SANUDO Marco I, duca dell’Arcipelago

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 90 (2017)

SANUDO (Sanuto) Marco I, duca dell'Arcipelago

Guillaume Saint-Guillain

SANUDO (Sanuto) Marco I, duca dell’Arcipelago. – La data di nascita non può essere determinata con precisione, ma pare ragionevole collocarla negli anni Settanta del XII secolo. Non c’è certezza nemmeno sulla sua ascendenza paterna.

Il suo parente Marino Sanudo Torsello, storico veneziano del XIV secolo, gli attribuisce come padre un altro Marco, detto il Costantinopolitano, ma va ricordato che era contrario alle abitudini veneziane di dare al figlio il nome del padre. Nel XVI secolo, il genealogista Marco Barbaro lo considera figlio di un Pietro Sanudo, a sua volta figlio di un altro Marco.

Ciò di cui si può essere certi, invece, è che i Sanudo, alla fine del XII secolo, appartenevano alla classe dirigente di Venezia e che alcuni di loro avevano svolto un ruolo nell’ambito delle relazioni con l’Impero bizantino, in particolare Domenico Sanudo, che partecipò a due missioni diplomatiche a Costantinopoli, la prima negli anni 1183-84, in compagnia di Pietro Ziani ed Enrico Dandolo (due futuri dogi), la seconda negli anni 1192-93, con Benedetto Grioni.

Secondo la Cronica di Venexia (attribuita a un altro Enrico Dandolo; è databile alla metà del XIV secolo, ma le informazioni su Sanudo risalgono certamente al Duecento o ai primi del Trecento), Sanudo era nipote del doge Enrico Dandolo (suo zio materno), e lo accompagnò durante la quarta crociata. Tali informazioni paiono credibili, poiché la presenza di Sanudo durante la spedizione è ben attestata: a Trieste, il 26 ottobre 1202, figura fra i testimoni veneziani dell’atto di sottomissione degli abitanti della città al doge e alla flotta crociata. Sulla base della suddetta cronaca, è lecito ritenere che Sanudo abbia in seguito partecipato alla presa di Zara (24 novembre 1202) e quindi alle due conquiste di Costantinopoli (18 luglio 1203 e 12 aprile 1204). Nell’estate del 1204, lo si ritrova fra i plenipotenziari inviati ad Adrianopoli da Dandolo per negoziare con Bonifacio, marchese del Monferrato, che era in quei frangenti in conflitto con il nuovo imperatore latino eletto dai crociati a Costantinopoli, Baldovino I di Hainaut. Bonifacio accettò la mediazione del doge e dei baroni franchi dell’esercito. Il 12 agosto 1204, Sanudo e l’altro inviato del doge, il veronese Ravano dalle Carceri, futuro signore di Negroponte, conclusero con il marchese un accordo in base al quale Bonifacio trasferiva ai veneziani i propri diritti sull’Impero bizantino, in cambio di una somma di denaro e di un feudo sito all’interno della parte dell’Impero attribuita ai veneziani.

Questo accordo non fu mai messo in pratica, poiché l’imperatore Baldovino aveva egli stesso accettato la mediazione dei baroni e del doge, e aveva quindi investito Bonifacio del regno di Tessalonica, ambito dal marchese. Tuttavia, il documento ratificato ad Adrianopoli venne utilizzato più tardi per fornire una base giuridica alla dominazione veneziana a Creta, poiché l’isola vi si trovava menzionata.

Contrariamente a quanto afferma uno storico del XV secolo, Daniele Barbaro, Sanudo non si recò in seguito a Venezia in qualità di emissario della comunità veneziana di Costantinopoli, ma restò in questa città, svolgendo un ruolo in seno a tale comunità, che, dopo la morte del doge Enrico, era stata posta sotto l’autorità di un podestà, Marino Zeno: in un suo atto del giugno del 1205 è presente in qualità di giudice del Comune e figura come testimone in un altro atto, del febbraio 1207. È chiaro quindi che, fino ad almeno quest’ultima data, fosse rimasto nella capitale imperiale.

