ROMANIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

ROMANIA

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Martina Teodoli
Alexander Niculescu
Luca Bianchi
Maurizio Caperna
Nicola Balata
Angela Prudenzi-Manuela Cernat

(XXX, p. 1; App. I, p. 981; II, II, p. 740; III, II, p. 631; IV, III, p. 239)

Il 21 novembre 1991, in seguito all'insurrezione del dicembre 1989 che ha portato alla deposizione e all'esecuzione del premier N. Ceauçsescu, al potere dal 1974, è stata varata la nuova costituzione, approvata da un referendum popolare celebrato il successivo 8 dicembre, secondo la quale il capo del nuovo stato (la Repubblica di R.) è il presidente della Repubblica, eletto a suffragio diretto per un periodo di quattro anni. Il potere legislativo viene esercitato dall'Assemblea Nazionale, composta dalla Camera dei deputati (di 341 membri) e dal Senato (di 143 membri), eletti anch'essi per un periodo di quattro anni.

Al censimento del 1992 la popolazione ammontava a 22.760.449 ab., oltre 1,2 milioni di ab. in più rispetto alla precedente tornata censuaria, tenutasi nel 1977. La densità media è di poco inferiore ai 96 ab./km2 e passa dai 180-150 ab./km2 dei distretti di Prahova, Iaçsi, Galaçti, Dîmboviçta e Braçsov, ai meno di 50 ab./km2 dei distretti di Tulcea e Caraçs-Severin. Il coefficiente di accrescimento demografico è sensibilmente diminuito ed è passato da un incremento medio annuo di circa l'1% degli anni Settanta, a un tasso medio annuo dello 0,4% misurato nell'intervallo 1986-91. La capitale, Bucarest, nel 1992 contava 2.064.474 ab., che salivano a circa 2,4 milioni considerando l'agglomerato urbano nel suo complesso. Nel paese non solo non si contano altre città milionarie ma non esistono neppure città con più di 500.000 ab.; in compenso si trovano sette centri con una popolazione compresa fra i 300 e i 400.000 abitanti. La percentuale di popolazione urbana, benché nell'ultimo quindicennio sia proseguito intensamente il processo d'inurbamento degli abitanti delle campagne, supera di poco la metà della popolazione complessiva: un valore fra i più bassi dell'Europa occidentale. Sempre al censimento del 1992, i Romeni erano 20.353.980 (pari all'89,4% del totale); la minoranza etnica più numerosa era quella degli Ungheresi (1.620.199 unità, per lo più dislocati nella Transilvania, corrispondenti al 7,1% della popolazione del paese). I Tedeschi sono oramai inferiori allo 0,5% (meno di 120.000 unità), gli Zingari superano le 400.000 unità, mentre si contano minime percentuali di Ucraini, Russi e Turchi.

Condizioni economiche. - All'indomani della caduta del regime di Ceauçsescu l'economia rumena si è trovata in condizioni assai critiche. Le riforme avviate nell'ambito del nuovo corso hanno trovato seri ostacoli a decollare a causa sia della fase di assestamento politico che ha attraversato il paese (fase che, peraltro, non si è ancora conclusa), sia di specifiche ragioni di natura prettamente economica quali la situazione monetaria e finanziaria poco stabile con le inevitabili conseguenze sull'andamento dei prezzi, la precaria situazione operativa delle grandi imprese pubbliche in corso di privatizzazione, la scarsa produttività di tutto il sistema economico rumeno. Nel 1992 le stime della Banca Mondiale attribuivano alla R. un reddito pro capite inferiore ai 1150 dollari, un valore basso anche se raffrontato con gli altri paesi dell'Europa orientale e che colloca la R. più a ridosso delle economie in via di sviluppo che non di quelle evolute; inoltre, nell'intervallo 1980-92 il prodotto interno lordo è aumentato a tassi inferiori − sia pur di poco − all'incremento demografico: ciò significa che, in termini pro capite reali, il prodotto ha subito una contrazione. Nel complesso, l'economia rumena − già in grandi difficoltà negli anni Ottanta − ha notevolmente risentito della crisi politica che si è abbattuta sul paese e, nonostante sia abbastanza avanzato l'iter di privatizzazione delle industrie di stato, non ha ancora completato il processo di transizione dal regime socialista a quello di mercato. Con la caduta del socialismo anche negli altri paesi dell'Europa orientale, con la dissoluzione dell'URSS e lo scioglimento del Comecon, la R. ha dovuto ricercare nuovi sbocchi per le proprie esportazioni, ricerca orientata soprattutto verso i paesi dell'Europa occidentale e del Nordamerica (con alcuni dei quali ha firmato accordi di cooperazione economica). Infine, sempre nei primi anni Novanta, all'economia della R. sono derivate ulteriori complicazioni in conseguenza dell'embargo decretato dalle Nazioni Unite contro i paesi dell'ex Iugoslavia.

L'agricoltura continua a rappresentare un settore di rilievo nel panorama economico del paese. Nel 1992 il comparto contribuiva con poco meno del 20% alla formazione del prodotto interno lordo, ma ospitava quasi il 30% del totale delle forze di lavoro, a testimonianza della bassa produttività in cui opera anche questo settore. Fra le principali coltivazioni hanno sempre un peso di rilievo il frumento (oltre due milioni di ha coltivati, con una produzione che nel 1991 ha superato i 5 milioni di t), il mais (due milioni e mezzo di ha, con una produzione di oltre 10 milioni di t), l'avena, l'orzo e gli altri cereali; le patate (quasi 20 milioni di q) e gli ortaggi in genere; la frutta e le colture oleaginose. Una discreta produzione riguarda poi le colture industriali come il lino, il cotone, la barbabietola da zucchero e il tabacco; buona la produzione vitivinicola (quasi un milione di t di uva e oltre 6 milioni di hl di vino). Diffuso è pure l'allevamento (con una buona produzione di derivati, quali carne, latte e latticini), mentre dai 6,5 milioni di ha di boschi si ricava una discreta produzione di legname (17,3 milioni di m3).

L'industria (compreso il settore estrattivo) contribuisce con quasi il 50% alla formazione del prodotto interno lordo della R. e ospita circa il 35% della popolazione attiva complessiva. Per i motivi già ricordati, la produzione industriale ha subito, nei primi anni Novanta, una sensibile contrazione; non sono del tutto risolti i problemi di ristrutturazione e di ammodernamento del settore, appesantito da fattori negativi quali bassa qualità dei manufatti, obsolescenza degli impianti, scarsa tecnologia impiegata. Il comparto estrattivo ha tuttora i propri punti di forza nel petrolio (meno di 7 milioni di t nel 1991), nel gas naturale (circa 15 milioni di m3), nella lignite (40 milioni di t); vengono inoltre estratte modestissime quantità di ferro, argento, zinco, piombo e rame. Il settore manifatturiero è basato sulle lavorazioni metalmeccaniche e chimiche: entrambi i comparti soffrono per la carenza di energia elettrica e per un inadeguato approvvigionamento di materie prime. La siderurgia produce (secondo i dati del 1991) circa 5 milioni di t di ghisa e 7 milioni di t di acciaio; dagli altri impianti metallurgici vengono prodotti alluminio, piombo, zinco, ecc. L'industria meccanica si basa sulla produzione di motori diesel, trattori, locomotive e carri ferroviari, macchinari per il settore petrolifero, e via dicendo. Di recente sono stati stipulati accordi con industrie automobilistiche francesi (Renault e Citroën) per una produzione locale di autovetture. A Galaçti e Costanza sono ubicati alcuni cantieri navali. Il comparto chimico produce acido solforico, cloridrico, soda caustica, e inoltre ceneri di soda e fertilizzanti azotati. Il panorama industriale è poi arricchito dai settori tessile, alimentare e della carta, del legno, del cemento, ecc. La politica regionale, quantomeno a livello di enunciati, ha continuato a essere orientata verso l'attenuazione degli squilibri, con investimenti indirizzati nelle regioni meno sviluppate (Moldavia, Dobrugia, Banato, oltre alle aree montuose). L'imperativo dell'ammodernamento ha tuttavia indotto una notevole concentrazione degli investimenti nelle aree economicamente più attrezzate: l'asse Bucarest-Braçsov-Cluj-Napoca ha visto così aumentare la propria capacità produttiva e, con essa, il divario nei confronti della restante parte del paese, con la sola eccezione del porto di Costanza.

