SUDAFRICANA, REPUBBLICA

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Sudafricana, Repubblica

Paolo Migliorini
Giulia Nunziante
Emma Ansovini

Geografia umana ed economica

di Paolo Migliorini

Stato dell'Africa australe. La popolazione, che al censimento del 2001 risultava pari a 44.819.778 ab., presenta un tasso di accrescimento medio annuo piuttosto contenuto (0,5% nel periodo 2000-2005). Bassa natalità, bassa speranza di vita alla nascita, alti tassi di mortalità e di mortalità infantile, variazioni anomale della distribuzione della popolazione per sesso e classi di età: sono tutti dati imputabili alla diffusione dell'epidemia di AIDS, che miete vittime soprattutto nella comunità nera. Il governo ha affrontato con ritardo questa emergenza sanitaria, e un incipiente calo del tasso d'infezione è stato registrato solo all'inizio del 21° secolo. La popolazione è costituita per tre quarti da neri e per il 15% da bianchi; il restante 10% è rappresentato da coloureds, di discendenza mista, e da asiatici. La maggioranza africana è composta da molti gruppi etnici, disomogenei dal punto di vista culturale e linguistico, i maggiori dei quali sono Zulu, Xhosa, Tswana e Bapedi. I bianchi discendono per lo più da immigrati coloniali: olandesi, tedeschi, britannici e francesi, divisi nei gruppi linguistici afrikaans e inglese. La popolazione bianca è in via di diminuzione, a causa del basso tasso di natalità e della tendenza all'emigrazione. Fino alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso le divisioni razziali erano esasperate dalla politica dell'apartheid. Nonostante il governo abbia cominciato a smantellare la politica di segregazione nei primi anni Novanta, le disuguaglianze razziali rimangono accentuate. Marcate disparità si registrano nella distribuzione della ricchezza (l'81% delle imposte sui redditi è a carico di 3,8 milioni di bianchi, meno del 10% della popolazione), e il disagio sociale non colpisce nella stessa misura tutti i cittadini. Per esempio, nel 2005 il tasso di mortalità infantile medio era di 61,8 ‰ (in Italia, a titolo di confronto, 5,9‰), ma superava il 70‰ all'interno della comunità nera. Più della metà dei cittadini sudafricani vive al di sotto della soglia di povertà, con un reddito medio mensile inferiore a 300 rand (pari a 40 euro). La disoccupazione è un dato strutturale preoccupante: con un tasso ufficiale del 26,6%, la sfida economica più critica della nazione è la creazione di posti di lavoro per i 4,7 milioni di disoccupati (2005), appartenenti in massima parte alle classi più povere (v. oltre: Politica economica e finanziaria).

Gli indicatori sociali includono decisamente la R. S. nel novero dei Paesi sottosviluppati. Il valore dell'indice di sviluppo umano, calcolato dalle Nazioni Unite nel 2006 sulla scorta di indicatori considerati significativi del livello di benessere economico e sociale (in particolare: speranza di vita alla nascita, 47 anni; tasso di alfabetizzazione degli adulti, 82,4%; reddito pro capite annuo, 11.192 dollari), colloca la R. S. al 121° posto in una graduatoria mondiale comprendente 177 nazioni. Ma se si tiene conto del redito medio per abitante e della natura delle esportazioni, costituite in massima parte da materie prime minerarie, sarebbe più corretto classificare la R. S. nella categoria dei Paesi emergenti.

In effetti il Paese, che pure occupa appena il 4% della superficie e include solo il 7% della popolazione totale dell'Africa, ha una posizione di supremazia economica nel continente, come confermano i seguenti dati. Nell'Africa a S del Sahara un veicolo su due circola nella R. S.; una linea telefonica su due e una linea ferroviaria su tre sono installate in questo Paese. I tre quinti delle esportazioni degli Stati africani a S del Sahara provengono dalla R. S., e la dimensione e il dinamismo delle sue imprese sono attestati da note multinazionali: la De Beers, l'Anglo-american Corporation e l'Anglogold Ashanti. Quest'ultima, in particolare, detiene importanti partecipazioni nelle miniere aurifere di Mali, Senegal e Namibia. Con l'intermediazione della De Beers, le imprese sudafricane rivestono un ruolo di primo piano nell'estrazione di diamanti in Namibia e Botswana. L'Anglo-american Corporation, a sua volta, è proprietaria della metà delle miniere di rame dello Zambia e controlla la produzione di diamanti nella Repubblica Democratica del Congo.