È difficile stabilire l’ordine cronologico degli eventi successivi della sua carriera, noti soprattutto grazie alle cronache dei secoli XIV-XV (la Chronica extensa del doge-storico Andrea Dandolo, la già citata Cronica di Venexia, il Chronicon de rebus Venetis di Lorenzo de Monacis). Comunque, Sanudo svolse un ruolo importante all’inizio dell’insediamento veneziano a Creta.

I veneziani avevano messo piede sull’isola dal 1207; nel settembre del 1211, il doge Pietro Ziani e i suoi consiglieri elaborarono un piano di colonizzazione sistematica da parte di coloni militari inviati dalla metropoli e guidati da un governatore cui venne attribuito il titolo di duca di Creta, Giacomo Tiepolo. Il progetto veneziano venne ostacolato, negli anni 1212-13, dalla resistenza guidata da un arconte greco, Stephanos Hagiostephanites.

Tiepolo dovette quindi chiedere aiuto a Sanudo, al quale promise trenta feudi («milizie») su un totale di duecento a disposizione dei coloni. La sua presenza a Creta in quei frangenti è stata sovente spiegata con tale richiesta di aiuto: in realtà, Andrea Dandolo scrive semplicemente che Tiepolo ebbe cura di prenderlo come socio nella lotta, mentre la cronaca di Enrico Dandolo gli conferisce un ruolo centrale nell’ambito cretese già prima del 1211 (ed è del resto noto che alcuni veneziani giunti dalla capitale imperiale erano presenti sull’isola in quegli stessi anni). Comunque sia, i due capi veneziani ebbero sì ragione della rivolta, ma fu loro impossibile impossessarsi integralmente dell’isola, secondo i termini del progetto di colonizzazione del 1211. Di conseguenza, i territori da suddividere e distribuire si rivelarono insufficienti per tenere fede alla promessa di trenta milizie, il che creò scontento non solamente in Sanudo, ma anche in chi era sotto il suo vessillo (veneziani, latini e anche arconti greci: unico indizio, quest’ultimo, dell’atteggiamento condiscendente verso i greci attribuitogli dalla storiografia moderna).

Nel giugno del 1213 (o 1214), Sanudo si impossessò di Candia, la capitale; Tiepolo dovette fuggire, travestito da donna, e rifugiarsi nella cittadella di Temenos. L’arrivo di rinforzi da Venezia gli permise di riprendere il controllo e recuperare Candia. Sanudo, che controllava ancora sette fortezze dell’isola, accettò di negoziare: venne concluso un trattato (di cui si conserva il testo e che costituisce l’unica fonte contemporanea su questi avvenimenti) che lo obbligava a lasciare l’isola con i propri alleati in cambio di compensi in denaro e viveri, nonché il nolo di sette navi per il trasporto.

Un altro episodio della sua carriera, non esattamente databile, ma da collocarsi probabilmente in questi anni, è narrato solo dalla cronaca di Enrico Dandolo (e da altre che la imitano). A seguito di uno scontro navale con una flotta «dell’imperatore» più numerosa della propria, venne sconfitto e fatto prigioniero; questo insuccesso avrebbe provocato la perdita della regione di Smirne, ceduta al suo avversario, il quale gli avrebbe in seguito concesso la propria sorella in moglie. Questi avvenimenti – ricordi di famiglia mitizzati all’interno di una fonte tarda – si inseriscono nel quadro della campagna dell’imperatore latino Enrico di Hainaut (1206-16) in Asia Minore contro il suo rivale bizantino, Teodoro I Lascaris (1205-21), ed è in quest’ultimo che andrà identificato l’imperatore che sconfisse e catturò Sanudo. In effetti, la campagna di Enrico, iniziata nell’autunno del 1211, lo portò, nel gennaio del 1212, fino a Pergamo, e poi, a una data successiva, ancora più a sud, e appunto nella regione di Smirne menzionata dalla cronaca. Le condizioni esposte da Dandolo (restituzione dei territori conquistati e matrimonio con una parente dell’imperatore) potrebbero benissimo aver fatto parte dei termini del trattato di pace concluso tra Lascaris e i latini in un momento non precisabile fra il 1212 e il 1214, trattato di cui sono note anche alcune altre clausole.

