WALPOLE, Robert

Enciclopedia Italiana (1937)

WALPOLE, Robert

Pietro SILVA

Uomo politico e statista britannico, nato il 26 agosto 1676 a Houghton (Norfolk), morto a Londra il 18 marzo 1745, che ha legato la sua personalità a uno dei periodi più caratteristici e decisivi della storia dell'Inghilterra della prima metà del sec. XVIII, in cui sotto i primi due re della dinastia di Hannover, assunta al trono inglese nel 1714, si delineò e si sviluppò la formazione del sistema parlamentare costituzionale.

Divenuto capo del governo nel 1721 all'epoca di Giorgio I, lo rimase non solo per tutto il resto del regno di questo sovrano, che morì nel 1727, ma anche nei primi quindici anni del regno del suo successore Giorgio II, fino al 1742. Esponente e capo del partito whig, che aveva come sua concezione e direttiva politica il rafforzamento dell'autorità del parlamento di fronte a quella del sovrano, limitando le prerogative della corona fino all'applicazione della formula: "il re regna e non governa", W. dedicò il periodo più che ventennale del suo predominio a portare al massimo sviluppo tale concezione e direttiva. Si servì con grande abilità delle circostanze a ciò favorevoli, che derivavano dal fatto che i due primi sovrani della dinastia di Hannover, stranieri all'Inghilterra, ignari della lingua e dei costumi inglesi, legati più agl'interessi del loro vecchio dominio germanico che non a quelli del nuovo trono, rimanevano assenti ed estranei al complesso meccanismo della vita politica e parlamentare britannica e lasciavano ampia libertà di movimento ai ministri e al governo. Così il W. poté creare e sviluppare istituti e norme che rimasero poi fondamentali del sistema parlamentare costituzionale, quali la carica e la funzione del primo ministro, tramite fra il governo e il re, la concezione della solidarietà e della responsabilità ministeriale e governativa, e simili.

Accanto all'attività per la formazione e lo sviluppo del sistema parlamentare costituzionale, il W. esplicò anche un'attività notevolissima per lo sviluppo delle attività produttive e commerciali britanniche, avendo come programma di mettere i suoi compatrioti in grado di guadagnare molto e di arricchirsi. Per realizzare tale programma, applicò nel campo economico iniziative che possono essere considerate di un innovatore e di un precursore del libero scambio. Volle infatti accordare libertà commerciale alle colonie; favorì l'importazione delle materie prime e l'esportazione dei prodotti manifatturati. Con siffatte iniziative, che urtavano in pieno contro i concetti e i metodi di sbarramento protezionistico e di costituzione di circoli economici chiusi allora prevalenti, raggiunse risultati notevoli, quali quello di triplicare il valore delle proprietà e di raddoppiare la cifra globale delle esportazioni, che tra il 1721 e il 1742 passarono da 6 milioni a 12 milioni di sterline all'anno, e quello di preparare l'ascesa dei grandi centri industriali e commerciali britannici d'oggi, quali Bristol, Liverpool, Manchester, Birmingham.

L'assorbimento nella politica parlamentare e nella politica economica, gli fece porre in seconda linea i problemi della politica estera e della politica coloniale, spingendolo in questi campi alla pratica del pacifismo ad oltranza e degli accordi con le potenze borboniche di Francia e di Spagna. Durante il suo ministero, infatti, fu attuata l'intesa cordiale con la Francia, allora governata dal cardinale Fleury; e l'Inghilterra rimase estranea e assente alla grande crisi internazionale della guerra di successione di Polonia.

I risultati della politica di W. non furono tutti buoni. Nell'eccessivo sviluppo delle attività parlamentari s'insinuò e si sviluppò la corruzione, che il W. appoggiò e praticò largamente, col sistema della corruzione dei deputati e degli elettori e col traffico dei favori, ostentando anche un cinismo per cui non si peritava di dichiarare che non c'era coscienza che non si potesse acquistare, purché non si lesinasse sul prezzo, e di vantarsi di conoscere il prezzo delle coscienze di tutti i suoi colleghi in parlamento. Con ciò il W. ebbe influenza nefasta nella maturazione di quella crisi morale che travagliò e minacciò di rovinare l'Inghilterra verso la metà del sec. XVIII, e contro la quale reagirono efficacemente nel campo morale e religioso Wesley e nel campo politico Pitt il Vecchio.

Del pari, la sua politica di pacifismo ad oltranza e di trascuratezza e di assenteismo dai grandi problemi internazionali e coloniali finì col compromettere gl'interessi dell'Inghilterra in Europa e fuori d'Europa, a vantaggio della Francia e della Spagna. Già nel 1738 gli effetti della ripresa delle due potenze borboniche risultate vittoriose contro l'Austria nella guerra di successione di Polonia e avvantaggiatesi l'una verso il Reno, l'altra in Italia, apparivano preoccupanti per l'Inghilterra. Intanto nel campo coloniale e commerciale la Spagna cercava di reprimere con misure energiche l'uso troppo largo che l'Inghilterra faceva dei privilegi accordatile dal trattato di Utrecht, dal che nascevano incidenti e conflitti che portarono all'esasperazione l'opinione pubblica inglese. Sintomo di ciò fu la formazione, nel seno dello stesso partito whig, di un raggruppamento detto dei patrioti, che si mise a combattere il pacifismo di W. e a reclamare una politica più energica, tanto che nel 1739 il W. sotto l'urto di tale corrente dovette piegare ed iniziare una guerra contro la Spagna nel campo coloniale.

Fu il preannuncio al tramonto di W. e del suo sistema, che crollò definitivamente due anni dopo, quando il conflitto si allargò anche alla Francia, e si intrecciò con le vicende della guerra di successione d'Austria. A questo punto il partito dei patrioti riuscì a rovesciare il ministro già onnipotente, che caduto dal governo ed eliminato anche dalla Camera dei comuni, finì la sua vita politica come membro della Camera dei Lord.

Dell'opera sua rimanevano però risultati tali da assicurargli un alto posto nel novero dei fondatori della moderna Inghilterra, e cioè le basi del sistema parlamentare costituzionale e quelle dello sviluppo economico.