ROMA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

ROMA

Filippo Coarelli
Vieri Quilici

Archeologia (XXIX, p. 593; App. II, 11, p. 735). - Ferme da tempo, nel centro urbano, le grandi imprese di scavo (responsabili, nei decenni precedenti alla seconda guerra mondiale, di scempi urbanistici quali lo sventramento di via dei Fori imperiali e di piazza Augusto Imperatore, o l'isolamento del Campidoglio, tanto per ricordare gli esempi più macroscopici), che risultano a tutt'oggi ancora completamente inedite, i nuovi trovamenti sono dovuti principalmente a scoperte casuali, avvenute nel corso di lavori edilizi, oppure a saggi in zone già scavate, per lo più destinati a chiarire le fasi arcaiche di edifici già noti (S. Omobono, Tempio di Cibele, Regia, Basilica Giulia, Comizio). Uno dei pochi scavi estensivi programmati è quello realizzato da G. Carettoni nella zona circostante il tempio di Apollo sul Palatino, che ha permesso di riportare alla luce la casa di Augusto. Sono stati scoperti, tra l'altro, alcuni ambienti con pitture parietali di secondo stile, di livello eccellente, attribuibili agli anni 35-30 a. C., e numerose lastre di terracotta del tipo "Campana", con rappresentazioni arcaizzanti di divinità, che decoravano probabilmente il Portico delle Danaidi, circostante al Tempio di Apollo. Questa scoperta costituisce ormai un caposaldo cronologico per questo tipo di produzione (36-28 a. C.).

Nel Foro Romano, lo scavo più importante è quello realizzato dalla American Academy of Rome nella Regia, che ha permesso d'identificare le fasi più antiche del monumento. Questo viene creato per la prima volta nell'ultimo quarto del 7° secolo, al posto di un gruppo di capanne, che costituiscono il primo insediamento umano nella zona. L'edificio venne poi ricostruito altre tre volte: l'ultima, in modo radicale e definitivo, intormo alla fine del 6° secolo a. Cristo. Come ha mostrato lo scavatore, F.E. Brown, questa fase coincide con la data indicata dalla tradizione antica per l'inizio della Repubblica, della quale costituisce un'evidente conferma archeologica. Altri saggi, assai importanti, ma tuttora inediti, sono stati realizzati in varie riprese nella zona del Comizio, sotto la basilica Giulia, e intorno al tempio del Divo Giulio e all'Arco di Augusto.

Una serie di dati di grande interesse è emersa da saggi (ancora in corso) nell'"area sacra" di S. Omobono, al margine settentrionale del Foro Boario.

In questa zona erano casualmente riapparsi, nel corso di lavori edilizi realizzati nel 1937, due templi gemelli, che fu subito possibile identificare con i santuari di Fortuna e di Mater Matuta, fondati, secondo la tradizione, dal penultimo re di R., Servio Tullio. I materiali scoperti in varie riprese nella zona costituiscono forse il complesso più importante per la conoscenza della storia e della cultura di R. arcaica. Tra l'altro, provengono da questo scavo frammenti di ceramica appenninica (età del Bronzo: 14°-13° secolo a.C.) e di ceramica greca, calcidese e cicladica (prima metà dell'8° secolo a.C.), che costituiscono rispettivamente i più antichi materiali finora scoperti in R., e la prima testimonianza d'importazioni dal mondo greco, probabilmente contemporanea o di poco precedente alla più antica colonizzazione (Ischia e Cuma).

Le terrecotte architettoniche finora scoperte, databili intorno al 530 a.C., appartengono a un rifacimento del tempio arcaico (finora uno solo dei templi di questa fase è stato scoperto): la più antica costruzione risale a qualche decennio prima (cronologia, questa, confermata dall'abbondante ceramica greca), e coincide con la data del regno di Servio Tullio: cio che costituisce un'importante conferma della tradizione, almeno nelle grandi linee cronologiche.

In connessione con una delle fasi repubblicane, sono apparsi una base di donario, che sosteneva in origine statuette di bronzo, e frammenti d'iscrizione relativi a M. Fulvio Flacco, il conquistatore di Volsinii (nel 264 a.C.): le statue facevano probabilmente parte delle duemila che il generale romano avrebbe portato via dalla città etrusca (e probabilmente anche dal vicino santuario del Fanum Voltumnae).

Durante i lavori per una fognatura lungo l'adiacente vicus Iugarius, tra l'area di S. Omobono e il Campidoglio, sono apparsi resti delle mura repubblicane, e tracce di una porta, certamente la porta Carmentalis, che sappiamo localizzata in questa zona. Il portichetto repubblicano in peperino e travertino, ampi tratti del quale sono visibili accanto alle pendici del Campidoglio, non era altro probabilmenté che una via coperta che collegava la zona del Portico di Ottavia con la Porta Carmentalis, e va forse identificata con la Porticus Triumphalis, percorsa dalle pompe trionfali, che, com'è noto da vari scrittori antichi, avevano inizio dal vicino Circo Flaminio.

