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scienze sociali Il comportamento dell’individuo nella società in cui vive, in relazione alla posizione che vi occupa. È una categoria concettuale che media fra il livello della società e quello dell’individuo, e quindi fra la sociologia e la psicologia, e denota generalmente le aspettative di comportamento associate a un definito status, o posizione sociale.

Presente con alcune oscillazioni di significato nella letteratura sociologica fin dagli anni 1920 (R.E. Park, E.W. Burgess), il concetto di r. acquista una connotazione precisa a opera di G.H. Mead e di R. Linton intorno alla metà degli anni 1930. Mead ha posto l’accento sulla consapevolezza individuale del giocare un r., distinguendo fra assunzione di un solo r. da parte del bambino che gioca e assunzione differenziata di più r.; quando si è raggiunto, nel gioco, il secondo stadio, allora si è compiuto il passo decisivo che conduce a prendere coscienza della propria individualità. Linton, dal canto suo, ha indagato la natura del r. definita «aspetto dinamico dello status»: se lo status costituisce un «insieme di diritti e doveri», il conformarsi a tali diritti e doveri costituisce l’assolvimento di un ruolo. La più recente letteratura psico-sociologica e antropologico-culturale ha variamente sviluppato le linee d’analisi implicate dalla teoria di Mead o da quella di Linton; in particolare, gli studiosi che si collocano sul versante psicologico (T.R. Sarbin, D.S. Jones, R.H. Turner) hanno accentuato l’aspetto della capacità di adattamento individuale ad assumere il r. connesso a posizioni sociali diverse, mentre i sociologi e alcuni antropologi (T. Parsons, R.H. Merton, S.F. Nadel) hanno messo in rilievo piuttosto l’aspetto dello status come variabile indipendente del ruolo. Così Merton ha sottolineato come spesso un determinato status comporti più di una relazione sociale e quindi imponga al soggetto di conformarsi a r. complessi non sempre definibili unitariamente né univocamente. Ciò consente di spiegare su basi sociologiche i frequenti conflitti di r. percepiti dall’individuo. Sui conflitti di r. è disponibile una letteratura socio-psicologica ampia e articolata che sfocia nella teoria generale del conflitto e dell’integrazione sociale. teatro La funzione che un attore, in base alla sua attitudine a interpretare una determinata parte, ha normalmente in una compagnia teatrale e per estensione la parte che un attore o un personaggio ha in un’opera teatrale, cinematografica, radiotelevisiva o anche narrativa.

Nella commedia dell’arte si distinguevano fra i r. il primo attore e la prima attrice assoluta e sola per le parti più importanti, la seconda donna (quasi sempre rivale della prima); il primo attore giovane e corrispondente femminile, per quelle d’amore, detti anche amoroso (se sciocco, mamo) e amorosa (talvolta, ingenua); il tiranno nella tragedia e il padre nobile nella commedia, per le parti di uomini maturi, poi fusi nel caratterista che, quando coglie tutti i toni, diventa promiscuo; un gradino più sotto, il generico primario (detto anche primo attore in parrucca); generico (generichetto) è la qualifica d’entrata per parti indeterminate ma sempre di poco rilievo; il brillante era dapprima un buffo, le cui qualità comiche connaturate al suo aspetto fisico aderivano ai generi allora in voga della farsa e della pochade. Nel teatro del 20° sec. queste categorie hanno assunto una fisionomia sempre più elastica, fino quasi a scomparire.

Giochi di r. Giochi in cui i partecipanti sono chiamati a simulare e a drammatizzare particolari situazioni, reali o immaginarie, ciascuno immedesimandosi in un personaggio. Si possono definire un’evoluzione, sviluppatasi nei primi anni 1970 negli USA, dei giochi di simulazione strategica, a loro volta derivati dai giochi da tavola. Da questi ultimi, infatti, caratterizzati dalla presenza di regole fisse e precostituite (per es. monopoli), si passa, negli anni 1950, ai giochi di simulazione strategica, nei quali si concede al giocatore di procedere secondo la propria visione tattica e intelligenza nell’ambito di una battaglia storica meticolosamente ricostruita. Nel gioco di r. questa concessione all’iniziativa personale del giocatore raggiunge il massimo livello: in atmosfere medievaleggianti o fantasy, lo svolgimento è impostato da un capogioco, detto master, che introduce l’ambientazione e contribuisce a creare i profili dei personaggi che i partecipanti al gioco scelgono di propria iniziativa (guerrieri, maghi, elfi, nani, ladri, chierici). I personaggi, che collaborano tutti alla riuscita dell’impresa ideata dal master, possono decidere come comportarsi, per es. scegliendo una strada piuttosto che un’altra, combattendo con la spada invece che con la lancia, preferendo la fuga o lo scontro. Il prototipo dei giochi di r. è Dungeons and Dragons («prigioni sotterranee e draghi»), del 1974.

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