CREARA, Santo Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

CREARA (di Creario, a Creario, Creario, Crearius, Chrearius, de Crearijs, Chreari), Santo (Sante) Giovanni

Marina Repetto Contaldo

Primogenito di Giovanni Battista di Panfilo, "beretàr" (cappellaio), e di Caterina figlia di Orfeo Antegnati, costruttore e suonatore d'organi di origine bresciana, nacque in San Giovanni in Valle a Verona, dove fu battezzato il 3 nov. 1571 (Rognini, 1973).

Secondo quanto ha dimostrato il Rognini (1984), il nome "fochejolus" o "de Fochegiolis", che compare talora nei documenti accanto a quello dei Creara e nella firma del dipinto raffigurante La consegna delle chiavi di Verona a Gabriele Emo nella Loggia di Fra Giocondo a Verona, non è un soprannome derivato dall'attività di costruttori di stufe esercitata in antico da qualche membro della famiglia, come finora supposto, ma il vero cognome della famiglia stessa, sostituito poi da quello oggi più noto di Creara, assunto da Giovanni Battista, rimasto orfano in giovane età e allevato dalla zia paterna, Maddalena de' Fochegioli, e dal marito di costei, Santo di Taddeo Creara.

Allo stesso studioso si deve la scoperta che anche il terzogenito di Giovanni Battista, Girolamo (1588 c.-1630), esercitava la pittura e che la pala con il Martirio di s. Caterina d'Alessandria sull'altar maggiore della chiesa veronese di S. Caterina della Ruota, ritenuta dalle fonti e dalla critica una delle opere migliori del C. del quale reca pure la firma, appartiene in realtà a Girolamo che la eseguì nel 1615.

La fama del fratello maggiore, di cui Girolamo fu presumibilmente seguace e stretto collaboratore, e il fatto che le anagrafi, a partire dal 1600, non indicano la professione esercitata dai componenti della famiglia in quanto possidenti, hanno contribuito a cancellare la memoria dell'esistenza di questo artista (Rogni, 1984).

Ritenuto dagli storiografi locali (Dal Pozzo 1718; Zannandreis [1831-34], 1891; Bernasconi, 1864), allievo di F. Brusasorci, è tuttavia probabile che il C. sia stato avviato alla pittura da Orlando Flacco, suo padrino di battesimo, e che solo dopo la morte di costui, avvenuta tra il 1591 e il 1593, sia passato nella bottega dei Brusasorci, con il quale nel 1597 si recò a Firenze a "far copia di molti ritratti" nella Galleria granducale per incarico del conte Agostino Giusti (Baccis 1963). L'adesione ai modi del Brusasorci, di cui "non seguì che debolmente le orme gloriose" (Zannandreis [1831-34], 1891, p. 252), "accogliendo e facendo proprio solo quanto gli riusciva più facile recepire e non sfruttando pienamente la lezione del maestro" (Grasselli, 1973, p. 107), è infatti ben evidente nella gamma cromatica accesa e nel ritmo avvolgente della composizione della sua prima opera nota, il Miracolo di s. Giacinto che risana un'inferma, eseguita nel 1597 per la cappella eretta dal conte Paolo Emilio Scotti nella chiesa di S. Giovanni a Piacenza (Arisi, 1963), e in tutta la produzione veronese del decennio successivo, sebbene via via si allenti e perda spontaneità, congelandosi in stilizzazioni di carattere scolastico o enfatizzandosi in senso controriformistico.

Appartengono a questo momento opere ancora valide, come l'Apparizione della Vergine a s. Brandano in S. Fermo Maggiore, la SS. Trinità con s. Francesco e s. Giacomo nella chiesa dei SS. Apostoli (1607), la Consegna delle chiavi di Verona al provveditore di Venezia Gabriele Emo, conservata nella Loggia di Fra Giocondo, "cartellone arzigogolato e capriccioso" (Venturi, 1934, p. 51) in cui si mescolano ricordi del manierismo tosco-romano e desunzioni da Paolo Veronese, evidenti anche nell'ambientazione architettonica della Incoronazione della Vergine con s. Paolo, s. Caterina e s. Andrea, ora in deposito presso la chiesa di S. Vittore di Colognola ai Colli.

