RISPARMIO

Enciclopedia Italiana (1936)

RISPARMIO

Renzo FUBINI
Carlo DRAGHI

. Il singolo individuo risparmia ogni qual volta si astiene dal consumare integralmente il proprio reddito entro l'anno (o, più genericamente, entro il periodo di tempo che si considera): in altri termini, ogni qual volta ne impiega una parte per procurarsi, direttamente o indirettamente, dei beni, la cui utilità prevede verrà a manifestarsi oltre l'anno. Considerando i fatti dal punto di vista della collettività, si ha risparmio ogni qual volta, nel complesso, aumenta, a partire da un dato istante, la quantità di beni strumentali: la distinzione essenziale verte sull'alternativa di beni diretti o beni strumentali o, come si esprime il Ricardo, tra consumo improduttivo o consumo produttivo.

Non esistono necessariamente differenze merceologiche, o altre differenze oggettive quali si siano, tra beni diretti e beni strumentali, la destinazione dei varî beni a un dato uso o a un altro dipendendo, entro ampî limiti, dalla volontà del soggetto, il quale, ad esempio, può considerare, di volta in volta, se gli convenga bere tutto il vino che possiede o conservarne una parte per più anni al fine di accrescerne i pregi, e sperabilmente anche il prezzo di vendita, oppure utilizzarlo subito come bene strumentale per ricavarne dell'aceto o dell'alcool. L'individuo che, in un dato istante, ha deciso di risparmiare, può anche osservare, in base a varie considerazioni tecnico-economiche, se gli convenga impiegare egli stesso, nei limiti del possibile, il proprio risparmio, come nel caso suaccennato del contadino che conserva il vino in cantina onde accrescerne i pregi o nel caso dell'industriale che è in grado di ampliare, con mezzi che ha a propria disposizione, la sua azienda nella previsione o nella speranza di un incremento futuro del giro d'affari e del reddito netto, oppure se, rebus sic stantibus, gli convenga affidare il proprio risparmio, in natura o in moneta, a un secondo individuo, a certe particolari condizioni. Lo stesso si dica di una data collettività, la quale impiegherà essa stessa i proprî risparmî o li mutuerà a un'altra collettività secondo che la quantità che ha a sua disposizione non eccede o eccede il suo fabbisogno, considerato nel complesso o, meglio, considerato in relazione a tutti i fattori di produzione che possiede. Numerosi e diversi sono gl'individui che affidano ad altri il proprio risparmio e numerosi e diversi, del pari, sono gl'individui che ricercano risparmî per impieghi "produttivi" o "improduttivi": è questa la genesi della formazione del mercato del risparmio, del suo differenziarsi in varî sottomercati (a breve, a media e a lunga scadenza), del suo espandersi e del suo vario perfezionarsi nei paesi capitalistici.

Gli economisti classici hanno considerato il fenomeno del risparmio soprattutto in relazione ai processi di formazione, conservazione e rinnovo del capitale. Talora si sono espressi in termini tali da indurre molti autori a ritenere che il progresso si debba sempre realizzare necessariamente attraverso un graduale aumento del risparmio e, quindi, del capitale. Tali autori sono stati forse indotti a questa opinione dall'osservazione, o dalla credenza, che il capitale, per forza propria, tenda a variare più facilmente degli altri elementi del sistema economico o che le sue variazioni abbiano più spesso carattere razionale o che ne provochino delle parallele in altri elementi complementari del sistema economico. Di per sé, un'esaltazione incondizionata del risparmio non convince, alla pari di un'esaltazione incondizionata del consumo: il progresso, sia esso economico in senso stretto sia sociale, non è, né può essere, il risultato di un'unica condizione; è sempre, e necessariamente, il risultato di un concorso di condizioni. L'accennata tendenza a esagerare l'importanza della funzione del risparmio a scapito di quella di altri fenomeni, e a considerare in relazione a esso tutta la dinamica economica, si spiega se, sulle tracce di F. Ferrara e di K. Wicksell, si considera esplicitamente il risparmio non un agente, o fattore concreto, di produzione (come lo considera, tra gli ultimi classici inglesi, sia pure con notevoli innovazioni, N. W. Senior), ma un punto di vista, in funzione del quale possono considerarsi tutti gli agenti, o fattori concreti, di produzione, di cui si segue l'espansione da un periodo a un altro. La questione del resto non ha più luogo se, sulle opinioni di I. Fisher, si considerino capitali tutti i fattori di produzione, lavoro compreso, in contrapposizione ai servizi che rendono.