La potenza installata è dell'ordine dei 23 milioni di kW, in gran parte di origine termica. Nel 1991 la produzione di energia elettrica è stata di 65 miliardi di kWh (di cui poco più di 10 sono di origine idrica). Lo sviluppo delle vie di comunicazione ha subito, dopo il 1980, un certo rallentamento. Unica significativa eccezione è costituita dalla costruzione del canale Danubio-Mar Nero, con sbocco a Costanza, che consente un uso più sistematico del Danubio come via navigabile e favorisce il potenziamento dell'area portuale di Costanza.

Bibl.: A. Blanc, P. George, H. Smotkine, Les Republiques socialistes d'Europe centrale, Parigi 1967; V. Rey, La Roumanie: Essai d'analyse régionale, ivi 1975; M. Shafir, Romania: politics, economics and society, Londra 1985; D. Turnock, The Romanian economy in the Twentieth century, ivi 1986; E. Lhomel, La situation économique roumaine en 1991-1992, in Courrier des pays de l'Est, 373 (1992), pp. 70-78; C. Popescu, Romanian industry in transition, in Geography in the new Romania, in Geojournal, 29 (1993), 1, pp. 41-48; I. Zavoianu, Romania's water resources and their use, ibid., pp. 19-30.

Storia. - Dalla seconda metà degli anni Settanta la vita economica della R. andò incontro a una serie di difficoltà che segnarono la crisi del modello di sviluppo perseguito dal paese nei decenni precedenti. La tradizionale politica d'industrializzazione forzata aveva portato a un forte aumento del consumo interno di energia, costringendo la R. a divenire paese importatore di petrolio a partire dal 1976. L'aumento del prezzo del petrolio e l'interruzione delle importazioni dall'Iran dopo la rivoluzione del 1979 crearono forti disagi, mentre aumentava anche la dipendenza dall'importazione di materie prime. Fra le conseguenze di questa situazione vi fu la forte crescita del debito estero, passato da 2,5 miliardi di dollari nel 1976 a 9,2 miliardi nel 1980.

Le difficoltà economiche si ripercossero sull'assetto governativo, che, a partire dal 1977, fu sottoposto a ripetuti rimpasti; nel marzo 1979 M. Mănescu, presidente del Consiglio dei ministri dal 1974, venne sostituito da I. Verdeçt (vicepresidente nel 1967-74 e 1978-79). Anche al vertice del Partito comunista romeno (Partidul Communist Român, PCR) si verificarono numerosi rimaneggiamenti, mentre la posizione del segretario generale, N. Ceauçsescu (che deteneva anche le cariche di presidente della Repubblica, del Consiglio di difesa e del Consiglio supremo per lo sviluppo socio-economico), veniva ulteriormente rafforzata dall'acquisizione di incarichi di rilievo da parte dei suoi più stretti familiari. Il figlio Nicu entrò nel Comitato centrale del partito durante il 12° Congresso (novembre 1979), e nel marzo 1980 la moglie Elena, già membro del Comitato politico esecutivo del partito dal 1973, fu nominata vicepresidente del Consiglio dei ministri. Di fronte all'ulteriore crescita del debito estero (arrivato a 10,1 miliardi di dollari nel 1981), il governo romeno ne chiese la rinegoziazione ai creditori, banche e governi occidentali (1982); al tempo stesso adottò una politica di contenimento delle importazioni e di aumento delle esportazioni, soprattutto alimentari, che in una situazione di crisi energetica e di crisi agricola (aggravata da due disatrose alluvioni nel 1980 e 1981) ebbe ripercussioni fortemente negative sulle condizioni di vita della popolazione. Nell'ottobre 1981, dopo l'introduzione del razionamento dei prodotti del grano, si svolsero scioperi di protesta nell'area mineraria della valle di Jiu, che era stata già sede di disordini nel 1977, mentre nel maggio 1982 Verdeçt fu sostituito da C. Dăscălescu, uno dei segretari del Comitato centrale e membro del Comitato politico esecutivo del partito.

Fra il 1983 e il 1984 apparivano i primi segni di miglioramento nella situazione finanziaria esterna, ma all'interno le condizioni di vita della popolazione continuarono a peggiorare; nel 1983 all'introduzione di un sistema salariale a cottimo fece seguito il razionamento dei prodotti energetici, reso più severo nell'inverno 1984-85. Nell'ottobre 1985 il Comitato politico esecutivo del PCR stabilì inoltre la militarizzazione del regime di lavoro nel settore elettrico, mentre la crisi energetica veniva aggravata da una forte siccità che ridusse la disponibilità di energia di fonte idroelettrica.

Il 13° congresso del PCR, del novembre 1984, indicò le direttive per il piano quinquennale 1986-90: l'obiettivo di eliminare il debito estero (sceso a 8 miliardi nel 1983) entro il 1990 rimaneva prioritario, e venivano riconfermate le linee della politica d'industrializzazione seguita nel periodo precedente. Ceauçsescu, rieletto segretario generale del partito, ribadì le proprie posizioni di politica internazionale: richiesta d'interruzione del dispiegamento dei missili statunitensi a medio raggio in corso in Europa occidentale, così come delle contromisure sovietiche; confermò il suo sostegno alla proposta di creare una zona denuclearizzata e di rafforzare la cooperazione nei Balcani e prospettò l'ipotesi di superamento della NATO e del Patto di Varsavia. Dall'inizio degli anni Ottanta gli stretti rapporti con i paesi occidentali registrarono l'emergere di difficoltà; vi furono di conseguenza un riorientamento degli scambi commerciali verso l'URSS e un miglioramento dei rapporti politici, tuttavia interrotto dopo l'avvio, da parte di M. Gorbačëv, della politica di riforme, giudicata negativamente da Ceauçsescu. Le relazioni fra i due paesi, scandite dalla visita di Gorbačëv in R. nel 1987 e da quella di Ceauçsescu in URSS nel 1988, mostrarono un crescente raffreddamento. L'isolamento della R. crebbe, anche in seguito al contrasto con l'Ungheria il cui governo accusò ripetutamente quello romeno di adottare una politica di assimilazione forzata della minoranza ungherese (2.500.000 circa) presente in Romania. Nella seconda metà degli anni Ottanta, l'accusa di mancato rispetto dei diritti umani, avanzata anche da parte di organismi internazionali quali Amnesty International, aggravò la posizione internazionale della Romania.

Le critiche crebbero in seguito alla pubblicazione (1988) di un progetto governativo di ''sistematizzazione rurale'', che prevedeva entro il 2000 la distruzione di circa 7000 villaggi e la risistemazione della popolazione in caseggiati collettivi che dovevano costituire il nucleo di nuovi centri agro-industriali; ispirato dall'obiettivo di eliminare le differenze di vita fra la città e la campagna, il progetto aveva anche lo scopo di recuperare 348.000 ha di terreno da destinare alla coltivazione. La ''sistematizzazione'' interessava ampiamente la zona popolata dalla minoranza ungherese (soprattutto la Transilvania) e suscitò forti proteste da parte di Budapest. I rifugiati romeni in Ungheria, per lo più di origine ungherese, raggiunsero all'incirca la cifra di 13.000, e la Commissione per i diritti umani dell'ONU e l'UNESCO costituirono commissioni d'inchiesta per indagare le presunte violazioni dei diritti umani in Romania.

