COREA, REPUBBLICA DI

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

COREA, REPUBBLICA DI.

Libera D'Alessandro
Paola Salvatori
Federico De Matteis,Simone Emiliani

– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Bibliografia. Architettura. Cinema. Bibliografia

Repubblica di Corea

Demografia e geografia economica di Libera D'Alessandro. – Stato dell’Asia orientale. La popolazione (48.580.000 ab. al censimento 2010, 49.512.026 ab., secondo una stima UNDESA, United Nations Departmentof Economic and Social Affairs, del 2014) è cresciuta a un ritmo lento (0,5% nel periodo 2000-05 0,6% nel periodo 2005-10, 0,5% nel periodo 2010-15). L’attuale profilo demografico della R. di C. rivela dinamiche tipiche dei Paesi a economia avanzata. L’Indice di sviluppo umano, molto alto, in poco più di un ventennio è sensibilmente aumentato: dallo 0,628 del 1980 allo 0,891 del 2013. Nello stesso arco di tempo è cresciuta la speranza di vita alla nascita: da 66,1 anni del 1980 a 81,5 del 2013 (anno nel quale la popolazione con più di 60 anni di età ha rappresentato il 17% del totale). Il tasso di fecondità è sceso costantemente da 5 figli per donna del quinquennio 1950-55 a 1,3 del periodo 2010-15 (in aumento, tuttavia, rispetto a quello di 1,2 registrato nel 2000-10). Se nel 2010 il Paese presentava una struttura di età matura, le previsioni future prospettano un ulteriore invecchiamento della popolazione: secondo stime dell’ONU, nel 2050 l’indice di dipendenza degli anziani dovrebbe superare il 65%, rendendo il Paese uno dei più anziani dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). L’invecchiamento della popolazione è considerato dal FMI (Fondo Monetario Internazionale) uno dei principali ostacoli alla crescita economica della Repubblica di Corea.

Condizioni economiche. – Ulteriori ostacoli sono individuabili, sempre per il FMI, nella bassa produttività nel terziario, nel dualismo del mercato del lavoro e nella scarsa occupazione di alcuni segmenti della popolazione. Rispetto al primo elemento, a fronte di una media OCSE dell’87%, la produttività nei servizi rappresenta solo la metà di quella manifatturiera (quest’ultima di livello elevato a scala mondiale), così come sono scarsi gli investimenti nel settore (che sono più consistenti, invece, nel secondario). Anche rispetto al tasso di occupazione, il Paese si attesta al di sotto della media OCSE, considerando in particolare le donne (che nel 2012 hanno espresso un tasso di partecipazione del 60%, rispetto al 70-80% degli altri Paesi avanzati) e i giovani di sesso maschile. Per aumentare il tasso di occupazione al 70% entro il 2017 (dal 64% del 2012), il governo ha varato un piano di riforme denominato 70 percent roadmap, finalizzato a spostare il focus dalla creazione dei posti di lavoro maschili nella produzione manifatturiera e nei conglomerati (chaebols) all’implementazione di attività lavorative femminili nei servizi e nelle piccole e medie imprese. La R. di C., che è attualmente la 15ª economia del mondo, ha fronteggiato la crisi economica del 2008 – che aveva colpito duramente la sua economia centrata sulle esportazioni – aprendo agli investimenti esteri e alle importazioni. Le esportazioni rappresentano comunque ancora circa la metà del PIL (cresciuto del 3% dal 2010 al 2013). In tale contesto si inquadra l’accordo di libero scambio che la R. di C. ha stipulato con gli Stati Uniti, ratificato da entrambi i Paesi nel 2011 ed entrato in vigore nel 2012.

