafrica N. Mandela. Quando i ribelli entrarono a Kinshasa (17 maggio), Mobutu lasciò la Repubblica Democratica del C. per rifugiarsi in Togo e poi in Marocco, dove morì a Rabat il 7 settembre 1997. Kabila si autoproclamò presidente della Repubblica Democratica del C. (29 maggio), restituendo al paese il nome che già aveva avuto dal 1964 al 1971, e assumendo pieni poteri.

L'atteggiamento diffidente di Kabila - che dopo essersi appoggiato ai Tutsi, indigeni e ruandesi, per conquistare il paese e consolidare il suo potere personale, preferì circondarsi di collaboratori del suo stesso gruppo etnico (i Luba del Sud-Est della Repubblica Democratica del C.), proibendo ogni forma di attività politica - creò ben presto un profondo malcontento nei suoi ex alleati, in particolare nelle truppe ruandesi che lo avevano aiutato a prendere il potere, a cui ordinò, appena insediato, di lasciare il paese (luglio 1997). Il malcontento contro il 'mobutismo' di Kabila si tramutò in aperta rivolta e gli insorti, principalmente Tutsi, sostenuti dai governi di Ruanda e Uganda, avanzarono rapidamente verso Kinshasa muovendo dall'Est del paese, dove la rivolta era scoppiata (2 agosto 1998).

L'avanzata dei ribelli fu arrestata alle porte della capitale grazie all'aiuto delle truppe inviate da Angola, Zimbabwe e Namibia, che ufficialmente affermavano di intervenire come membri del SADC (Southern African Development Community, di cui la Repubblica Democratica del C. era entrata a far parte nel 1997) per proteggere un governo legittimo dall'attacco di Ruanda e Uganda. Kabila godette di un momento di grande popolarità quando fece appello al nazionalismo della popolazione presentando i nemici come invasori tutsi e scatenando la caccia agli appartenenti a questa etnia. A circa due mesi dall'inizio del conflitto anche il Ciad e il Sudan inviarono le loro truppe in soccorso di Kabila. I ribelli occuparono comunque una vasta porzione di territorio ai confini con Burundi, Ruanda e Uganda, conquistando anche Kindu (ottobre 1998), città d'importanza strategica nella parte centro-orientale del paese. Il dittatore, che aveva preso il potere grazie ai Tutsi, trovò nuovi alleati negli Hutu congolesi e ruandesi, questi ultimi attratti dalla prospettiva di riuscire un giorno, con l'aiuto della Repubblica Democratica del C., a scalzare i Tutsi dal governo del Ruanda.

Nei primi mesi del 1999 la guerra continuò a insanguinare vaste zone del paese e ad assorbirne quasi interamente le risorse economiche, mentre poco significative apparivano le ripetute aperture democratiche di Kabila.

bibliografia

E.S. Packham, Freedom and anarchy, Commack (N.Y.) 1995; F.S. Bobb, Historical dictionary of Democratic Republic of the Congo (Zaire), Lanham (Md.) 1998.

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