ROSA

Enciclopedia Italiana (1936)

ROSA

Enrico CARRARA
Carlo GAMBA
Andrea DELLA CORTE

. Genere di piante della famiglia Rosacee (Linneo, 1737). Il numero delle specie spontanee è diverso, a seconda dei concetti e dei principî ai quali si sono ispirati gli studiosi nella loro delimitazione (secondo A. Engler, 100; secondo G. Hegi, 70; secondo S. Almquist, 380), ma si calcola comunemente che sia circa di un centinaio e la loro diffusione è limitata all'emisfero settentrionale, spingendosi alcune di esse fino sulle montagne dei tropici. Però la coltivazione, l'ibridazione, l'innesto hanno creato migliaia di forme di rose coltivate e di molte di esse è impossibile riconoscere esattamente la genealogia e la provenienza.

Il genere Rosa è caratterizzato dal ricettacolo foggiato a orciolo o a bottiglia, che porta al margine superiore 5 sepali, di cui due spesso pennatifidi, 5 petali grandi obcordati bianchi, rosei, rossi o gialli, numerosi stami, mentre nel suo interno sono inseriti numerosi carpelli, ognuno munito d'uno stilo: questi stili sono liberi o riuniti fra loro all'estremità superiore: frutto falso costituito dal ricettacolo, più o meno carnoso, rosso a maturità, coronato dagli avanzi del calice e degli stami, contenente numerosi achenî ossei coperti di peli radi, rigidi. Le rose sono arbusti aculeati con foglie sparse, per lo più pennato-composte, con stipole (eccetto la R. persica) saldate con il picciolo o libere.

Dato il grande polimorfismo delle specie di Rosa, anche allo stato spontaneo, la facilità con la quale s'ibridano anche in natura il loro studio è molto difficile e intricato (analogamente a quanto avviene per i generi Rubus, Hieracium, Mentha) ed è necessaria una profonda specializzazione.

Un raggruppamento sistematico delle principali specie di rose, secondo W. O. Focke, è il seguente:

Sottogenere I. Hultenia: foglie semplici sessili, astipolate. Vi appartiene solamente la R. persica Mich. (= R. simplicifolia Salisb.), che vive nelle regioni desertiche dalla Persia e Afghānistān fino alla Tartaria.

Sottogenere II. Eurosa: foglie imparipennato-composte, munite di stipole:

Sezione I. Suberectae: arbusti eretti o con alcuni rami pendenti. A questo gruppo appartengono le migliori rose da giardino, alla cui formazione hanno contribuito anche specie delle altre sezioni. La specie stipite più importante è la R. gallica L., alla quale si collegano R. damascena Mill., R. centifolia L., R. turbinata Ait., R. alba L., che probabilmente esistono solo allo stato coltivato. A questo ciclo di forme, delle quali la R. gallica costituisce il centro, appartengono tutte le rose da giardino a fiore pieno d'origine europea-orientale e specialmente le rose di Provenza, le centifoglie (ricordate da Teofrasto e da Erodoto), le rose Portland derivate dalla R. damascena L. fortemente spinose e ricche di fiori e le rose d'ogni mese, che sono forme ibride della stessa specie.

Esiste poi un altro gruppo di forme, del tutto indipendente da questo, che si trova nell'Asia orientale, che ha per capostipite la R. indica L., specie che sembra molto affine all'europea R. canina L. A questo gruppo, che ha originato molte rose da giardino, appartengono le rose del Bengala, le indiane di ogni mese, le rose cinesi e le rose tè. Dagl'incroci fra le rose coltivate dell'Europa e quelle dell'Asia orientale sono sorte altre forme colturali, fra le quali la rosa di Borbone.

Le rose Noisette si sono sviluppate dall'incrocio fra la R. indica e la R. moschata; la naturale lunghezza dell'epoca di fioritura della R. indica è stata ereditata dai suoi ibridi e si osserva nelle forme a lunga fioritura o che fioriscono due volte (rose rimontanti).

