ERENNIO, Retorica ad

Enciclopedia Italiana (1932)

ERENNIO, Retorica ad

Achille Beltrami

È il solo dei trattati retorici latini anteriori all'età di Cicerone giunto fino a noi. Erennio, a cui esso è dedicato, appare unito all'autore da parentela e amicizia, da comunanza di tendenze spirituali (IV, 69) e probabilmente anche di vedute politiche, come seguace del partito mariano. Per incitamento di lui l'autore, malgrado le occupazioni familiari e la predilezione per lo studio della filosofia, accondiscende a stendere un corso di retorica, movendo dal principio che compito dell'oratore è il saper parlare di tutto ciò che per la pratica civile è regolato da consuetudini e da leggi e dà origine ai tre generi di cause, dimostrativo, deliberativo e giudiziale. A questo compito l'oratore può soddisfare solo se possiede le cinque parti della tecnica (inventio, dispositio, elocutio, memoria, pronuntiatio): esse occupano la trattazione, che, a proposito della elocutio, dà precetti sui tre stili (figura gravis, mediocris, extenuata) e sulle loro qualità (elegantia, compositio, dignitas).

Il libro, citato la prima volta da S. Girolamo come opera di Cicerone e letto a lungo nelle scuole come Rhetorica secunda o nova del grande oratore, sino a che nel 1491 l'umanista Raffaele Regio impugnò tale attribuzione dovuta alle somiglianze col De inventione e a un esempio di controversia ex ambiguo, fu poi assegnato ad altri, e particolarmente a un Cornificio sul fondamento di Quintiliano; ma sembra invece composto fra l'86 e l'82 a. C. da incerto autore il quale presenterebbe, con aggiunte sue, una τέχνη rodia nel rifacimento di un maestro latino, forse L. Plozio Gallo, che l'aveva tradotta e contaminata con trattati latini (Marx), oppure avrebbe rielaborato con una certa indipendenza una τέχνμ greca in) primendovi la sua personalità romana (Schanz), o infine avrebbe attinto da una fonte latina comune al De inventione di Cicerone, ma piu fedelmente riprodotta con accorciamenti e solo poco mutando o aggiungendo di proprio (Herbolzheimer). In realtà, anche se le divisioni e suddivisioni ermagoree e in genere i precetti elaborati dai Greci appaiono ancora con larghi riflessi nel trattato, questo però con lo sforzo di contrapporre alle sottigliezze dei retori di scuola e dei dialettici la brevità e la chiarezza, di adottare la nomenclatura retorica latina finché è possibile, di trarre in prevalenza gli esempî dalla letteratura, storia e mitologia nazionale, ha il merito d'essere il primo tentativo di una teoria retorica con carattere pratico e con impronta romana.

Bibl.: G. Thiele, Quaestiones de Cornifici et Cic. artibus rhetoricis, Greifswald 1889; F. Marx, Incerti auctoris ad C. Herennium libri IV, Lipsia 1894; M. Schanz-C. Hosius, Geschichte der römischen Literatur, I, 4ª ed., Monaco 1927, par. 586-90; G. Curcio, Le opere retoriche di M. Tullio Cicerone, Acireale 1900; J. Werner, Zur Frage nach dem Verfasser der Herenniusrhetorik, Bielitz 1906; G. Herbolzheimer, Ciceros rhetorici libri und die Lehrschrift des auctor ad Herennium, in Philologus, LXXXI (1926), pp. 391-426; inoltre C. Giambelli, C. Koehler, A. Kammrath, C. L. Kayser nella prefazione alle rispettive edizioni.

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