ROBERTO di Oderisio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

ROBERTO di Oderisio

Paola Vitolo

ROBERTO di Oderisio. – Pittore attivo nella seconda metà del XIV secolo in Campania e forse nel Basso Lazio.

Si formò alla lezione di Giotto di Bondone, la cui presenza a Napoli tra il 1328 e il 1332 segnò la locale scuola pittorica per tutto il resto del Trecento. La sua figura compare nell’orizzonte della critica storico-artistica nella seconda metà dell’Ottocento, dopo che fu resa nota (Augelluzzi, 1846) la firma («Hoc opus pinsit Robertus de Odorisio de Neapoli») da lui apposta alla Crocifissione proveniente dalla chiesa di S. Francesco a Eboli, nel Salernitano, oggi al Museo diocesano di Salerno. A lui si riferisce con buona probabilità il contratto del 1368 che un certo «magister Robertus de Neapoli» stipulò con i procuratori della chiesa di S. Angelo a Itri (Latina) per affrescare la tribuna della chiesa con l’immagine del Salvatore tra quattro angeli nella calotta, la Vergine con due angeli e i dodici apostoli nella parete sottostante e «quondam iconam pictam» della quale non è noto il soggetto (Codex diplomaticus Cajetanus, 1958).

Di questa campagna decorativa non rimane alcuna traccia che consenta di attribuire con certezza gli affreschi a Roberto di Oderisio, ma rende probabile questa identificazione la circostanza per cui nella zona si conservano affreschi che ne riflettono la maniera (Romano, 1992).

Un ulteriore punto di riferimento nella carriera del pittore è offerto dalla datazione agli anni Settanta degli affreschi, a lui attribuiti (Crowe - Cavalcaselle, 1864), nella chiesa dell’Incoronata a Napoli, edificata per volere di Giovanna I d’Angiò (Vitolo, 2008).

Il 1° febbraio 1382 il pittore fu nominato «familiare» di Carlo III di Durazzo re di Napoli con lo stipendio annuo di 30 once d’oro (Vitolo, 2006): il privilegio sancì evidentemente l’inizio di un’intensa attività al servizio della corte, che però non siamo in grado di ricostruire. Carlo III potrebbe avergli affidato la decorazione della chiesa di S. Maria della Pietà a Napoli, da lui fondata nel 1383: si conserva la tavola con la Pietà che, nonostante il pessimo stato di conservazione, è riferibile alla sua mano; sono invece andati perduti gli affreschi con scene della Passione che nel Settecento, quando erano ancora visibili, Bernardo De Dominici giudicò assimilabili allo stile della tavola (De Dominici, 1742-1745, 2003).

Dopo la segnalazione dell’Augelluzzi la critica ha riunito attorno alla personalità di Roberto di Oderisio un ricco catalogo di opere. I contributi di Giovan Battista Cavalcaselle (Crowe - Cavalcaselle, 1864), Bernard Berenson (1923), Ottavio Morisani (1947; 1957), Federico Zeri (1950), Ferdinando Bologna (1969), Pierluigi Leone de Castris (1986; 1995; 2006; 2009) hanno delineato un percorso che, partendo da premesse giottesche, con attenzione alle ricerche spaziali di Maso di Banco, avrebbe risentito dell’influenza di Simone Martini in una fase successiva. Non essendo stati ancora acquisiti appigli cronologici certi, la prima stagione di studi critici si fondò quasi esclusivamente sull’analisi stilistica, in cui l’elemento di maggiore o minore vicinanza al modello giottesco acquistò un peso notevole per definire la cronologia delle opere. Non solo, dunque, il periodo di attività del pittore è stato disteso su un arco cronologico molto ampio (tra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta del Trecento) ma, configurandosi quale unica personalità documentata della produzione pittorica napoletana del suo tempo, Roberto di Oderisio ha finito per diventare dominante all’interno di un contesto caratterizzato da un numero significativo di presenze, che rimangono tuttavia anonime.

