FRANCESCO Saverio, Santo

Enciclopedia Italiana (1932)

FRANCESCO Saverio, Santo

Pietro Tacchi Venturi

Nacque il 7 aprile 1506 nel castello di Xavier nell'alta Navarra, sesto figlio di Maria de Azpilcueta e di Giovanni de Jassu. Mortogli il padre (1515) e vistosi rovinato il patrimonio per la fedeltà della sua famiglia allo spodestato re Giovanni d'Albret, si recò a Parigi (1525) allo studio delle arti allogandosi come cameriste portionniste nel collegio di Santa Barbara, ove il suo ingenito aborrimento dal vizio e l'amicizia del beato Pietro Fabro, suo compagno di stanza, valsero a preservare la purezza della sua condotta pur nel turbinio di quelle migliaia di studenti, per ogni altra cosa celebri fuorché per la castigatezza del vivere. Creato maestro in arti (1530) e ottenuta una lettura di filosofia nel collegio di Beauvais, s'incontrò con Ignazio di Loiola (v.), allora studente. Costui, schivato dapprima dal giovane professore, se non anzi sprezzato quasi fanatico asceta, riuscì a poco a poco ad entrargli in grazia e ad attirarlo nell'orbita delle sue aspirazioni d'apostolato cristiano, tanto che il 15 agosto 1534 lo ebbe seco compagno nel voto di pellegrinare in Terra Santa e di mettersi a disposizione del pontefice, se il passaggio colà venisse impedito. Si diede allora in Parigi agli studî della teologia, proseguendoli sino al novembre 1536, quando con otto compagni mosse verso l'Italia, e qui, ricevuti a Venezia il 24 giugno 1537 gli ordini sacri, celebrò la prima messa. Nell'aprile del 1538, fu chiamato a Roma dal Loiola per deliberare se quel suo manipolo di chierici parigini, come il popolo li chiamava, avesse a costituirsi in ordine religioso (v. compagnia di gesù); risoluto che sì, F., senza attenderne la solenne confermazione del pontefice, il 16 marzo 1540 lasciò Roma per le Indie, inviatovi da Paolo III con autorità e poteri di nunzio apostolico. Dal Portogallo approdò in Goa, il 6 maggio 1542, e subito iniziò in Oriente quel suo decennale apostolato, vasto, intenso, rapido, pieno di singolari avventure e di opere prodigiose: dalla costa di Pescheria al Travancore e a Cochin (1542-1545); da Cochin a Ceylon (febbraio settembre 1545), da Ceylon alle Molucche (settembre 1545-1547); da queste nuovamente per più di un anno (1548-1549) nell'India, e dall'India un'altra volta a Malacca. Di lì il 24 giugno 1549 su un piccolo "giunco", con due compagni gesuiti e tre neofiti giapponesi, fece vela per il Giappone, giungendo a prender terra a Kagoshima il 15 agosto 1549, primo missionario cristiano in quelle regioni. Per quanto desiderasse recarsi immediatamente a Kyōto, fu costretto a soffermarsi tredici mesi in Kagoshima, dove fondò una piccola comunità. Da Kagoshima nel settembre 1550 s'avanzò a Hirado, Yamaguchi, e fino a Bungo, in ognuno dei quali centri fece neofiti, circa duemila in tutto. La sua mira però era pur sempre alla Cina, ritenendo che, una volta predicato e accettato in essa il Vangelo, il Giappone sarebbe divenuto presto cristiano. Quindi, nella seconda metà del novembre 1551, ritornò nell'India e, nel febbraio dell'anno seguente, raggiunta Goa, ottenne dal viceré che fosse preparata un'ambasceria del Portogallo all'imperatore cinese. Rinavigò con essa fino a Malacca, ove approdò sul cadere del maggio 1552; ma il capitano Alvaro de Ataide mandò a vuoto l'ambasceria. Non vinto F. da questo inatteso colpo di scena, si fece allora (agosto 1552) trasportare sulla sterile e inospite isola di Sanciano, dieci chilometri lungi dal continente cinese. Per più di tre mesi attese ivi una qualsiasi imbarcazione che lo portasse sul continente; ma alla fine di novembre fu colpito da una forte polmonite; morì tutto solo il 3 dicembre o, secondo alcuni moderni, il 27 novembre 1552. Il 16 marzo 1554 la sua salma incorrotta fu trasportata solennemente in Goa.

Nella storia della propagazione del cristianesimo questo apostolo dell Indie e del Giappone può essere posto accanto all'apostolo delle genti. Paolo V nel 1619 dichiarò F. Saverio beato, Gregorio XV il 12 marzo 1622 lo proclamò santo, e Pio X nel 1904 lo diede patrono all'Opera della propagazione della fede.

Fonti: Fondamentali per la vita del santo sono le sue lettere criticamente ripubblicate nel testo originale nei Monum. Xaveriana, Madrid 1899-1900, I (serie dei Mon. hist. Soc. Jesu) e quelle dei suoi compagni di missione in Selectae Indiarum epistolae nunc primum editae, Firenze 1881.

Bibl.: A. Valignani, Historia del principio y progreso de la Compañía de Jesús en las Indias orientales, in Mon. Xaver., I, pp. 2-199; L. Frois, Die Geschichte Japans (1549-1578) tradotto dal portoghese e pubblicato da G. Schurhammer e E. A. Voretzsch, Lipsia 1926. Le antiche biografie del santo scritte dal Tursellini (1596), dal Lucena (1600), dal Bartoli nell'Asia (1653), dal Bouhours (1682) ritengono i loro pregi anche dal punto di vista storico, ma non sono immuni da leggende ed iperboli. Tra gli storici del nostro secolo ci diedero lavori veramente critici J. M. Cros, Saint François de Xavier, sa vie et ses lettres, Tolosa 1900, e A. Brou, Saint Franåois Xavier, 2 voll. Parigi 1912, nel quale ultimo (I, pp. x-xvi) si trova una scelta bibliografia delle opere di coloro che, anche fuori del campo cattolico (come H. Hass, J. Murdoch, Isoh Yamagata, H. Boehmer), trattarono dell'apostolato saveriano in India e in Giappone.

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