Indicatori economico-sociali

Architettura di Federico De Matteis. – Lo sviluppo urbano nella R. di C. ha vissuto, negli an ni successivi ai Campionati mondiali di calcio del 2002, un notevole slancio, mirato a posizionare il Paese al centro della crescita economica e industria le dell’Est asiatico. In diversi casi gli ambiziosi programmi di sviluppo si sono concretizzati nella fondazione ex novo di interi agglomerati urbani, come nel caso di Songdo, insediamento sorto nelle vicinan ze dell’aeroporto di Incheon, nell’area metropolitana della capitale Seoul. Il quartiere, pianificato dallo studio statunitense Kohn Pedersen Fox, è stato concepito secondo i criteri della smart city, grazie all’implementazione di tecnologie digitali di ultima generazione e principi di sostenibilità ambientale (v. città). L’intervento è orientato a fornire a grandi società multinazionali un ambiente di ricerca e innovazione sufficientemente attrattivo per spingerle a scegliere la città come base operativa per la regione.

Altre iniziative analoghe, benché su scala minore, hanno portato alla realizzazione di insediamenti tematici, quali Paju Book City, dedicata alle case editrici, e Heyri, una colonia per artisti, entrambi nelle vicinanze di Seoul. La nuova città di Sejong, destinata a delocalizzare parte dell’amministrazione pubblica che grava sulla capitale, è stata realizzata 120 km a sud di questa: completata nel 2012, il trasferimento delle attività di governo verrà ultimato nel 2015.

Parallelamente alle numerose new towns, sintomo di un’economia che a partire dai primi anni Ottanta ha goduto di una crescita forte e costante, tutte le maggiori città coreane hanno varato ambiziosi programmi di riqualificazione urbana. A Seoul, tra il 2002 e il 2005, è stato realizzato il parco urbano del Cheong Gye Cheon, riportando alla luce un canale artificiale risalente alla fondazione della città, chiuso per motivi igienici negli anni Sessanta e coperto da un’autostrada sopraelevata. L’intervento, che ha introdotto nel centro urbano un’area verde lineare lunga 5,8 km, è stato notevolmente apprezzato dagli abitanti di Seoul, città peraltro povera di spazi verdi. Sulla scia di questo successo è stato avviato un importante piano di riqualificazione, ancora in corso di attuazione, delle rive del fiume Han, che divide in due la città.

Dongdaemun Design Plaza

Molti interventi di trasformazione urbana hanno visto la partecipazione di noti autori del panorama internazionale, come, per es., per la Dongdaemun Design Plaza di Seoul, inaugurata nel 2014 e progettata dall’architetto Zaha Hadid. Altre città coreane, per tenere il passo con la rapida affermazione di Seoul quale città globale, hanno risposto con programmi di sviluppo altrettanto ambiziosi: per es., Busan, seconda città del Paese per popolazione, ha bandito il concorso per il nuovo teatro dell’opera, vinto nel 2012 dallo studio norvegese Snøhetta (v.). Queste iniziative sono state tuttavia spesso criticate dalle comunità locali per il forte impatto sui tessuti urbani.

Sul piano della produzione architettonica, la R. di C. si è distinta negli ultimi anni per una forte crescita in termini di identità e riconoscibilità, segnando un distacco rispetto a una storica dipendenza dal vicino Giappone. La notevole originalità di questa produzione è stata testimoniata, tra l’altro, dall’assegnazione del Leone d’Oro alla XIV Mostra internazionale di architettura di Venezia del 2014 al padiglione coreano, curato dallo studio Mass Studies, che ha visto R. di C. e Repubblica Democratica Popolare di Corea partecipare congiuntamente all’evento.

Il panorama dell’architettura contemporanea registra la presenza di strutture professionali di grandi dimensioni, organizzate secondo un modello corporate di derivazione statunitense (per es., Tomoon di Seoul, che conta circa settecento progettisti), nonché numerosi studi di minore grandezza, alcuni dei quali hanno prodotto, in anni recenti, opere di alta qualità. Fra questi, oltre ai già menzionati Mass Studies (Songwon Art Center, Seoul, 2012), si sono imposti i gruppi UnSangDong Architects Cooperation (Edificio polifunzionale Vogoze, Seoul, 2012), e Hyunjoon Yoo Architects (Casa Ssangdalri, Gongju-si, 2013).

