STEFANO I, Santo

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1999)

STEFANO I, Santo

E. Marosi

Primo re d'Ungheria (1000/1001-1038), figlio del principe dei Magiari Géza (972-997) e della principessa Sarolta di Transilvania.Le fonti relative alla storia della vita di S., a eccezione della Cronaca ungherese, conservata in una redazione del sec. 14° risalente nel suo nucleo alla metà dell'11°, sono principalmente di carattere agiografico; secondo l'interpretazione corrente, la Legenda maior venne scritta nel 1077 e, sulla base di questa prima versione, venne poi redatta la Legenda minor, dopo la canonizzazione di S. (1083). La Vita Stephani regis Ungarorum, redatta dal vescovo Hartwich di Ratisbona (1105-1126), risale al 1100; il Libellus de institutione morum, indirizzato al figlio di S., Emerico, viene attribuito a un'epoca compresa fra il 1020 e il 1031, mentre le leggi (nel complesso cinquantasei articoli) sono tramandate ordinate in due libri, i regales decreti.S. nacque intorno al 970 a Esztergom, ricevette il nome pagano Vajk, fu battezzato sicuramente come S. da missionari della Baviera e cresimato da s. Adalberto, vescovo di Praga (982-997); nel 995-996 sposò Gisella (m. nel 1060), figlia del duca Enrico di Baviera, detto il Litigioso (985-995). Nel 997, per succedere al trono, egli dovette vincere la rivolta del principe Koppány, con lui imparentato, nel Transdanubio, con l'aiuto di cavalieri tedeschi. Nel 1000-1001 S. cinse la corona inviata da papa Silvestro II (999-1003) con l'approvazione dell'imperatore Ottone III (996-1002); divenuto re, strutturò l'amministrazione del paese, suddividendolo in contee affidate a comites, e sotto la guida dell'arcivescovo di Esztergom fece organizzare le diocesi: secondo la tradizione S. ne avrebbe istituite dieci. Il suo regno dovette superare una violenta resistenza, soprattutto nella regione orientale del paese; vinta nel 1003 l'opposizione del principe Ajtony, S. dovette in seguito lottare contro Gyula, principe di Transilvania; nel secondo decennio del sec. 11°, come alleato dell'imperatore bizantino Basilio II (976-1025), S. combatté in Bulgaria e nel 1018 aprì la via ai pellegrini diretti in Terra Santa. Una delle sue sorelle nel 1009 andò in sposa al doge di Venezia Ottone Orseolo (1009-1026) e da queste nozze nacque il successore di S., il re Pietro Orseolo (1038-1041; 1044-1046). Dopo il 1010 S. combatté contro Boleslao I il Coraggioso, re di Polonia (992-1025), per il possesso dell'area settentrionale del paese, sostenendolo invece successivamente nella sua guerra contro Kiev. Durante il regno dell'imperatore Enrico II (1014-1024) i rapporti tra S. e l'impero furono amichevoli, ma peggiorarono al tempo dell'imperatore Corrado II (1027-1039), il quale nel 1030 invase l'Ungheria. Nel 1031, alla morte dell'unico figlio Emerico, S. designò Pietro Orseolo come suo successore e fu per questo oggetto di un attentato da parte del cugino Vazul (Basilio). S. morì il 15 agosto 1038 e venne sepolto nella chiesa della prepositura reale di Székesfehérvár.Coerentemente con l'attribuzione a S. della fondazione in Ungheria di dieci diocesi, gli vengono ascritte anche le prime costruzioni delle cattedrali ungheresi, ma in realtà si può ritenere che risalgano all'epoca del suo regno soltanto la prima cattedrale di Kalocsa (Kalocsa I) - che forse presentava un impianto a tre navate e un possente corpo occidentale sostituito all'inizio del sec. 13° da un edificio gotico - e la cattedrale di Veszprém (Veszprém I), a tre navate con torri orientali e cripta. Dell'abbazia benedettina di Zalavár, dedicata a s. Adriano (la cui fondazione