ZANDONAI, Riccardo Antonio Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZANDONAI, Riccardo Antonio Francesco

Virgilio Bernardoni

ZANDONAI, Riccardo Antonio Francesco. – Nacque il 30 maggio 1883 a Sacco di Rovereto, in territorio asburgico, primogenito di Luigi (1855-1926), calzolaio, e di Carolina Todeschi (1853-1930), sigaraia nell’Imperial Regia Fabbrica Tabacchi.

In famiglia, coltivavano la musica per diletto il padre, suonatore di flicorno nella banda, e uno zio che si dice eseguisse alla chitarra le arie di Vincenzo Bellini. Le prime esperienze musicali del piccolo Riccardo furono legate al repertorio bandistico, ai cori e ai ballabili che erano pratica corrente nel paese natale, dove egli apprese i rudimenti musicali e, secondo la tradizione, sarebbe stato avviato al violino dal maestro della banda. Avrebbe studiato da autodidatta la teoria e a otto anni avrebbe realizzato le prime composizioni.

Nel 1894 divenne allievo di Vincenzo Gianferrari nel liceo musicale di Rovereto. Suonava il clarinetto e preparava le riduzioni per la banda di Sacco, diretta dallo stesso Gianferrari (rientra in quest’ambito l’ingenua marcetta Brezze montanine, dedicata «Al me carissimo Pare en ricordo de na baruffa allegra en famegia»). Da organista e maestro del coro nella chiesa parrocchiale approntò i primi brani sacri. Abbandonati anzitempo gli studi ginnasiali, supplì alla propria formazione nella biblioteca dall’amico Lino Leonardi (autore anche dei versi di un’Ave, o Maria composta nel 1911) e nei salotti della piccola nobiltà rurale, dove spesso faceva musica da camera. Mise insieme anche dei pezzi per violino e per pianoforte e una serie cospicua di liriche su poesie di Lorenzo Stecchetti, Ada Negri, Enrico Panzacchi, Giacomo Leopardi (Alla luna, 1898). Nel triennio 1898-1901 completò gli studi di composizione al liceo musicale di Pesaro, sotto la guida di Pietro Mascagni, diplomandosi con il poema Il ritorno di Odisseo, seguito da Il sogno di Rosetta, entrambi per voci soliste, coro e orchestra, su testi di Giovanni Pascoli.

Nel 1901 iniziò a fare esperienza come violista o violinista e come maestro sostituto in varie orchestre e teatri italiani, e compose per la Società degli studenti trentini un inno vigorosamente risorgimentale. Nel 1904 s’inserì nel mondo milanese, accolto nel salotto ‘progressista’ di Vittoria Cima, pianista dilettante, e attraverso Arrigo Boito arrivò all’editore Ricordi, che gli pubblicò l’opera teatrale Il grillo del focolare, commedia musicale di Cesare Henau, tratta da Charles Dickens, rappresentata a Torino nel 1908, al politeama Chiarella. L’esito incoraggiante indusse l’editore ad affidargli un soggetto allora scartato da Giacomo Puccini: Conchita, libretto di Maurice Vaucaire e Carlo Zangarini, dal romanzo La femme et le pantin di Pierre Louÿs. Zandonai s’immedesimò subito nell’argomento, che gli ricordava l’ambiente di lavoro della madre: la sigaraia Conchita è una sorta di Carmen che esercita un possesso sadico sulla volontà di un uomo. Ricordi lo mandò comunque in Spagna per introdurlo nella sensibilità iberica. L’opera fu rappresentata al teatro Dal Verme di Milano nell’ottobre del 1911, e negli anni successivi arrivò anche a Londra, in Sudamerica e negli Stati Uniti, offrendogli occasioni di soggiorno all’estero. A Parigi, nel 1913, lasciò la città alla vigilia della prima del Sacre du printemps di Igor′ Stravinskij.