Cinema di Simone Emiliani. – Anche nell’ultimo decennio la cinematografia coreana è stata estremamente vitale. Il pubblico occidentale ha iniziato a conoscerla in maniera più sistematica dopo che al Festival di Venezia, tra il 1999 e il 2000, sono stati presentati in competizione Gojitmal (1999; Bugie) di Jang Sun-woo e Seom (2000; L’isola) di Kim Ki-duk, che aveva talmente sconvolto il pubblico per alcune scene molto forti (gli ami da pesca in gola) da provocare svenimenti di alcuni spettatori in sala.

Da allora la new wave del cinema coreano ha cominciato a imporsi anche fuori i confini nazionali e a essere sistematicamente presente nei maggiori festival internazionali. Al Festival di Cannes Oldeuboi (2003; Old boy) e Bak-jwi(2009; Thirst), entrambi di Park Chan-wook, hanno vinto rispettivamente il Gran premio della giuria nel 2004 e il Premio della giuria nel 2009, Shi (2010; Poetry) di Lee Changdong il Premio per la migliore sceneggiatura nel 2010 e Jeon Do-yeon è stata premiata come miglior attrice per Milyang (2007; Secret Sunshine), sempre di Lee Chang-dong, nel 2007. Al Festival di Venezia Kim Ki-duk si è invece aggiudicato il massimo riconoscimento, il Leone d’oro, nel 2012 per Pieta (Pietà) dopo averlo sfiorato nel 2004 con Binjip (Ferro 3. La casa vuota), che aveva invece ottenuto il premio per la regia, mentre sempre nel 2004 gli era stato conferito al Festival di Berlino l’Orso d’argento per la miglior regia per Samaria (La samaritana).

La sospensione tra realismo e dimensione fantastica, con un uso dal forte significato simbolico degli oggetti, è elemento centrale della filmografia di Kim Ki-duk, che ha continuato a realizzare opere a ritmi serrati (Hwal, 2005, L’arco; Shi gan, 2006, Time; Soom, 2007, Soffio). Sul set di Bi-mong (2008; Dream, 2008), l’attrice protagonista Lee Na-yeong ha tuttavia rischiato di morire impiccata. Questo incidente lo ha fatto entrare in una profonda crisi che ha raccontato nel documentario Arirang (2011), sorta di diario in soggettiva in cui il regista si pone in scena da solo, durante il suo ritiro in montagna con la sola presenza del computer. Successivamente ha ripreso la sua attività dirigendo, oltre a Pieta, Amen (2011), Moebiuseu (2013; Moebius) e Il-dae-il (2014; One on one).

Scena di Pieta

Altro nome importante è quello di Hong Sang-soo: ogni suo film appare come il seguito di quello precedente in un continuo intrecciarsi tra vita e cinema che prende spunto dalla Nouvelle vague francese e, in particolare, dall’opera di Eric Rohmer. Cineasta estremamente prolifico, il caso, la successione accidentale degli eventi mostrati attraverso il rifiuto del montaggio e il frequente utilizzo dello zoom sono elementi ricorrenti nei suoi film: Geuk jang jeon (2005; Tale of cinema), Haebyeonui yeoin (2006; Woman on the beach), Bam gua nat (2008; Night and day), Jal al-jido mot-ha-myeon-seo (2009; Like you know at all), Hahaha (2010), Ok-hui-ui yeonghwa (2010; Oki’s movie), Book chon bang hyang (2011; The day he Arrives), In another country (2012), Uri Sunhi (2013; Our Sunhi) e Ja-yu-eui eon-deok (2014; Hill of freedom).