Una delle applicazioni più importanti, che oggi torna in discussione, delle idee dei classici in tema di accumulazione, è la cosiddetta legge degli sbocchi di J. B. Say: i prodotti si scambiano con i prodotti; non è quindi possibile una sovraproduzione generale. Se un singolo imprenditore reca sul mercato una quantità di merci eccessiva, rispetto alla complessiva produzione della società, egli non potrà venderla e si troverà in crisi (sovraproduzione parziale); se, invece, anche gli altri imprenditori si trovano nelle sue condizioni di produzione esuberante, gli scambî si riattiveranno prontamente: non v'è ragione di crisi. Una singola sovraproduzione si compensa con un'altra sovraproduzione: è il nuovo risparmio, la crescente accumulazione che permette di superare le difficoltà. La legge di Say non fa che esprimere in forma efficace molti dei presupposti dei ragionamenti dello Smith e del Ricardo. Non mancarono le critiche, specie a opera di R. Malthus, J. M. Lauderdale, S. Sismondi e dei teorici del socialismo: ai giorni nostri le critiche si sonp rinnovate (specie a opera di J. M. Keynes). La legge di Say, nonostante la sua estrema semplicità, fornisce tuttora un importante punto di partenza, assai utile per molte delle indagini più fondamentali di teoria economica, specie in materia di cicli economici.

I moventi dei risparmiatori furono considerati, dai classici inglesi e dai loro primi divulgatori, molto parzialmente dato il carattere oggettivo delle loro principali costruzioni (il valore di scambio, oggettivamente considerato, costituiva nel loro pensiero il centro della scienza economica). Tali moventi furono considerati prevalentemente dagli autori successivi, i quali, con le loro analisi della condotta individuale, spostarono detto centro, concentrando l'attenzione prevalentemente sulla sensibilità singola e sui bisogni individuali. Un contributo notevole fu pure apportato dagli economisti della scuola storica. Vi furono, però, anticipatori delle future correnti di pensiero: J. Rae, tra questi, la cui importante opera (1834) sfuggì quasi completamente all'attenzione dei contemporanei e anche all'attenzione degli studiosi della generazione successiva; fa eccezione F. Ferrara, il quale ne avvertì l'importanza e la pubblicò nella Biblioteca dell'economista (serie 1ª, vol. XI). Il valore degli scritti del Rae, critico vivace dello Smith, fu poi pienamente riconosciuto dal Fisher, i cui studî sulla teoria dell'interesse si può dire che segnino il punto d'arrivo di tutta un'importante corrente di idee, che ha avuto nel Rae uno dei primi esponenti. Pure il Senior concentrò la propria attenzione sull'offerta del risparmio, tentando di completare gli schemi classici; le sue osservazioni, anche se non sono sempre apparse interamente convincenti, segnano qualche progresso della teoria economica: alle sue indagini possono riconnettersi, in certa misura, le più corrette ricerche psicologiche successive.