Altri saggi nel Foro Boario (di fronte alla chiesa di S. Maria in Cosmedin) hanno permesso dí chiarire l'andamento (finora incerto) delle mura repubblicane nel tratto compreso tra Aventino e Campidoglio: le mura seguivano il Tevere, mantenendosi parallele al corso del fiume. Ciò ha permesso di chiarire vari problemi relativi alla topografia della zona, in particolare la posizione delle porte (la Trigemina presso la chiesa di S. Maria in Cosmedin, la Flumentana accanto al tempio di Portunus - cosiddetto tempio della Fortuna Virile). Ne risulta anche la probabile identificazione del tempio circolare di marmo, prossimo al Tevere, con la Aedes Herculis Victoris ad portam Trigeminam. Studi recenti hanno chiarito la datazione di questo tempio (fine del 2° secolo a. Cristo). Si tratta cíoè del primo edificio templare tutto in marmo costruito a R., ad opera certamente di un architetto greco, che utilizzò in parte maestranze locali.

L'altro tempio prossimo al Tevere, lo pseudoperiptero attribuito falsamente alla Fortuna Virile, è in realtà da identificare con il tempio di Portunus, la divinità collegata al porto fluviale, porto che era negl'immediati paraggi, nella zona ora occupata dall'edificio dell'Anagrafe. Scavi recenti hanno rivelato l'esistenza, a un livello più basso, di una fase precedente del tempio, attribuibile al 4° o al 3° secolo a. C.

È del 1960 la scoperta, dovuta a G. Gatti, e basata principalmente sui frammenti della pianta marmorea severiana, che le posizioni rispettive del Circo Flaminio e del teatro di Balbo andavano rovesciate rispetto a quelle tradizionalmente accettate. Il circo Flaminio non era nella zona a S di via delle Botteghe Oscure: la cavea sottostante al palazzo Mattei Paganica non corrisponde quindi alla parte curva del Circo, ma alla cavea del teatro di Balbo. Il Circo Flaminio invece occupava la zona a SO di via del Portico di Ottavia, tra il teatro di Marcello e la via Arenula. È questa la più importante di una serie di scoperte, precedenti e successive, riguardanti la topografia del Campo Marzio, che ha provocato - data l'importanza del Circo Flaminio, in connessione con il quale è localizzata dalle fonti antiche una serie di edifici (portici e templi) - una vera e propria rivoluzione nella ricostruzione di questa zona di R. antica.

È stata confermata, tra l'altro, l'intuizione di Castagnoli, che i templi del Largo Argentina fossero da identificare tra quelli situati in Campo Martio, e non già, come si riteneva in genere, tra quelli in circo Flaminio. L'identificazione più probabile di questi templi è dunque la seguente: Tempio A = Tempio di Giuturna; Tempio B = Tempio della Fortuna huiusce diei (identificazione già proposta da P. Boyancé); Tempio C = Tempio di Feronia; Tempio D = Tempio dei Lari Permarini. Altra identificazione estremamente probabile è quella dell'edificio adiacente a quello di Apollo Sosiano con il tempio di Bellona. Meno sicura invece quella del tempio sottostante alla chiesa di S. Salvatore in Campo (certamente nella zona del circo Flaminio) con il tempio di Nettuno (è stata proposta anche l'identificazione con il tempio di Marte, costruito da Bruto Callaico dopo il 132 a. Cristo).

Altri risultati importanti, dovuti alla ricomposizione dei frammenti della Forma Urbis severiana, sono l'identificazione del portico circostante al tempio di via delle Botteghe Oscure (probabile tempio delle Ninfe) con la Porticus Minucia Frumentaria, ove avvenivano le distribuzioni di grano alla plebe romana. Ne deriva, come logica conseguenza, che la vicina "area sacra" di Largo Argentina va identificata con la Porticus Minucia Vetus, costruita dopo il 107 a.C. da M. Minucio Rufo, vincitore degli Scordisci. Inoltre, la localizzazione del Diribitorium lungo il lato sud dei Saepta Iulia e del tempio di Minerva Calcidica nell'aerea della chiesa di S. Marta, in piazza del Collegio romano. va inoltre ricordata l'identificazione della Curia di Pompeo (ove avvenne l'uccisione di Cesare) con l'edificio la cui parte posteriore è visibile dietro il Tempio B di Largo Argentina (Marchetti-Longhi).