All'interno del paese, la seconda metà degli anni Ottanta registrò un crescente malcontento, mentre aumentava il ruolo svolto dalle strutture repressive (anzitutto la polizia segreta, Securitate) nella vita del regime. Manifestazioni di protesta svoltesi a Braçsov nel novembre 1987, in coincidenza con la visita di Gorbačëv, vennero duramente represse, al pari di altre svoltesi a Bucarest e Timiçsoara in dicembre. Nel marzo 1989 un gruppo di ex esponenti di alto rango del governo e del partito, ancora membri di quest'ultimo, indirizzò a Ceauçsescu una lettera aperta fortemente critica. Nonostante il moltiplicarsi dei segnali di crisi, il governo − anche dopo l'aprile 1989, quando fu annunciata l'estinzione del debito estero − proseguì nella politica di austerità.

Ceauçsescu era stato appena riconfermato alla guida del partito, nel corso del 14° congresso (novembre 1989), quando esplose la crisi che portò al suo rovesciamento: la protesta nacque dalla resistenza all'ordine di deportazione di L. Tökes, un pastore di origine ungherese distintosi nell'opposizione al regime. La folla raccoltasi il 16 dicembre intorno all'abitazione di Tökes, a Timiçsoara, diede vita a manifestazioni antigovernative che furono aspramente represse (centinaia di morti) dalla Securitate e da truppe dell'esercito. La tensione aumentò nei giorni successivi e il 21 dicembre Ceauçsescu fu interrotto e duramente contestato durante un comizio a Bucarest; la Securitate tentò di disperdere la folla, ma manifestazioni antigovernative nacquero spontanee in varie parti della città, trasformandosi in una sommossa popolare contro il regime. Il giorno successivo venne dichiarato lo stato di emergenza; Ceauşescu e la moglie Elena fuggirono in elicottero, ma vennero catturati poco dopo. Lo stesso giorno i rivoltosi presero il controllo della televisione e della radio, e si organizzarono in un Fronte di salvezza nazionale (Frontul Salvării Nationale, FSN) che ottenne il decisivo appoggio dell'esercito. Scontri con uomini della Securitate continuarono nei giorni successivi e terminarono solo dopo il processo, parzialmente trasmesso in televisione, a Nicolae ed Elena Ceauşescu, accusati di genocidio, corruzione e distruzione dell'economia nazionale; un tribunale militare condannò entrambi a morte e la sentenza venne eseguita la sera del 25.

All'interno dell'FSN emerse ben presto, come nucleo dirigente, un gruppo di comunisti di orientamento riformista, mentre I. Iliescu, membro di rilievo del partito fino ai primi anni Ottanta, veniva nominato presidente dell'FSN e, ad interim, della Repubblica; P. Roman, un professore del Politecnico di Bucarest, membro del PCR, costituì un governo provvisorio, espressione dell'FSN. I primi decreti governativi, emessi fra la fine di dicembre e gli inizi del gennaio 1990, riguardarono l'abolizione del ruolo guida del Partito comunista, la cancellazione del programma di ''sistematizzazione rurale'', la depenalizzazione dell'aborto e l'abolizione della pena di morte. La denominazione ufficiale dello stato fu modificata in Repubblica di Romania; emendamenti costituzionali introdussero un disegno di ristrutturazione dell'economia secondo i principi del libero mercato e sancirono il rispetto dei diritti e delle libertà delle minoranze. La Securitate fu abolita; furono interrotte le esportazioni di generi alimentari.

Mentre l'FSN rafforzava la propria posizione, raggiungendo il controllo del paese anche a livello locale, si trovò di fronte a un crescente dissenso, alimentato dai numerosi partiti che si andavano costituendo e basato sull'accusa di continuità nei confronti del passato regime. La tensione crebbe in seguito all'annuncio della partecipazione dell'FSN alle elezioni politiche, indette per l'aprile successivo, e non diminuì, se non temporaneamente, dopo un accordo raggiunto a fine gennaio con 28 partiti − fra cui i ricostituiti Partito nazionale democratico-cristiano contadino (Partidul National Tărănesc-Creştin şi Democrat, PNTCD), Partito nazionale liberale (Partidul National Liberal, PNL), e Partito socialdemocratico (Partidul Social Democrat Român, PSDR) − per la formazione di un Consiglio di unità nazionale, con funzioni legislative provvisorie, fino allo svolgimento delle elezioni. Dopo l'approvazione di una nuova legge elettorale multipartitica (marzo) che stabilì anche la formazione di un Parlamento bicamerale, le elezioni presidenziali e politiche, tenutesi il 20 maggio 1990, registrarono una netta affermazione rispettivamente di Iliescu (86%) e dell'FSN (67%). Mentre in Transilvania si assisteva a una recrudescenza della tensione interetnica, alimentata dai nazionalisti romeni riuniti nell'Unione della patria romena (Uniunea Vatra Românească), una forte crisi scoppiò a Bucarest all'indomani delle elezioni, quando la piazza dell'università, occupata fin dall'aprile da gruppi di oppositori, fu fatta sgombrare delle forze dell'ordine. La protesta dilagava ormai nelle piazze di Bucarest; ma l'arrivo dei minatori della valle di Jiu, sollecitati da un appello radiofonico di Iliescu, portò a un'esplosione di violenza contro partiti e gruppi di opposizione che suscitò forti proteste da parte dei governi occidentali.

Il 20 giugno 1990 Roman venne incaricato di formare un nuovo governo, che si presentò con un programma di rapida trasformazione dell'economia attraverso estese privatizzazioni. La politica economica del governo suscitò una crescente protesta, soprattutto per la riduzione dei sussidi per i beni di consumo; il governo, che in novembre ricevette poteri speciali dal Parlamento, accolse alcune richieste di aumento dei salari e delle pensioni, ma la già difficile situazione economica peggiorò all'inizio del 1991, con l'interruzione dell'attività industriale per esaurimento delle scorte di energia, verificatasi a febbraio e marzo. Il clima di tensione fu aggravato da una campagna xenofoba delle forze ultra-nazionaliste contro esponenti del governo, fra cui Roman, alla quale si sovrappose, in settembre, l'esplosione della protesta dei minatori della valle di Jiu che diedero vita a manifestazioni antigovernative sfociate in gravissimi disordini (attacchi al Parlamento e assedio delle sedi televisive). Roman si dimise e il ministro delle Finanze Th. Stolojan formò un nuovo governo di coalizione fra FSN, PNL, Movimento ecologista romeno (Miscarea Ecologista din România, MER) e Partito democratico agrario romeno (Partidul Democrat Agrar din România, PDAR), mentre l'8 dicembre 1991 veniva approvata, tramite referendum, una nuova Costituzione presidenziale.

Nel corso del 1992 la situazione economica continuò a peggiorare registrando un calo del PIL del 16,5% rispetto al 1991 e un forte aumento della disoccupazione (arrivata al 9%), mentre l'inflazione scendeva dal 323% annuo del 1991 al 199%. Le elezioni del settembre 1992 registrarono la vittoria dell'FDSN (Frontul Democrat Salvării Nationale, nato dalla scissione dall'FSN di una fazione, appoggiata da Iliescu, favorevole a una maggior moderazione nell'applicazione della politica di riforme), che ottenne il 28% dei voti. Come maggior partito di opposizione si affermò, con il 20%, la Convenzione Democratica (CD), alleanza di centro-destra, mentre l'FSN, guidato da Roman, raggiungeva il 10%. Iliescu vinse le presidenziali, svoltesi fra il settembre e l'ottobre dello stesso anno, con il 61% dei voti. Nel novembre un governo di minoranza, composto da esponenti dell'FDSN (dal luglio 1993 Partito della democrazia sociale di Romania) e da indipendenti, fu formato da N. Vacaroiu, un economista indipendente già ministro delle Finanze del governo Stolojan, favorevole a un maggior intervento dello stato nella fase di transizione all'economia di mercato. Nei mesi seguenti la situazione economica e politica del paese continuava a essere caratterizzata da una forte instabilità: l'ulteriore crescita della disoccupazione (10% nel 1993), e l'aumento dei prezzi provocarono ripetute agitazioni sindacali sfociate in uno sciopero generale il 28 febbraio 1994.