Fra le specie spontanee di questa sezione si ricordano: dell'Europa: R: gallica L. a fiori rossi, R. alpina L. a fiori rossi, nelle alte montagne, R. canina L. a fiori rosei che si spinge fino alla Siberia, e sembra che una forma di essa (R. Montezumae H. B. K.) esista anche al Messico; forme affini sono la R. glauca vill., R. dumetorum Thuill., R. coriifolia Fr., R. rubrifolia Vill., R. rubiginosa L., R. agrestis Savi, R. micrantha Sm., R. horrida Fisch.; R. pomifera Herrm. delle Alpi è coltivata spesso per i suoi grossi frutti simili a piccole mele; dell'Asia: R. lutea Mill. dai fiori gialli o aranciati, dall'Asia Minore all'Afghānistān, R. sericea L. del Himālaya e Cina occidentale, R. macrophylla Lindl. con numerose forme del Himālaya e Cina occidentale, R. laxa Retz. della Siberia; dell'America: R. virginiana Mill., R. nutkana Presl, R. californica Cham. et Schlecht.

Sezione II. Bracteatae: piante cespugliose con foglie munite di grandi stipole sfrangiate, frutti tomentosi, aculei appaiati. Questo gruppo comprende tutte specie dell'India settentrionale, della Cina e del Giappone e fra queste R. bracteata Wendl. e R. nricrophylla Roxb.

Sezione III. Banksianae: stipole piccole, frutti glabri. Qui troviamo le rose rampicanti della Cina meridionale fra cui la R. Banksiae R. Br., coltivata nella forma a fiore pieno bianco o giallastro, nell'Europa meridionale e in altri paesi caldi, e anche la R. laevigata Michx.

Sezione IV. Synstylae: forme rampicanti o avvolgenti. La R. repens Scop. dell'Europa centrale-occidentale ha le foglie caduche, la R. sempervirens L. della regione mediterranea le ha sempreverdi. Da queste due. specie a fiori bianchi derivano le rampicanti Ayrshire, che i giardinieri ibridano con le rose tè e con altre forme. Una specie robusta, parallela all'europea R. sempervirens, ma che vive nell'Africa settentrionale, Abissinia e India settentrionale, è la R. moschata Mill., le cui diverse forme sono lungamente rampicanti e si distinguono per le graziose infiorescenze ricche di fiori. Nei climi miti è molto coltivata la R. multiflora Thunb. dell'Asia orientale a fiori piccoli; è adatta invece agl'inverni aspri e rigidi la R. setigera Michx. dell'America settentrionale, detta la rosa della prateria, insieme con gli ibridi ottenuti dall'incrocio con le rose Noisette, la R. multiflora e altre specie.

Secondo F. Crépin il genere Rosa è distinto nelle seguenti 15 sezioni: Synstylae, Stylosae, Indicae, Banksiae, Gallicae, Caninae, Carolinae, Cinnamomeae, Pimpinellifoliae, Luteae, Sericeae, Minutifoliae, Bracteatae, Laevigatae, Microphyllae (cfr. Journ. Rou. Hortic. Soc. di Londra, ottobre 1889).

Le principali specie di rose spontanee nell'ambito della flora italiana sono: R. sempervirens L., R. arvensis Huds., R. canina L., R. tomentella Lem., R. micrantha Sm., R. agrestis Savi, diffuse più o meno largamente in tutto il territorio; R. glauca Vill., R. montana Chaix, R. rubrifolia Vill., R. villosa L., R. alpina L., R. pimpinellifolia L., che vivono sui monti nelle Alpi e negli Appennini; è endemica, perché limitata alle regioni più elevate delle Madonie in Sicilia, la R. Strobliana Burn. et Grml.; si trova solo nelle Alpi Marittime e in sicilia la R. sicula Tratt.

Forme coltivate. - Una classificazione pratica delle rose le divide in sarmentose (comunemente, ma erroneamente, dette anche rampicanti) e non sarmentose (dette anche non rampicanti).

Sono sarmentose: R. multiflora Thunb. (= R. polyantha Sieb. et Zucc.) e R. Wichuraiana Crép. della Cina e del Giappone; R. multiflora var. Thunbergiana e R. moschata Herrm. del Himālaya; R. Banksiae R. Br., R. bracteata Wendl., R. Fortuniana Lindl. et Paxt. e R. laevigata Michx. della Cina; R. Watsoniana Crép. del Giappone; R. gigantea Crép. della Birmania.