Il C. si mostra invece insolitamente libero dall'artificiosa scenografia dei dipinti di maggiori dimensioni come dalla precettistica della Controriforma, malgrado la scelta di un soggetto biblico, nel Loth e le figlie del Museo di Castelvecchio, una delle molte opere destinate al collezionismo privato da lui eseguite "in tele minori, ed anco in pietra di paragone, ... con lodevole diligenza" (Zannandreis 11831-341, 1891, p. 254), nella quale è palese la conoscenza del manierismo nordico sviluppatosi alla corte di Rodolfo II a Praga e, in particolare, dello Spranger (Magagnato, 1974).

Dopo il 1612 la pittura del C. si esaurisce nella ripetizione accademica di formule tardomanieristiche ormai superate, senza lasciarsi coinvolgere nel rinnovamento in senso naturalistico attuato nel terzo decennio dei secolo dal Turchi, da P. Ottino e dal Bassetti, come è evidente per esempio anche nella sua realizzazione di maggior impegno in questo momento, la pala con La Vergine che porge lo scapolare a s. Simone Stock (Verona, chiesa di S. Tommaso Cantuariense); il disegno preparatorio si conserva all'Accademia Ligustica di Genova (Newcome, 1980). L'inizio della parabola discendente del C. coincide con la sua espulsione dalla prestigiosa Confraternita dei SS. Siro e Libera, nella quale era stato ammesso il 5 sett. 1604 e dalla quale fu allontanato il 24 luglio 1612, mentre era in carica come consigliere, "per aver manchado molte Comunioni" e non aver adempiuto con sufficiente zelo ai doveri di tale carica (Rognini, 1973, p. 223).

Il provvedimento infatti dovette colpirlo non solo moralmente, ma anche economicamente, privandolo del favore di cui godeva nell'ambiente ecclesiastico cittadino da dove proveniva la maggior parte dei suoi committenti, come dimostra la sostituzione nel 1627 del Padre Eterno e dei Due angeli, da lui eseguiti sopra l'altar maggiore nella chiesa dei SS. Siro e Libera, con quattro dipinti di Claudio Ridolfi.

Dopo di allora il C. risulta attivo in prevalenza nelle chiese della provincia, per le quali ripete più volte varie versioni della Madonna del Rosario, talora circondata dai Misteri della Passione, come a Ca' di David, a Zevio, a Marcellise e in numerose località ricordate dallo Zannandreis e dalle altre fonti locali, fino al momento della morte, avvenuta nella sua casa di San Giovanni in Valle il 28 giugno 1630, durante la terribile pestilenza nella quale perì l'intera famiglia del pittore.

Sulla vita del C. non si conoscono altre notizie di una qualche importanza, se non che rimase celibe e abitò fino all'ultimo nella casa paterna con i genitori e i fratelli. Documentata è pure la sua affettuosa amicizia con il pittore Pasquale Ottino, anch'egli scolaro di Felice Brusasorci e membro dal 1606 della Confraternita dei SS. Siro e Libera, ricordato il 17 luglio 1630nel testamento della sorella minore del C., Dorotea, "come dilettissimo, fedelissimo amico e benefattore di casa Creara" e per questo da lei nominato suo erede universale, essendo nel frattempo deceduti tutti i membri maschi della famiglia (Rognini, 1973, p. 223).