Certamente da collocarsi tra il 1212 e forse l’agosto 1214 è invece l’altra impresa, narrata anch’essa da Enrico Dandolo, che rese celebre Sanudo: la conquista delle Cicladi (più precisamente delle isole di Nasso, Andro, Paro, Milo e Santorini, sino al 1212 non ancora sottomesse ai latini) e la fondazione di una signoria autonoma, il ducato dell’Arcipelago. Non esiste alcuna fonte contemporanea a questo riguardo, ma la tradizione storiografica e la documentazione archivistica più tarda (e in particolare una lettera del 1282 del duca dell’Arcipelago Marco II Sanudo, nipote omonimo del nostro) attribuiscono unanimemente a lui il merito della conquista e consentono di precisare che egli si dichiarò vassallo dell’imperatore latino Enrico.

La cronaca di Enrico Dandolo contiene un solo avvenimento legato a questi fatti: mentre su un’isola non menzionata cingeva d’assedio un castello tenuto dai greci supportati dai genovesi, Sanudo avrebbe intenzionalmente dato fuoco alle proprie navi affinché i suoi uomini non avessero altra scelta che quella di vincere. Sebbene questo aneddoto abbia senz’altro fatto parte della memoria familiare dei Sanudo a partire dalla fine del XIII secolo, si tratta di un luogo comune eroico, verosimilmente privo di fondamento storico. E tuttavia, storici e genealogisti dell’età moderna riprenderanno questa tematica, amplificandola e esaltando le virtù di condottiero di Sanudo e la forza del suo legame con coloro che si battevano al suo fianco, latini o greci che fossero. Eccezion fatta per la presenza di arconti greci al suo seguito durante l’episodio cretese, queste amplificazioni non trovano giustificazione nelle fonti, e allo stesso modo andranno considerate le tradizioni moderne riguardanti il modo in cui Sanudo aveva organizzato la sua nuova signoria.

In effetti, non ci sono informazioni circa l’amministrazione delle Cicladi al tempo di Sanudo, a parte il fatto che il suo titolo non fu quello di duca, ma di «signore del ducato di Nasso e di Andro», e che diede in feudo la seconda isola a un Marino Dandolo (probabilmente un suo parente da parte di madre).

Marco Sanudo riappare nelle fonti solo ben più tardi, a Venezia, dove il 3 settembre 1227 donò un monastero situato a Nasso ai benedettini di S. Trinità di Brondolo (diocesi di Chioggia). Verosimilmente egli sentiva la morte avvicinarsi; la sua scomparsa (avvenuta probabilmente a Venezia) è infatti da collocare nei due mesi successivi, visto che la citata lettera del nipote Marco II precisa che il figlio e successore Angelo rese omaggio dopo la morte del padre all’imperatore di Costantinopoli Roberto, morto a sua volta il 6 novembre 1227. La presenza di Sanudo a Venezia è forse da mettere in rapporto con il viaggio di ritorno dell’imperatore verso Costantinopoli, dopo un soggiorno in Occidente.

Non bisogna pertanto prestar fede al racconto della Chronica extensa, che gli attribuisce un secondo intervento a Creta verso il 1230, chiamato ancora una volta in soccorso da un altro governatore veneziano in ragione di una nuova rivolta autoctona.

Si conosce un solo figlio di Marco Sanudo, il citato Angelo, nato probabilmente dopo la crociata, dato che si sposò alla fine degli anni Venti del XIII secolo e non morì prima degli anni Sessanta. I Sanudo regnarono sulle Cicladi fino al 1367, dapprima sotto la sovranità feudale degli imperatori di Costantinopoli, poi sotto quella dei principi di Morea. Il ducato dell’Arcipelago, che Marco Sanudo aveva fondato, nel 1383 passò alla famiglia Crispo, di origine veronese, e sopravvisse fino al 1566: fu l’ultima signoria a scomparire fra quelle nate dalle crociate.

La biografia di Marco Sanudo (basata come si è visto su pochi documenti contemporanei e su alcuni testi cronistici veneziani tra i più antichi) è stata alterata dalle amplificazioni ch’essa ha subito da parte dei cronisti della fine del Medioevo e dell’età moderna, e in particolare da parte del suo biografo più entusiasta, un gesuita francese residente a Nasso, padre Robert Saulger (1637-1709), autore di una collezione di vite dei duchi dell’Arcipelago, moralizzanti e ampiamente immaginarie.

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