Benché ammirasse Richard Wagner e prestasse attenzione alle novità di Claude Debussy e di Richard Strauss, non sentì la necessità del rinnovamento del teatro d’opera (che fu invece prioritaria per i modernisti della sua generazione) e conservò la fiducia nella linea italiana della cantabilità, applicata in misura omogenea al continuum delle voci e dell’orchestra. Conchita manifestò perciò un autore dotato di un senso spiccato della teatralità, di una sicura e policroma padronanza dell’orchestra e di un senso flessibile delle nuove frontiere del canto declamato, così che Casa Ricordi vide in lui il possibile successore di Puccini. Nonostante l’insuccesso dell’opera successiva, il dramma lirico Melenis, su un soggetto ispirato alla Roma imperiale (Milano, teatro Dal Verme,1912), Zandonai fu sostenuto da Tito Ricordi, passato a capo della ditta dopo la morte del padre Giulio. Nell’intento di rinnovare il repertorio, Tito promosse il binomio Gabriele D’Annunzio-Zandonai, traendo dall’omonima tragedia il libretto della Francesca da Rimini, data per la prima volta al Regio di Torino nel 1914. Zandonai si confrontò così con il suo maestro Mascagni, la cui Parisina era andata in scena soltanto quattro mesi prima. Francesca si fece preferire dal pubblico per la maggior coerenza e tenuta scenica; fu però accolta con sufficienza da D’Annunzio.

Dalle lettere del tempo di guerra emergono l’avversione di Zandonai per il dominio austriaco (all’epoca egli era ancora un suddito dell’impero asburgico), ma anche l’intimo rigetto della tragedia umana in atto. L’adesione alla causa italiana, palesata nell’inno Alla patria (1915) su testo del poeta irredentista Giovanni Bertacchi, e nella Messa da requiem in memoria di Umberto I, da lui diretta al Pantheon nel marzo del 1916, gli procurò l’accusa di alto tradimento e la confisca dei beni.

Il 24 dicembre 1916 sposò la cantante Tarquinia Tarquini (1882-1976), la creatrice del personaggio di Conchita, con la quale visse a Pesaro, dove lui già risiedeva dall’epoca degli studi; nel 1931, i coniugi Zandonai adottarono la figlia Jolanda Tarquinia. Insieme frequentarono anche la regione tridentina, dove Zandonai trasse ispirazione dal paesaggio e dalle tradizioni locali. Il dittico di ‘impressioni sinfoniche’ – due poemi di conio prossimo a quelli coevi di Ottorino Respighi – intitolato Terra nativa (una, Primavera in Val di Sole del 1914-15, l’altra, Autunno fra i monti: patria lontana del 1917-18) contribuì a collegare ai luoghi d’origine la schiettezza pensosa e la malinconia contemplativa della sua musica.

La prima opera completata dopo il matrimonio, la commedia giocosa La via della finestra (Pesaro, teatro Rossini,1919), è invece uno scherzo ironico sulla vita di coppia, intriso di umori alla Rossini – Giuseppe Adami l’aveva ricavato da un vecchio soggetto di Eugène Scribe –, che segnò il ritorno a schemi drammatici e musicali più convenzionali. In quel periodo, grazie al critico musicale Nicola d’Atri, amico e consigliere fidato, Zandonai instaurò un sodalizio artistico con il drammaturgo e giornalista Arturo Rossato, che divenne poi l’autore fisso dei suoi libretti successivi. La loro prima opera, la tragedia in tre atti Giulietta e Romeo, ispirata più dalle novelle cinquecentesche di Luigi Da Porto e Matteo Bandello che da William Shakespeare, debuttò nel 1922 al teatro Costanzi di Roma, diretta dall’autore.

Morto Puccini (29 novembre 1924), Zandonai fu tra i candidati al completamento dell’incompiuta Turandot, ma il figlio del maestro, per non correre il rischio di oscurare la fama del padre, gli preferì Franco Alfano. Il primato pucciniano era comunque saldo: le opere migliori di Zandonai (Conchita e Francesca da Rimini) non lo insidiavano e le successive sarebbero rimaste invischiate nella crisi generale del melodramma italiano. I cavalieri di Ekebu (da La saga di Gösta Berling della scrittrice svedese Selma Lagerlöf), furono diretti al teatro alla Scala da Arturo Toscanini nel 1925 e poi declassati al giro dei teatri minori. Il ‘mistero lirico’ Giuliano, ricavato da Jacopo da Varazze, in scena al San Carlo di Napoli nel 1928, finì fra le prove mancate di drammaturgie all’antica. Altre due opere, il dramma in un atto Una partita (da Alexandre Dumas padre) e le ‘scene popolaresche’ La farsa amorosa (da El sombrero de tres picos di Pedro de Alarcón), chiusero la serie nel 1933 in un netto ristagno creativo.