Alla scala dell'Africa australe, l'egemonia sudafricana è ancora più pronunciata. La R. S. possiede più dell'80% della ricchezza dell'intera regione, e rappresenta il principale cliente e il primo fornitore dei cinque Paesi limitrofi. La dipendenza nei confronti della R. S., in particolare nel campo economico, è dovuta alla posizione geografica, ma soprattutto all'eredità di decenni di guerre che hanno indebolito i Paesi dell'area. Per quanto riguarda le vie di comunicazione, le più efficienti fanno tutte capo al territorio sudafricano e ai suoi porti, sui quali peraltro converge quasi un quarto della rete ferroviaria del continente e il 60% di quella dell'Africa australe.

Colpita dalle ripercussioni della crisi asiatica, la R. S. ha subito un netto rallentamento della crescita economica alla fine degli anni Novanta. La situazione è migliorata a partire dai primi anni del 21° sec. (4,2% nel 2006), ma lo sviluppo economico incontra difficoltà, legate principalmente al clima di incertezza politica e di violenza, che scoraggiano gli investitori internazionali. Inoltre, numerose materie prime hanno visto scendere i loro prezzi sul mercato mondiale. Emblematico è, per es., il caso dell'oro, il cui corso si è deprezzato del 25% dal 1995 al 2000 a causa di vari fattori concomitanti: calo dei tassi di inflazione (con conseguente perdita del valore rifugio dell'oro); introduzione della moneta unica in Europa (con vendite massicce di oro da parte delle Banche centrali al fine di rispettare i parametri del Trattato di Maastricht); aumento della produzione aurifera mondiale, in particolare in Russia.

Nel 2006 il settore primario, l'industria e i servizi contribuivano alla formazione del PIL rispettivamente per il 2,6%, il 30,3% e il 67,1%, occupando il 7,8%, il 21,7% e il 70,5% della forza lavoro (2004). L'economia, storicamente dominata dall'agricoltura e dalle produzioni minerarie, ha visto progressivamente aumentare l'importanza dell'industria manifatturiera, dei servizi finanziari, nonché del turismo. Il settore primario ha il suo punto di forza nell'allevamento ovino e bovino, mentre solo il 13% del territorio è utilizzato per colture. Il raccolto più importante è il mais, ma i prodotti più redditizi sono quelli da esportazione che interessano mercati di nicchia quali vino, frutta pregiata, carne di struzzo. L'industria mineraria rimane un'essenziale fonte di valuta straniera. L'oro, da solo, conta per circa un terzo del valore delle esportazioni; altri importanti prodotti minerari sono manganese, cromo, platino, diamanti, carbone. Le industrie manifatturiere hanno dovuto affrontare sfide decisive dopo l'apertura dell'economia alla competizione globale. Il settore è dominato da industrie metallurgiche e metalmeccaniche (in particolare prodotti siderurgici), chimiche e petrolchimiche. Per sanzionare la politica di segregazione razziale le Nazioni Unite avevano decretato, nel 1977, un embargo sulle vendite di armi destinate alla Repubblica Sudafricana. La decisione ha spinto il Paese a dotarsi di un proprio arsenale militare, e attualmente si classifica al decimo posto fra le nazioni esportatrici di armi. Le attività industriali sono prevalentemente localizzate in quattro aree, che fanno capo a Pretoria-Johannesburg, Città del Capo, Port Elizabeth, Durban. A parte questi quattro centri economici, lo sviluppo è marginale, in quanto le strategie governative non sono finora riuscite a propagarlo altrove.

Politica economica e finanziaria

di Giulia Nunziante

tab.

Nel corso del periodo 1999-2006, una politica economica prudente e una congiuntura favorevole assicurarono all'economia della R. S. una crescita costante (v. tab.). L'azione di governo - volta a garantire il risanamento dei conti pubblici, il controllo della pressione inflazionistica e un'efficiente gestione delle riserve in valuta estera - e le riforme strutturali, seppure in alcuni casi incomplete, avviarono l'apertura del mercato agli operatori nazionali e internazionali. Inoltre, la maggiore ricchezza prodotta dall'economia e la riduzione dei tassi d'interesse contribuirono a promuovere l'incremento dei consumi delle famiglie e l'espansione degli investimenti delle imprese, con conseguenti effetti positivi su un mercato del lavoro segnato da una diffusa disoccupazione.

