Rivoluzione francese

Dizionario di Storia (2011)

Rivoluzione francese


Complesso degli eventi politici e sociali (1789-99), che posero fine all’ancien régime in Francia. In un contesto di crisi dovuta al crescente indebitamento statale, alla perdita di prestigio della monarchia e alla difesa intransigente dei privilegi da parte dei ceti nobiliari, l’opinione pubblica francese cominciò ad avanzare richieste di rappresentanza politica, sull’esempio della Rivoluzione americana (1773-83). La situazione di crisi obbligò il re Luigi XVI a convocare (5 maggio 1789) gli Stati generali di nobiltà, clero e Terzo stato (➔ cahiers de doléances). Convocati entro il vecchio sistema monarchico-feudale allo scopo di fornire al sovrano i mezzi per colmare il deficit di bilancio, essi, per volontà del Terzo stato, si trasformarono presto in ben altro. La prima disputa fu sul sistema di votazione. Si doveva farlo per ordine o pro capite? Il Terzo stato forzò la mano e il 17 giugno i suoi deputati si proclamarono Assemblea nazionale, confermando, il successivo 20 giugno (giuramento della pallacorda), l’impegno a rappresentare tutta la nazione. Il re dichiarò sciolta il successivo 23 l’adunanza, ma il rifiuto di questa a obbedire e il montare della crisi spinse infine i rappresentanti degli altri due ordini a riconoscere la legittimità dell’Assemblea del Terzo stato, che il 9 luglio 1789 si proclamò Assemblea nazionale costituente e si arrogò il potere di dotare la Francia di una costituzione e di risanarne le piaghe. Dall’Assemblea la spinta rivoluzionaria passò al Paese; si ebbero così, accanto alla rivoluzione borghese, una rivoluzione popolare, il cui momento più saliente fu l’assalto alla Bastiglia e la sua distruzione (14 luglio), e una serie di rivolte contadine provocate in primo luogo dalla carestia (assalti ai castelli, fenomeno della «grande paura» ecc.). La confluenza di queste tre forze provocò i due atti più solenni di questo inizio rivoluzionario: il voto della notte del 4 ag. 1789, con il quale l’Assemblea costituente abolì tutti i privilegi di natura feudale, e quello (20-26 ag.) della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, vero atto di morte dell’antico regime. L’opposizione della corte e l’atteggiamento oscillante del re Luigi XVI da una parte, l’organizzazione dell’opinione pubblica in club dall’altra diedero nuova esca al torrente rivoluzionario: il 5-6 ott. turbe di popolo parigino, rovesciatesi a Versailles, costrinsero la famiglia reale e l’Assemblea stessa a trasferirsi a Parigi, ove, sotto la diretta e continua pressione della piazza, la situazione precipitò (fuga di parte cospicua della nobiltà all’estero; «complotto con lo straniero» degli emigrati; costituzione civile del clero; tentata fuga da Varennes del re Luigi XVI nel giugno 1791; sorgere delle prime correnti repubblicane). La monarchia, tuttavia, si salvò grazie alla volontà dell’alta borghesia, i cui deputati, timorosi della carica eversiva popolare, nel sett. 1791 fecero giungere in porto una Costituzione basata sul sistema censitario e sulla monarchia costituzionale; il 1° ott. 1791, sciolta l’Assemblea costituente, fu eletta l’Assemblea legislativa, prevista appunto dalla Costituzione. La fase successiva, che vide il prevalere deciso delle forze propriamente rivoluzionarie e il tracollo della monarchia, fu strettamente connessa alla minaccia straniera (alleanza austro-prussiana in funzione antifrancese seguita dalla dichiarazione di guerra del 20 apr. 1792 che il partito girondino impose a Luigi XVI). Dopo i primi rovesci (penetrando in territorio francese, i prussiani occupavano Longwy e Verdun, gli austriaci Thionville), divenuta la monarchia ancora più sospetta, ne derivarono le manifestazioni del 20 giugno 1792 e soprattutto la giornata del 10 ag., in buona parte opera di Danton, con l’arresto del re e della sua famiglia e la proclamazione fatta dall’Assemblea della decadenza della monarchia. Seguirono, in settembre, le stragi di centinaia di «sospetti» e la proclamazione (21 sett.) della Repubblica da parte della nuova assemblea, la Convenzione, eletta a suffragio universale in sostituzione della Legislativa, e riunitasi lo stesso giorno della vittoria di Valmy sulle forze della coalizione antirivoluzionaria (20 sett.). Si apriva così un nuovo periodo, caratterizzato dalla definitiva liquidazione del passato (processo con condanna a morte ed esecuzione di Luigi XVI nel genn. 1793, di Maria Antonietta nell’ottobre) e dall’aggravarsi del pericolo esterno. L’occupazione francese del Belgio seguita alla grande vittoria di Jemappes (6 nov. 1792) e poi l’esecuzione del re avevano indotto l’Inghilterra, la Spagna e alcune minori potenze europee alla guerra; la prima coalizione antifrancese (1° febbr.) otteneva decisivi successi già nel marzo, rioccupando per la vittoria di Neerewinden il Belgio e penetrando in Francia da Oriente, mentre truppe spagnole oltrepassavano il confine meridionale. All’incubo dell’occupazione militare straniera si aggiungeva inoltre il precipitare della situazione finanziaria interna per le eccessive emissioni di assegnati, il duello mortale tra i girondini e i giacobini (rappresentanti della borghesia degli affari e federalisti i primi, democratici e centralisti i secondi) e la rivolta antirivoluzionaria scoppiata in vari luoghi (Vandea soprattutto, e Bretagna). Sgominato il partito della Gironda nella giornata del 2 giugno 1793, il potere si accentrò nelle mani del vero capo del partito giacobino, M. Robespierre, sostenuto dai club sanculotti (➔ sanculotto). Fu il periodo del Terrore, dominato dal Comitato di salute pubblica e contraddistinto da uno sforzo continuo e fortunato contro la pressione militare straniera (finché la battaglia di Fleurus, 26 giugno 1794, aprì nuovamente il Belgio agli eserciti repubblicani), da un esperimento di economia regolata (legge del Maximum che pose il calmiere sui generi alimentari), dall’ascesa politica delle classi meno abbienti (artigiani soprattutto). Ma la lotta intrapresa da Robespierre con le ali estreme del suo stesso partito (la destra dantonista e la sinistra hebertista), insieme con gli eccessi della sua dittatura provocarono il crollo della politica giacobina e la giornata del 9 termidoro (27 luglio 1794). Con la caduta di Robespierre e la reazione termidoriana cessò la fase radicale della rivoluzione; la parte più ricca della borghesia riprese il sopravvento e, varata la Costituzione dell’ott. 1795, che affidava il governo a un Direttorio di cinque membri, e il potere legislativo a un’Assemblea divisa in due Camere, ebbe inizio il periodo del Direttorio, oscillante senza posa tra una possibile restaurazione monarchica (colpo di Stato del 22 fiorile VI, cioè 11 maggio 1798) e una ripresa neogiacobina (cospirazione di Babeuf; colpo di Stato del 18 fruttidoro). Si giunse allora, grazie anche alle incessanti guerre che provocarono la trasformazione del soldato-cittadino del 1793 in soldato professionale, all’instaurazione della dittatura militare di Napoleone sancita da un colpo di Stato militare (18-19 brumaio 1799), che trasferì il potere a un triumvirato in cui sedeva con gli altri due consoli, Seyès e Ducos. La Costituzione dell’anno VIII (1799), sancì il passaggio a un’altra fase della vicenda francese segnata dal potere di Napoleone I Bonaparte, il quale stabilizzò le conquiste rivoluzionarie e nel contempo continuò l’iniziativa militare contro le coalizioni avverse conseguendo per lungo tempo importanti successi.