Uno scavo casuale per la creazione del sottopassaggio pedonale di via Florida (1956) e soprattutto un saggio stratigrafico al di sotto del Teatro Argentina (1968-69) hanno chiarito alcuni problemi relativi ai portici di Pompeo, retrostanti alla scena dell'omonimo teatro. Frammenti d'iscrizioni con firme di artisti greci e statue provenienti dalla zona permettono di ricostruire la decorazione scultorea dei portici e del teatro, il primo edificio stabile del genere in R. costruito tra il 61 e il 55 a. Cristo.

Altri recentissimi saggi sotto il palazzo Farnese (che riprendono e completano gli scavi eseguiti alla fine del secolo scorso) hanno rivelato un gruppo di costruzioni in laterizio con pavimenti in mosaico, con varie fasi comprese tra l'età augustea e quella severiana. È possibile che questi edifici vadano collegati con la stabula Factionum, le sedi cioè delle fazioni circensi, situate nella zona del Campo Marzio compresa tra piazza Farnese e palazzo della Cancelleria.

Altra scoperta di un certo interesse è quella dell'arco d'ingresso orientale all'Iseo del Campo Marzio, noto nel Rinascimento come "Arco di Camigliano", nel corso di lavori di una casa all'angolo tra via Piè di Marmo e piazza del Collegio romano.

Nella zona orientale del Campo Marzio, al di là della via Lata (la regione VII dell'organizzazione augustea), importanti scoperte si sono avute al momento dello scavo del sottopassaggio pedonale di piazza Colonna (1955). Sono stati esplorati resti di un grande quartiere di abitazioni a più piani (simili a quelle di Ostia lungo il decumano massimo, a E del teatro), di età adrianea, tratti del quale erano stati visti già in precedenza.

L'aspetto di quartiere residenziale, non monumentale, di questa parte del Campo Marzio è stato confermato recentemente da scoperte (avvenute occasionalmente nel corso di lavori edilizi) di insulae imperiali in via di S. Maria in Via e in via dei Maroniti. Il Celio è una delle poche zone della città in cui negli ultimi anni è stato possibile realizzare scavi di una certa estensione, in particolare sotto la chiesa di S. Stefano Rotondo e nella zona di S. Giovanni in Laterano, che hanno sostanzialmente arricchita la nostra conoscenza della seconda regione augustea (una delle poche per le quali disponiamo di un'ampia monografia, quella di A.M. Colini).

I saggi realizzati sotto la chiesa di S. Stefano Rotondo hanno rivelato consistenti resti dei Castra Peregrina, caserma dei soldati delle legioni provinciali distaccati a Roma. In particolare, il mitreo dei Castra, particolarmente ricco di opere d'arte (pitture, sculture di stucco dorato e di marmo).

Ampi sondaggi sono stati realizzati di recente in vari punti prossimi della zona lateranense: sotto l'ospedale di S. Giovanni (sala Marconi) sono apparse varie fasi edilizie di un ampio edificio (1°-4° secolo d.C.), identificabile probabilmente con la villa di Domizia Lucilla, la madre di Marco Aurelio. Tra via Amba Aradam e via dei Laterani la costruzione della sede dell'INPS ha permesso di scoprire un gruppo di edifici su terrazzamenti digradanti, di età giulio-claudia, con restauri del 2° secolo d.C. e un completo rifacimento del 4° secolo. Un ampio corridoio conservava la sua decorazione dipinta di età costantiniana, con figure a grandezza naturale. Si è proposto (senza validi argomenti) di riconoscere in questo edificio la Domus Faustae, la moglie di Costantino e sorella di Massenzio.

Sotto il Battistero lateranense saggi in profondità hanno rivelato la presenza di una villa del 1° secolo d.C., poi sostituita nel 2° secolo da un edificio termale, restaurato all'inizio del 3°.

In prossimità della piazza S. Giovanni, quasi all'incrocio di via S. Stefano Rotondo con via dei Santi Quattro Coronati, è stata scavata una tomba della fine del 4° secolo a.C., con un grande sarcofago e urne in peperino, e un ricco corredo di terrecotte figurate e di ceramica a vernice nera.

Anche l'Esquilino (III, IV, V regione augustea) è stato fertile di scoperte: ai piedi della collina, nella zona compresa tra l'Oppio e il Celio (tra via Labicana e via di S. Giovanni in Laterano) era riapparsa nel 1937 una metà del Ludus Magnus, la più grande delle caserme di gladiatori costruite da Domiziano in prossimità del Colosseo. Recenti lavori di sistemazione e di restauro (1959-60) hanno permesso di chiarire l'aspetto dell'edificio. Esso era costituito da un corpo di abitazione a più piani, intorno a un cortile porticato, al centro del quale era una piccola arena per gli allenamenti. Altri edifici, con mosaici di età repubblicana e imperiale, sono apparsi a E del Ludus Magnus, al momento della costruzione dell'Esattoria comunale.

