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SACRAMENTALI

di Enrico Rosa - Enciclopedia Italiana (1936)
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SACRAMENTALI

Enrico Rosa

. Si chiamano così, per una analogia con i sacramenti, alcune cose o azioni dalla Chiesa istituite e consacrate a fine di produrre certi effetti specialmente spirituali, come l'impetrazione di grazie attuali - non della grazia abituale che si ha nei sacramenti - la virtù di fugare il demonio, ossia vincere lo spirito del male, e l'impetrazione di benefizî anche temporali.

Alcuni di questi effetti seguono per l'intrinseca efficacia o destinazione dell'atto stesso (ex opere operato) come quello della tonsura fa che il tonsurato venga senz'altro inscritto nel clero; altri dipendono dalla cooperazione del fedele, come la remissione delle colpe, anche veniali, la quale suppone sempre il pentimento, e già da S. Agostino è attribuito alla preghiera del Pater noster (Enchirid., 71: Delet omnia haec oratio minima et cotidiana peccata).

I sacramentali, siccome costituiti per l'autorità della Chiesa, non per la semplice pietà dei fedeli, sono considerati da Graziano nelle sue Decretali, e già per antica tradizione teologica e ascetica si riducono a sei ordini o classi di cose o di azioni, riepilogate nel verso: "Orans, tinctus, edens, confessus, dans, benedicens".

Il primo è dunque l'orazione, specialmente il Pater noster, e poi altre preghiere prescritte dalla Chiesa o nella Chiesa solennemente recitate; il secondo è l'aspersione dell'acqua benedetta, l'imposizione delle sacre ceneri, il rito dell'unzione regia e simili; il terzo sono i pani o altri cibi benedetti; il quarto la confessione pubblica o recita del Confiteor, che si fa prima della Messa o dell'Ufficio divino, o l'atto di confessarsi peccatore innanzi al penitenziere, come si costuma in Roma ricevendone la benedizione; il quinto la elemosina, massima quella prescritta in particolare dalla Chiesa; l'ultima è la benedizione data da vescovi, abati, e altri sacerdoti, in fine della Messa, della Comunione o durante altre funzioni ecclesiastiche.

Fino al sec. XIII non occorre il nome di sacramentalia, ma di sacramenta minora, come presso Abelardo e Ugo di S. Vittore; il quale ultimo li distingue dai sacramenta maiora o principalia, in ciò che non sono necessarî alla giustificazione, ma altri utili alla santificazione, altri alla preparazione del sacramento, siano atti o cose sacre, come l'agnello pasquale, il cero benedetto, ecc., siano parole, come le formule delle preghiere liturgiche, ecc. (De sacram., L. 2, c. 9). Il concetto fu poi elaborato da S. Tommaso (Summ. theol., III, q. 65, art. 1; q. 88, art. 3) che già parla di sacramentalia ("cose sacramentali") non causative della grazia, che è l'effetto del sacramento, ma dispositive, o rimovendone l'ostacolo o inducendo una positiva idoneità o indiretta disposizione. E non ne accerta il numero, come neppure il Bellarmino (De sacram. in genere, II, 29), né il Valencia, né altri, fino al sec. XVII; si può dire anche secondo alcuni teologi, che tutte le cose benedette, o piuttosto le benedizioni o consacrazioni, gli atti del culto, i riti o cerimonie sono "sacramentali", in un vero senso, quali cose sacre, segni o simboli di qualche cosa di sacro. L'ultima formulazione della dottrina sui sacramentali è quella data dal Codex Iuris Canonici, lib. III, tit. VIII, che li considera in più stretto senso, giuridicamente, come "cose o azioni, di cui la Chiesa, con una certa imitazione dei sacramenti, suole fare uso per ottenere, mediante la loro impetrazione, effetti specialmente spirituali" (can. 1144). Perciò, di diritto, la Sede apostolica sola può costituirli o interpretarli autenticamente, abolirne alcuni o mutarli; di essi è legittimo ministro l'ecclesiastico, che ne abbia facoltà dall'autorità ecclesiastica competente; il vescovo, di solito, per le consacrazioni; per le benedizioni il semplice sacerdote; ma è necessario per la validità l'uso della formula prescritta dalla Chiesa, ecc. (can. 1145 segg.).

Bibl.: Codex Iuris Canonici, canoni 1144-1153; B. Oietti, Synopsis rerum moralium et iuris pontificii, Roma 1912 (ivi, col. 3501, un'ampia bibliografia); F. Probst, Sakramente und Sakramentalien in den drei ersten Jahrhunderten, Tubinga 1872; I. Widmer, Über das Wesen, Bedeutung und Anwendung der Sacramentalien, Sarmenstorf 1839; G. Arendt, De Sacramentalibus, Roma 1910.

Vedi anche
rito Il complesso di norme che regola lo svolgimento di un’azione sacrale, le cerimonie di un culto religioso. Suo connotato essenziale è l’imprescindibilità da un ordinamento preesistente alle singole azioni sacre; diversamente si possono avere manifestazioni soggettive di religiosità, non riti. 1. Caratteri ... sacraménti sacraménti Nella dottrina cattolica, segni sensibili ed efficaci, istituiti da Gesù Cristo per la santificazione degli uomini. I sacramenti della Chiesa cattolica sono sette: battesimo, cresima (o confermazione), eucaristia, penitenza, unzione degli infermi, ordine sacro, matrimonio. Altre confessioni ... ecumenismo Il complesso di progetti e sforzi per l’unità dei cristiani (più spesso movimento ecumenico). Già dal Medioevo, in seguito alle divisioni manifestatesi in seno al cristianesimo, ci furono tentativi d’unione, come quelli con le Chiese orientali ai Concili di Lione (1245 e 1274) e soprattutto di Ferrara-Firenze-Roma ... agnus Dei Formula liturgica, adattamento delle parole evangeliche (Giovanni 1, 29) «Ecce agnus Dei, ecce qui tollit peccatum mundi», pronunciate da Giovanni Battista all’indirizzo di Gesù.  ● Fu introdotta nella messa solenne dal papa Sergio I (m. 701) per essere cantata durante la frazione del pane eucaristico. ...
Vocabolario
sacramentale
sacramentale (ant. sagramentale) agg. e s. m. [dal lat. tardo sacramentalis, der. di sacramentum «sacramento»]. – 1. agg. a. Nella religione cattolica, di un sacramento, relativo a un sacramento o derivante da un sacramento: rito s.; confessione...
sacramentalità
sacramentalita sacramentalità s. f. [der. di sacramentale], non com. – Carattere sacramentale: s. di un rito, di una funzione, di una formula rituale.
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