riforma Modificazione sostanziale, ma attuata con metodo non violento, di uno stato di cose, un’istituzione, un ordinamento. In particolare, il termine è stato applicato a indicare innovazioni o mutamenti profondi nella vita dello Stato o della Chiesa, dovuti (almeno per ciò che riguarda lo Stato) all’azione legittima e regolare dei poteri costituiti.
Nella storia del cristianesimo, si parla di r. a proposito di quei movimenti, già presenti nel Medioevo, che operarono per un rinnovamento della Chiesa, presentato prevalentemente come ritorno alle ‘origini’; ma per lo più, e quasi per eccellenza, R. è chiamato quel complesso movimento religioso, politico, culturale che produsse nel 16° sec. la frattura della cristianità occidentale in diverse comunità, gruppi o sette.
Alla riviviscenza del profetismo e dell’attesa escatologica furono legati, nel Medioevo, alcuni movimenti di r.: tale, per es., il gioachimismo che, dalla predicazione di Gioacchino da Fiore, rinnovò l’attesa dell’imminente ‘terza età’, quella della piena rivelazione dello spirito che avrebbe sostituito l’ecclesia spiritualis alla Chiesa ‘carnale’ cristallizzata nella gerarchia. Però la tanto vagheggiata e richiesta reformatio in capite et in membris in genere diventò, per i più e nell’opera stessa dei grandi concili, una r. d’ordine gerarchico-amministrativo: rimozione di abusi, richiamo del clero/">clero corrotto a vita più degna, soppressione del fiscalismo o dei suoi eccessi più gravi ecc. In tal senso questo ideale di r. è presente nella cristianità medievale e gli storici indicano come r. della Chiesa il moto di rinnovamento del clero che, suscitato dalla reazione alla corruttela del costume ecclesiastico, è messo in opera nell’11° sec. dall’ordine cluniacense e dal papato di Niccolò II e Gregorio VII. Tale r. si attuò come lotta contro il nicolaismo e il concubinato, contro l’assoggettamento al potere laico in nome della libertà e autonomia della Chiesa e dei suoi vescovi (in questo ambito si pone la lotta per le investiture). Ancora all’interno delle aspirazioni medievali dalla r., sempre nell’ambito dell’organizzazione ecclesiastica, vanno poste le r. degli ordini monastici o mendicanti intese a ricondurli al rispetto della propria regola contro ogni attenuazione che ne riduceva il rigore o tendeva a mutarne la natura; ovviamente questa r. degli ordini si ripercuoteva in tutto l’ambiente ecclesiastico, come indica la grande opera svolta dai cluniacensi prima e dai cistercensi poi, nati dalla r. dei benedettini.
Nel 16° sec. si chiama r. cattolica quel movimento di r. interna, cioè disciplinare, morale e amministrativa della Chiesa, che ha i momenti culminanti nel concilio Lateranense (1512-17) e durante il pontificato di Paolo III (con
Sono chiamati riformati gli ordini o congregazioni religiose che seguono una regola riformata rispetto a quella originaria o più antica (benedettini riformati, eremitani riformati,
La data che convenzionalmente si fissa come inizio della R. è il 31 ottobre 1517, giorno in cui furono affisse alla porta della cattedrale di
Alla r. luterana si affiancò, muovendo da analoghe istanze, quella calvinista (➔ Calvino, Giovanni): a
La diffusione del luteranesimo e del calvinismo fu rapida in
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Attualmente il luteranesimo ha la sua area di diffusione in Germania,
Nella storiografia del 20° sec. si è a lungo dibattuto sul contributo della R. alla formazione del mondo moderno. Vari sono i pareri, però è riconosciuto da tutti che la R., postasi in polemica con Roma, ha contribuito a rafforzare l’assolutismo dei principi e con ciò ha dato una potente spinta alla formazione dello Stato moderno; che la dottrina del sacerdozio universale dei fedeli, riconoscendo un carattere religioso a tutte le ‘professioni’, le sottraeva alla tutela della gerarchia ecclesiastica; che l’‘ascesi interiore’ o ‘intramondana’ del protestantesimo, proprio condannando l’ascesi medievale, la fuga dal mondo, e impegnando all’azione nel mondo, finiva per incoraggiare e giustificare un’azione puramente ‘umana’; ciò soprattutto fu avvertito nel calvinismo, dove la necessità di agire nel mondo e la dottrina della predestinazione contribuirono a formare quel concetto di ‘vocazione’, del dovere di esercitare una professione continua e proficua, che costituisce in qualche modo una delle componenti essenziali dello spirito capitalistico.
4. Arte e architettura della Riforma
È difficile parlare di un rapporto uniforme e costante tra R. ed espressione artistica, sia per le differenti posizioni degli ambienti riformati nei confronti delle arti, sia perché la discussione su temi religiosi conduce a numerose convergenze e analogie tra mondo protestante e cattolico.