Per quanto riguarda le finanze pubbliche, il governo proseguì nell'opera di riordino avviata fin dalla metà degli anni Novanta. Il consolidamento del quadro macroeconomico fu perseguito con la pianificazione su base triennale delle spese dello Stato e una più efficiente amministrazione del denaro pubblico, realizzate anche tramite la creazione di un istituto a cui fu affidato il coordinamento nella gestione delle entrate tra organi centrali, provinciali e locali.

Il settore pubblico mantenne un ruolo di grande importanza nell'economia del Paese, sia come finanziatore degli interventi infrastrutturali sia come fornitore di servizi. Gli investimenti pubblici furono concentrati principalmente nei settori dell'energia, delle telecomunicazioni, dei trasporti e della gestione della rete idrica, e furono accompagnati dalla definizione di un quadro regolamentare e legale più chiaro, e tale da favorire la riduzione dei costi e l'incremento dei livelli di accessibilità e qualità dei servizi pubblici. Per la realizzazione di altre infrastrutture fu promossa la collaborazione con investitori privati, nazionali ed esteri. D'altra parte, nel corso del periodo in esame il ruolo delle imprese pubbliche nel processo di riconversione e di ammodernamento dell'economia subì un progressivo ridimensionamento. In particolare, tra il 2000 e il 2003 lo Stato si mostrò disposto ad avviare la privatizzazione e la ristrutturazione di alcune di esse, con l'intento di favorire la concorrenza e incentivare la crescita degli investimenti. Nel 2004, nel riaffermare il nuovo orientamento della politica economica in relazione al futuro delle aziende di Stato, le autorità dichiararono la volontà di riorganizzarle e di incentivare il sostanziale prevalere di una cultura imprenditoriale moderna al loro interno.

L'azione del governo riguardò anche il problema dell'occupazione. In particolare, si cercò di favorire la riqualificazione della forza lavoro e di assicurare maggiore flessibilità al mercato del lavoro. Lo sviluppo professionale del capitale umano fu incoraggiato mediante l'adozione di programmi per la formazione e l'addestramento della manodopera. Il governo cercò inoltre di affrontare, soprattutto a partire dal 2000, le difficoltà che molti ancora riscontravano nell'accedere a un'occupazione a motivo delle discriminazioni di razza e di sesso. Le strategie di medio periodo per la politica occupazionale prevedevano l'incremento della spesa pubblica in investimenti e la promozione di una più diffusa informazione sul mercato del lavoro, che avrebbe dovuto facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Tuttavia la disoccupazione rimase elevata, e nel 2005 rappresentava ancora il 26,6% della forza lavoro. L'anno successivo venne quindi varato dal governo un nuovo programma, che intendeva promuovere l'attività economica attraverso l'alleggerimento della pressione fiscale, la realizzazione di infrastrutture, l'assistenza pubblica a quei settori economici ritenuti strategici e l'incremento delle risorse destinate all'istruzione e alla formazione.

La concorrenza sul mercato interno fu favorita dall'introduzione di una legge che, elaborata nel corso del 1998, entrò in vigore alla fine dell'anno seguente. Tra i suoi obiettivi vi erano la lotta alle pratiche non concorrenziali, l'eliminazione di abusi dovuti a posizioni dominanti e il consolidamento del controllo sulle fusioni. Tali indirizzi furono assistiti dalla contestuale riorganizzazione degli organi di vigilanza preposti al buon funzionamento del mercato.

Il settore privato poté fruire di finanziamenti per gli investimenti in ricerca e sviluppo e per la creazione di occupazione. Fu semplificato il sistema fiscale e alleggerito il carico burocratico a cui le imprese erano soggette. La promozione di un più facile accesso al credito rappresentò un altro importante elemento per lo sviluppo di un sano tessuto imprenditoriale. Le autorità promossero inoltre misure e interventi orientati a far partecipare giovani e donne al rinnovamento imprenditoriale dell'economia.

Sebbene il settore bancario già disponesse di una regolamentazione in grado di assicurare un buon livello di trasparenza e affidabilità, le autorità si adoperarono al fine di facilitare l'accesso al credito anche per le fasce economicamente più deboli della popolazione e di accrescere la concorrenza tra gli istituti.