Non sono sarmentose: R. indica L. con le var. fragrans, maior, semperflorens (= R. benghalensis Pers.), R. xanthina Lindl., R. microphylla Roxb. e R. Soulieana Crèp. della Cina; R. canina L., R. rubiginosa L., R. gallica L., R. pimpinellifolia L. dell'Europa; R. centifolia L. del Caucaso e dell'Asia Minore; R. muscosa Ait. dell'Oriente; R. rugosa Thunb. del Giappone; R. Beggeriana Schrenck del Turkestān; R. lutea Mill. dell'Asia orientale; R. sericea Lindl. del Himālaya; R. berberifolia Pall. della Persia; R. californica Cham. et Schlecht. della California.

Un raggruppamento delle principali razze orticole è il seguente:

Rose tè (R. indica fragrans), sarmentose o no.

Rose ibride tè (R. indica fragrans × ibride rifiorenti), sarmentose o no.

Rose ibride rifiorenti (R. indica semperflorens × ?), sarmentose o no.

Rose Noisettiane (R. moschata × indica), sarmentose o no.

Rose borboniche: sono varietà dell'ibrido R. borbonica Red. (R. indica × gallica), sarmentose o no.

Rose poliante o multiflore (R. multiflora × ?), sarmentose o no.

Rose Pernettiane (R. lutea × ibride rifiorenti), non sarmentose.

Rose del Bengala: varietà della R. indica semperflorens, sarmentose o no.

Rose banksiane: varietà della R. Banksiae, sarmentose.

Rose muscose: varietà della R. muscosa Mill., non sarmentose.

Rose centifoglie: varietà della R. centifolia, non sarmentose.

Rose di Provenza: varietà della R. gallica, non sarmentose.

Coltivazione. - Le rose amano esposizioni soleggiate, ma si possono coltivare anche alla mezz'ombra o all'ombra, anzi l'ombra è raccomandabile nei climi molto caldi.

Quasi tutti i terreni sono adatti, ma saranno preferibili nelle zone settentrionali e umide i terreni sciolti, e nei paesi meridionali i terreni compatti. Qualunque sia il terreno, esso deve essere profondo, perché occorre lavorarlo profondamente (almeno a 50 centimetri) e fertile, facendo abbondanti concimazioni di letame quattro o cinque mesi prima della piantagione e mettendo, dopo piantate le rose, uno strato di letame decomposto da rinnovare ogni anno dopo la vangatura invernale.

La piantagione si fa all'inizio o alla fine dell'inverno, in novembre o in marzo: nel sud è preferibile piantare in novembre, perché gl'inverni sono miti e le estati caldissime, mentre al nord nei climi freddi si deve piantare a primavera. Questo vale per le rose da piena terra, perché quelle in vaso si possono piantare ; n ogni tempo, purché non si danneggi il loro pane di terra e quindi non soffrano le radici.

Però, prima della piantagione, bisogna mondare accuratamente le piante dalle parti guaste per evitare l'attecchimento di muffe o di marciume sulle ferite e quindi si deve eseguire l'incamiciatura, cioè immergere le piante dalle radici fino al colletto nei climi molto caldi, o fino alle ramificazioni nei climi molto freddi, in una poltiglia fatta di ¾ di terra argillosa ben crivellata e ¼ di sterco vaccino fresco, impastati con acqua in modo da formare una massa omogenea.

Le distanze alle quali si devono mettere gl'individui variano a seconda delle razze e del loro portamento; quanto alla profondità, è sufficiente che vi siano 10 cm. di terra al di sopra del palco superiore delle radici. Bisogna poi che la terra aderisca bene a tutte le radici, e perciò va compressa con forza.

Altra operazione importantissima è la potatura: questa differisce a seconda del portamento delle piante, cioè se siano cespugliose, o ad alberetto, o sarmentose a spalliera, sulle pergole o contro i tronchi d'albero.

