RUFFO, Fulco Giordano, principe di Scilla

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

RUFFO, Fulco Giordano, principe di Scilla

Silvio de Majo

RUFFO, Fulco Giordano, principe di Scilla. – Nacque a Scilla l’11 luglio 1773 da Fulco (1749-1803), principe di Scilla, e da donna Carlotta della Leonessa (1746-1838).

Primogenito, alla morte del padre ereditò il titolo insieme a quelli di principe di Palazzolo, duca di Guardia Lombarda, marchese di Licodia, conte di Sinopoli, conte di Nicotera, barone di Calanna e Crispano. Dal dicembre 1829 fu insignito dal re di Spagna del titolo di duca di Santa Cristina, a cui teneva molto, perché lo aggiungeva alla sua firma assieme a quello di principe di Scilla.

Esponente di una delle più importanti famiglie aristocratiche del Regno di Napoli, ebbe incarichi diplomatici e politici di rilievo, che non derivavano da una particolare attitudine in quei campi o da specifici studi, ma dalla sua fedeltà alla Corona e dalla supina accettazione dell’assolutismo regio. Nella prima parte della sua vita tuttavia si occupò soprattutto, pur risiedendo a Napoli, della gestione dei suoi sette feudi, di cui cinque in Calabria, dove cercò di portare avanti insieme al padre varie trasformazioni agrarie. Incontrò problemi per la diminuzione delle rendite feudali a fronte di cospicui aumenti delle spese, per un fedecommesso primogeniturale che gli imponeva di pagare alte doti alle sue quattro sorelle ancora nubili e vitalizi ai due fratelli maschi, e infine per l’eversione della feudalità, che lo privò di diritti proibitivi e altri corpi feudali; tutto ciò lo costrinse a una vita sociale modesta e ad accumulare debiti su debiti, che si aggiunsero a quelli aviti.

Il 23 gennaio 1798 sposò Maria Felice Alliata (1783-1842), figlia del principe di Villafranca. La coppia ebbe numerosi figli, alcuni dei quali morirono prima del padre: Carlotta (1799-1850), Fulco (1801-1848), che fece una discreta carriera diplomatica (attribuita da qualche autore al padre a causa della quasi assoluta omonimia), Giuseppina (1803-1872), Fabrizio (1806-1840), Guglielmo (1808), Beniamino (1810-1872), Isabella Francesca (1823-1888).

Durante il Decennio Ruffo restò a vivere nel Regno di Napoli, ma non si compromise con il governo francese per cui sul finire del 1815 Ferdinando I lo nominò ambasciatore straordinario in Spagna. Iniziò il suo servizio solo nel luglio del 1816 e restò a Madrid fino al novembre 1820, occupandosi soprattutto di questioni non rilevanti sotto l’aspetto politico: era possibile in virtù della colleganza tra le due corti unite da strettissimi rapporti di parentela, poiché il re di Spagna era nipote di primo grado di Ferdinando I e fratello di Maria Isabella, moglie del principe Francesco (il futuro Francesco I). Pertanto, nella fitta corrispondenza con costoro, oltre a riferire degli accadimenti rivoluzionari in America Latina, delle «mire ostili del Portogallo sulle province americane appartenenti alla Spagna» (Archivio di Stato di Napoli, Archivio Borbone, f. 353), delle incursioni dei pirati barbareschi, si occupava in particolar modo dei rapporti privati fra le due famiglie reali: scambi di doni e altre cortesie, eventuali accordi matrimoniali. In particolare, Ruffo dedicò molti mesi alla preparazione del matrimonio della primogenita di Francesco e Maria Isabella, Luisa Carlotta, non ancora quindicenne, con il fratello minore del re di Spagna, Francesco di Paola, celebrato nell’aprile 1819.

Nel 1821, dopo la parentesi costituzionale, fu inserito da Ferdinando I nel Consiglio di Stato composto da cinque membri. In questa circostanza fu giudicato dall’ambasciatore austriaco Karl Ludwig von Ficquelmont «homme nul de moyens» (Il Regno delle due Sicilie, 1937, I, p. 82). Dopo alcuni anni senza incarichi, sul finire del 1829 fu inviato in Spagna per trattare il matrimonio – celebrato nel dicembre – tra la principessa Cristina, figlia di Francesco I, con suo zio, il re di Spagna Ferdinando VII, rimasto vedovo per la terza volta.

Tornato a Napoli, nel febbraio 1831 rifiutò la nomina di ambasciatore a Roma adducendo difficoltà economiche dovute ai debiti e alle vertenze giudiziarie in corso con innumerevoli creditori e la necessità di restare nella capitale del Regno «fino a che non saranno finite le molte liti [..] per ricuperare qualche cosa dell’antico vistoso patrimonio di mia famiglia» (Archivio di Stato di Napoli, Archivio Borbone, f. 353).