Importanti saggi realizzati dalla Soprintendenza di monumenti nella Domus Aurea (1956-65) hanno consentito di chiarire alcuni aspetti della sua planimetria: particolarmente interessante la scoperta di un grande ninfeo, che chiudeva il lato est del peristilio. La volta conserva in parte la decorazione originale in pomici, con al centro un mosaico ottagonale, nel quale è rappresentata la scena di Ulisse che offre una coppa di vino a Polifemo. Altri saggi sono stati realizzati nelle "Sette sale", cisterna delle soprastanti terme di Traiano; sempre nelle terme di Traiano è stata restaurata un'ampia sala absidata del recinto esterno, a ovest, identificata con una biblioteca.

Da connettere forse con la Domus Aurea è un edificio di età neroniana, costituito da un portico con grande fontana e da alcuni ampi ambienti, scoperto nel corso di lavori di restauro sotto la chiesa di S. Pietro in Vincoli, sul Fagutal (1956-58). Al di sotto sono apparsi resti di case repubblicane del 4°-3° secolo a. C., ricostruite nel 2°. A questa seconda fase appartengono alcuni notevoli pavimenti in mosaico policromo.

Di grande importanza è lo scavo realizzato in anni recenti sotto la basilica di S. Maria Maggiore (1966-71), in seguito al quale è stato possibile liberare parti di un grande edificio di età augustea, costituito da un grande cortile porticato (m 37,30 × 30) circondato da alcuni ambienti. In una fase tarda (4° secolo) le mura del portico furono decorate con un grande calendario rustico dipinto, simile a quello Filocaliano del 354, decorato con grandi affreschi paesistici, con rappresentazioni dei lavori agricoli relativi ai singoli mesi (conservati solo in minima parte). Si è proposta l'identificazione del monumento con il Macellum Liviae.

La topografia del Celio è stata soprattutto chiarita da un importantissimo lavoro di E. Rodriguez Almeida, in seguito al ricollocamento in posto di frammenti della Forma Urbis severiana, relativi alla zona compresa tra via Balbo e via Merulana.

Lavori di adattamento per la mensa della caserma dei corazzieri sul Quirinale hanno portato alla scoperta di un gruppo di monumenti di notevole interesse. Si tratta di un breve settore in cappellaccio delle mura serviane, all'interno delle quali si osserva un tratto di un grande podio in opera cementizia. All'esterno delle mura il terreno digradava a terrazze: i primi due ripiani erano occupati da un grande ambiente, liberato solo in parte, evidentemente un ninfeo (come mostra un canale di adduzione dell'acqua), una parete del quale era decorata da un grandioso mosaico figurato, con decorazione di quarto stile iniziale (età di Vespasiano). La scoperta, avvenuta nelle immediate vicinanze, sull'altro lato di via XX Settembre, di una fistula acquaria con il nome di T. Flavio Sabino, rende probabile l'identificazione dell'edificio con la casa del fratello di Vespasiano, che sappiamo esser stata sul Quirinale. In tal caso, il grande podio potrebbe essere il tempio della Gens Flavia, eretto accanto alla casa da Domiziano.

Un altro edificio, attribuibile con tutta probabilità a un noto personaggio storico, è quello esistente sul Pincio (antico Collis Hortulorum), parti del quale, viste e disegnate nel Rinascimento, sono ancora visibili nel convento di S. Trinità dei Monti. Un altro tratto ne è stato recentemente scoperto nei sotterranei della biblioteca Hertziana, in palazzo Zuccari, all'inizio di via Sistina (1967). Si tratta di un ninfeo di età repubblicana, con nicchie semicircolari chiuse in un secondo tempo da un muro, decorato con un mosaico parietale, probabilmente dell'inizio dell'impero. La posizione dell'edificio permette d'identificarlo con la celebre villa di Lucullo, costruita dopo il 67 a. C. sul Collis Hortulorum.

Uno scavo di notevole ampiezza è stato realizzato all'interno dei Castra Praetoria al momento della costruzione della nuova Biblioteca Nazionale (1960-71). Oltre a un tratto di una delle porte, sono stati esplorati otto edifici, di età severiana, evidentemente alloggiamenti dei pretoriani. Inoltre, una grande costruzione seminterrata, identificabile con gli horrea (granai) dell'accampamento. Altre stanze, adiacenti al muro di cinta, conservavano ancora resti di affreschi e pavimenti in mosaico su due strati sovrapposti.