La potatura delle rose cespugliose o ad alberetto si pratica due volte l'anno, una volta prima dell'inizio della vegetazione annuale (gennaio-marzo a seconda delle località), l'altra volta subito dopo la fioritura, e bisogna che i tagli siano fatti con metodo per evitare una potatura eccessiva, nel qual caso la pianta non fiorirà che scarsamente, o insufficiente, ché allora la fioritura sarà abbondante ma di qualità mediocre. Poiché le rose fioriscono solo sui getti erbacei annuali, il legno vecchio dovrà essere conservato solo in quanto sia strettamente necessario per costituire una specie di ossatura della pianta, cioè il sostegno dei rami giovani. Quindi, in inverno, una rosa ben tenuta deve presentarsi con i rami vicini cortissimi da cui si partono rami di due anni più o meno lunghi, sui quali sono inseriti numerosi altri rami che hanno fiorito nella precedente primavera-estate e quindi tutti superano i 5-10 mesi di età. I rami molto deboli devono esscre tagliati cortissimi, per favorire lo sviluppo delle gemme patenti o dormienti che esistono sempre alla base di ogni ramo; invece i rami mlto vigorosi dovranno esser tagliati lunghi così da lasciare 6 a 8 gemme ben formate, per avere getti non molto vigorosi, ma fioriferi. Però il taglio lungo deve esser praticato con la minore frequenza possibile, per evitare che i cespugli divengano troppo alti e quindi antiestetici.

Vi è poi il taglio medio, che si fa recidendo il ramo al di sopra della terza o quarta gemma: questo è il migliore per i rami di forza regolare.

La potatura estiva va praticata a mano a mano che i fiori appassiscono e consiste nell'asportazione di tutti i getti che hanno fiorito per evitare che avvenga la fruttificazione, che danneggerebbe la robustezza della pianta e nel ridurre l'altezza dei getti troppo alti per l'estetica del soggetto.

La potatura delle varietà sarmentose, a spalliera, ecc., è differente, perché in queste rose è necessario conservare molto legname vecchio per la lunghezza di 4-6 m. e su questi rami vecchi si lascia un vario numero di ramificazioni, rinnovando ogni tre o quattro anni le branche esaurite o difettose. Questo si pratica per le sarmentose delle rose tè o ibride di tè e forme affini: mentre per le banksiane la potatura consiste in una ripulitura annuale per togliere tutto il seccume, spuntare i rami troppo lunghi, ecc.

Le rose non richiedono troppa acqua durante la buona stagione: una certa siccità dopo la fioritura primaverile favorisce, nelle varietà rifiorenti, la fioritura autunnale, che nei nostri giardini del centro e mezzogiorno d'Italia e in quelli litoranei è importantissima, evitando i danni che al colore dei fiori arreca spesso il cocente sole di giugno. Però, se si comincia in estate a osservare il raggrinzimento della corteccia, bisogna innaffiare.

Nei giardini, con le rose si possono formare aiuole con forme a cespuglio o ad alberetto oppure mescolate con opportuni criterî fra loro: se si uniscono varietà diverse, bisogna ricercare uniformità di vigore e fioritura contemporanea, ma è più consigliabile usare esemplari di una varietà unica. È preferibile, in un giardino un po' vasto, riservare alle rose uno speciale appezzamento in modo da costituire un roseto.

Frequentemente le rose si mettono isolate sui tappeti erbosi: in tal caso bisogna preferire forme a grande alberetto (razze ibride borboniche, ad es.) o alberetti di sarmentose innestate molto alte (varietà di R. multiflora, Wichuraiana, Bairksiae, ecc.).

Masse di grande effetto o siepi ornamentali si ottengono con le forme cespugliose del Bengala. Per la copertura di muri e di pergole, sono da preferirsi le tè o ibridi di tè sarmentose, le noisettiane, le borboniche, ecc.; per i tronchi d'albero o le colonne le rose banksiane, le Wichuraiana e le corme sarmentose delle bengalensi e della multiflora.

La coltura in vaso è poco usata ed è limitata ai giardini troppo occupati da alberi, dove le rose non avrebbero posto convenientemente in piena terra: per le piante in vaso è necessario lasciare pochissimo legno e bisogna concimare abbondantemente e tenere le piante a pieno sole, annaffiando molto. All'epoca della fioritura è bene trasportare i vasi in luogo ombreggiato, salvo a riportarli nella loro abituale stazione dopo sfioriti. La terra deve essere formata da buon terriccio misto a sangue secco, cenere e perfosfato e si deve coprire sempre con letame semidecomposto.

