CANUDO, Ricciotto

Enciclopedia del Cinema (2003)

Canudo, Ricciotto

Alberto Boschi

Teorico e critico cinematografico, nato a Gioia del Colle (Bari) il 2 gennaio 1877 e morto a Parigi il 10 novembre 1923. Poeta, drammaturgo, romanziere, saggista e instancabile animatore di eventi culturali, antepose la passione per il cinema agli altri suoi molteplici interessi. Per il suo pionieristico scritto La naissance d'un sixième art. Essai sur le cinématographe (in "Les entretiens idéalistes", 25 octobre 1911), fu ricordato da Jean Epstein (in Le cinématographe vu de l'Etna, 1926) come il padre fondatore dell'estetica del cinema. Se può apparire esagerato parlare di lui come del primo teorico della nuova arte, non si può non riconoscergli il merito di avere intuito in anticipo, insieme a pochissimi altri, le potenzialità del linguaggio cinematografico, in un'epoca in cui il nuovo mezzo era visto dai più come un dispositivo meccanico, un'impresa commerciale o un passatempo per le masse.

Dopo aver compiuto studi alquanto irregolari in Italia, nei primi anni del Novecento si trasferì in Francia, dove entrò in contatto con i circoli intellettuali più spregiudicati della capitale e si fece ben presto conoscere come letterato e pubblicista, continuando contemporaneamente a collaborare a periodici italiani. Incapace di limitare la sua indagine a un unico oggetto e guidato dall'idea di un intimo legame esistente fra tutte le arti, delle quali preferiva descrivere le linee di sviluppo generali piuttosto che le singole manifestazioni, negli anni precedenti all'inizio della Prima guerra mondiale si dedicò alternativamente alla critica artistica, musicale, letteraria e teatrale. Nel 1913 fondò la rivista "Montjoie", che intendeva ricercare i legami fra le diverse forme d'espressione, e l'anno seguente pubblicò il Manifeste de l'art cérébriste, termine da lui coniato per definire "un'estetica indissolubilmente cerebrale e sensuale, contro ogni sentimentalismo nell'arte e nella vita". Subito dopo lo scoppio del conflitto si arruolò come volontario nell'esercito francese, distinguendosi per il coraggio dimostrato al fronte. A partire dal primo dopoguerra si dedicò quasi esclusivamente al cinema: nel 1921 creò il CASA (Club des Amis du Septième Art), importante soprattutto per le proiezioni d'essai organizzate presso il Salon d'Automne, la principale esposizione di pittura parigina, in anticipo sui cineclub elitari che fioriranno di lì a poco nella capitale francese. L'anno seguente fondò l'effimera "Gazette des sept arts", che non sopravvisse alla sua prematura scomparsa.

L'interesse di C. per la nuova arte, tuttavia, è anteriore di oltre un decennio ai suoi contributi più noti, pubblicati in Francia nei primi anni Venti e raccolti poi da F. Divoire nel volume postumo L'usine aux images (1927, riproposto a cura di J.-P. Morel e G. Dotoli, 1995; trad. it. 1966), e precede anche il saggio del 1911 celebrato da Epstein: l'articolo Trionfo del cinematografo, apparso sul "Nuovo giornale" di Firenze il 25 novembre 1908, enuncia infatti già in forma esplicita i temi principali della sua riflessione successiva. Rifacendosi all'opposizione teorizzata da G.E. Lessing fra 'ritmi dello spazio' (pittura e scultura) e 'ritmi del tempo' (musica e poesia), C. descrive il cinema come "arte plastica in movimento", fondata sulla congiunzione e sulla sintesi delle forme espressive tradizionali, e al tempo stesso celebra in esso l'avvento di una nuova forma di culto e di un nuovo rito collettivo. Accomuna infatti i suoi scritti sulla musica e sul cinema la convinzione che nel mondo moderno spetti all'arte il compito di colmare il vuoto lasciato dal tramonto delle credenze religiose. Sull'estetica di C. esercitarono un'influenza altrettanto importante il mito wagneriano dell'opera d'arte totale, che egli vide reincarnarsi nel film, il modello esistenziale e letterario di G. D'Annunzio e gli stimoli ricevuti dall'ambiente culturale parigino. La sua riflessione sul cinema, disseminata di intuizioni profetiche e sorretta da una concezione dell'arte non priva di una propria coerenza, presenta una singolare commistione fra idee, parole d'ordine e suggestioni provenienti dalle avanguardie e principi ereditati da una estetica più 'passatista', il che spiega forse la diffidenza nei suoi confronti da parte dei futuristi italiani.

Bibliografia

M. Verdone, Ricciotto Canudo (1877-1923), introduzione a R. Canudo, L'officina delle immagini, Roma 1966.

P. Sorrenti, Ricciotto Canudo (le Barisien) fondatore dell'estetica cinematografica, Bari 1967.

A.P. Mossetto, Forme e strutture del film nel primo Ricciotto Canudo, in "Cinema nuovo", 1973, 225, pp. 358-65.

S. Sallusti, Canudo, Ricciotto, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 18° vol., Roma 1975, ad vocem.

F. Matarrese, Omaggio a Canudo nel centenario della nascita, Gioia del Colle 1977.

Ricciotto Canudo. 1877-1977, Fasano 1978.

G. Dotoli, Lo scrittore totale. Saggi su Ricciotto Canudo, Fasano 1986.

G. Grignaffini, Sapere e teorie del cinema. Il periodo del muto, Bologna 1989, pp. 59-65.

CATEGORIE
TAG

Prima guerra mondiale

Teorie del cinema

Gioia del colle

Jean epstein

Novecento