GREGORIO VII, Santo

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1996)

GREGORIO VII, Santo

S. Lupinacci

Pontefice dal 1073 al 1085, al secolo Ildebrando, G. secondo una tradizione non documentata nacque a Sovana (prov. Grosseto); la sua data di nascita è ignota, ma collocabile nel terzo decennio dell'11° secolo.Fin dall'infanzia fu educato a Roma, nel monastero di S. Maria sull'Aventino, dove venne profondamente influenzato dal contatto con esponenti della riforma cluniacense. Nel 1049 fu nominato da Leone IX suddiacono e provisor apostolicus del monastero romano di S. Paolo f.l.m. e si dedicò al rinnovamento sia degli edifici sia della vita spirituale del monastero. I suoi rapporti con questa abbazia benedettina rimasero sempre molto stretti, tanto che il suo nome compare nell'iscrizione dedicatoria della porta bronzea offerta nel 1070 alla chiesa da Pantaleone di Amalfi. La porta, che costituisce uno dei pochi esempi di porte bizantine in Italia, fu fatta eseguire a Costantinopoli dalla stessa famiglia amalfitana che aveva commissionato la porta del duomo di Amalfi, quella dell'abbazia di Montecassino e quella del santuario di S. Michele Arcangelo sul Gargano. Il legame di Ildebrando, anche dopo la sua elezione al soglio pontificio, con l'abbazia di S. Paolo f.l.m. è testimoniato anche dalla donazione, nel 1080, della c.d. Bibbia di S. Paolo (Roma, S. Paolo f.l.m., Bibl. dell'abbazia), sulla quale, secondo la tradizione, Roberto il Guiscardo avrebbe giurato fedeltà al pontefice.Dal 1050 all'elezione papale, per oltre un ventennio, il ruolo di Ildebrando, vera e propria anima della riforma, nella politica della Chiesa fu predominante, tanto che le elezioni di due papi riformisti - Niccolò II (1058-1061) e Alessandro II (1061-1073) - sono da considerare suoi successi personali.Il 22 aprile 1073, all'indomani della morte di Alessandro II, Ildebrando fu invocato come papa dal popolo e dal clero di Roma, riuniti in S. Pietro in Vincoli. Ebbe così inizio il pontificato di G., di cui uno dei momenti di maggiore tensione può essere individuato nel duro contrasto con Enrico IV (1056-1106). Nel Registrum Gregorii, fra due lettere del 3 e del 4 marzo 1075, è inserito il Dictatus papae - una raccolta di ventisette massime riguardanti funzioni e privilegi della Chiesa romana, tratte da decretali, sentenze papali e canoni - che rappresenta per alcuni versi un vero e proprio programma di governo. Le linee-guida della riforma gregoriana furono l'imitazione degli apostoli e il ritorno alle consuetudini della Chiesa delle origini, che in campo artistico si esplicarono in un ritorno a forme e temi paleocristiani: l'arte divenne così un concreto mezzo di propaganda papale.I documenti e le cronache non hanno tramandato alcuna notizia di committenze dirette di opere d'arte da parte di G., fatto questo piuttosto singolare per una figura di così grande rilievo. Al periodo in cui fu pontefice risalgono gli affreschi, datati al 1080 ca. (Aggiornamento scientifico, 1988), di un piccolo oratorio posto dietro l'abside della chiesa di S. Pudenziana a Roma, che si pongono come una delle prime espressioni della cultura riformata, derivata dalla tradizione locale, autonoma rispetto allo stile degli affreschi della chiesa inferiore di S. Clemente.Uno dei punti di partenza di questo ritorno al passato, e in particolare ai primi secoli del cristianesimo, è stato individuato nell'opera di Desiderio, abate di Montecassino dal 1058, poi successore di G. con il nome di Vittore III (1086-1087), che volle ricostruire il suo monastero ispirandosi alle grandi basiliche paleocristiane; la chiesa, che nel 1066 fu abbellita dalla già ricordata porta bronzea, venne consacrata nel 1070. La raffigurazione di un papa contenuta nell'Exultet Barberini (Roma, BAV, Barb. lat. 592, c. 5r), prodotto a Montecassino e legato anch'esso a una committenza desideriana, è stata identificata da alcuni come un ritratto di G. (Ladner, 1976; Gandolfo, 1984) e datata al 1087 (Speciale, 1991).Nell'ambito della produzione libraria, le influenze più rilevanti della riforma gregoriana sono state individuate nella diffusione delle grandi bibbie atlantiche e nel rinnovamento della tipologia degli Exultet in Italia meridionale conseguente all'imposizione della liturgia romana.Nel 1084, in seguito all'assedio di Roma da parte di Enrico IV, G. si rifugiò a Salerno - ospite dei Normanni di Roberto il Guiscardo - dove morì nel maggio 1085. Fu sepolto nel duomo, da lui stesso consacrato poco tempo prima, fatto ricostruire dall'arcivescovo Alfano I; questi, proveniente da Montecassino e legato all'abate Desiderio, si ispirò, per la cattedrale salernitana, alla chiesa costruita da quest'ultimo e ai modelli romani. Con la presenza di G. a Salerno sono stati messi in relazione gli avori conservati nel Mus. Diocesano e la c.d. cattedra gregoriana del duomo. Nell'impiego di marmi antichi rilavorati per i braccioli a protomi leonine della cattedra - presumibilmente quella impiegata da G. durante la cerimonia di consacrazione del duomo (Gandolfo, 1984) - si trova attuato concretamente quel ritorno all'Antico, legato alla riforma gregoriana, che trovò un seguito nella produzione di seggi papali a Roma fino all'inizio del Duecento. La scelta iconografica della serie di tavolette d'avorio - sulla collocazione originaria delle quali sono state formulate varie ipotesi (dossale, cattedra episcopale, reliquiario, porta d'avorio) - contiene un forte richiamo alla tradizione romana. L'iconografia illustra scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, tema della decorazione delle antiche basiliche romane a partire da S. Pietro.I programmi di immagine legati alla riforma gregoriana si diffusero in Italia settentrionale attraverso l'ambiente che aveva in Matilde di Canossa il suo punto di riferimento e si estrinsecarono, fra l'altro, nella produzione di recinzioni presbiteriali, per es. nelle cattedrali di Reggio Emilia, di Cremona e di Parma, di chiara ispirazione paleocristiana.L'immagine di G. era raffigurata nell'abside dell'oratorio di S. Nicola nel palazzo del Laterano, fatto eseguire da papa Callisto II (1119-1124; Ladner 1935; 1941-1984, I); l'affresco, voluto dal papa, che era stato artefice nel 1122 del Concordato di Worms, era denso di significati politici - vi erano infatti rappresentati i pontefici protagonisti della lunga battaglia fra papato e impero, da Alessandro II a Callisto II - ma andò distrutto quando la cappella fu demolita sotto papa Clemente XII (1730-1740). Dei ritratti dei papi, compreso quello di G., rimane memoria nelle copie ad acquarello eseguite da Onofrio Panvinio (Roma, BAV, Barb. lat. 4423, cc. 2r, 3r) e in quelle di Antonio Eclissi nella Coll. Dal Pozzo a Windsor (Castle, Royal Lib., Mosaici Antichi II, cc. 87r, 92r). Per quello che si può desumere da queste copie, si trattava non di veri e propri ritratti, ma di generiche rappresentazioni di pontefici con le insegne papali.

Bibl.:

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