Nel 1832 fu inviato alla corte di Torino per i capitoli matrimoniali tra Ferdinando II e la principessa Maria Cristina di Savoia. Nel prosieguo degli anni Trenta non ebbe incarichi importanti, da lui reclamati per rimpolpare le sue magre rendite. Nel 1834 fu presidente del Real Istituto di incoraggiamento delle scienze naturali; nel 1837 fu commissario plenipotenziario per il matrimonio del fratello del re, Leopoldo conte di Siracusa, con la principessa Maria Vittoria di Savoia. Nel marzo del 1840 Ferdinando II lo nominò ministro degli Esteri in sostituzione di Antonio Statella, principe di Cassaro, «che era venuto in urto col Re, essendosi rifiutato di firmare una nota da presentare al plenipotenziario inglese a Napoli, Temple, sulla questione degli zolfi siciliani» (Galasso, 2007, p. 549), il cui commercio Ferdinando II aveva affidato a una società francese, incontrando la ferma opposizione inglese e minacce di intervento armato. La sua nomina fu criticata dall’ambasciatore francese Joseph Othenin Bernard de Cléron, conte d’Haussonville, perché a suo avviso non apportava «dans l’exercice des ses nouvelles fonctions aucune des qualités que les circonstances exigent» (Le relazioni diplomatiche, 1973, p. 230). Nei mesi successivi condusse le trattative con gli ambasciatori inglese e francese per comporre la vertenza, ma senza mostrare nessuna autonomia rispetto a Ferdinando II, limitandosi a fare da tramite tra i diplomatici stranieri e il sovrano. Si occupò ancora per alcuni anni di «questo noioso affare [che] non finirà mai» (Archivio di Stato di Napoli, Archivio Borbone, f. 1106), come scrisse nel marzo 1843, a proposito degli indennizzi che spettavano alla società francese penalizzata dal ritorno al monopolio inglese sugli zolfi.

Negli anni successivi svolse il suo incarico senza grandi meriti; nel 1846, in occasione del conclave che elesse Pio IX, indirizzò all’ambasciatore napoletano a Roma l’indicazione di non ingerirsi nell’elezione del nuovo pontefice. La rivoluzione del 1848 rappresentò la fine del suo mandato, quando aveva ormai settantacinque anni.

Nonostante i problemi economici fu un grande collezionista d’arte e – insieme al padre – tra fine Settecento e primi decenni dell’Ottocento riunì una importante collezione di dipinti a Napoli, che rinverdiva la passione che aveva spinto i suoi avi Tiberio e Guglielmo più di un secolo prima a fare altrettanto nel castello di Scilla.

Morì a Napoli il 18 aprile 1852.

Fonti e Bibl.: Fondamentale è la consultazione, presso l’Archivio di Stato di Napoli, dell’Archivio Borbone che conserva le lettere con i sovrani o altri membri della famiglia reale dal 1816 al 1850 (353, 354, 819/II, 1105, 1106) oltre che delle carte dell’archivio di famiglia, su cui si rimanda a R. Orefice, L’Archivio privato dei Ruffo principi di Scilla, Napoli 1963. Notizie anagrafiche e genealogiche sono reperibili sul sito Enciclopedia genealogica del Mediterraneo, http://www.genmarenostrum.com/ pagine-lettere/letterar/Ruffo/Ruffo%20di%20scilla.htm (22 ottobre 2016). La bibliografia riporta scarse notizie su di lui e riferite soprattutto al periodo in cui fu impegnato nella carriera diplomatica: Il Regno delle due Sicilie e l’Austria. Documenti dal marzo 1821 al novembre 1830, a cura di R. Moscati, I-II, Napoli 1937, ad indices; Le relazioni diplomatiche fra la Francia e il Regno delle Due Sicilie, II serie, 1830-1848, a cura di A. Saitta, II, 6 gennaio 1836 - 3 dicembre 1840, Roma 1973, ad ind.; F. Curato, Il regno delle Due Sicilie nella politica estera europea 1830-1859, Palermo 1995, ad indicem. Sul periodo feudale, l’amministrazione dei suoi beni e le relative difficoltà economiche: G. Caridi, La spada, la seta, la croce. I Ruffo di Calabria, Torino 1995, ad indicem. Sul periodo francese: U. Caldora, Calabria napoleonica (1806-1815), Napoli 1960, ad indicem. Sul suo ruolo nel conclave del 1846: E. Cipolletta, Memorie politiche sui conclavi da Pio VII a Pio IX compilate su documenti diplomatici segreti rinvenuti negli Archivi degli Esteri dell’ex Regno delle due Sicilie, Milano 1863, pp. 224, 229, 231 s. Sulla questione del conclave e del commercio degli zolfi siciliani: G. Galasso, Storia d’Italia, XV, 5, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno borbonico e risorgimentale (1815-1860), Torino 2007, ad indicem. Sui Ruffo collezionisti di opere d’arte esiste una vasta bibliografia, di cui si segnala lo studio più recente: A.M.A. Marino, Sulle origini delle collezioni Ruffo di Scilla e su un dipinto di Michele Ragolia, in Collezionismo e politica culturale nella Calabria vicereale borbonica e postunitaria, a cura di A. Anselmi, Reggio Calabria 2012, pp. 267-281.

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