HOWARD, Ron

Enciclopedia del Cinema (2003)

Howard, Ron (propr. Ronald William)

Simone Emiliani

Regista, attore e produttore cinematografico e televisivo statunitense, nato a Duncan (Oklahoma) il 1° marzo 1954. Inizialmente identificato soltanto con il personaggio di Richie Cunningham, il ragazzo dai capelli rossi e lentigginoso che interpretò nella popolare serie televisiva Happy days (1974-1980), si è rivelato invece dagli anni Ottanta regista capace di attraversare generi differenti con uno spirito che ricorda il grande cinema classico (e in particolare quello di Howard Hawks) sotto numerosi aspetti: nel mettere al centro della storia protagonisti-eroi fortemente umani nella loro normalità che si trovano spesso ad affrontare una sfida, una perdita (materiale e affettiva) o la minaccia di una perdita; nel comune atteggiamento nostalgico; nei temi della tolleranza e della diversità; nel lasciar emergere valori come il sacrificio, la lealtà e il coraggio. I movimenti della macchina da presa appaiono quasi invisibili, mai esibiti, tutti estremamente funzionali alla storia che viene raccontata. Con A beautiful mind (2001) ha vinto l'Oscar nel 2002 per il miglior film e la migliore regia.

Cresciuto in una famiglia di attori, apparve a soli diciotto mesi nel western Frontier woman (1956; Pellirosse alla frontiera) di Ron Ormond e altri, quindi fu ancora scritturato per il film The journey (1959; Il viaggio) di Anatole Litvak, mentre, dall'anno successivo, si sarebbe trasformato in una star grazie alla fortunata serie televisiva The Andy Griffith show, nel ruolo di Opie Taylor, che interpretò fino al 1968. H. è stato quindi uno dei tanti bambini prodigio del cinema hollywoodiano che però, a differenza di altri, nel corso degli anni è riuscito a non farsi schiacciare dagli spietati meccanismi produttivi. In particolare, si fece notare con il personaggio di Eddie, che spinge il padre vedovo verso un felice matrimonio, nella commedia The courtship of Eddie's father (1963; Una fidanzata per papà) di Vincente Minnelli. In seguito, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, intraprese gli studi alla Burrough High School a Burbank e alla University of Southern California, per poi dedicarsi totalmente allo spettacolo.