Nel settore agricolo proseguì, anche se con estrema lentezza, il processo di redistribuzione dei terreni a favore di coloro che erano stati discriminati dalla politica dell'apartheid. Il governo, inoltre, intervenne per sostenere gli agricoltori in difficoltà, per promuovere l'adozione di migliori standard organizzativi e, più in generale, per sviluppare il mercato favorendo l'esportazione di prodotti a elevato valore aggiunto, facilitando l'accesso al credito e incrementando gli investimenti per l'adozione e per la diffusione di processi produttivi innovativi.

Le autorità monetarie, che avevano quale principale obiettivo quello di assicurare una maggiore stabilità dei prezzi, furono dotate di strumenti più efficaci per la lotta all'inflazione, guadagnando maggiore credibilità presso gli investitori nazionali ed esteri.

Infine, per quanto concerne la politica commerciale, la R. S. proseguì nel processo di apertura del mercato interno, arrivando a rimuovere di fatto tutte le restrizioni precedentemente in vigore sulle quantità importabili. Riconoscendo all'espansione delle esportazioni un ruolo trainante per la crescita economica del Paese, a partire dal 2002 il governo individuò alcuni settori (tra cui i comparti del tessile e dell'abbigliamento, delle autovetture, minerario, chimico e delle biotecnologie, delle telecomunicazioni) a favore dei quali promuovere con maggior vigore gli scambi commerciali con l'estero.

Storia

di Emma Ansovini

Il 20° sec. si chiudeva nella R. S. con il passaggio di consegne tra N. Mandela, il presidente carismatico della fine dell'apartheid e dell'avvento della democrazia, e T. Mbeki, un politico esperto e pragmatico, un protagonista della lotta di liberazione, che assunse la carica il 16 giugno 1999. Il ritiro di Mandela, con la sua esplicita connotazione di avvicendamento fisiologico alla guida dello Stato, confermava la straordinaria normalità democratica della R. S., che era diventata, in un periodo di tempo relativamente breve, un Paese di riferimento per tutta l'Africa subsahariana e un elemento di stabilità e di equilibrio a livello regionale. L'autorevolezza della R. S. veniva confermata dalla nomina nel 2006 a membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Questo successo, non del tutto scontato al momento della transizione democratica, avvenuta dopo lunghi anni di segregazione razziale e di sanguinosa guerra civile, definiva però solo le condizioni nelle quali il Paese doveva affrontare sia i problemi sociali ed economici ereditati dal passato, sia quelli nuovi indotti dal cambiamento istituzionale nei rapporti tra i gruppi etnici e al loro interno. Rilevanza assumevano in particolare: la necessità di costruire un'identità nazionale interetnica e unitaria, che superasse la contrapposizione tra oppressi e oppressori; le persistenti disuguaglianze razziali, alle quali si andavano sovrapponendo, con la formazione di una classe dirigente nera, anche crescenti divaricazioni nelle stesse condizioni di vita della popolazione di colore; la diffusione dell'epidemia di AIDS; i livelli elevati di disoccupazione; la persistente povertà; la soverchiante egemonia, nel governo nazionale e in molti di quelli provinciali, dell'African National Congress (ANC), un partito-Stato che, se da un lato si era dimostrato in grado di rappresentare la maggioranza della popolazione e di raccoglierne i voti in libere elezioni, dall'altro esercitava un tale monopolio del potere da rappresentare un possibile limite al modello democratico e da esporlo costantemente al rischio di corruzione e di involuzione autoritaria.