viene indicata al 1019 da un documento falsificato prima del 1347 in base agli Annales Posonienses), restano soltanto l'impianto, forse a tre navate con ampia abside, e la scultura architettonica, con ornati a intreccio. La chiesa dell'abbazia benedettina di S. Martino a Pannonhalma, fondata dal principe Géza al più tardi nel 996 e portata a termine da S., secondo i risultati delle più recenti indagini archeologiche presentava un'abside occidentale con cripta sottostante. A Székesfehérvár S. fondò in onore della Vergine Maria la prepositura reale, che doveva servire da chiesa privata e da cappella regia e dove intendeva avere sepoltura; l'edificio venne dotato nel 1018 con il bottino proveniente dalla guerra contro i Bulgari. La chiesa, più volte rimaneggiata, era una basilica a tre navate con ampia abside orientale, due ambienti quadrati a E e un grande Westwerk; nella parte occidentale della navata mediana sono stati individuati resti della tomba di S. (certamente di un reliquiario). Le leggende di S. riferiscono che la basilica regia era decorata e arredata con un lusso pari a quello delle fondazioni imperiali, con mense d'altare dorate, ciborio, mosaico, transenne del coro scolpite; si sono conservati soltanto pochi resti di scultura architettonica, difficili da giudicare dal punto di vista stilistico. Si discute se l'opera più significativa proveniente dalla basilica dedicata alla Vergine, un sarcofago romano rilavorato sicuramente per S. con un motivo a intreccio (Székesfehérvár, basilica, lapidario), sia stata realizzata in occasione della sepoltura del santo nel 1038 oppure come sarcofago per le reliquie in occasione della sua canonizzazione nel 1083; la decorazione mostra al centro, sul lato della fronte, un angelo che porta in cielo l'anima del defunto e nel timpano una croce tra alberi stilizzati, mentre sui lati lunghi compaiono cherubini sull'asse centrale tra rosette e alberi della vita che sembrano alludere al Paradiso.S. e la consorte Gisella donarono - secondo quanto attesta l'iscrizione - una casula (Budapest, Magyar Nemzeti Múz.) con ricami in oro su fondo di broccato; in origine chiusa, alla fine del sec. 12° venne trasformata in mantello per l'incoronazione tramite un taglio lungo l'asse centrale anteriore. È dubbia la bottega di esecuzione dei ricami, forse ungherese o forse, più probabilmente, di Ratisbona: la tecnica, lo stile delle figure e quello dei tituli - che attestano l'alto livello del manufatto - sono infatti molto vicini a quelli dei paramenti eseguiti in quella città per l'imperatore Enrico II (Bamberga, Diözesanmus.). È inoltre da considerare che la regina Gisella - committente anche della croce (Monaco, Schatzkammer der Residenz) per la tomba della madre (m. nel 1006), che era stata badessa dell'abbazia ratisbonense di Niedermünster - fu costantemente in contatto con Ratisbona. La casula raffigura la gerarchia celeste (anche se non è possibile identificare il testo su cui si basa la sua iconografia), con quattro rappresentazioni teofaniche distribuite sui lati anteriore e posteriore: sulla parte anteriore si trovano una Trasfigurazione e, al di sopra, Cristo crocifisso (entrambi conservati solo parzialmente); sul lato posteriore è raffigurato Cristo vincitore in mandorla al di sopra di un leone e di un serpente nella parte alta, mentre nella parte inferiore Cristo è rappresentato in trono nel Giudizio universale. Il mantello dell'incoronazione costituisce in assoluto uno dei più importanti paramenti medievali conservati.S. venne proclamato santo nel 1083 nel momento della canonizzazione dei santi ungheresi promossa da Ladislao I il santo, re di