Dopo The Smith family (1971-72), serie televisiva di successo dove è uno dei figli del sergente Chad Smith (interpretato da Henry Fonda), raggiunse una notevole popolarità in tutto il mondo con il film American graffiti (1973) di George Lucas, nel ruolo di uno dei quattro teenager protagonisti, e soprattutto con un'altra famosissima serie televisiva, Happy days, che si ispirava al clima nostalgico del film di Lucas. Interpretò poi il turbolento figlio dello sceriffo in Eat my dust! (1976) di Charles B. Griffith (per cui entrò in contatto con Roger Corman), e il ragazzo orfano affascinato dal vecchio eroe, ultimo personaggio sostenuto da John Wayne, nel western crepuscolare The shootist (1976; Il pistolero) di Don Siegel (per il quale ebbe la nomination al Golden Globe come miglior attore non protagonista). Esordì quindi dietro la macchina da presa, grazie anche all'aiuto di Corman, con il road movie Grand theft auto (1977; Attenti a quella pazza Rolls-Royce), dove si ritagliò anche il ruolo del protagonista, un giovane che ruba una Rolls-Royce per amore. Fu ancora tra i principali interpreti di More American graffiti (1979; American graf-fiti 2) di Bill W.L. Norton, fiacco sequel del film di Lucas, prima di dirigere la commedia Night shift (1982; Turno di notte) e soprattutto Splash (1984; Splash ‒ Una sirena a Manhattan), favola romantica che narra la vicenda di un giovane (Tom Hanks) che riesce a salvare dalla curiosità dei terrestri una sirena di cui si è innamorato, e acquista così, per amore, la capacità di seguirla in fondo al mare. Il film, grande successo commerciale, mise in luce quegli elementi di 'fantascienza quotidiana' che H. sviluppò ulteriormente nel successivo Cocoon (1985; Cocoon ‒ L'energia dell'universo), opera sulla sintonia del rapporto tra umani e alieni (nella stessa direzione della fantascienza di Steven Spielberg), ma al contempo struggente e vitale ritratto della vecchiaia grazie anche al recupero di alcuni attori tra i più famosi della Hollywood 'classica', da Don Ameche a Hume Cronyn a Jessica Tandy. Nel frattempo, assieme all'amico produttore Brian Grazer, nel 1986 fondava una propria casa di produzione, l'Imagine Film Entertainment.Il tema della sfida, con il protagonista che si spinge oltre ogni limite per realizzare il proprio sogno, è al centro di Gung Ho (1986), sul rapporto/scontro tra un capo reparto di un'industria automobilistica della Pennsylvania e i membri di una multinazionale giapponese. La sfida è alla base anche di Willow (1988), fiaba prodotta da Lucas su un suo soggetto, in cui l'eroe è un nano che deve difendere una neonata, destinata a regnare, dagli attacchi omicidi di una perfida regina. Dopo la commedia corale Parenthood (1989; Parenti, amici e tanti guai), in cui gli ex giovani degli anni Settanta sembrano dover fare i conti con la propria quotidianità borghese, ha realizzato uno dei suoi film più riusciti, Backdraft (1991; Fuoco assassino), un noir mascherato da kolossal catastrofico, in cui H. mostra grande maestria nel lasciar emergere le oscure ambiguità dei protagonisti (un gruppo di vigili del fuoco) all'interno di un ri-tmo serratissimo, dove il fuoco (dopo l'acqua in Splash e Cocoon, e l'aria in Willow) è l'elemento naturale che assume una funzione essenziale nella vicenda. La terra vergine da conquistare è invece al centro del successivo Far and away (1992; Cuori ribelli), fiaba-western in 70 mm dal tono epico che ha per protagonisti due irlandesi in cerca di fortuna negli Stati Uniti di fine Ottocento. Il rapporto con il 'cinema classico dei generi' hollywoodiano si è rinnovato con The paper (1994; Cronisti d'assalto), film sul giornalismo scritto da David Koepp in cui la fusione tra realismo e melodramma richiama ancora sia il cinema di Hawks, sia Deadline ‒ U.S.A. (1952) di Richard Brooks; e con Apollo 13 (1995), tratto dal libro Lost Moon (1992) dell'astronauta Jim Lovell, sullo sfortunato viaggio sulla Luna, mai terminato, di tre astronauti, esempio tra i più radicali di 'fantascienza umanista'. Con Ransom (1996; Ransom ‒ Il riscatto), sul rapimento del figlio di un milionario corrotto da parte di un poliziotto, H. ha costruito un thriller incalzante ma dalle tonalità oscure, quasi funeree, dove emerge la disperazione dei personaggi. Con EDtv (1999), invece, storia di un commesso di una videoteca che accetta di essere ripreso in televisione 24 ore su 24, il regista, attraverso una struttura narrativa simile a quella di The Truman show (1998) di Peter Weir, ha saputo mostrare sia le possibilità sia soprattutto i limiti di penetrazione dello sguardo della macchina da presa. Ha poi diretto How the Grinch stole Christmas (2000; Il Grinch), altra favola sul 'diverso' (un peloso mostro verde misantropo che vive in una casa isolata in cima a un monte e decide di sottrarre il Natale ai suoi concittadini, ma poi si ravvede grazie all'incontro con una bambina), e A beautiful mind, sulla vita del matematico John Nash dal 1947 al 1994, opera caratterizzata dalle visioni oniriche del protagonista, che rappresenta un altro 'diverso' del cinema di H., e dove la struttura tipica del film biografico si intreccia con la spy story e con il genere fantastico.

Bibliografia

B. Kramer, Ron Howard. Child star & Hollywood director, Springfield (NJ) 1998; H. Marcovitz, Ron Howard, Philadelphia 2002.

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