DELLA PORTA, Ruffino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989)

DELLA PORTA, Ruffino

Giancarlo Andenna

Nacque a Piacenza nella seconda metà del sec. XII. Nel 1199 insegnava, con il consanguineo Guglielmo, diritto civile in Bologna, come risulta da un documento riportato dal Muratori e datato 11-12 ott. 1199, nel quale Guglielmo e Ruffino Della Porta si impegnavano, con un giuramento prestato nelle mani del podestà di Bologna, Uberto Visconti, a non insegnare in altre città la scienza del diritto civile.

È qui necessario operare una breve digressione al fine di chiarire, sulla base delle argomentazioni del Gloria, un equivoco in cui sono incorsi, nelle loro opere sulle università di Padova e di Bologna, il Colli e il Sarti. Essi sostennero che il D. fosse da identificare con il Ruffino "decretorum doctor", che insegnò diritto canonico a Bologna sino al 1222, che in seguito si trasferì a Padova, ove morì dopo il 1226, e a cui si deve una Summa Decretorum scritta avanti il 1190. Tale identificazione non può essere sostenuta, sia perché il D. era specializzato in diritto civile e non in diritto canonico, sia perché egli si allontanò ben presto dall'insegnamento per intraprendere la carriera politica.

Nel 1207il D. fu eletto dai suoi concittadini console del Comune di Piacenza, in un momento di particolare tensione: la città era infatti da alcuni mesi sottoposta all'interdetto lanciato dall'autorità ecclesiastica in seguito alla decisione delle autorità comunali di sottoporre ad imposizioni fiscali anche le proprietà immobiliari del clero. A causa della resistenza opposta dal vescovo a tali provvedimenti, erano avvenuti gravi disordini, durante i quali erano stati occupati e danneggiati i possedimenti ecclesiastici del contado. Nel febbraio del 1207 le due parti in lite accettarono una proposta di accordo che di fatto sanciva la vittoria della Chiesa piacentina, fortemente appoggiata dallo stesso pontefice. Il D. e gli altri consoli si impegnarono a non esigere né imporre tasse ai chierici ed alle proprietà degli enti ecclesiastici, a risarcire i danni provocati e a restituire in pristino stato i beni usurpati. La durezza delle clausole fece ritardare l'approvazione formale dell'accordo sino al termine del mese di luglio, quando il pontefice ordinò, dal canto suo, di togliere l'interdetto. Inoltre durante le prime settimane di consolato, il D. e i suoi colleghi, per mantenere fede ad un trattato politico-militare con Pavia, dovettero ordinare la distruzione del castello di Virde, che in quel momento era custodito dai Piacentini. Non erano stati lusinghieri successi quelli ottenuti durante il suo primo incarico pubblico, tuttavia l'anno successivo il D. fu eletto per rappresentare il Comune di Piacenza tra i rettori della Lega di Lombardia.

In tale veste, il 16 giugno egli si trovò nel palazzo vecchio del Comune di Milano insieme con gli altri rettori, inviati dalla medesima Milano, da Brescia, da Bologna, da Vercelli e da Alessandria, per giurare un patto di alleanza ventennale, che prevedeva la salvaguardia dei diritti ottenuti con il privilegio di Costanza, l'impegno di difendere la città di Alessandria - a cui si garantivano i privilegi e le consuetudini approvate da Federico I - e l'obbligo di reciproco sostegno in caso di pericolo militare. Il D., come rettore rappresentante di Piacenza, giurò, ponendo tuttavia una eccezione: la sua città avrebbe rispettato i patti della lega, fatti salvi però gli obblighi che le derivavano dagli accordi in precedenza stretti con Milano con gli abitanti di Bobbio e con i Pavesi: nonché le clausole della tregua d'armi, ancora operante, con i Parmensi, con i Cremonesi e con la Comunità di Borgo San Donnino. Aggiunse, inoltre, che non si impegnava a far giurare i patti della lega ai suoi concittadini e chiedeva pertanto che questo argomento fosse posto in discussione nel successivo congresso dei rettori della medesima lega.

Scaduto questo mandato politico, il D., alla cui preparazione giuridica si aggiungeva ormai l'esperienza diplomatica, seguì come "iudex et assessor" il concittadino Uberto Visconti, che era stato chiamato a reggere per la seconda volta la carica di podestà di Bologna. Ritornato in patria, è nuovamente ricordato in un atto diplomatico piacentino dell'11-12 sett. 1212, quando, in qualità di rappresentante del Consiglio maggiore della città, assistette a un giuramento dei consoli di Piacenza. Questi ultimi si impegnavano a rispettare un trattato di alleanza firmato il 9 settembre con il Comune di Milano ed i marchesi Guglielmo e Corrado Malaspina. Nel 1217 il D. ricoprì la carica di console di giustizia nella città natale e il 25 maggio di quello stesso anno intervenne all'accordo di pace tra Piacenza e il Comune di Vercelli; nei patti si specificava che il podestà piacentino non avrebbe dovuto intromettersi nella questione di Robbio, connessa con lo scontro tra Vercelli e Pavia, né nella vicenda di Casale Sant'Evasio, località che avrebbe dovuto restare distrutta per, ordine dei Milanesi, dei Vercellesi e degli Alessandrini. Prometteva inoltre di non aiutare i nobiles dissidenti di Paciliano, né di favorire gli Eporediesi, in quanto alleati dei Pavesi, negli accordi di pace.

All'inizio del 1223 fece parte, ancora come "iudex et assessor", della familia del podestà di Genova, il milanese Spino da Soresina. Non si hanno, allo stato attuale delle nostre conoscenze, notizie sul D. posteriori a questa data.

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