Ungheria (1077-1095). La descrizione degli avvenimenti che, secondo le leggende, si verificarono in occasione della sua traslazione e quindi la storia delle sue successive sepolture non sono del tutto chiarite, così come è molto discussa l'interpretazione di quanto rimane della sua sepoltura e del suo sarcofago a Székesfehérvár. Lo stretto ambiente, somigliante a una cripta, che è stato individuato negli anni Settanta dagli scavi nella parte occidentale della navata mediana della basilica regia è assai probabile fosse una camera sepolcrale voltata (confessio), al di sopra della quale doveva essere stata eretta una struttura per la cassa delle reliquie - certamente il c.d. sarcofago di S. - che può essere datato in modo convincente al 1083. Lo stile che lo caratterizza, dai forti influssi bizantini, è oggetto di giudizi non univoci ma potrebbe essere convincentemente ricondotto a Venezia.La Vita redatta dal vescovo Hartwich narra di miracoli avvenuti sulla tomba di S. situata a Székesfehérvár, lungo il percorso della via di pellegrinaggio che conduceva in Terra Santa. Per oscure vicende (sicuramente a causa di un furto che, nelle fonti agiografiche, compare come miracolo), della mano destra di S. - considerata la sua reliquia più importante e attualmente custodita a Budapest, nella basilica dedicata al santo, in un reliquiario del sec. 19° - entrò in possesso un monastero benedettino chiamato Szentjobb, fondato nel 1084 da re Ladislao I. Székesfehérvár fu durante il Medioevo centro del culto di S. e nella prepositura si custodivano le leggi e i documenti più importanti; inoltre vi si riuniva la dieta e vi si svolgeva la cerimonia dell'incoronazione del sovrano. Le reliquie di S. vennero disperse ma anche esportate, per es. nella cattedrale di Zagabria, fondata nel 1094 da re Ladislao I in onore di S., nello Stephansdom a Vienna e, dal 1367, nella cappella ungherese del duomo di Aquisgrana. A Bamberga nel Medioevo veniva celebrata la festa di S. e nel tesoro del duomo della città si trovavano sue reliquie, fatto che rende verosimile l'identificazione dell'assai controverso cavaliere di Bamberga con S. d'Ungheria. Tra gli oggetti attribuiti a S. il più importante è la spada, già citata negli inventari dei tesori del sec. 14°, con intagli in osso a girali in stile animalistico sull'impugnatura, del 1000 ca. (Praga, tesoro della cattedrale).I diretti successori di S. fondarono ciascuno propri monasteri destinati a divenire i loro luoghi di sepoltura; sembra che tale uso sia stato interrotto in seguito alla prima fase della lotta per le investiture dallo stesso re Colomanno (1095-1116), che fu il primo a essere sepolto nella chiesa della prepositura di Székesfehérvár, seguito poi nel corso di tutto il sec. 12° dagli altri sovrani, sino a Béla III (1173-1196); dopo un'interruzione nel corso del sec. 13°, tale prassi venne ripresa dal ramo ungherese della dinastia degli Angiò, con Carlo I (m. nel 1342), indubbiamente con l'intenzione di sottolineare la loro legittimità nella successione.È attestato che, a partire dal sec. 12°, i diritti dei re ungheresi vennero ricondotti alla dignità apostolica di Stefano I. Nel corso del sec. 13° la figura di S. e il suo culto acquistarono una sfumatura politica, che associava il santo alla libertà della piccola e media nobiltà che, legandosi direttamente al sovrano, lottava contro la sottomissione all'aristocrazia: chiamato 'il re santo' (in ungherese Szentkirály, frequente anche come toponimo), egli divenne perciò santo protettore della piccola e media nobiltà; dal 1227 è attestato in documenti regi il culto comune dei beati progenitores nostri (S., Emerico