Nel cinema di Park Chan-wook, affermatosi a livello internazionale con il già citato Oldeuboi, la ricerca formale si unisce a una visione spesso claustrofobica e astratta, deformante e ironica nel rappresentare il rapporto dell’uomo con la società. Chiusa la ‘trilogia della vendetta’ con Chinjeolhan geumjassi (2005; Lady Vendetta), il regista ha poi diretto Ssa-i-bo-geu-ji-man-gwen-chan-a (2006; I’m a cyborg,but that’s ok) e il già citato Bak-jwi. Bong Joon-ho si è invece messo in evidenza per il suo sguardo molto personale nell’affrontare i diversi generi cinematografici: dalla commistione tra thriller e poliziesco (Salinui chueok, 2003, Memories of murder; Madeo, 2009, Madre) al monster-movie Gwoemul (2006; The host), campione di incassi in patria e dal «New York Times» definito «il miglior film di mostri di sempre». Im Kwon-taek (n. 1936), è invece uno dei grandi veterani di questa cinematografia. Nel corso della sua carriera ha diretto oltre 100 film, passando dai biopic in costume (la vita del pittore Jang Seung-up in Chihwaseon, 2002, Ebbro di donne e di pittura), al feuilleton storico-politico (Haryu in saeng, 2004, Low life), fino ai melodrammi Chun-nyun-hack (2007; Beyond the years - Al di là del tempo) e Hwajang (2014; Revivre). Infine, Lee Chang-dong, nei cui film si sono incrociati spesso ragione e follia, oggettività e soggettività, come nella storia d’amore tra un dissociato e una disabile in Oasis (2002), nello straziante mélo Milyang, che vede protagonisti una giovane vedova e suo figlio, e in Shi (2010) in cui un’anziana donna malata di Alzheimer cerca di dare un senso alla propria esistenza rifugiandosi nella poesia. Tra gli altri registi vanno ricordati anche Im Sang-soo (Baramnan gajok, 2003, La moglie dell’avvocato; Hanyo, 2010, The housemaid) e Kim Jee-woon (Janghwa, Hongryeon, 2003, Two sisters; Joheunnom nabbeunnom isanghannom, 2008, Il buono, il matto, il cattivo).

Testimonia il successo internazionale di questa cinematografia anche il fatto che alcuni dei suoi esponenti hanno girato negli Stati Uniti il loro primo film: Park Chan-wook il thriller Stoker (2013) con Mia Wasikowska e Nicole Kidman, Bong Joon-ho il claustrofobico fantasy Snowpiercer (2013), tratto dal fumetto Le transperceneige di Jacques Lob, Benjamin Legrand e Jean-Marc Rochette, e infine Kim Jee-woon il thriller d’azione The last stand (2013; The last stand - L’ultima sfida) con Arnold Schwarzenegger.Anche alcuni attori coreani si sono imposti all’attenzione internazionale, in particolare Choi Min-sik, al quale nel 2014 è stato conferito il Florence Korea Film Fest Award per la sua carriera cinematografica dal 12° Florence Korea Film Fest (il festival italiano che con il Far East Film di Udine ha dedicato grande spazio a questo cinema), e Jeon Do-yeon. Ma all’estero si sono fatti conoscere anche Yunjin Kim e Daniel Dae-kim (che per sei stagioni sono stati la coppia di amanti nella serie-TV Lost, 2004-10, creata da J.J. Abrams, Jeffrey Lieber e Damon Lindelof), Rain (pseud. di Jeong Ji-hoon) che è stato nel cast di Speed racer (2008) di Andy e Lana Wachowski per poi essere il protagonista di Ninja assassin (2009) di James McTeigue, e, infine, Lee Byung-hun che è stato il ninja bianco Storm Shadow in G.I. Joe - The rise of cobra (2009; G.I. Joe - La nascita dei cobra) di Stephen Sommers e in G.I. Joe - Retaliation (2013; G.I. Joe - La vendetta) di Jon M. Chu e ha recitato accanto a Bruce Willis, John Malkovich e Anthony Hopkins in Red 2 (2013) di Dean Parisot.

Bibliografia: L. Hyangjin, Contemporary Korean cinema. Identity, culture and politics, Manchester-New York 2000 (trad. it. Milano 2006); C. Piotto, Il cinema della Corea del Nord al festival sudcoreano: la battaglia dei registi per avere il permesso daPiongyang, 29 luglio 2014, www.huffingtonpost.it; D. Garufi, Il cinema coreano tra festival, remake e cervelli in fuga, 17 ag. 2014, www.everyeye.it.

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