Scavi olandesi sotto la chiesa di S. Prisca, accanto al Mitreo già scoperto in precedenza, hanno riportato alla luce resti di edifici di età traianea, identificati (ma senza sufficienti argomenti) con la casa privata di Traiano (Privata Traiani). È più probabile che si tratti di una proprietà di Sura, l'amico dell'imperatore. dal momento che nelle immediate vicinanze sorgevano le terme Surane, come appare da frammenti della Forma Urbis severiana.

La topografia del santuario dei Fratres Arvales, sulla via Campana (nel quartiere della Magliana), è stata chiarita in parte da scavi recentissimi della École Française de Rome. Sono stati esplorati edifici già visti nel secolo scorso: un grande tempio circolare, probabilmente da identificare con il santuario di Dea Dia, e, in asse con questo, un grande propileo a piccoli ambienti voltati, con nicchie sulla facciata, nel quale si può forse riconoscere il tetrastylum ricordato nelle iscrizioni del collegio.

Tra le scoperte avvenute nel suburbio, ricorderemo lo scavo di una tomba della gens Cornelia, all'inizio della via Ardeatina. Da questa provengono due grandi sarcofagi databili al 4° e all'inizio del 3° secolo a. C., su uno dei quali è l'iscrizione di P. Cornelius Scapola, pontifex maximus. Al km VIII della via Labicana (attuale Casilina) sono riapparsi nel 1970 i resti del sepolcro degli Haterii, già parzialmente scavato nel 1848. Sono stati recuperati altri rilievi e iscrizioni appartenenti al celebre monumento di età traianea. Vedi tav. f. t.

Bibl.: I dati relativi alle scoperte avvenute tra il 1957 e il 1973 sono raccolti in W. von Sydow, Archäologische Funde und Forschungen im Bereich der Soprintendenz Rom 1957-1973, in Archäologischer Anzeiger, 1973, pp. 521-647. Si veda inoltre la voce roma, in Enc. dell'arte antica, Supplemento 1970, pp. 660-71, con ampia bibliografia; F. Coarelli, Guida archeologica di Roma, Milano 19752. Utili raccolte di dati sul periodo arcaico e medio-repubblicano nei cataloghi di due mostre recenti: Roma medio-repubblicana, Roma 1973; Civiltà del Lazio primitivo, ivi 1976.

Urbanistica (XXIX, p. 843; App. I, p. 975; II, 11, p. 728; III, 11, p. 628). - Nel decennio 1961-71 R. presenta un saldo attivo demografico di 620.000 ab. (dei quali, per incremento "sociale" dovuto all'immigrazione, 350.000), avendo raggiunto, col censimento del giugno 1971, le 2.808.000 unità. Un incremento eccezionale, se si tien conto che è pari agl'incrementi nel decennio - sommati insieme - di città come Torino, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Napoli e Palermo.

Alla crescita demografica non fa tuttavia riscontro un'adeguata forma di sviluppo economico e culturale della città, che, seppure interessata da profondi mutamenti nella propria struttura fisica e sociale, non è riuscita ad assumere un ruolo più generalmente produttivo, sia rispetto al proprio immediato intorno territoriale, che rispetto al quadro nazionale.

Le novità più notevoli della crescita urbana e delle trasformazioni territoriali in qualche modo ad essa collegate (la dilatazione degl'insediamenti, il più elevato livello dei consumi, la nascita di vaste zone industriali nella sua area d'influenza, l'incremento delle comunicazioni e degli scambi interregionali, ecc.) sono semmai da comprendere in ragione di fattori esterni di sviluppo, agenti sulle caratteristiche della città, ma dovuti essenzialmente al suo ruolo politico di capitale e al processo di concentrazione decisionale delle strutture economiche nazionali. È evidente, infatti, che l'aspetto dominante della R. del dopoguerra, quello tradizionalmente dovuto alla presenza dell'apparato burocratico e del potere politico-rappresentativo, sia stato se non cancellato almeno modificato, in misura notevole, dalla presenza di nuovi ceti e di nuove attività legate alle grandi imprese pubbliche, alle organizzazioni industriali, previdenziali, sindacali, ecc., operanti a scala nazionale. D'altro canto anche i ceti subalterni presentano profonde modificazioni nella loro composizione sociale, essendosi dilatata la presenza di strati di popolazione lavoratrice non impiegatizia, specie nel settore del commercio, della piccola industria, dell'edilizia, in funzione, altresì, del ruolo direzionale e della crescita quantitativa della capitale.

Si può dire in sostanza che, pur presentando un volto in larga parte diverso, più complesso e contraddittorio, segnato da tensioni e volontà di trasformazione profonde, la R. degli anni Settanta non si discosta sostanzialmente dal proprio modello tradizionale di città in espansione, ma non soggetta a un processo autentico di sviluppo produttivo.