La coltivazione in vaso è indispensabile per la forzatura delle rose in piccola scala, mentre nei grandi giardini e negli stabilimenti orticoli si costruiscono speciali stufe per la forzatura delle rose rifiorenti. Qui le piante si dispongono a dimora in aiuole ben concimate e si trattano come se fossero in piena aria, salvo che da ottobre in poi si riscaldano gli ambienti col termosifone e con innaffiamenti e concimazioni si mantengono in attività vegetativa; la fioritura avviene da gennaio a marzo. Nella buona stagione si aprono le serre, per far circolare l'aria liberamente, e a fine settembre si potano le piante e si vangano le aiuole: in ottobre ricomincia la forzatura.

Moltiplicazione. - Le rose si moltiplicano per talea o per margotta. Le talee, fatte da getti dell'anno ben lignificati, alla fine d'agosto o ai primi di settembre vengono messe in cassone con terriccio molto sabbioso. Sono lunghe 12-15 cm., s'interrano per 4-5 cm., si lasciano solo una o due foglie all'apice. Il cassone si tiene chiuso e innaffiato con abbondanza; dopo 10-12 giorni si comincia a dare aria, alzando le vetrate gradualmente. Alla fine dell'inverno si tolgono le talee radicate e si piantano in vasi o in vivaio e si mettono a dimora nell'anno dopo a novembre. Si possono, col metodo dell'incisione anulare della corteccia, preparare sulle piante delle talee verso il mese di luglio, che saranno tagliate nella potatura invernale e piantate in vivaio per essere messe a dimora nel novembre successivo.

Le margotte si preparano dopo la fioritura, su rami dell'annata: si mantengono sempre umide, si tagliano in autunno inoltrato mettendole in vaso o a dimora.

Nelle colture industriali di rose, che avvengono all'aperto in climi caldi, e in terreni aridi, poveri, calcarei, si rende indispensabile l'innesto, perché le varietà ottenute da talea e da margotta sono molto delicate e sviluppano un buon sistema radicale solo in ottime condizioni di clima e di terreno: se queste non sono favorevoli, le piante restano improduttive. Invece l'innesto praticato su soggetti vigorosi (uno dei migliori è la Rosa indica maior) ben adattati alle condizioni di ambiente, fa sì che i nesti non soffrano per le condizioni poco favorevoli.

Nei roseti industriali, se il terreno è molto povero, bisogna somministrare, come concimazione d'impianto, almeno 250 q. di letame maturato in concimaia per ha., se è più fertile da 180 a 200 q.; inoltre bisogna aggiungere nei terreni calcarei 1,5-2 q. di perfosfato e 1 quintale di solfato potassico, in quelli poco calcarei 2-2,5 quintali di scorie Thomas e un quintale di solfato potassico. All'inizio della vegetazione si somministrerà l'azoto sotto forma di nitrato di sodio in ragione di 1-1,5 q. per ha.

Non bisogna trascurare, soprattutto nelle annate umide, di solforare frequentemente e irrorare il roseto con poltiglia bordolese per prevenire le diverse malattie crittogamiche, specialmente la ruggine e il mal bianco.

Un buon roseto può durare, a seconda delle piante prescelte, in attiva produzione per 10, 15 o 20 anni.

Notizie storiche. - La più antica pianta di rose attualmente conosciuta è un individuo di Rosa canina che cresce presso il duomo di Hildesheim, col tronco di mezzo metro di diametro, che raggiunge un'altezza di circa 13 m.; alcuni vogliono che rimonti circa al 1050 dell'era cristiana. A Tolone esiste una Rosa Banksiae, piantata nel 1813, col tronco dello spessore di un metro e che porta non meno di 50.000 fiori all'anno, mentre una rosa tè innestata sul selvatico a Friburgo in Brisgovia copre una superficie di 90 mq. e porta annualmente oltre 10.000 fiori.

La coltivazione delle rose è stata diffusa per mezzo dei popoli indoeuropei dai loro paesi d'origine: in Persia i giardini di rose (gulistān) sono antichissimi, e celebri le rose di Shirāz, come antico è l'uso dell'olio essenziale dei loro fiori per profumo. E, secondo Erodoto, i Babilonesi hanno appreso la coltura di queste piante dai loro conquistatori medopersiani: invece è, dubbio che gli antichi Ebrei abbiano conosciuto questi fiori. Anche gli antichi Egiziani devono aver conosciuto le rose piuttosto tardi, perché le più antiche documentazioni risalgono al papiro medico di Berlino e ai geroglifici dei tempi di Rameśśêśe II. Presso i Greci le rose da giardino vennero introdotte dall'Asia Minore in Tracia e in Macedonia e la coltura delle rose passò in Italia per mezzo delle colonie greche. I giardini di rose (rosaria) sono descritti da Varrone e da Palladio, e all'epoca imperiale le rose erano coltivate anche nell'inverno in speciali serre e venivano dall'Egitto, perché rappresentavano il principale ornamento dei conviti, delle feste e delle cerimonie. Il pretore Verre si faceva portare in lettiga, adagiato sopra cuscini di petali di rose.