Le conquiste della Rivoluzione

Lo sconvolgimento causato dalla R.f. fu profondo. Cadde il regime delle divisioni e dei privilegi di classe, fu soppresso il sistema feudale, si imposero i principi del moderno Stato di diritto, venne elaborata una legislazione moderna e la si raccolse in un codice, si affermarono le grandi linee del liberalismo e della democrazia, la nazione si affiancò come personalità politica e morale allo Stato e ne divenne protagonista, governo e amministrazione furono razionalizzati e modernizzati nelle loro strutture, gli eserciti di mestiere vennero sostituiti da quelli di leva, la borghesia divenne il centro di gravitazione e di integrazione della vita sociale, fu adottato il principio del merito e della competenza in luogo di quello della nascita, e insieme con l’ordinamento politico e i rapporti con la Chiesa venne laicizzata anche l’istruzione. Certo, non si trattò di svolgimenti lineari e del tutto coerenti. Numerose furono le sopravvivenze dell’antico regime. La Chiesa dimostrò un forte radicamento sociale. Le spinte liberali e liberistiche prevalsero alla fine largamente su quelle democratiche e sull’intervento statale nell’economia. Ma l’edificio rapidamente costruito dalla Rivoluzione dimostrò nei suoi tratti essenziali un’incrollabile solidità; e la prova migliore fu data dal fatto che anche le potenze nemiche della Francia rivoluzionaria e di Napoleone si uniformarono via via ai nuovi principi.

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Intervento statale nell’economia

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