Nel 1932 Zandonai fu tra i firmatari del manifesto antimodernista «per la tradizione dell’arte romantica dell’800» (Corriere della sera e La Stampa, 17 dicembre 1932; in Nicolodi, 1984, pp. 141-143). In seguito, si dedicò soprattutto alla direzione d’orchestra – nel clima dei ritorni all’antico diresse anche brani del Settecento italiano – e continuò a coltivare la composizione strumentale in lavori concertanti per il prediletto violoncello (Spleen e lo spagnoleggiante Concerto andaluso, del 1934) e sinfonici (Rapsodia trentina, 1936). Un poema sinfonico di poco anteriore – i Quadri di Segantini (1930-31) – ispirato da quattro scene di vita in montagna dell’artista conterraneo, segnò il vertice della contemplazione del mistero nei paesaggi più amati. Compose anche musiche per film: fra gli altri, La principessa Tarakanova, 1938, di Fëdor Ozep e Mario Soldati e Amami, Alfredo!, 1940, di Carmine Gallone.

Nel 1935 la nomina ad accademico d’Italia lo equiparò ai colleghi Mascagni, Umberto Giordano, Lorenzo Perosi e Respighi. Dal 1940 al 1943 diresse il liceo musicale di Pesaro; nel contempo s’interessò alle opere di Rossini, realizzando le revisioni di alcune di esse (Il viaggio a Reims e la sinfonia del Maometto II) e le versioni in tre atti della Gazza ladra e del Comte Ory. Prima aveva elaborato composizioni ‘antiche’ di Johann Sebastian Bach (Preludio ottavo per archi, arpa e organo dal Wohltemperiertes Klavier I, 1931) e di Nicolò Porpora (Aria per violoncello e orchestra d’archi, 1939). Il Trio serenata con pianoforte (1943) fu il suo ultimo lavoro originale.

Dopo aver accolto con gioia, il 4 giugno, la notizia della liberazione di Roma, morì per i postumi di un intervento chirurgico, il 5 giugno 1944, nel convento di Mombaroccio, dov’era sfollato da quando un comando tedesco gli aveva requisito la casa.

Lasciò incompiuta l’opera Il bacio, tratta da una leggenda sacra a sfondo erotico di Gottfried Keller. Nel 1947 la salma fu traslata nel paese natale, divenuto frattanto Borgo Sacco, frazione di Rovereto.

Nonostante il successo conseguito, Zandonai è uno degli autori meno compresi della sua generazione: tenuto a distanza dal clan modernista dei coetanei (Ildebrando Pizzetti lo reputava «artista che ama vivere a mezza costa del monte della conoscenza, contento di limitati orizzonti», La Nazione, 19 marzo 1922), finì presto confinato tra gli epigoni eclettici del verismo. La costituzione a Rovereto, nel 2010, di un Centro internazionale di studi, che pubblica il carteggio (consultabile all’indirizzo www.zan donai.bibliotecacivica.rovereto.it) e promuove esecuzioni musicali e approfondimenti sulla sua opera, è l’iniziativa più recente finalizzata a metterne a fuoco l’immagine e la posizione storica.

Oltre alle composizioni menzionate, sono da ricordare: La coppa del re, opera in un atto, dalla ballata Der Taucher di Friedrich Schiller (1906); L’uccellino d’oro, fiaba musicale, libretto di don Giovanni Chelodi, dalle fiabe dei fratelli Grimm (Sacco, 1907); Serenata medioevale per violoncello, arpa, due corni e archi (1909); Vere novo per baritono e orchestra (versi di D’Annunzio, 1912); Concerto romantico per violino e orchestra (1919); Ballata eroica e Fra gli alberghi delle Dolomiti, per orchestra (1929); Il flauto notturno per flauto e orchestra da camera (1932); Casa lontana per tenore e orchestra, dal film Un passo nella notte (1939); La ballata del Messimerit per tenore, coro ad libitum e orchestra (1942).