Le rose degli antichi Celti e Germani erano, come dimostrano i resti delle palafitte, rose selvatiche che crescevano nei territorî da loro abitati.

La diffusione delle rose orientali in Europa è dovuta molto probabilmente agli Arabi, ai Turchi e ai Crociati e la Chiesa cattolica favorì la coltivazione di questi fiori facendo di quello che già era il simbolo di Afrodite, di Iside, di Eros, il simbolo di Maria: rosa mystica.

L'introduzione su vasta scala della coltura delle rose in Bulgaria si deve nell'inizio del sec. XVIII a un mercante turco. Nel 1780 venne introdotta da Canton in Europa la rosa del Bengala, nel 1807 dalla Cina e dal Giappone la R. Banksiae e nel 1825 dalla Cina la rosa tè. Verso il 1800 in Francia la coltivazione delle rose assunse un grande sviluppo per merito dell'imperatrice Giuseppina e del botanico Bompland e da quell'epoca le rose costituiscono in tutti i paesi del mondo - ove il clima e le condizioni ambienti lo consentono - il principale e il più bell'ornamento dei giardini, e con i metodi colturali moderni quello che era il fiore simbolico della primavera si può ottenere in tutte le stagioni.

Utilizzazione pratica e prodotti. - Le rose anzitutto costituiscono una fonte importante di commercio per le piante e per i fiori recisi. Esistono numerosi stabilimenti specializzati per la coltivazione delle rose, ove si cura in modo particolare la selezione, l'ibridazione, l'innesto e si ottengono continuamente nuove forme.

Ma l'utilizzazione industriale più importante delle rose è data dalla distillazione dei petali dei fiori di alcune varietà particolari per l'estrazione dell'olio essenziale (oleum rosarum) usato in profumeria e in medicina.

L'olio di rose è usato da tempo antichissimo, tanto che è ricordato nell'Iliade quando venere cura le ferite di Ettore, ma in quei tempi non si operava la distillazione e si usava far macerare i petali dei fiori nell'olio per estrarne l'essenza. La vera distillazione, come pure la coltivazione delle rose su vasta scala, ha preso origine principalmente in Persia e già nella prima metà del sec. IX d. C. ogni anno oltre 30.000 bottiglie di acqua distillata di rose venivano dal Farsistān mandate sul mercato di Baghdād e da qui erano inviate in Cina, in India, in Arabia, in Egitto, nell'Africa settentrionale occidentale e in Spagna. Nel Medioevo però le rose, in Persia e in Mesopotamia, erano distillate soprattutto col vino. La distillazione delle rose, per opera degli Arabi e anche dei crociati, venne introdotta anche nell'Europa occidentale. Ma la vera essenza di rose fu conosciuta più tardi. La separazione dell'essenza di rose dall'acqua distillata fu eseguita per la prima volta in Europa, circa nel 1580, da Rossi e Della Porta.

Vaste coltivazioni di rose (R. damascena forma trigintipetala) possiede la Bulgaria con una produzione da 10 a 20 milioni di kg. di rose, da cui si ottengono da 3000 a 6000 kg. di essenza, perché in media da 3000-4000 kg. di petali si ottiene un kg. di olio essenziale: anche altri paesi balcanici coltivano rose da essenza, come pure tali coltivazioni si trovano in Persia, India, Egitto, Tunisia, Marocco, Algeria, nella Francia meridionale, in Inghilterra, in Germania, sulla Riviera ligure e nella zona di Fondi nel Lazio. Vi sono varie sorta commerciali di olio di rose che differiscono più o meno notevolmente fra di loro per la composizione chimica, soprattutto per la variazione del contenuto in alcoli, in geraniolo e in citronellolo: olio di Bulgaria, di Francia, di Grecia, di Germania, di Russia, d'Italia, delle Indie, ecc.