Sul piano internazionale, caduto Ceauşescu, vennero rafforzati i legami con l'URSS; in seguito al crollo di quest'ultima, il processo d'integrazione economica e culturale avviato fra la R. e la Repubblica di Moldavia, già sovietica, ha creato tensioni con la Russia, che ha adottato una posizione di difesa della minoranza russa residente in Moldavia. Nel 1992 la R. ha aderito al Patto di cooperazione economica del Mar Nero insieme ai paesi rivieraschi, alcuni paesi dell'ex URSS e alcuni paesi balcanici. Ha rafforzato anche i rapporti con l'Europa occidentale (accordo di associazione con la CEE nel febbraio 1993).

Bibl.: G. Castellan, Histoire de la Roumanie, Parigi 1984; P. Rounas, Urbanization in Romania, Stoccolma 1984; M. Shafir, Romania: politics, economics and society, Londra 1985; M. Jackson, Romania's debt crisis: its causes and consequences, in East European Economies, iii, Washington 1986; M. Berindei, A. Combes, A. Planche, Roumanie le livre blanc: la réalité d'un pouvoir néo-communiste, Parigi 1990; A l'Est, en Europe. Des économies en transition, a cura di J.-P. Fitoussi, ivi 1990; OCSE, La Roumanie, évaluation de la situation économique, ivi 1993.

Letteratura. - La letteratura romena negli anni Settanta ha preso due opposte direzioni: da una parte gli scrittori che, per opportunismo o per convinzione, hanno seguito le direttive politiche di N. Ceauşescu, le cosiddette ''tesi'' del luglio 1971; dall'altra la maggioranza, impegnata a difendere la propria autonomia artistica. Nel decennio successivo il contrasto si è fatto sempre più duro e radicale. Se i nomi di D. Deşliu (1927-1991), P. Goma (n. 1936), A. Blandiana (n. 1942), M. Dinescu (n. 1950), e altri ancora, hanno rappresentato le aspirazioni dei Romeni alla libertà, non è mancato chi ha collaborato con il regime: fra questi i più noti sono il poeta A. Păunescu (n. 1943) e il più anziano E. Barbu (1924-1993), autore di novelle e di romanzi, accusato di plagio per Incognito, 1 (1975), con grande scandalo nel mondo letterario. Una posizione ufficiale ha ricoperto D.R. Popescu (n. 1935), pur valido narratore e drammaturgo, presidente dell'Unione degli scrittori fino alla rivoluzione del 1989.

Ha fatto spicco negli anni bui lo spirito d'indipendenza della rivista România Literară (Bucarest), diretta dal critico G. Ivaşcu (1911-1988), accanto a cui ha operato un gruppo di giovani critici, tra i quali è da citare N. Manolescu (n. 1939); e si sono affermati scrittori di rilievo: R. Cosaşu (n. 1930), R. Rusan (n. 1935), G. Dimisianu (n. 1936), D. Dumitriu (1943-1987), A. Bittel (n. 1946). In particolare, tra i poeti è emerso N. Stănescu (v. in questa Appendice). Ma anche altri meritano di essere ricordati: M. Sorescu (n. 1936), autore di una poesia ironica e di aspra protesta: Singur printre poeţi ("Solo tra i poeti", 1963), La Lilieci ("A Lilieci", 1973), Norii ("Le nuvole", 1975), Descîntoteca ("La bottega degli esorcismi", 1976); mentre una poesia profonda, mistica, tragica, una mitologia della morte e dell'amore è quella di I. Mălăncioiu (n. 1940): Inima reginei ("Il cuore della regina", 1971), Poezii ("Poesie", 1973), Ardere de tot ("Olocausto", 1976), Peste zona interzisă ("Sulla zona proibita", 1979). La già nominata Blandiana ha dato vita a una poesia metaforica, sensuale e a tratti ingenua: Persoana intîi plural ("Prima persona plurale", 1964), Călcîiul vulnerabil ("Il tallone vulnerabile", 1966), Cincizeci de poeme ("Cinquanta poesie", 1970), Poezii ("Poesie", 1974), Somnul din somn ("Il sonno dal sonno", 1977). Da ricordare è inoltre V. Mazilescu (1942-1984), esponente del gruppo ''onirico'', poeta contraddittorio e contestatario, autore fra l'altro di Fragmente din regiunea din odinoară ("Frammenti della regione d'altri tempi", 1970), Va fi liniçste de seară ("Ci sarà pace di sera", 1979) e soprattutto Guillaume şi Administratorul ("Guillaume e l'Amministratore", 1981).

In questi stessi anni proseguono la loro attività poeti già noti come J. Caraion (v. in questa Appendice) e altri: G. Dumitrescu (n. 1920), St.A. Doinaş (n. 1922), N. Cassian (n. 1924), M. Ivănescu (n. 1931), E. Brumaru (n. 1939), C. Baltag (n. 1939), G. Naum (n. 1915), V. Nicolescu (1929-1987), I. Alexandru (n. 1941), C. Buzea (n. 1941), F. Albu (n. 1934). Esordisce, invece, il sopra citato M. Dinescu, l'enfant prodige, divenuto la voce del suo popolo oppresso (Invocaçtie nimănui, "Invocazione a nessuno", 1971; Proprietarul de poduri, "Il padrone dei ponti", 1976).

Altrettanto ricca è stata la produzione narrativa. A fronte dei fedeli alla linea del partito − Barbu ma anche I. Lăncrănjan (1928-1991) e T. Popovici (n. 1930) − si segnalano per la loro indipendenza C. Toiu (n. 1923), F. Neagu (n. 1932), A. Ivasiuc (1933-1977), N. Breban (n. 1934); coraggiosamente contestatrice è la prosa di A. Buzura (n. 1938), autore di Feçtele tăcerii ("Le facce del silenzio", 1974); e non sfugga la dignitosa testimonianza di G. Bozga (1908-1993). Fra i prosatori degli ultimi decenni, oltre ai maggiori M. Preda (v. in questa Appendice) e S. Bănulescu (n. 1929), va ricordato M.-H. Simionescu (n. 1928). R. Petrescu (1927-1982) e S. Titel (1935-1987) arieggiano i modi del Nouveau roman; mentre T. Mazilu (1930-1980), I. Băieşu (1933-1993) e il citato Cosaşu, dopo una fase di conformismo ideologico, approdano all'ironia e all'umorismo. Alcuni di questi sono scrittori anche di teatro; ma tra i drammaturghi più noti del decennio 1970-80 vanno citati soprattutto M. Sorescu, H. Lovinescu (1917-1987) e l'allineato P. Everac (n. 1924).

Dopo il 1980 la pressione politica si è fatta ancora più pesante. Salvo qualche eccezione, gli scrittori non hanno mancato di rivendicare la propria autonomia. Presso la facoltà di Lettere dell'università di Bucarest − intorno ai critici N. Manolescu, M. Martin (n. 1940) e Ov.S. Crohmalniceanu (n. 1921) − si è formato il gruppo degli Optzecişti, e cioè della generazione degli anni Ottanta, i poeti ''in blue-jeans'' (tra i quali: T.T. Coşovei, n. 1954; F. Iaru, n. 1954; A. Muşina, n. 1954; I. Stratan, n. 1955; M. Cărtărescu, n. 1956; M. Marin, n. 1956; I.B. Lefter, n. 1957; B. Ghiu, n. 1958), autori di opere anche collettive quali Aer cu diamante ("Aria con diamanti", 1982) e Cinci ("Cinque", 1983). A un secondo gruppo, analogamente, si deve il volume Desant ("Lancio", 1985): ancora un'opera collettiva di scrittori-testimoni, che hanno esaltato con la libertà della poesia la sua funzione di ''voce'' e ''grido'' della verità. Accanto a loro vanno menzionati: S. Mărculescu (n. 1936), M. Ursachi (n. 1941), L.I. Stoiciu (n. 1950), D. Comănescu (n. 1954).