e Ladislao) di Ungheria, che acquistarono una grande importanza, in quanto costituivano un solido argomento a sostegno della legittimità del potere della dinastia angioina nel 14° secolo.La sola raffigurazione di S. eseguita quando era ancora in vita compare sul mantello dell'incoronazione, all'interno di un medaglione della fascia inferiore del lato posteriore, come pendant della figura della regina Gisella, rappresentata come donatrice. L'immagine, identificata dall'iscrizione, presenta il busto del re in posizione frontale, con corona e globo e con in mano la lancia, in un'iconografia che rispecchia quella dei sovrani ottoniani; la lancea regis come simbolo di potere era presente anche su una delle monete d'argento coniate da Stefano.L'iconografia del santo è attestata nei monumenti soltanto dalla fine del sec. 12°, per es. nella lunetta - lavorata a incrostazioni marmoree - del portale occidentale della cattedrale di Esztergom (Porta speciosa, anteriore al 1196, perduta ma riprodotta in una tela del sec. 17°; Esztergom, Keresztény Múz.): S. era raffigurato stante, a sinistra della Vergine, avvolto nel mantello regale e coronato. Dal sec. 13° la sua figura compare come immagine ideale di re sui sigilli di conventi e monasteri, in posizione stante sul sigillo del Capitolo del duomo di Zagabria, in uso dal 1200 ca. al 1323, come anche su un altro sigillo del 1323 (Takács, 1992, tavv. 59.1, 59.2), oppure in trono, per es. sul sigillo degli Ospedalieri di Esztergom/Szentkirály (1242-1245; Takács, 1992, tav. 17), e alla fine del sec. 13° nelle miniature del dittico di re Andrea III (1290-1301; Berna, Bernisches Historisches Mus.), dove la sua immagine a mezza figura compare per la prima volta in una serie raffigurante santi ungheresi, Emerico, Ladislao ed Elisabetta. Dalla metà del sec. 14° S. venne caratterizzato come il più anziano nel gruppo dei tre re santi ungheresi, mentre Emerico veniva raffigurato giovane e Ladislao come uomo maturo: tale iconografia sembra fosse funzionale alle esigenze propagandistiche del ramo ungherese degli Angiò, come mostravano il perduto antependium della regina Elisabetta per la basilica di S. Pietro a Roma, del 1343 ca., il frontespizio delle Decretali di Nikolaus Vásári (Padova, Bibl. Capitolare, A 24), del 1343, e i fermagli di un piviale del 1380 (Aquisgrana, Domschatzkammer). Quattro scene tratte dalla sua leggenda - il Sogno del principe Géza, il Battesimo di S., la sua Incoronazione, il Battesimo degli ungheresi pagani - sono raffigurate sul foglio di titolo del codice delle Decretali di Padova, mentre la storia della sua vita viene illustrata in modo esauriente nella Cronaca illustrata ungherese, del 1358 ca. (Budapest, Országos Széchényi Könyvtár, lat. 404).

Bibl.:

Fonti. - Chronici Hungarici Compositio saeculi XIV, a cura di A. Domanovszky, in Scriptores rerum Hungaricarum, a cura di I. Szentpétery, I, 1937, pp. 217-505; Legenda S. Stephani regis maior et minor atque Legenda ab Hartvico episcopo conscripta, a cura di E. Bartoniek, ivi, II, 1938, pp. 363-440; Libellus de institutione morum, a cura di I. Balogh, ivi, pp. 611-627.

Letteratura critica. - J. Deér, Die Heilige Krone Ungarns, Wien 1966; T. von Bogyay, Stephanus Rex. Versuch einer Biographie, Wien-München 1975; G. Györfgy, István király és muve [Re S. e la sua opera], Budapest 1977; Szent István és kora [Santo S. e il suo tempo], a cura di F. Glatz, J. Kardos, Budapest 1988; I. Takács, A magyarországi káptalanok és konventek középkori pecsétjei [Sigilli medievali dei canonici e dei conventuali d'Ungheria], Budapest 1992.

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