Fonti e Bibl.: B. Dal Pozzo, Le vite dei pittori, degli scultori et architetti veronesi [1718], a cura di L. Magagnato, Verona 1967, ad Ind.;G. B. Lanceni, Ricreazione pittorica, o sia notizia universale delle pitture... di Verona, Verona 1720, ad Ind.; S.Maffei, Verona illustrata, Verona 1732, 111, pp. 164, 177, 179, 183, 185 s., 231, 286; G. B. Carboni, Le pitture e sculture di Brescia, Brescia 1760, pp. 134, 187; Verona, Museo di Castelvecchio, S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle scolture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona (trascrizione dattil. eseguita dal manoscritto orig. [1803-04] a cura del Museo di Castelvecchio), 1958, ad Indicem;G. B. Da Persico, Descriz. di Verona e della sua provincia, I-II, Verona 1820-21, ad Ind.; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architetti veronesi [1831-1834], Verona 1891, pp. 252 ss.; C. Bernasconi, Studii sopra la storia d. pittura ital. dei secc. XIV e XV e d. scuola pittor. veronese..., Verona 1864, p. 362; A. Avena, L'istituzione del Museo civico di Verona. Cronistoria... 1797-1865, Verona 1907, pp. 20, 28 s., 66 s., 71, 73, 76; L. Simeoni, Verona. Guida stor. artist., Verona 1909, ad Ind.; G. Trecca, Note per la biogr. d. pittori veronesi, in Atti e memorie dell'Accademia di agricoltura, sc. e lett. di Verona, s.4, XI (1911), p. 120; Id., Catal. d. Pinacoteca comunale di Verona, Bergamo 1912, pp. 69, 84; A. Venturi, Storia d. arte ital., IX, 7, Milano 1934, pp. 50 s.; Università di Pavia, W. Arslan, Schede di catalogazione su Verona e provincia, dattiloscritto, 1938, pp. 35, 47, 67, 119, 194, 215, 523; P. Balestrieri, SS. Apostoli, SS. Teuteria e Tosca, S. Lorenzo, Verona 1954, p. 14; U. G. Tessari, S. Tommaso Cantuariense, S. Paolo, S. Fermo Minore, Verona 1955, p. 34; P. P. Brugnoli, Diz. biobibl. d. pittori veronesi, in Vita veronese, IX (1956), p. 307; F. Arisi, Cinque tele di Paolo Farinati a Piacenza, in Arte veneta, XVI (1962), p. 164; Id., Un dipinto di S. C. e uno di Felice Brusasorzi, ibid., XVII(1963), p. 173; M. Bacci, I. Ligozzi, in Proporzioni, IV (1963), p. 76 n. 13; C. Donzelli-G. M. Pilo, I pittori del Seicento veneto Firenze 1967, pp. 143 s.; G. Panazza, Le manifestazioni artistiche della sponda del Garda, in Il lago di Garda. Storia di una comunità lacuale, Salò 1969, I, p. 245, n. 119; G. Silvestri, La Valpolicella, Verona 1970, pp. 125, 127; R. Brenzoni, Diz. di artisti veneti, Firenze 1972, pp. 96 ss.; G. Grasselli, Per il risarcimento della personalità di S. C., in Vita veronese, XXVI (1973), 3-4, pp. 106-15 (con bibl. e catal.); L. Rognini, Nuovi doc. per la biogr. di S. C., ibid., 7-8, pp. 221 ss.; L. Magagnato, in Cinquant'anni di pitt. veronese. 1580-1630 (catal.), Verona 1974, pp. 94 ss.; L. Rognini, Regesti di artisti veronesi, ibid., p. 272; Id., in Maestri della pittura veronese, Verona 1974, pp. 285-92 (con bibl. e catal.); T. Mullaly, Cinquant'anni di pittura veronese. 1580-1630, in The Burlington Magaz., CXVI (1974), p. 696; R. Pallucchini, La pittura veronese tra "maniera" e "natura", in Arte veneta, XXVIII(1974), p. 138; Id., La pittura veronese tra "maniera" e "natura"(dispense univers. per l'a. accad. 1975-76), Padova 1976, pp. 36-38; G. Bora, I disegni del Codice Resta, Milano 1976, p. 106 n. 108; Chiese e monasteri di Verona, a cura di G. Borelli, Verona 1980, ad Ind.;N. Cenni, Il figlio del "beretar", in L'Arena, 25 apr. 1980; M, Newcome, Some Drawings by S. C., in Arte veneta, XXXIV (1980), pp. 175 s.; G. P. Marchini, Per un "catastico" delle pitture e delle sculture nelle chiese del territorio veronese, in Chiese e monasteri nel territorio veronese, a cura di G. Borelli, Verona 1981, ad. Ind.; R. Pallucchini, La pittura venez. del Seicento, Milano 1981, p. 110; L. Rognini, Di Girolamo Creara, pittore sconosciuto, collaboratore del fratello S. nella Pala di S. Caterina nella chiesa veronese dell'ex Ricovero, in Studi stor. L. Simeoni, XXXIV (1984), pp. 165-174; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, pp. 72 s.

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