I giovani prosatori hanno sperimentato talora una complessa scrittura metanarrativa, il ''testualismo''; M. Nedelciu (n. 1950) ne è il rappresentante più noto (Zmeure de cîmpie, "More di pianura", 1984; Tratament fabulatoriu, "Trattamento affabulatore", 1986), ma conviene accennare anche a B. Horasangian (n. 1945), autore di Sala de açsteptare ("Sala d'attesa",) e a S. Agopian (n. 1947) autore di Manualul întîmplărilor ("Il manuale degli accadimenti", 1984), e almeno i nomi vanno fatti di S. Tănase (n. 1952) e di G. Adameşteanu (n. 1942).

Si sono create intanto le condizioni della protesta contro il regime. Già nel 1977 Goma aveva promosso un movimento d'appoggio a Carta '77; vi aderirono I. Negoiçtescu (1921-1992), critico e storico letterario, e I. Vianu (n. 1934). Ma la protesta si è allargata soprattutto negli anni Ottanta. Il regime è stato ridicolizzato nelle poesie di M. Dinescu (Haplea, "L'ingordo") e in una ''lettera aperta'' di Deşliu; mentre Blandiana e I. Mălăncioiu hanno rispecchiato nelle loro poesie di denuncia la realtà miserevole della Romania. Malgrado le violente repressioni, altri si sono aggiunti: dai già ricordati Bozga e Doinas a O. Paler (n. 1926), P. Creçtia (n. 1927), D. Hăulica (n. 1932), A. Pleşu (n. 1949), A. Paleologu (n. 1919). La rivoluzione anticomunista, nel dicembre del 1989, ha visto gli intellettuali in prima fila; e la letteratura non ha tardato a imboccare vie nuove. Su riviste e giornali, oltre che nei libri, categorica si è fatta la richiesta di un cambiamento radicale. Contro il diffuso impegno civile si è orientata la dichiarata apoliticità del critico E. Simion (n. 1933) e della rivista Literatorul, fondata da M. Sorescu e da F. Neagu e aperta agli scrittori del vecchio regime. Importante, in questo quadro, è stata l'azione svolta nel senso del rinnovamento da România Literară, sotto la direzione di Manolescu, con la collaborazione tra gli altri di Z. Ornea (n. 1930), A. George (n. 1930), A. Stefănescu (n. 1947); mentre nel campo di una vivace critica letteraria si sono affermati i nomi di A. Piru (1917-1993), M. Zaciu (n. 1928), C. Regman (n. 1919), G. Grigurcu (n. 1936), P. Cornea (n. 1924), A. Marino (n. 1921), M. Zamfir (n. 1939) e M. Papahagi (n. 1947).

Con il crollo del regime hanno avuto inizio, intanto, in R. il recupero e la diffusione delle opere degli esuli; e fra questi, i più famosi: da M. Eliade a E. Cioran e a E. Ionesco; mentre rientrano in patria V. Ierunca (n. 1920) e M. Lovinescu (n. 1923), portavoci all'estero (attraverso le trasmissioni radiofoniche della Free Europe) della cultura anticomunista. Si sono pubblicate finalmente le opere di Goma (Din Calidor, "Dal Calidor", 1990; Patimile după Piteşti, "Le sofferenze secondo Pitesti", 1991; Gherla, 1991; Ostinato, 1991, ecc.); e quelle di V. Horia (Mai bine mort decît comunist, "Meglio morto che comunista", 1990; Dumnezeu s-a născut in exil, "Dio è nato in esilio", 1991; premio Goncourt nel 1962); accanto a loro si pubblicano gli scritti di S. Baciu (1918-1992) e di I.P. Culianu (1950-1991). Ancorché rimasti in Occidente, P. Dumitriu (n. 1924), B. Nedelcovici (n. 1936), il prosatore D. Tsepeneag (n. 1937), la poetessa G. Melinescu (n. 1942) e il drammaturgo M. Visnec hanno visto pubblicati i loro libri anche in Romania.

Notevole è il fenomeno della letteratura memorialistica. La cultura romena ha conosciuto, in particolare, le drammatiche testimonianze dei sopravvissuti ai gulag (T. Mihadaş, I. Ioanid, N. Mărgineanu, R. Radina, C. Ioniçtoiu, A. State, B. Silber, I. Orlea, A. Georgescu). Su un altro versante, nella produzione filosofico-letteraria, dove è ancora efficace l'impronta di L. Blaga (v. App. I, p. 284), si segnala l'apporto di C. Noica (1909-1987), uno dei maggiori pensatori romeni (tradotto anche in Italia: Sette malattie dello spirito, 1994; Pregate per il fratello Alessandro, 1994). Nello stesso ambito, fra letteratura e filosofia, si muovono P. ÇTuçtea (1902-1993) e N. Steinhardt (1912-1989), scrittore quest'ultimo di forti convinzioni religiose (Jurnalul fericirii, "Il diario della felicità", 1990), divenuto noto soprattutto dopo la rivoluzione.

Bibl.: M. Popa, Dicçtionar de literatură română contemporană, Bucarest 1971; I. Negoiçtescu, Scriitori moderni, ivi 1976; A. Piru, Istoria literaturii române, ivi 1978; Scriitori români, a cura di M. Zaciu, ivi 1978; 30 poeçti români/30 poètes roumains, ed. bilingue, ivi 1978; E. Simion, Scriitori români de azi III-IV, ivi 1984-89; C. Ungureanu, Proza românească de azi III, ivi 1985; Nuovi poeti romeni, a cura di M. Cugno e M. Mincu, Firenze 1986; G. Grigurcu, Existençta poeziei, Bucarest 1986; M. Lovinescu, Unde scurte I, ivi 1990; Quinze poètes roumains, choisis par D. Tsepeneag, Parigi 1990; V. Ierunca, Subiect şi predicat, Bucarest 1993; M. Lovinescu, Seismograme, Unde scurte II, ivi 1993; M. Cugno, La poesia romena del Novecento (dal simbolismo alla generazione '80), Alessandria 1994.

Archeologia. - Le indagini sono proseguite in tutti i settori della ricerca archeologica, ma non si hanno dati sostanzialmente nuovi per la preistoria e l'età del Bronzo. Di recente è stata oggetto di grande valorizzazione la cultura di Suciu de Sus, che mostra un'evoluzione graduale verso lo Hallstatt con gli abbondanti ritrovamenti della necropoli tumulare di Lăpuş nel Maramureçs (oggetti in bronzo e ferro ma soprattutto ceramica, caratterizzata da grande varietà di forme e decorata con molta perizia, utilizzando scanalature, alveoli, protuberanze, excisioni e incisioni di motivi geometrici).

Alcune fortunate scoperte avvenute quasi contemporaneamente negli anni Settanta in Valacchia e Moldavia hanno molto arricchito la serie dei ''tesori'' della Tracia settentrionale, di cui sono ormai concordemente accettate l'attribuzione ai Geti e la cronologia generale, fissata fra la metà del 4° secolo a.C. e i primi del 3°. Si tratta di corredi funerari composti in gran parte di vasellame d'argento, armi e laminette per guarnizioni di finimenti e di abiti. Molti oggetti di questo tipo sono stati trovati a Peretu (Valacchia), in un calderone di bronzo sepolto davanti a una tomba a tumulo che conteneva anche deposizioni di cani e cavalli, mentre a Băiceni (Moldavia) si sono recuperati numerosi pezzi d'oro di un simile corredo smembrato. Altre tombe con materiali affini sono state segnalate a Găvani e Stînceçsti, sempre in Moldavia. Gli oggetti rientrano in tipologie già esemplificate localmente dal corredo della tomba di Agighiol e da vari reperti sporadici. I più rappresentativi sono i recipienti in metallo prezioso (brocchette e patere, lisce, baccellate, o con motivi vegetali), i pezzi di armatura da parata (caratteristico l'elmo a ogiva, con occhi apotropaici sul frontale e scene figurate sulle paragnatidi), le guarnizioni di finimenti (placchette sagomate a testa di animale, frontali con protome a tuttotondo, bottoni, applicazioni a giorno con cifre astratte e zoomorfe). Come materiale è usato specialmente l'argento, con dorature sulla decorazione. Le forme vascolari sono di origine iranica, ma mediate dalla Tracia meridionale; la decorazione, vistosa e disorganica, segue filoni paralleli, attingendo dallo stile animalistico i motivi zoomorfi preferiti per gli ornamenti di bardature, dall'arte greca e iranica i prototipi di qualche scena con personaggi e formule figurative di vario genere; altri temi, come la ''bestia vorace'', rifluiscono forse dall'Europa occidentale. L'origine di questa toreutica eclettica, diffusa soprattutto nei territori getici a nord dei Balcani, dalla Dobrugia all'alta Moldavia (ma ignota nella Dacia carpatica), non è ancora del tutto chiarita: probabilmente si tratta di una produzione suntuaria eseguita in gran parte da officine locali per i piccoli dinasti della zona.