Per la verità, con l'approvazione del nuovo piano regolatore generale del 1962, le forze politico-culturali più direttamente impegnate nella gestione urbanistica della capitale contano sull'avvio a breve termine di un nuovo processo di sviluppo. L'assessore Crescenzi parla per es. di "strumento urbanistico capace di rompere la patologica crescita della città ... valida ed operante alternativa ai modelli di espansione urbana finora imposti dalle forze della speculazione fondiaria". Anche il lancio del Piano per l'Edilizia Economica e Popolare (PEEP), elaborato con tempestività in base alla legge n. 167 e varato nel 1963, fa pensare a uno sforzo notevole e a una fiducia sincera di poter impostare un diverso modo di crescita della periferia, fino a quel momento soggetta alle più incontrollate operazioni d'intervento privato. Il piano approvato per R., con i suoi 7 milioni di m2, risulterà il più grande tra quelli delle maggiori città italiane (3 milioni di m2 a Milano) e la vasta articolazione, nonché la consistenza delle singole zone, mostrerà un ambizioso disegno di controllo urbano.

Tuttavia tale disegno, inquadrato nelle ipotesi progettuali del nuovo P.R.G., resta ancorato a un modello distributivo-spaziale che prescinde in larga misura dalla realtà delle forze economiche, sociali e culturali della città che dovrebbero condurre e gestire le operazioni, realtà tuttora caratterizzata da meccanismi di mercato per quanto concerne l'offerta e la domanda dei suoli e dei beni immobili. Sono questi, anzi, gli anni in cui si assiste a un progressivo indebolimento dell'intervento pubblico, all'inefficienza o addirittura alla stasi dei maggiori enti preposti alla costruzione di alloggi popolari (GESCAL, IACP, ISES, ecc.), alla sporadicità e frammentarietà dell'impegno finanziario nel settore da parte dello stato. Permangono e prevalgono, su tutti, i criteri di una politica del credito affidata alla discrezionalità degl'istituti bancari.

Dalle più impegnative previsioni del piano regolatore (nuovo asse attrezzato nell'arco orientale della città, decentramento delle strutture direzionali in un sistema tangenziale alla struttura storica della città, nuove zone industriali, ecc.), alle più specifiche articolazioni del PEEP, si tratta di un insieme di progetti, in parte anche programmati in base a tempi di attuazione, destinato inevitabilmente a scontrarsi con difficoltà obiettive e con l'assenza di una volontà politica necessaria per superarle. Le ipotesi che vengono formulate via via nel corso del decennio 1961-71 per l'attuazione di alcuni dei maggiori progetti urbani (tipico resta il caso dell'asse attrezzato) vengono vanificate dall'incertezza di fondo sugli obiettivi e sugli strumenti adatti a conseguirli. Criteri d'intervento pubblico, "misto" o aziendale si sovrappongono e si annullano reciprocamente, lasciando così aperti vasti varchi alle iniziative speculative e allo sperpero. Anche in occasione di progetti "campione", come quello del quartiere di Spinaceto (30.000 ab.), che pur prevedono l'impegno diretto dell'Amministrazione comunale e il concorso di enti pubblici e cooperative nell'attuazione delle opere, si assiste a una cronica incapacità di rispettare i termini e i tempi del programma. Basti pensare che, al momento della formulazione del progetto, entro il 1967, data di compimento presunto della prima fase della "167", s'ipotizza di sistemare nel comprensorio sud-occidentale gravitante su Spinaceto 150.000 persone e di collegare il quartiere mediante una linea metropolitana, mentre per il 1974 si conta di completare l'operazione con la sistemazione di 300.000 persone nonché con la prosecuzione della metropolitana fino a Pomezia (zona industriale). Allo stato attuale si può rilevare che non solo non è stato attuato il collegamento mediante metropolitana, ma che non è stata ancora iniziata la costruzione della fascia delle attrezzature pubbliche che avrebbe dovuto vitalizzare l'intero quartiere e che neppure i lavori edilizi sono stati completati. Alcuni servizi, in certi casi realizzati, non sono ancora entrati in funzione.

Dopo più di dieci anni dalla sua approvazione, il piano della "167" non è compiuto che in minima parte. Delle 711.909 stanze previste nel programma decennale, a tutto il 1974, ne sono state realizzate 62.400, mentre solo altre 32.500 sono in corso di costruzione. Settecento miliardi sarebbero rimasti inutilizzati nelle banche. Non solo: l'obiettivo di fondo del piano, quello di creare un calmiere nel mercato fondiario e immobiliare, non sarebbe stato raggiunto proprio in ragione della scarsità di produzione di alloggi dovuti all'iniziativa pubblica e al conseguente innalzamento dei livelli di offerta da parte dei privati.