Il nuovo governo uscito dalle elezioni del 1999, guidato da Mbeki, si diede come obiettivi prioritari, in continuità con le precedenti amministrazioni, la piena uguaglianza dei diritti e una più equa distribuzione della ricchezza, all'interno un'economia di mercato che evitasse una contrapposizione radicale con la minoranza bianca e, più in generale, con quegli interessi economici internazionali che avevano ristabilito rapporti con la R. S. dopo gli anni delle sanzioni e dell'isolamento. Sotto il profilo istituzionale, il Paese si era dotato, nella seconda metà degli anni Novanta, di una solida intelaiatura di organismi di garanzia efficienti e indipendenti: Corte costituzionale, Commissione elettorale, Commissione per i diritti umani, Commissione per le discriminazioni di genere, Difensore civico. Se quindi si era assistito a un deciso consolidamento del sistema delle regole, favorito anche dalla notevole vivacità e articolazione della società civile, sul piano economico e sociale la situazione si mostrava assai più problematica: all'inizio del secolo il tasso di crescita economica era ancora modesto, soprattutto a causa della pesante eredità del passato regime, che aveva portato il Paese sull'orlo della bancarotta. Questo complicava i programmi del governo, che prevedevano entro il 2015 forme concordate di esproprio del 30% delle terre degli agricoltori bianchi, per distribuirle tra i contadini più poveri, e una maggiore presenza di esponenti delle comunità non bianche nei ruoli dirigenti della pubblica amministrazione e delle imprese. I programmi di redistribuzione delle terre incontrarono difficoltà di varia natura, e nel 2004 si stimava che solo il 3% delle terre di proprietà degli agricoltori bianchi fosse stato effettivamente trasferito ai contadini neri; inoltre la conversione alla produzione commerciale che aveva accompagnato questo trasferimento nel tentativo di aumentare la redditività dei suoli, aveva in qualche caso ridotto la produzione agricola per il consumo, finendo per scontentare sia i proprietari espropriati sia gli strati più poveri della popolazione. La lentezza e le difficoltà della distribuzione delle terre generò forti tensioni sociali e uno dei partiti dell'opposizione, il Pan Africanist Congress, nel luglio 2001 promosse occupazioni delle terre nell'area intorno a Johannesburg, con episodi di violenza che sembrarono evocare il rischio di una crisi analoga a quella attraversata nel vicino Zimbabwe, dove nel corso degli anni Novanta gli attacchi alle fattorie degli agricoltori bianchi erano stati apertamente appoggiati dal locale governo. Mbeki, che aveva evitato di assumere atteggiamenti di esplicita condanna nei confronti dello Zimbabwe, suscitando preoccupazioni nella comunità internazionale, rispose in questa occasione con lo sgombero degli occupanti da parte della polizia. La sua politica di temperato liberismo fu confermata dalla continuazione del piano di privatizzazione di molte aziende di proprietà dello Stato, cui corrispose però un maggior controllo pubblico sulle risorse naturali, per es. sulla gestione della rete idrica. L'apertura a tutta la popolazione di strutture sanitarie sostanzialmente concepite per soddisfare le esigenze della minoranza bianca aveva inoltre sottoposto a un'enorme sollecitazione il sistema, prolungando i tempi di attesa per le prestazioni e generando una diffusa insoddisfazione per la qualità dell'assistenza, gravata dal peso dell'epidemia di AIDS. La malattia rappresentava infatti un enorme problema sociale, di cui era difficile calcolare il futuro impatto sull'economia, perché a essere colpita era soprattutto la popolazione in età lavorativa (nel 2005 il 19% circa di quella tra i 15 e i 49 anni di età, secondo le stime dell'ONU). Mbeki sembrò inizialmente sottovalutare la complessità del problema, dichiarando addirittura, nel generale sconcerto, il proprio scetticismo sull'origine virale dell'epidemia (a Durban nel luglio 2000, durante la xiii Conferenza mondiale sull'AIDS), e opponendosi alla distribuzione gratuita dei farmaci antivirali alla popolazione colpita dalla malattia. Nel febbraio 2002 tale distribuzione venne avviata nella provincia del KwaZulu-Natal, ma contro la volontà del governo e su iniziativa personale del ministro degli Interni G. Buthelezi, leader dell'Inkhata Freedom Party (IFP, espressione politica della minoranza Zulu e forza egemone in quella provincia); in luglio la legittimità dell'iniziativa, che era stata contestata dal governo davanti all'Alta corte di giustizia, fu confermata dalla Corte costituzionale. L'orientamento di Mbeki cominciò allora a cambiare, seppur lentamente: in ottobre il governo annunciò che avrebbe studiato la possibilità di provvedere alla distribuzione della terapia attraverso il sistema sanitario pubblico, e nel dicembre 2003, dopo che era stato raggiunto un accordo con due aziende europee per la produzione dei farmaci antivirali nella R. S., si impegnò a garantirne la somministrazione gratuita ad almeno 53.000 persone entro il marzo 2004. Si trattava di una misura ancora decisamente limitata, e che fu d'altronde applicata in maniera parziale (alla fine del 2005, secondo le stime dell'ONU, la R. S. era solo al 16° posto tra i Paesi dell'Africa subsahariana per quanto riguardava la percentuale di popolazione colpita dall'AIDS che riceveva trattamenti antivirali); essa sembrava tuttavia avviare un cambiamento di linea negli orientamenti governativi. Un ruolo importante nel determinare tale cambiamento era stato giocato dall'impegno di molte organizzazioni di base, ma anche dalla battaglia condotta personalmente da Mandela contro un gruppo di 39 grandi aziende farmaceutiche, che nella primavera del 2001 furono costrette a ritirarsi dal processo che avevano intentato contro la R. S., accusata di produrre i farmaci antivirali senza pagare i relativi brevetti, e ad ammettere il diritto dei Paesi poveri di disporre a basso costo di farmaci efficaci per la cura della malattia.

