MATÉ, Rudolph

Enciclopedia del Cinema (2004)

MATE, Rudolph

Alessandro Cappabianca

Maté, Rudolph (propr. Matéh, Rudolf)

Direttore della fotografia e regista polacco, nato a Cracovia il 21 gennaio 1898 e morto a Los Angeles il 27 ottobre 1964. Tra i grandi operatori del cinema mondiale, gli si deve, tra l'altro, la fotografia di La passion de Jeanne d'Arc (1927; La passione di Giovanna d'Arco) e di Vampyr (1931) entrambi diretti da Carl Theodor Dreyer. Emigrato a Hollywood, divenne regista di alcuni noir, western e melodrammi di buon livello.

Polacco di nascita, ma nomade per vocazione, dopo gli studi compiuti a Budapest fu introdotto nel cinema dal produttore Alexander Korda. Spinto dal suo interesse per la fotografia, passò in Francia e in Germania, dove nel 1924 cominciò la carriera collaborando con un altro grande operatore, Karl Freund, per Mikaël (1924; Michael o Desiderio del cuore) di Dreyer, girato in Germania. Nel rapporto con Dreyer si verificò evidentemente una particolare consonanza di sensibilità, perché la collaborazione continuò a lungo: fu anche grazie alla straordinaria abilità tecnica di M. infatti che Dreyer poté sviluppare in La passion de Jeanne d'Arc tutte le potenzialità dell'illuminazione dei volti in primo piano, incisi nello scultoreo stagliarsi del loro realismo, e sperimentare, in Vampyr, suggestivi effetti di flou, in una luce crepuscolare, incerta tra notte e giorno; oltre alla particolare mobilità della macchina da presa, che si muove con l'agilità e la fluidità di un ente incorporeo.

In Francia, M. fu direttore della fotografia per René Clair in Le dernier milliardaire (1934; L'ultimo miliardario), lavorando in collaborazione con Louis Née. Nel 1935 si trasferì negli Stati Uniti, a Hollywood, dove illuminò in collaborazione con Gregg Toland il film di Howard Hawks (ma qualche scena fu girata da William Wyler) Come and get it (1936; Ambizione), e i film di Wyler (Dodsworth, 1936, Infedeltà), King Vidor (Stella Dallas, 1937, Amore sublime), Alfred Hitchcock (Foreign correspondent, 1940, Il prigioniero di Amsterdam), Ernst Lubitsch (To be or not to be, 1942, Vogliamo vivere), Charles Vidor (Gilda, 1946). A proposito di quest'ultima opera, famosa anche per la presenza prorompente di Rita Hayworth, è interessante segnalare la riflessione di un altro grande direttore della fotografia, Nestor Almendros, che amava far risaltare singolari concordanze stilistiche tra la sequenza dei giocatori di dadi in Gilda e quelle del processo in La passion de Jeanne d'Arc di Dreyer: l'accostamento appare paradossale, ma serve a sottolineare come, grazie a un elemento stilistico 'forte' come la fotografia e alla ricchezza di contributi che caratterizzano un'arte composita come il cinema, emergano impreviste somiglianze anche nel cuore di prodotti nati secondo metodi e intenzioni radicalmente differenti.

Dopo aver codiretto con Don Hartman, nel 1947, la commedia It had to be you (L'uomo dei miei sogni), M. passò definitivamente alla regia nel 1948, dirigendo il notevole The dark past (All'alba non sarete vivi), uno dei primi esempi di noir psicanalitico. Altro eccellente noir dalle atmosfere d'incubo è D.O.A. (1950; Due ore ancora), ispirato a un film tedesco del 1931 di Robert Siodmak (Der Mann, der seinen Mörder sucht, sceneggiato da Billy Wilder) che virava più sul versante comico. Questa eredità 'tedesca' di M., legata a lontane suggestioni espressioniste e segnata da quasi naturali propensioni al noir, non ebbe però uno sviluppo adeguato. La sua carriera fu in seguito decisamente segnata dall'eclettismo, ed egli si dedicò, tra alti e bassi, ai generi più diversi, a volte mescolandoli, con una propensione per il melodramma. Nella sua filmografia vi sono western (Branded, 1951, Il marchio di sangue; The violent men, 1955, Uomini violenti), gialli (The green glove, 1952, Il guanto verde), film d'avventura (The prince who was a thief, 1951, Il principe ladro; The black shield of Falworth, 1954, Lo scudo dei Falworth; The rawhide years, 1956, I corsari del grande fiume, tutti con Tony Curtis; The Mississippi gambler, 1953, L'avventuriero della Louisiana, con Tyrone Power), perfino fantascienza (When worlds collide, 1951, Quando i mondi si scontrano); ma è costante la presenza del filone melodrammatico (No sad songs for me, 1950, Non siate tristi per me; Paula, 1952). Incrocio tra mélo, noir e western è Second chance (1953; Duello sulla Sierra Madre) con Robert Mitchum, tra mélo e film bellico The deep six (1958; Acque profonde), mentre una vera e propria apoteosi di melodramma delirante è Miracle in the rain (1956; Incontro sotto la pioggia) con Jane Wyman.Negli ultimi anni della carriera anche M. passò attraverso la melanconica trafila di alcuni film trascurabili (in genere peplum) girati in Italia.

Bibliografia

H. Luft, in "Films in review", October 1964; "Film comment", Summer 1972.

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