Gli aspetti più critici della situazione romana sembrano poi consistere nel divario crescente tra la valorizzazione funzionale ed economica di tutta l'area centrale, soggetta a un processo di trasformazione terziaria tra i più intensi delle grandi città italiane, e la dequalificazione dei tessuti periferici, in parte saturati dalla crescita indiscriminata dei quartieri-dormitorio, in parte soggetta alla dilatazione delle iniziative abusive. La trasformazione in area commerciale e direzionale di quasi tutto il centro storico provoca in primo luogo un esodo progressivo di popolazione residenziale, che in certi rioni, tra il 1951 e il 1971, ha toccato punte del 68-70% (cfr. tabella allegata) e che entro il 1980 si prevede interesserà una popolazione di 150.000 abitanti. La dequalificazione della periferia presenta invece aspetti generali, quali la mancanza di servizi, asili, scuole, ospedali, giardini pubblici, l'infrastrutturazione caotica dovuta alla crescita non pianificata dei quartieri di speculazione, l'esiguità e l'abbandono degli spazi collettivi, e, al tempo stesso, la congestione, il traffico, la mancanza di rispetto di norme igieniche. Presenta poi aspetti più peculiari, che in questi ultimi anni hanno assunto dimensioni ragguardevoli. Da una parte si assiste al fenomeno dei baraccati e dei relativi precari nuclei d'insediamento, che se fino agli anni Cinquanta si estendevano soprattutto nelle frange dei suoli demaniali, lungo gli acquedotti romani, parallelamente ai rilevati ferroviari, ecc., durante gli anni Sessanta e più recentemente si sono trasformati in vere e proprie baraccopoli. Nel 1968 un elenco compilato dal Centro cittadino delle Consulte popolari ne ha contate 57 e nel 1971 si calcola che i baraccati siano almeno 70.000. Dall'altra parte si assiste a un altro fenomeno, ben più esteso e consistente, quello dell'abusivismo, che consiste in operazioni a più tempi, inizialmente di lottizzazione e vendita di terreno, quindi di costruzione precaria o autocostruzione, e infine, spesso, di ricostruzione speculativa, e sostituzione con edilizia quotata sul mercato a livelli anche sostenuti.

Il numero complessivo di romani residenti in abitazioni abusive pare ammonti a 800.000, con concentrazioni particolarmente vistose attorno alle vecchie borgate e in alcune zone soggette a massicce forme di speculazione illegale. Caso limite, in questo senso, appare il quartiere della Magliana, con 40.000 abitanti alloggiati in edifici impostati al di sotto del livello del Tevere e della rete fognante. Ma anche tutto il settore nord-occidentale (Aurelio, Trionfale, Monte Mario) con i suoi 400.000 ab. e gli 0,04 m2 di verde per abitanti, il quartiere di Cinecittà ("Don Bosco") con densità fino ai 2000 ab./ha, il settore Prenestino-Tiburtino con il quartiere di S. Basilio, dove nel settembre 1974 si sono avute occupazioni in massa di alloggi non abitati, le espansioni "spontanee" di Ostia e Fiumicino, ecc., presentano aspetti ai limiti della legalità e della vivibilità.

Solo verso la metà degli anni Settanta la gestione urbanistica del Comune di Roma riflette un clima generale di maggiore impegno politico. Non si assiste ancora a una svolta sostanziale della politica comunale, ma, unitamente ad altri fenomeni di ripresa civile, di partecipazione della popolazione ai problemi più urgenti della città, di maggiore impegno da parte degli enti preposti all'edilizia pubblica, non mancano sintomi incoraggianti, che lasciano intravvedere l'avvio di un nuovo tipo di sviluppo urbano, se non altro come adeguamento a una diffusa volontà di rinnovamento sociale e culturale.

Con l'adozione di nuove norme tecniche migliorative (agosto 1974) ci si orienta verso una revisione del P.R.G., ormai superato sia nelle indicazioni generali che negli aspetti più strettamente tecnici e funzionali, mentre acquista rilievo la politica di decentramento amministrativo, già iniziata (delibera del 5 aprile 1968) con la creazione di 12 circoscrizioni, ciascuna dotata di un Aggiunto del sindaco e di un Consiglio di circoscrizione, portate poi a 20 (febbraio 1972) per rispettare un criterio di maggiore omogeneità sociale e territoriale nella divisione della città in zone.