Nell'aprile 2004 si svolsero le elezioni legislative: l'ANC accrebbe i suoi consensi, ottenendo il 69,7% dei voti e 279 seggi, seguita dalla Democratic Alliance (DA), di orientamento liberale, con il 12,4% e 50 seggi, e dall'IFP con il 7% e 28 seggi, mentre altri 9 partiti si divisero i rimanenti 43 seggi. Il New National Party (NNP), una volta partito della supremazia bianca, ottenne solo 7 seggi. Le consultazioni, mentre confermavano la posizione dominante dell'ANC, mettevano in luce la mancanza di una realistica alternativa politica: il maggior partito di opposizione non solo aveva un modesto seguito ma rimaneva a netta prevalenza bianca. L'ANC, che già dalla sua costituzione raccoglieva una molteplicità di forze, tanto da essere stato definito ai tempi della lotta di liberazione "un Parlamento africano", aveva continuato a essere un polo di attrazione: vi confluirono partiti e organizzazioni, tra cui addirittura il NNP, dopo il suo scioglimento seguito alla sconfitta elettorale (sett. 2005). Anche la sostanziale scomparsa dei partiti dell'estrema sinistra contribuiva a determinare questa situazione di quasi monopolio, che, se spesso permetteva all'ANC di comporre al suo interno i possibili conflitti politici, tendeva a sminuire la dialettica democratica e a portare a una progressiva sovrapposizione tra Stato e partito. Non a caso emergevano di frequente accuse di corruzione contro ministri, alti funzionari dell'amministrazione o esponenti del partito. Il 27 aprile Mbeki prestò giuramento per il suo secondo mandato, e il giorno seguente varò un governo con una forte componente femminile e nel quale, per la prima volta dalla fine dell'apartheid, non era presente Buthelezi; il programma era incentrato sulla riforma agraria e sulla lotta alle disuguaglianze. Ma le scelte di politica economica nei primi due anni del nuovo governo non apparvero di fatto così incisive e determinate. Benché a partire dal 2004 si registrasse una crescita più sensibile del PIL, l'alto tasso di disoccupazione tra la popolazione nera e la lentezza con cui procedeva l'assegnazione delle terre erano tali da generare forti tensioni sociali, soprattutto nelle grandi città come Johannesburg, e da far vacillare la tradizionale alleanza tra l'ANC, il South African Communist Party (SACP) e il Congress of South African Trade Unions (COSATU), che accusavano il presidente di autoritarismo, di emarginare le voci dissenzienti e di essere troppo ossequiente nei confronti delle politiche liberalizzatrici delle grandi istituzioni economiche, come il Fondo monetario internazionale o la Banca mondiale.

Sul piano internazionale, durante le due presidenze Mbeki la R. S. vide accresciuto il suo prestigio, grazie a una diplomazia molto attiva nel continente africano, sia attraverso l'azione di mediazione in alcuni dei più complessi conflitti (Repubblica Democratica del Congo, Costa d'Avorio), sia attraverso l'impegno nella promozione di nuove organizzazioni, come la New Partnership for Africa's Development (NEPAD), o nel dare slancio a quelle esistenti, come l'Unione Africana.

bibliografia

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Corpi liberati in cerca di storia, di storie. Il nuovo Sudafrica dieci anni dopo l'apartheid, a cura di I. Vivan Milano 2005.

S. Latini, Sudafrica, nascita di una potenza, in Limes, 2006, 3, pp. 243-49.

J. Seeking, N. Natrass, Class, race and inequality in South Africa, New Haven (CT) 2006.

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