La particolare e costante attenzione dell'archeologia romena per il cosiddetto ''La Tène geto-dacico'' ne ha ormai chiarito la vasta portata, gli aspetti originali e la capacità di adattamento delle sollecitazioni esterne alle proprie esigenze; fattori tutti che pongono questa cultura fra le più avanzate dell'Europa protostorica. Il suo aspetto saliente rimane l'insediamento fortificato in posizione dominante, che include di solito un complesso santuariale. Gli scavi di Feçtele Albe hanno esplorato un altro insediamento del genere, coevo a quelli ben noti di Blidaru, Costeşti, Sarmizegetusa, ecc., e ugualmente compreso nel sistema difensivo delle cittadelle daciche del massiccio di Oraştie. Si sviluppava su cinque terrazze con muri di contenimento imponenti, la prima occupata da case circolari con zoccolo in pietra, la terza da un santuario rotondo. I rinforzi in muratura rimangono una peculiarità delle cittadelle di Oraştie, ma impianti analoghi sono attestati anche fuori dal territorio carpatico. Di particolare interesse quello di Ocniçta in Oltenia, dove scavi recenti hanno rivelato un abitato protetto da un sistema di fortificazioni che si disponeva su tre alture, in parte sistemate artificialmente a terrazze. Sono state individuate tre fasi principali, fra il 2° secolo a.C. e gli inizi del 1° d.C. Una delle alture ha ricevuto assetto di acropoli, con vari edifici a carattere sacro e residenziale di cui è stato precisato il tracciato. Si segnalano un tempio rettangolare periptero e una costruzione quadrata con tre ambienti sotterranei, dov'è stata rinvenuta, fra l'altro, un'insolita maschera in bronzo. Fra i materiali di scavo hanno destato particolare interesse diversi frammenti ceramici con iscrizioni graffite, sia latine sia greche; alcuni recano il nome antico della località (Buridava). I graffiti riaprono il problema della conoscenza della scrittura nel mondo geto-dacico, già sollevato da un notissimo vaso di Sarmizegetusa su cui è stampigliata, in caratteri latini, l'iscrizione Decebalus per Scorilo, d'interpretazione controversa.

Per la Dacia romana, importanti risultati sono stati conseguiti dagli scavi di Ulpia Traiana Sarmizegetusa, dove l'esplorazione sistematica della zona a nord dell'anfiteatro ha rimesso in luce i resti di numerosi edifici di culto extramurari, ricostruiti più volte nel corso del 2° secolo. I più notevoli sono un santuario di Liber Pater e un Asklepieion che comprendeva diversi impianti in un'area recintata. Benché gli edifici siano quasi tutti molto semplici, alcune tipologie particolari rispecchiano il carattere composito della popolazione della provincia e il suo sincretismo religioso. Fra i sacelli dell'Asklepieion figura infatti un tempietto con veranda di tipo galloromano, mentre la pianta del tempio di Dioniso-Liber Pater, a triplice cella sul lato posteriore di una corte, riprende una soluzione particolarmente diffusa nelle province africane, di cui il culto era originario; un bacino collocato al centro della corte stessa implica peraltro anche l'uso rituale dell'acqua, qual era praticato in molti santuari di Dioniso, soprattutto di area greco-orientale e siriaca. La vivace attività artistica della Dacia romana è stata indagata sempre più ampiamente e con particolare attenzione alle peculiarità del provincialismo locale, di cui l'espressione forse più interessante è la scultura funeraria, notevole per gli elaborati sistemi decorativi delle stele e la vigorosa stilizzazione delle scene di banchetto, in forme che già preannunziano il tardoantico. Riguardo alla provincia romana della Mesia Inferiore merita di essere segnalata la fondazione del museo di Adamclisi (1977), dov'è raccolta tutta la decorazione scultorea del trofeo di Traiano. L'importante monumento continua ad alimentare controversie, sia sui problemi ricostruttivi, di cui sembra peraltro difficile arrivare a soluzione completa, sia sull'interpretazione degli avvenimenti storici raffigurati nel fregio a metope (forse rievocazione di una battaglia decisiva avvenuta sul posto, più che delle guerre daciche nel loro complesso).

Grande sensazione hanno suscitato le belle pitture parietali, perfettamente conservate, di una tomba a camera centinata del 4° secolo d.C., scoperta casualmente a Costanza nel 1988. La decorazione comprende una vivace scena di banchetto, sulla parete di fondo, e vari motivi di repertorio, distribuiti fra la lunetta sopra l'ingresso e il fregio che corre lungo le reni della volta. I soggetti (colombe al bacile, lepre che mangia l'uva, pavoni, fiori e alberelli) sono tutti legati ai temi del paradiso e della rinascita. La vivida policromia e la tecnica disinvolta (efficace specie nei ritratti dei banchettanti e nel rendimento naturalistico degli animali) fanno di questo complesso una delle più importanti testimonianze della pittura tardoromana nelle province.

Bibl.: H. Daicoviciu, Dacia de la Burebista la cucerirea romană ("La Dacia da Burebista alla conquista romana"), Cluj 1972; D. Berciu, Daco-Romania, Ginevra-Roma 1976; D. Tudor, Oltenia romană, Bucarest 19784; I daci, Roma 1979; AA.VV., Figured monuments from Sarmizegetusa, Oxford 1979; R. Florescu, Geto-dacii, Bucarest 1980; Id., Daco-Romanii, ivi 1980; D. Berciu, Buridava dacică, ivi 1981; La Dacia pre-romana e romana, i rapporti con l'impero, Roma 1982 ("Atti dei convegni Lincei", 52); P. Alexandrescu, Trésors thraces du nord des Balkans (I), in Dacia, n.s., 27 (1983), pp. 44-66; Id., Le groupe des trésors thraces du nord des Balcans, ibid., 28 (1984), pp. 85-97; L. Bianchi, Le stele funerarie della Dacia, un'espressione di arte romana periferica, Roma 1985; Id., Adamclisi. Il programma storico e iconografico del trofeo di Traiano, in Scienze dell'antichità, 2 (1987), pp. 427-73; AA.VV., Romanité de la Roumanie, Parigi 1993.

Architettura. - L'apertura al linguaggio architettonico moderno in R. si può far risalire all'opera di H. Creanga, il quale attorno agli anni Trenta svolse un ruolo di mediazione nel contrasto tra la cultura architettonica tradizionale e il programma razionalista (Hotel Carpati a Braçsov; Complesso Patria a Bucarest; edificio in boulevard Balcescu a Bucarest). Accanto a questi, l'altro interprete innovativo fu D. Marcu, autore della maggior parte degli edifici pubblici della capitale, come la presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato di stato per la pianificazione, l'Accademia militare e alcuni ministeri, nei quali andò attuando una rilettura del processo di composizione classico.