In contrasto con il lusso e il cerimoniale della Chiesa di Roma, emerge l’esigenza di una nuova architettura religiosa semplice e austera, che privilegi la pianta centrale e l’eliminazione massima di ogni ostacolo alla visibilità (colonne o pilastri) e di ogni gerarchia delle parti. Un significativo prototipo è la cappella del castello di Torgau, consacrata da Lutero nel 1544: una sala con gallerie, limitata negli arredi all’altare, al fonte battesimale e al pulpito. Questo diviene l’elemento più importante della chiesa, da cui proviene la Parola, spesso situato nel posto d’onore dietro l’altare in sostituzione della pala. Va tuttavia ricordato che si tratta più spesso di un adattamento di vecchie costruzioni piuttosto che di un’esecuzione di nuovi progetti. Tra i rari esempi in ambienti non riformati, sono in Italia le chiese valdesi del Ciabas e di
La distruzione delle immagini, testimoniata da un’incisione di F. Hogenberg del 1566, è rivolta soprattutto verso le sculture, in riferimento al racconto biblico del vitello d’oro. Parallelamente, si assiste alla grande diffusione delle stampe, in quanto mezzo educativo, di propaganda antipapista o di illustrazione del racconto evangelico, corredato da iscrizioni e da brani delle Scritture, tradotti in volgare per una maggiore intelligibilità; per es., le numerose incisioni di L. Cranach il Vecchio e il Giovane per serie su temi biblici (come i Martiri degli Apostoli o la Passione) e per illustrare le versioni luterane dei testi sacri. Per quanto riguarda l’iconografia religiosa, basata strettamente sui testi biblici, i soggetti si riducono ai temi cristologici come l’Ultima cena, conveniente alla decorazione degli altari, la Crocifissione, la Resurrezione; sono raffigurate le storie dell’Antico Testamento, spesso messe in relazione con le scene del Nuovo, gli apostoli, gli evangelisti. Sono eliminati i soggetti mariologici e quelli agiografici, spesso sostituiti dalla raffigurazione dei massimi capi spirituali. La realizzazione di numerosi programmi artistici di Lutero è dovuta a L. Cranach il Vecchio: suoi gli altari delle chiese di Schneeberg (1539), di Wittenberg (1574), che rappresenta i soli tre sacramenti ammessi da Lutero (comunione, battesimo, confessione) e ritrae lo stesso Lutero, Melantone e Bugenhagen, di
Nella Chiesa protestante, propriamente si dicono riformati coloro che seguono il regime ecclesiastico riformato da Zwingli e da Calvino, e in tal senso il termine assume significato affine a quello di presbiteriani (➔ presbiterianesimo); comunemente si indicano come riformati quei gruppi che, pur riconoscendo la loro dipendenza dalle dottrine calviniste, si sono sviluppati autonomamente nel continente europeo, presbiteriani invece i gruppi affini delle isole britanniche. Le Chiese riformate mantengono le professioni di fede che hanno segnato la storia del calvinismo (tra cui: in Svizzera il Catechismus Genevensis, 1541, e il
Età delle r. Viene così denominato il Settecento, in particolare la seconda metà, dal trattato di
Al fine di raccogliere sotto il loro esclusivo controllo tutte le forze sociali agenti nella vita economica, politica, culturale e religiosa dei loro popoli, i sovrani del Settecento abolirono immunità ecclesiastiche e privilegi di classi e di corpi, particolarismi amministrativi e anomalie giurisdizionali, vincoli corporativi ed economici, cercando di costruire un efficiente Stato amministrativo, secondo i dettami di una più razionale funzionalità. L’azione dei sovrani si rivolse soprattutto contro la gerarchia ecclesiastica e i suoi antichi privilegi. Sostenuti dall’acceso anticlericalismo dell’epoca, incoraggiati dal decadimento politico della Chiesa, sospinti, in certi casi, dal persistente risentimento giansenistico contro l’autoritarismo e il lassismo gesuitico, i sovrani, primo fra tutti Giuseppe II d’Asburgo, impegnarono una lotta accanita contro la Chiesa, che essi avrebbero voluto piegare a Chiesa statale, soggetta, non solo nel temporale, ma anche nell’organizzazione ecclesiastica e nella prassi liturgica, al pieno controllo dell’autorità civile.
I principi in molti casi si rivelarono impotenti a superare le resistenze dei ceti privilegiati, i quali potevano servirsi con successo dell’ottima massa di manovra rappresentata dalle moltitudini arretrate e intorpidite dai secolari pregiudizi. Tuttavia quelle riforme, o tentativi di riforme, ebbero il merito di promuovere una più vigorosa coscienza civile e politica negli strati più colti della borghesia e dei ceti medi. D’altra parte la giustificazione del potere regio tramite il principio della sovranità popolare finì col distruggere la stessa base del potere assoluto. Quel principio, per quanto sottinteso e messo discretamente nell’ombra, si farà più esplicito ed esplosivo, trovando infine nelle pagine appassionate di J.-J. Rousseau la sua suggestiva formulazione. Sul terreno preparato dalle riforme ben presto si sarebbero inserite le ideologie giacobine: allora i principi, sotto l’incalzare della Rivoluzione, vorranno chiudere il tempo riformistico.