Nel 1976, con la formazione della nuova Giunta la spinta al rinnovamento si traduce non tanto in un'immediata revisione degli strumenti urbanistici (P.R.G., varianti circoscrizionali, ecc.) quanto nell'impegno ad affrontare una serie di problemi-chiave della città, secondo una gerarchia di priorità sociali e temporali. Vengono, in particolare, affrontati i problemi del recupero del centro storico, del risanamento delle borgate, dell'abusivismo e dei servizi. Alla politica di contenimento della crescita puramente quantitativa della città corrisponde così la tendenza a qualificare alcuni settori delicati d'intervento.

Lo stesso problema del fabbisogno abitativo viene affrontato in maniera articolata, agendo contemporaneamente su quote di alloggi reperibili tramite il "riuso" del patrimonio esistente e sulla costruzione di nuovi complessi residenziali. La soluzione che si prospetta, anche in considerazione dell'andamento decrescente della quota d'incremento demografico (si parla ormai di "crescita zero"), tende così a una composizione tra redistribuzione e riqualificazione dello stock esistente e costruzione di nuovi alloggi. Per il quinquennio 1978-82, in base a un accordo politico tra Amministrazione e forze sindacali e imprenditoriali, viene formulata la previsione della costruzione di 80.000 nuove stanze, da inserire per il 60% nei programmi dell'edilizia economica e popolare.

D'altro canto negli stessi anni si vanno realizzando e compiendo complessi residenziali, pubblici e cooperativi, già programmati precedentemente. Tra questi fanno spicco i complessi di Corviale, Vigne Nuove e Laurentino, che insieme costituiscono un'importante esperienza sperimentale, sia sotto il profilo progettuale che sotto quello realizzativo.

Per quanto riguarda la questione del risanamento delle borgate e il fenomeno dell'abusivismo, tra loro evidentemente collegati, s'inizia con la perimetrazione di tutte le aree interessate dalle lottizzazioni compiute fuori delle zone di P.R.G., al fine di prevederne il recupero sociale e ambientale, nonché di arrestarne l'ulteriore dilatazione.

Con la formulazione (luglio 1979) del programma pluriennale, strumento attuativo del P.R.G., previsto dalla l. n. 10 del 1977 e preparato dalla Conferenza urbanistica nonché dal dibattito consiliare del luglio 1977, si entra in una fase di più stretto controllo e indirizzo dello sviluppo urbano. Si tenta, con le previsioni contenute in tale documento, di ribaltare la prassi, seguita in precedenza, di limitare l'azione pubblica alla semplice razionalizzazione delle tendenze "spontanee" in atto. Viene programmata così "l'attuazione selettiva di determinate parti del P.R.G., che non contraddice l'esigenza di revisione del piano e che garantisce invece una verifica ancor più concreta della validità o meno di determinate previsioni urbanistiche": si tratta in particolare a) di concentrare almeno il 60% della nuova espansione entro il settore delimitato dalla Salaria e dall'Appia, b) di avviare la realizzazione dei centri direzionali del settore orientale, in collegamento con la nuova università di Tor Vergata, c) di creare nel medesimo settore un sistema di grandi infrastrutture annonarie e fieristiche, integrato con i servizi esistenti (centro carni, centrale del latte), nonché con le zone industriali e le aree residenziali previste.

Si può in definitiva affermare che, a fronte di una situazione obiettiva della città tuttora largamente deficitaria, la più recente evoluzione nella gestione dell'urbanistica romana costituisce un'incoraggiante premessa all'avvio di una nuova politica urbanistica basata prioritariamente sulla produttività, sulla funzionalità dei servizi e su un'adeguata risposta al fabbisogno abitativo. Vedi tav. f. t.

Bibl.: I. Insolera, Roma moderna, un secolo di storia urbanistica, cap. 23°, Roma 1970, Torino 1962 (19712); P. Della Seta, C. Melograni, A. Natoli, Il piano regolatore di Roma, Roma 1963; C. Crscenzi, Il piano di zona di Spinaceto e l'attuazione della 167, in Urbanistica, n. 45, 1965; F. Ferrarotti, Roma da capitale a periferia, Bari 1970; P. Della Seta, La capitale abusiva, in Rinascita, n. 47, 1970; L. Benevolo, Roma da ieri a domani, Bari 1971; Decentramento amministrativo - Roma divisa in 20 Circoscrizioni, suppl. di Roma oggi, luglio 1972; R.C. Fried, Planning the Eternal City, New Haven 1973; Atti del Convegno sui Mali di Roma, organizzato dal Vicariato di Roma (relazioni di G. De Rita, C. Riva, L. Tavazza), Roma, febbr. 1974; Atti del Seminario su Roma sbagliata, organizzato dall'Ass.ne Italia Nostra, ivi, ott. 1974; Autori vari, Contro Roma, Milano 1975; L. Benevolo, Roma oggi, Bari 1977; Roma, due anni dopo la vittoria della sinistra, in Rinascita, n. 46, 24 nov. 1978.

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