Nel dopoguerra il mutato regime politico-sociale, nel tentativo di assicurare al paese l'indipendenza economica, attraverso un'industria nazionale (1° piano quinquennale 1951-55), ha prodotto grandi conseguenze sul piano urbanistico-architettonico. Così, nell'ambito dello sviluppo dell'architettura dei paesi dell'Europa orientale, la R. ha assunto un ruolo particolare e specifico, sia per la sua lunga relazione con la tradizione francese nell'uso del cemento armato (l'opera di A. Perret vi ha avuto un forte influsso), sia, soprattutto, a causa di una pianificata evoluzione industriale, che ha comportato da un canto un'edilizia specifica e nuovi insediamenti collegati, dall'altro un fortissimo inurbamento, con tutte le conseguenze del caso.

L'inurbamento infatti ha comportato un crescente incremento degli insediamenti abitativi, sia verso nuovi centri urbani a carattere industriale, come Uricani, Petrila, Vulcan, Lonea, Victoria, Onesti, Gh. Gheorghiu Dej, sia verso l'espansione della capitale Bucarest, che maggiormente ha risentito di spostamenti demografici, raggiungendo i 2 milioni di abitanti. Per essa si è concepito, a partire dagli anni Cinquanta, un Piano speciale di sviluppo che ha visto la realizzazione di nuovi complessi residenziali: Bucuresti Noi (1953-54); Balta Alba, Drumul Taberei e Jul-Scinteia negli anni Sessanta. Più recentemente si sono avuti grandi nuovi quartieri: Titan (340.000 ab.); Taberei (200.000 ab.) e Percemi (200.000 ab.), che hanno posto il problema della relazione con il vecchio centro cittadino, per il quale già a partire dagli anni Sessanta ci sono stati interventi di ristrutturazione. Questi nuovi insediamenti sono prevalentemente caratterizzati da uniformità e monotonia dovute al sistema della prefabbricazione e a criteri pianificatori, impostati da appositi organi statali. Fra gli architetti impegnati su questo fronte si possono citare M. Bercovici, C. Gherghiceanu, C. Alifanti, I.D. Elian. Maggiore interesse dal punto di vista architettonico mostra invece il settore, anch'esso sviluppato, dei servizi sociali e delle strutture per il trasporto e la comunicazione. In esso più espressivo è stato il linguaggio architettonico, che si è sostanziato spesso del particolare e sapiente uso delle grandi coperture voltate o a gusci in cemento armato, tipico in R., e ha trovato i migliori interpreti in N. Porumbescu e C. Lazarescu.

Oltre all'impulso dato all'edilizia ospedaliera e sanitaria (ospedale di Gh. Gheorghiu Dej, 1965; ospedale di Suceava, 1966; diversi sanatori sulle coste del Mar Nero) e a quella di tipo rappresentativo (Palazzo della Repubblica di L. Popovici), molte realizzazioni hanno riguardato l'intensificarsi delle esigenze di carattere sociale e culturale, come le numerose Case della cultura in diverse città (Pitesti; Baia Mare), o, a scala più grande, l'Anfiteatro di Mamaia, il Teatro nazionale di Craiova e nella capitale il padiglione dell'Esposizione nazionale d'economia, gli edifici della Radio e della Televisione, il Teatro nazionale e soprattutto il Circo di stato di N. Porumbescu, un'arena coperta da una sottile volta in cemento armato, fortemente ondulata. Fra le ultime costruzioni (1985) con funzioni culturali si segnala a Bucarest la torre del Palazzo della Scienza e della Tecnica.

C. Lazarescu è la figura di maggior rilievo dell'architettura rumena contemporanea. Si è distinto anche come teorico e divulgatore, oltre ad aver ricoperto la carica di presidente dell'Unione degli architetti rumeni. Molte sue opere hanno riguardato l'intenso sviluppo in senso turistico e ricreativo nella zona costiera del Mar Nero, dove i centri più importanti (Mamaia, Costanza, Eforie N., Eforie S., Costinesti, Mangalia N., Neptum) si sono arricchiti di strutture. Oltre a diversi hotel e sanatori, Lazarescu ha progettato i centri ricreativi di Mamaia, Eforie N., Mangalia. Nella capitale le sue opere di maggior rilievo sono l'aeroporto di Otopeni, coperto con elementi a guscio, e il Palazzo dello Sport e della Cultura. Con l'Ambasciata rumena a Pechino, l'edificio amministrativo di Monrovia, il Parlamento del Sudan a Khartum, egli ha rappresentato l'architettura rumena al di fuori dei confini nazionali.

Bibl.: Aspetti dell'architettura rumena contemporanea, Catalogo della mostra di architettura rumena, Torino 1967; A. Mambriani, L'architettura moderna nei paesi balcanici, Bologna 1970; G. Ionesco, Histoire de l'architecture en Roumanie, Bucarest 1972; U. Kultermann, Zeitgenössische Architektur in Osteuropa, Colonia 1985.

Musica. - Attivo ancora fino ai primi anni Cinquanta, G. Enescu (1881-1955) è sicuramente il compositore la cui opera ha maggiormente influito sugli sviluppi della musica rumena del 20° secolo: delle sue composizioni apparse a partire dagli anni Trenta si ricordano particolarmente Edipo, opera teatrale, ultimata nel 1932, e nel 1936 rappresentata a Parigi con successo; Suite per orchestra (1938), Impressioni d'infanzia per violino e pianoforte (1940), Ouverture su temi popolari rumeni (1948), e ancora il poema sinfonico Vox Maris (1950) e la Sinfonia da camera per 12 strumenti solisti (1954). Di poco più giovane di Enescu è S. Dragoi (1894-1968), autore di Sciagura (1928), una delle più significative opere teatrali comparse in R. durante gli anni compresi fra le due guerre; accanto a Dragoi vanno ricordati M. Andricu (1894-1974), autore di sinfonie classiche, perfezionatosi a Parigi con G. Fauré e V. d'Indy, e M. Jora (1891-1971), maestro di molti dei più significativi compositori rumeni contemporanei.

Alla ''generazione di mezzo'', che comprende autori nati nel 20° secolo, le cui opere si collocano idealmente fra quelle di Enescu e le opere delle avanguardie sviluppatesi intorno agli anni Sessanta, appartengono Z.O. Vancea (n. 1900), T. Ciortea (n. 1903), allievo a Parigi di P. Dukas e N. Boulanger; S. Toduta (n. 1908), allievo a Roma di I. Pizzetti e A. Casella; P. Constantinescu (1906-1963), autore di un'importante opera comica, Una notte di temporale (1930); A. Mendelsohn (1910-1966), N. Petri (n. 1912), I. Dumitrescu (n. 1913), O. Varga (n. 1913), e G. Dumitrescu (n. 1914), considerato il creatore dell'opera storica romena, autore nel 1956 di Il principe Ion Voda il Terribile (1956); e ancora, di qualche anno più giovani, M. Kiriac (n. 1919), D. Bughici (n. 1921), D. Capoianu (n. 1929), A. Porfeyte (n. 1927) e T. Grigoriu (n. 1926).

Formatisi intorno agli anni Quaranta, i giovani compositori che, dopo la fine della seconda guerra mondiale, si affermano sulla scena musicale rumena si sono variamente orientati all'elaborazione di nuove forme compositive, richiamandosi a taluni degli sviluppi più significativi della ricerca musicale dell'Occidente, e ottenendo spesso, anche al di fuori del loro paese, importanti riconoscimenti.

Oltre a L. Profeta (n. 1925), C.P. Basacopol (n. 1926), R. Paladi (n. 1927), W. Berger (n. 1929) e D. Constaninescu (n. 1931), si ricordano in particolare A. Vieru (n. 1926), dal 1955 insegnante di composizione al conservatorio di Bucarest, che nel 1963 ha ricevuto il premio ''Regina Maria José'' a Ginevra, e che nelle sue composizioni usa tecniche aleatorie e strumenti elettronici: sono di quest'ultimo periodo le opere teatrali Iona (1976), The punishment (1980), e il trittico Telegram, There and variations, Pedagogue of the new school (1983); e P. Bentoiu (n. 1927), che nel 1968 ha ricevuto il premio Italia della RAI, autore dell'opera teatrale Amore medico (1966), dell'opera radiofonica Il sacrificio di Ifigenia (1968), e ancora dell'opera Amleto (1971), della Seconda e Terza Sinfonia (1974 e 1976) e del Quartetto per archi (1983).