Fonti e Bibl.: Parte degli autografi è conservata a Rovereto, nella Biblioteca civica. Si vedano i cataloghi curati da A. Petrolli (v. oltre, 1998 e 2004) e D. Cescotti (R. Z., catalogo tematico, Lucca 1999). T. Tarquini, Da «Via del Paradiso» al n. 1 (Ricordi vicini e lontani), Rovereto 1955; B. Cagnoli, R. Z., Trento 1978; R. Z., epistolario: corrispondenza con Lino Leonardi e Vincenzo Gianferrari, l’amico e il maestro, a cura di C. Leonardi, Rovereto 1983; F. Nicolodi, Musica e musicisti nel ventennio fascista, Fiesole 1984, ad ind.; R. Z., a cura di R. Chiesa, Milano 1984; J. Maehder, The origins of Italian ‘Literaturoper’: “Guglielmo Ratcliff”, “La figlia di Iorio”, “Parisina” and “Francesca da Rimini”, in Reading opera, a cura di A. Groos - R. Parker, Princeton (N.J.), 1988, pp. 92-128; E. Mariano, Gabriele d’Annunzio, R. Z.: Francesca da Rimini, Trento 1988; A. Bassi, R. Z., Milano 1989; F. Nicolodi, R. Z. e i suoi contemporanei, in Ead., Orizzonti musicali italo-europei 1860-1980, Roma 1990, pp. 111-132; R. Tedeschi, D’Annunzio e la musica, Firenze 1991, pp. 101-107; J.C.G. Waterhouse, Z., R., in The new Grove dictionary of opera, IV, London 1992, pp. 1206 s. (anche in The new Grove Dictionary of music and musicians, XXVII, London-New York 2001, pp. 739-741); B. Cagnoli, Z. immagini, Rovereto 1994; G. Salvetti, Un mito nell’era di d’Annunzio: Scontrino, Mancinelli, Z., in Il mito di Dante nella musica della Nuova Italia (1861-1914), a cura di G. Salvetti, Milano 1994, pp. 174-182; E.A. Abbadessa, Il carteggio Z.-Maugeri, in Note su note, IV, 4 (1996), pp. 12-191; Pipers Enzyklopädie des Musiktheaters, VI, München-Zürich 1997, pp. 777-783; A. Petrolli, Z. musicista, I, Catalogo, II, Esecuzioni, III, Poligrafia, IV, Topografia, Trento 1998-2004; K.C. Dryden, R. Z.: a biography, Frankfurt am Main 1999; R. Z., due carteggi: lettere ai familiari e a Giovanni Giovannini, a cura di D. Cescotti, Trento 1999; D. Cescotti, Il Fondo R. Z., Rovereto 2001; R. Pelagalli, R. Z., in La romanza italiana da salotto, a cura di F. Sanvitale, Torino 2002, pp. 437-451; K.C. Dryden, In search of Spain: R. Z.’s “Conchita”, in Tendenze della musica teatrale italiana all’inizio del Novecento, a cura di L. Guiot - J. Maehder, Milano 2005, pp. 146-159; E. De Luca, il grillo del focolare. Da Dickens a Z., in Filologia antica e moderna, XV (2006), 30-31, pp. 237-250; E. Bousquet, La genèse de “Giulietta e Romeo” de R. Z., in Scapigliatura & fin de siècle, libretti d’opera italiani dall’Unità al primo Novecento, a cura di J. Streicher - S. Teramo - R. Travagli, Roma 2007, pp. 628-638; D. Cescotti, Z., R., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVII, Kassel 2007, coll. 1324-1326; Di donne, burattini, armi ed amori. L’enigma “Conchita” indagato da letteratura, teatro, musica, cinema ed arti figurative, a cura di D. Cescotti, Lavis 2009; Francesca da Rimini, in L’avant-scène opéra, n. 259, 2010; Il miele e le spine: “Melenis”, un’opera ritrovata di R. Z., a cura di D. Cescotti, Rovereto 2012; R. Z.: Conchita. Rassegna della stampa d’epoca, a cura di D. Cescotti, Lavis 2012; Alba d’aprile: aspetti della produzione giovanile di R. Z., a cura di D. Cescotti - I. Comisso, Rovereto 2013; A. Nones, Z., un musicista nel vento del Novecento, Trento 2014; A. Sessa, Il melodramma italiano, 1901-1925, Firenze 2014, pp. 919-923; «A harmless music»: “Il grillo del focolare” di Charles Dickens sulle scene del teatro lirico, a cura di D. Cescotti - F. Fortunato, Rovereto 2015; «Meravigliosamente un amor mi distringe»: intorno a “Francesca da Rimini” di R. Z., a cura di F. Fortunato - I. Comisso, Rovereto 2017.

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