L'offerta del risparmio è in funzione del saggio dell'interesse? La quantità di risparmio offerta sul mercato varia col variare della rimunerazione offerta dai richiedenti? Si ritiene, normalmente, che vi sia una relazione diretta: tanto più si risparmia quanto più aumenta la rimunerazione. Si ritiene pure che, in certi casi, vi sia una relazione inversa: tanto meno si risparmia quanto più aumenta la rimunerazione: ad esempio, aumentato che sia l'interesse, colui che risparmia per disporre, in capo a un certo numero d'anni, d'una certa quantità di ricchezza, potrà essere indotto a risparmiare di meno. Eventualità, quest'ultima, che ha una certa probabilità di realizzarsi in quei casi in cui la produzione del risparmio è particolarmente "penosa" e una, sia pure lieve riduzione dell'onere subito dal risparmiatore può apparire a quest'ultimo assai conveniente. È stato però riconosciuto da tempo che buona parte dell'offerta di risparmio (a differenza della sua domanda) non è affatto in funzione, né diretta né inversa, del saggio dell'interesse percepibile. Molti redditieri risparmierebbero nella stessa misura in cui risparmiano ora anche se il saggio d'interesse fosse meno elevato di quanto ora non sia; molti anzi, preoccupati dalle sorti future, proprie o dei discendenti, risparmierebbero anche se il saggio d'interesse fosse nullo; taluno risparmierebbe anche se il saggio d'interesse fosse negativo, vale a dire se dovesse pagare un compenso a un'altra persona per la custodia dei risparmî affidatile. Tutte queste persone traggono un vantaggio particolare, di natura soggettiva, dall'esistenza di un certo saggio d'interesse: è la cosiddetta rendita del risparmiatore (v. rendita). Varia è l'importanza che i diversi autori attribuiscono a siffatta circostanza, che si riconnette in parte a un calcolo razionale (proposito deliberato di risparmiare per provvedere adeguatamente a eventualità future, previste o temute) e in parte a fattori consuetudinarî, talvolta ereditarî (si risparmia perché si è abituati a risparmiare o perché i bisogni, al cui soddisfacimento ci si è assuefatti, non sono suscettibili di espansione). È certo però che una parte dell'offerta del risparmio non è rigida: gl'imprenditori, gli speculatori, gli uomini d'affari in genere hanno una sensibilità edonistica affinata e adeguano di continuo la propria condotta alle circostanze del momento onde trarre dalla situazione il miglior partito possibile. Quegli stessi imprenditori la cui domanda di risparmio è assai elastica (così da cambiare sensibilmente a ogni piccola variazione degl'interessi passivi) è da ritenersi pure che abbiano per lo più, un'offerta elastica, indirizzando, con criterio unitario, ogni branca della loro attività al conseguimento di uno degli scopi precipui della loro condotta: l'arricchimento conseguito razionalmente. In ogni modo, anche ammesso che una parte, più o meno cospicua, dell'offerta del risparmio sia del tutto rigida, vale a dire non varii in base a un criterio economico col variare delle condizioni del mercato, l'impiego del risparmio da parte degl'imprenditori avviene quasi sempre in base a criterî economici: sono siffatti criterî che inducono gl'imprenditori a scegliere certi impieghi anzi che altri e a ripartire variamente tra gl'impieghi possibili, a scadenza più o meno lunga, il risparmio disponibile.

Bibl.: J. Rae, Dimostrazione di taluni nuovi principii sull'economia politica, in Bibl. dell'econom., s. 1ª, XI; G. Montemartini, Il risparmio nella economia pura, Milano 1896; I. Fisher, The rate of interest, New York 1907; id., The theory of interest, ivi 1930; G. Del Vecchio, Lineamenti gen. di teoria dell'interesse, Roma 1915; J. M. Keynes, A treatise on money, Londra 1930.

Libretto di risparmio. - È il titolo di credito che viene rilasciato a colui che effettua un deposito in danaro presso una banca, e da cui risultano la somma depositata inizialmente e i versamenti e prelevamenti successivi. Riveste tutti i caratteri di un vero e proprio conto corrente a forma scalare, di guisa che mette in evidenza in ogni momento il saldo a credito del depositante per capitale; e, quando sia tenuto, come avviene nella generalità, con il metodo a chiusura presunta (v. conto corrente), permette di determinare con breve conteggio anche il residuo credito per interessi. Pure il libretto a risparmio, come tutti i titoli di credito, può essere nominativo o al portatore; sono però molto diffusi i libretti a risparmio nominativi ma pagabili al portatore, cioè libretti intestati a una determinata persona, ma pagabili a chiunque li presenti. Specialmente presso le Casse di risparmio e l'Istituto di emissione, vengono rilasciati libretti di risparmio vincolati come nel caso di depositi effettuati per conto di minori e d'interdetti, di depositi riguardanti somme sulle quali sono in corso di svolgimento controversie deferite all'autorità giudiziaria, ecc. In tali casi i movimenti da effettuare sui libretti sono soggetti a formalità che la banca è tenuta rigorosamente a osservare. Per quanto riguarda la tenuta di tali libretti, come per ciò che si riferisce alle categone dei libretti di conto corrente, v. cassa: Casse di risparmio; conto corrente.