Accanto a questi occorre ricordare alcuni giovani compositori che alla fine degli anni Sessanta si perfezionarono a Darmstadt, seguendo i corsi di K. Stockhausen, G. Ligeti e B. Maderna: fra loro S. Niculescu (n. 1927), A. Stroe (n. 1932), T. Olah (n. 1928), D. Popovici (n. 1932), M. Mitrea-Celerianu (n. 1935) e A. Hrisanide (n. 1936).

Niculescu ha seguito, oltre ai corsi estivi a Darmstadt di Ligeti e Stockhausen (1966-68), i corsi di musica elettronica a Monaco tenuti da M. Kagel: ha composto Sinfonia per 15 solisti (1963), l'Omaggio a Enescu e Bartok per orchestra (1982) e Per tre, trio per archi (1985). Stroe dal 1962 insegna al conservatorio di Bucarest: tra i suoi primi lavori figurano Arcade, per 11 strumenti (1962), e Musique pour Oedipe à Colone, per mezzosoprano, coro e orchestra (1963); successivamente ha composto 10 Pezzi pastorali, per clavicordo e organo elettronico (1978), e ancora Orestia I (1978) e Orestia II (1983). Olah è autore, oltre che di Colonna senza fine, per grande orchestra (1962), e di Studio per spazio e ritmo, per tre gruppi di percussioni (1964) − parti di un ciclo dedicato allo scultore romeno C. Brancusi −, delle composizioni orchestrali Armonii I-III, composte fra il 1975 e il 1978. Popovici ha composto le opere teatrali Mariana Pineda (1969), Interrogatorio all'alba (1975), e La notte più lunga (1978), e inoltre la cantata La leggenda dell'allodola, per orchestra (1981), e La vittoria dell'adempimento, per coro e orchestra (1986). Mitrea-Celerianu, anch'egli specializzatosi a Darmstadt, ha lavorato nel 1968-69 a Parigi presso il ''Groupe de recherches musicales de l'ORTF'' con P. Schaeffer e H. Pousseur: agli anni Settanta appartengono Piano de Martin, per 5 strumenti, 5 esecutori ed elettrofoni, e Prerive, per violino, clarinetto, flauto e percussioni. Hrisanide, allievo di N. Boulanger, è autore di Volumes-Inventions per violoncello e pianoforte (1963), di Du soir venant, per clarinetto basso (1975), e di Ad perpetuam rei memoriam, per orchestra (1976).

Delle composizioni più significative fra la metà degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, si ricordano qui il Concerto per pianoforte e orchestra (1978) e il Concerto per 2 pianoforti e percussioni (1983) di N. Brindus (n. 1935); il balletto Ulysse (1973) di L. Glodeanu (1938-1978); l'opera-balletto Sul modello della Mioritza, tratta da una ballata popolare (1973), Sinfonia a II-a ''Orizzontale'' (1980), Studi atemporali con nastro (1980), e Sinfonia a III-a ''Lo sguardo dei colori'' (1982) di C.D. Georgescu (n. 1938); Jeu des sens, musica sperimentale "per orecchi occhi mani naso bocca" (1973-74), e NATURAL, "musica spaziale" (1973-74), di O. Nemescu (n. 1940); Piano-Miroir per pianoforte e computer (1978), Musique climatique per organo elettronico, percussioni e voce recitante (1979), e Nuages-Nuages, per sintetizzatore (1982), di C. Miereanu (n. 1943).

Bibl.: L. Grigorovici, Tour d'horizon über die moderne Musik in Rumänien, in Melos, 1968, pp. 60-64; V. Tomescu, Hinweis auf Rumänien, ibid., 1972, pp. 92-93; V. Tomescu, Histoire des relations musicales entre la France et la Roumanie, Bucarest 1973; G. Firca, Die rumänische Musik um 1900, Berlino 1974, pp. 410-11; P. Derossi, Romania, in Dizionario Enciclopedico della Musica e dei Musicisti, iv, Torino 1984, pp. 131 ss.

Cinema. - Le prime due opere di fiction realizzate in R. risalgono agli anni Dieci e appartengono entrambe allo stesso regista, G. Brezeanu. Si tratta di un mélo sentimentale, Amor fatal (Amore fatale, 1911), e di un film storico, Razboiul Independentei (La guerra d'indipendenza, 1912). La produzione successiva, affidata totalmente all'iniziativa dei singoli, si limitò a pochi titoli, dividendosi, durante gli anni Venti e Trenta, tra il genere sentimentale − Pacat (Il peccato, 1925) di V. Bieganski, Lia (1927) di J. Mihail − e quello tutto particolare del western storico: Ianu Janu (1928), di H. Igirosanu, Chemarea dragostei (Rapsodia romena, 1932) di Mihail. Nel 1934 nacque il Fondo nazionale del cinema, destinato a incentivare la produzione, cui si affiancò alcuni anni più tardi l'Ufficio nazionale cinematografico, istituzione più organica che riuscì con razionalità a pianificare la realizzazione di opere documentarie e di fiction. I primi risultati si videro a partire dagli anni Cinquanta, e si consolidarono nel decennio successivo. A fronte di una produzione che sul piano nazionale otteneva notevoli risultati, assai rari sono stati i riconoscimenti internazionali, negati a un cinema che spesso si è espresso attraverso film che uniscono elementi storici a leggende e tradizioni della Romania. Non mancano però le eccezioni, rappresentate in special modo da tre opere che possono essere annoverate tra le punte più alte del cinema est-europeo degli anni Sessanta: Diminetile unui baiat cuminte (Le mattinate di un ragazzo saggio, 1966), di A. Blaier; Padurea spinzuratilor (La foresta degli impiccati, 1964), di L. Ciulei, premio per la regia al festival di Cannes; Reconstituirea (La ricostruzione, 1969), di L. Pintilie.

Gli anni Settanta hanno visto la nascita di una nuova generazione di cineasti, che pur non abbandonando l'ispirazione legata alla cultura e alle tradizioni popolari riescono, dal punto di vista stilistico e tematico, a caratterizzare le proprie opere con importanti segni di novità. D. Pita, M. Veroiu, M. Daneliuc, A. Tatos, sono alcuni dei registi esordienti in questo periodo, che saranno presenti anche nel decennio che segue. A livello internazionale hanno raggiunto i risultati più alti Pita, autore tra l'altro di Concurs (Concorso, 1982) e Pas in doi (Paso doble, 1985), e Tatos, regista di Duios Anastasia trecea (Dolcemente, Anastasia passava, 1979) e Intunecare (Oscuramento, 1985), le cui opere sono state apprezzate in numerosi festival. Dopo il crollo della dittatura comunista (1989), il recupero della libertà d'espressione ha permesso ai maggiori talenti di rappresentare la drammatica situazione del paese. Hotel de lux di Pita, Patul con^jugal (Il letto coniugale) di Daneliuc, Ramânerei (Forgotten by God) di L. Damian, ecc., sono entrati in vivace polemica con il nuovo, ambiguo establishment post-comunista. L'incisività dello stile e l'ironia corrosiva sono prove della vitalità di un cinema impegnato a superare negli anni Novanta la crisi economica del cinema est-europeo.

Bibl.: M. Cernat, A concise history of Rumanian cinema, Bucarest 1983; Esteuropa '80. Opacità e trasparenze, a cura della Mostra internazionale del Nuovo Cinema, Venezia 1987; M. e A. Liehm, Les cinémas de l'Est, Parigi 1989.

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