La forza di attrazione del nome ha portato infatti ad assegnare al pittore quanto alla critica successiva è parso più plausibile ricondurre a un più generico contesto di ‘scuola’ o di ‘ambito culturale’. Si sono pertanto negati a Roberto di Oderisio gli esiti di maggior pregio (il dittico con il Cristo tra i dolenti diviso tra il Metropolitan Museum of art di New York e la National Gallery di Londra, la Crocifissione MI358 del Musée du Louvre a Parigi; Bellosi, 2001), così come le pitture di fattura più scadente (la Crocifissione del chiostro del Paradiso ad Amalfi, la Imago Pietatis della chiesa di S. Giovanni del Toro a Ravello, la Madonna dell’Umiltà della chiesa di S. Domenico Maggiore a Napoli, la Madonna con il Bambino della chiesa parrocchiale di Orta d’Atella; Vitolo, 2008). L’affresco con la Madonna e il Bambino del Museo diocesano di Napoli (dal Duomo), molto rovinato, rivela una forte vicinanza alla maniera dell’artista (Romano, 2008). Si è pertanto definito il suo percorso, da un lato assumendo l’unica opera firmata quale punto di riferimento per definire la sua cifra stilistica, dall’altro spostando in avanti il periodo della sua attività di circa un ventennio.

Tra gli anni Cinquanta e Settanta del Trecento sono collocabili le opere che rivelano, accanto alla formazione giottesca del pittore, tangenze con gli esiti più aggiornati delle scuole fiorentina e senese: il polittico dipinto per la famiglia Coppola di Scala, nel Salernitano (collezione privata), il tondo con l’Incoronazione della Vergine (collezione privata), la Crocifissione di Eboli e quella in forma di lunetta del Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte, la Presentazione al Tempio del Musée des beaux-arts di Bordeaux, tre Pietà con i simboli della Passione: quella del Fogg Art Museum (Cambridge, Massachusetts), quella venduta nel 1973 dalla casa d’aste Hôtel Drouot (lotto 96), quella venduta da Sotheby’s nel 1993 (lotto 136); e ancora gli affreschi sulla parete di fondo della camera funebre del sepolcro di Roberto d’Angiò nella chiesa di S. Chiara a Napoli. In una fase successiva (anni Settanta-Ottanta) sono collocabili invece il ciclo dell’Incoronata, la Mater omnium di Capodimonte, proveniente dalla chiesa di S. Domenico Maggiore a Napoli, almeno tre tavole con la Pietà: quella della chiesa di S. Maria della Pietà a Napoli, quella del Museo Pepoli di Trapani (proveniente dalla locale chiesa di S. Agostino), quella della collezione Bagnarelli di Milano (Angelelli - De Marchi, 1991).

I frammentari affreschi con la Deposizione di Cristo dalla croce della chiesa di St. Didier ad Avignone potrebbero far ipotizzare un soggiorno francese del pittore.

Il ciclo dell’Incoronata rappresenta la prova più complessa e riuscita dell’artista. Le pitture, nella prima campata della navata maggiore della chiesa, sono evidentemente ciò che rimane di una decorazione in origine più estesa. Due cicli sono associati tipologicamente: nelle vele i Sacramenti e l’Ecclesia, sulle pareti sottostanti Storie dell’Antico Testamento. Il carattere più ‘antico’ delle Storie – che in passato ha spinto la critica a ipotizzare una datazione precedente di almeno due decenni rispetto al ciclo dei Sacramenti – si giustifica con la ripresa puntuale di affreschi che Giotto potrebbe aver dipinto a Napoli, riproposti anche nella coeva miniatura napoletana. Nei Sacramenti, invece, Roberto seppe reinterpretare con una certa libertà spunti iconografici di diversa origine, infondendo nelle sue invenzioni uno spirito narrativo di grande spigliatezza e cordialità, e dando prova, in alcuni brani, anche di capacità ritrattistiche. L’ampio spazio delle vele consentì all’artista di ambientare le scene entro imponenti caseggiati, che richiamano il modello avignonese delle Storie di s. Marziale dipinte da Matteo Giovannetti. Il racconto si svolge in una dimensione corale, in cui la rappresentazione dei momenti culminanti del rito si arricchisce di vari dettagli, sia dello svolgimento delle cerimonie, sia del contesto.

Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori, ed architetti napoletani... (1742-1745), a cura di F. Sricchia Santoro - A. Zezza, Napoli 2003, p. 192; G. Augelluzzi, Lettere due sulla chiesa dell’Incoronata e sulla sepoltura di Giovanna I, Napoli 1846; J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A new history of painting in Italy from the second to the sixteenth century, I, London 1864, pp. 277 s.; B. Berenson, A panel by Roberto Oderisi, in Art in America, 1923, vol. 11, pp. 69-76; A.O. Quintavalle, Un dipinto giovanile di R. d’O., in Bollettino d’arte, s. 3, XXVI (1932), 5, pp. 230-236; O. Morisani, Pittura del Trecento in Napoli, Napoli 1947, pp. 82-88; F. Zeri, Il Maestro del 1456, in Paragone, I (1950), 3, pp. 19-25; O. Morisani, An altar panel by R. di O., in The Art Quarterly, 1957, vol. 20, pp. 156-162; Codex diplomaticus Cajetanus, III, 1, Montecassino 1958, Appendice, doc. DXVbis, pp. 312 s.; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli (1266-1414) e un riesame dell’arte nell’età fridericiana, Roma 1969, pp. 258-274, 293-303, 330 s.; P. Leone de Castris, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze 1986, pp. 374-407; W. Angelelli - A. De Marchi, Pittura dal Duecento al primo Cinquecento nelle fotografie di Girolamo Bombelli, Milano 1991, p. 249; S. Romano, Eclissi di Roma. Pittura murale a Roma e nel Lazio da Bonifacio VIII a Martino V (1295-1431), Roma 1992, pp. 284, 287 s., 371 s.; P. Leone de Castris, A margine di «I pittori alla corte angioina». Maso di Banco e R. di O., in Napoli, l’Europa. Ricerche di storia dell’arte in onore di Ferdinando Bologna, a cura di F. Abbate - F. Sricchia Santoro, Catanzaro 1995, pp. 45-49; L. Bellosi, Giottino e la pittura di filiazione giottesca intorno alla metà del Trecento, in Prospettiva, 2001, n. 101, pp. 19-40; N. Bock, Una Madonna dell’Umiltà di R. d’O.: titulus, tema e tradizione letteraria, in Le chiese di San Lorenzo e San Domenico: gli ordini mendicanti a Napoli, Atti della giornata di studi..., Losanna... 2001, a cura di S. Romano - N. Bock, Napoli 2005, pp. 145-171; P. Leone De Castris, Giotto a Napoli, Napoli 2006, pp. 201-210; P. Vitolo, «Familiaris domesticus et magister pictor noster». R. d’O. e l’istituto della «familiaritas» nella Napoli angioina, in Rassegna storica salernitana, n.s., XXIII (2006), 45, pp. 13-34; R. Romano, Una Madonna del Trecento dal duomo di Napoli, in Percorsi di conoscenza e tutela. Studi in onore di Michele d’Elia, a cura di F. Abbate, Napoli 2008, pp. 69-81; P. Vitolo, La chiesa della Regina. Giovanna I d’Angiò, l’Inco-ronata di Napoli e R. di O., Roma 2008; P. Leone De Castris, R. d’O. e Giovanna I: problemi di cronologia, in Santa Brigida, Napoli, l’Italia. Atti del Convegno..., Santa Maria Capua Vetere... 2006, a cura di O. Ferm - A. Perriccioli Saggese - M. Rotili, Napoli 2009, pp. 35-60.

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