LEAVITT, Sam

Enciclopedia del Cinema (2003)

Leavitt, Sam (propr. Samuel)

Stefano Masi

Direttore della fotografia statunitense, nato a New York il 6 febbraio 1904 e morto a Woodland Hills (California) il 21 marzo 1984. Notevole operatore della Hollywood degli anni Cinquanta e Sessanta, fu legato al gusto figurativo della fotografia di studio, fondata sul trionfo della messa in scena e sulla ricostruzione integrale degli ambienti. Ne è una prova il suo ottimo lavoro in alcuni musical classici, ma anche in film che mescolano abilmente fotografia di studio e riprese on location, come l'antirazzista The defiant ones (1958; La parete di fango) di Stanley Kramer, per il quale vinse l'Oscar nel 1959.

Si avvicinò al cinema a metà degli anni Venti, lavorando presso gli studi di New York della Paramount Pictures dall'inizio degli anni Trenta come operatore alla macchina, spesso nella troupe del direttore della fotografia Joseph Ruttenberg, ma anche con Hal Mohr. Nel 1944 si trasferì a Hollywood, dove fu ingaggiato dalla Metro Goldwyn Mayer; per tutti gli anni Quaranta lavorò nella troupe di Harry Stradling Sr, soprattutto nei musical di George Sidney, Vincente Minnelli e Charles Walters. Conquistò piuttosto tardi lo status di direttore della fotografia, grazie alla richiesta che proveniva dalla televisione nei primi anni Cinquanta, quando filmò la serie I love Lucy. Ma ben presto ritornò al cinema, lavorando come freelance; dopo il noir The thief (1952; La spia) di Russell Rouse, illuminò tra il 1953 e il 1958 numerosi film d'azione di Don Siegel. Il 1954 fu l'anno che lo consacrò nel ristretto novero dei grandi operatori, grazie alla sua rilettura della fotografia del musical per due film di grande successo popolare, il tradizionale A star is born (è nata una stella) di George Cukor e l'anticonformista Carmen Jones di Otto Preminger, che si fece notare per i suoi arditi movimenti di macchina. Con Preminger girò ben sei film; se per due di essi venne candidato all'Oscar (Anatomy of a murder, 1959, Anatomia di un omicidio, ed Exodus, 1960), vanno anche ricordati i bianchi e neri fortemente contrastati di The man with the golden arm (1955; L'uomo dal braccio d'oro) e di Advise and consent (1962; Tempesta su Washington). Vicino all'ambiente della cultura progressista, si ritrovò spesso coinvolto in progetti cinematografici arditi, soprattutto per quel che riguarda la battaglia contro il razzismo, come in due film di Kramer nei quali fotografò Sidney Poitier, The defiant ones e la commedia Guess who's coming to dinner (1967; Indovina chi viene a cena?). Negli anni Settanta, ormai vicino al termine della sua carriera, tornò al piccolo schermo, illuminando una serie di TV movies per la regia di Jack Smight.

Fra gli altri registi con i quali lavorò, da ricordare Arthur Hiller, Jacques Tourneur, Lewis Milestone, J. Lee Thompson, Sam Peckinpah.

Bibliografia

D. Hammond, Behind the camera on 'The man in the glass booth', in "American cinematographer", 1975, 6, in partic. pp. 664-65, 700-02.

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