Nell'antichità e nel Medioevo vennero usati come cosmetico e in medicina acqua di rose, sciroppo di rose, miele rosato, giulebbe di rose, aceto e vino rosato.

Sono usati anche, specialmente nella medicina popolare, i frutti (Cynorrhodon, Fructus Cynosbati) delle rose: da essi dopo lunga cottura si può ottenere una bevanda di odore e gusto vainigliato.

La Farmacopea italiana prescrive i petali di rosa rossa (R. gallica L.), l'acqua di rose e il miele rosato.

Malattie e cause nemiche. - Fra gli animali soprattutto gli insetti arrecano danni alle rose. Le specie del genere di Cinipidi Rhodites con le loro punture determinano galle sui germogli e sui frutti: fra queste sono da ricordare quelle dovute al Rhodites rosae (chiamate in francese e nelle altre lingue europee bédéguar, con parola proveniente dal persiano), che venivano usate in medicina medievale per la cura dei calcoli, del gozzo e dei vermi intestinali. È assai dannosa la vespa Hylotoma rosarum; il fusto e i rami sono forati dalle larve di Ardis bipunctata e di Monophadnus elongatus. I giovani germogli vengono attorcigliati dalle larve di Ardis plana. La Blennocampa pusilla produce l'arrotolamento delle foglie; la Megachile centuncularis asporta dalle lamine delle foglie dei pezzi circolari, tagliati con mirabile regolarità.

Sono molto dannosi specialmente ai giovani germogli e ai bottoni fiorali gli afidi Siphonophora rosae e S. rosarum, che si combattono con una soluzione di sapone con legno quassio e l'Aspidiotus rosae. Altri insetti producono galle sulle foglie, sui fiori (Clinodiplosis rosiperda), sui frutti (Spilographa alternata); molti coleotteri (Melolontha, Rhizotrogus, Phyllopertha, Hoplia, ecc.) si nutrono con le foglie delle rose o con i petali dei fiori (Cetonia aurata, ecc.). Le larve di alcuni coleotteri, specialmente Elateridi, attaccano le radici, mentre larve di specie di Otiorrhynchus perforano il legno dei fusti e dei rami e quelle di Peritelus griseus divorano le gemme. Anche le larve di alcune farfalle arrecano danni più o meno gravi specialmente alle foglie e ai germogli.

Dei funghi è molto frequente la ruggine Phragmidium subcorticium o Phr. rosarum; altre specie congeneri sono più rare. Comunissimo è il mal bianco, ricordato da Teofrasto, e dovuto alla Sphaerotheca pannosa, che danneggia i germogli e i giovani bottoni fiorali e che si combatte con le polverizzazioni di fiori di zolfo o di una miscela zolfocalcica. La Botrytis cinerea produce il marciume dei bottoni e dei peduncoli fiorali. Sono dannose anche la Peronospora sparsa, il Coniotlyrium Wernsdorffiae, l'Actinonema rosae. Invece numerosi Ascomiceti e funghi imperfetti che vivono sui rami e sulle foglie adulte sono innocui.

Il cancro delle rose non sembra sia di natura parassitaria, come pure l'inverdimento dei fiori, che si osserva in molte forme coltivate.

V. tavv. XXXIII e XXXIV.

Bibl.: Ch. Naudin, H. Jamain e E. Forney, Les roses, Parigi 1873; Th. Nietner, Die Rose, ihre Geschichte, Arten, Kultur, ecc., Berlino 1880; W. Paul, The Rose-garden, Londra 1888; id., Supplement, ivi 1888-98; id., Roses and Roseculture, 11ª ed., Londra 1910; A. Forster-Mellin, The book of the Roses, 4ª ed., Londra 1910; E. Willmott e A. Pearsons, The Genus Rosa, ivi 1910 segg.; K. Kopfmann, Rosen, 2ª ed., Berlino 1914; J. W. Goverts, Die Rose, Lipsia 1914-1920; Société nationale d'Horticulture de France, Les plus belles roses au début du XXe siècle, Parigi 1916; P. C. Cochet e S. Mottet, Les Rosiers, ivi 1925; S. C. Hubbard, Kultur, ecc., Berlino 1880.

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