Sanzioni economiche e contratti internazionali

Libro dell'anno del Diritto 2015

Sanzioni economiche e contratti internazionali

Fabrizio Marrella

Il presente scritto esamina le sanzioni economiche internazionali e in particolare le tipologie di embargo, alla luce della prassi e della dottrina più recente. A seguito della crisi ucraina, l’UE ha istituito un regime di misure restrittive contro la Russia. La Russia ha risposto con alcune contromisure, vere e proprie ritorsioni incrociate. Ulteriori pesanti sanzioni sono state adottate con riferimento alle regioni di Crimea e Sebastopoli. Resta tuttora in vigore un articolato sistema di misure restrittive che, di fatto, impedisce in diverse aree del mondo l’operatività di molte imprese europee e incide sull’efficacia dei contratti in corso.

La ricognizione

Negli ultimi anni, l’aumento delle sanzioni economiche unilaterali o multilaterali decise a livello governativo ed intergovernativo – basti pensare alla prima guerra del Golfo (1999)1 ‒ ha avuto un impatto significativo sui contratti transnazionali, attraverso l’elaborazione di normative di applicazione necessaria di origine statale, europea ed interstatale.

L’imposizione di un embargo nei confronti di un determinato Stato comporta, in via generale, il divieto di intrattenere rapporti diretti o indiretti di natura commerciale o finanziaria con qualunque ente o impresa pubblica o privata avente sede giuridica, amministrativa o di fatto nel Paese colpito da sanzioni economiche. La violazione dell’embargo comporta, in linea di principio, l’applicazione di sanzioni amministrative.

Nel nostro tempo, inoltre, in seno alla Comunità internazionale si sono sviluppate un nuovo tipo di sanzioni, sanzioni istituite dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e dirette a colpire specifiche persone fisiche e giuridiche tramite misure di congelamento dei beni e delle risorse finanziarie, nonché imponendo restrizioni della loro libertà di movimento. Si parla di sanzioni “intelligenti”, ossia mirate a colpire non uno Stato come tradizionalmente è avvenuto, bensì singoli individui od enti.

Ad esempio, in Italia, si sono introdotte misure di congelamento delle disponibilità di soggetti riconducibili ad attività di terrorismo, soggetti puntualmente identificati attraverso il cd. Comitato 1267 istituito dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU2. I regolamenti dell’UE, emanati per dare attuazione alle indicate Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, prevedono misure di embargo e di congelamento dei capitali ed altre risorse finanziarie possedute o controllate, direttamente o indirettamente, presso banche e altre istituzioni presenti nel territorio degli Stati membri della UE.

L’eventuale violazione del divieto di trasferimento di beni, servizi o risorse finanziarie a favore di soggetti od organizzazioni legate al terrorismo comporta, in via principale, l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie. Ulteriori sanzioni possono però essere previste sul piano civilistico: ad esempio, la l. 27.11.2001, n. 415 dispone la nullità degli atti compiuti in violazione delle predette misure di congelamento in favore dei soggetti individuati dal comitato per le sanzioni contro i talebani. Analogamente, la l. 15.12.2001, n. 438 ha disposto sanzioni penali per contrastare il terrorismo (anche) internazionale e l’eversione dall’ordine democratico3.

Senonché, proprio il recente fiorire di sanzioni fondate sul Capo VII della Carta ONU ed aventi come obbiettivo non più uno Stato bensì determinati individui o gruppi di individui ritenuti suscettibili di mettere in pericolo la pace e la sicurezza internazionale, ha suscitato non poche perplessità in dottrina ed in giurisprudenza, perplessità culminate con la celebre sentenza Kadi della Corte di giustizia4. A tale situazione si è posto parziale rimedio tramite un meccanismo istituito dal Consiglio di sicurezza tramite la ris n.1904 (2009): si tratta di un ombudsman, a cui l’individuo colpito da sanzioni può rivolgersi al fine di ottenere eventualmente il proprio delisting.

La focalizzazione: Le sanzioni economiche e la Russia

Le sanzioni or ora richiamate, in particolare l’embargo ed il congelamento di beni, sono destinate ad incidere inmodo particolare sui contratti internazionali stipulati tra soggetti privati nonché tra privati e Stati stranieri. Basti pensare a contratti di vendita e di appalto, i quali spesso coinvolgono una complessa rete di parti a contratti ad essi più o meno intensamente collegati: dai contratti di subfornitura a quelli bancari e finanziari (garanzie bancarie a prima domanda,

pagamenti tramite credito documentario parziali o totali).

Così, a seguito della crisi ucraina, l’UE ha istituito un regime di misure restrittive contro la Russia tramite, inter alia, il reg. (UE) n. 833/2014 del Consiglio del 31.7.2014 concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina, entrato in vigore il 1°.8.20145. La Russia, peraltro, ha risposto con altrettante sanzioni economiche nei confronti dell’UE.

Ed ulteriori atti sono stati adottati con riferimento alle regioni della Crimea e Sebastopoli, attraverso un articolato sistema di misure restrittive che, di fatto, impedisce in quell’area del globo l’operatività di molte imprese europee e dei loro contratti.

L’incidenza di dette sanzioni può essere variamente configurata traducendosi in normative di applicazione necessaria di varia provenienza formale comportanti, quasi sempre, una situazione di forza maggiore variamente configurata dagli ordinamenti di civil law e di common law attraverso nozioni quali il factum principis e la frustration of contract.

Da altro punto di vista, le sanzioni di cui sopra possono essere ascritte all’ordine pubblico internazionale degli Stati che le adottano provocando così una paralisi dell’esecuzione di lodi arbitrali e di sentenze che con esso si ponessero in contrasto.

2.1 Sanzioni e norme di applicazione necessaria

L’art. 9 del reg. (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17.6.2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), dedicato alle “norme di applicazione necessaria”, si compone di tre parti. Il primo paragrafo offre una definizione della categoria normativa: «Le norme di applicazione necessaria sono disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente regolamento».

Detta definizione, di chiaro impianto dottrinale, è stata impiegata dal giudice europeo nella più recente giurisprudenza a partire dal caso Arblade6.

Qui, il “legislatore europeo” aggiunge una notazione di particolare interesse al considerando n. 37 del reg. Roma I indicando che «considerazioni di pubblico interesse giustificano, in circostanze eccezionali, che i giudici degli Stati membri possano applicare deroghe basate sull’ordine pubblico e sulle norme di applicazione necessaria. Il concetto di “norme di applicazione necessaria» dovrebbe essere distinto dall’espressione “disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente” e dovrebbe essere inteso in maniera più restrittiva».

Alla luce di tale normativa, una volta illustrata la nozione di norme di applicazione necessaria e la sua configurazione di diritto positivo, è possibile coglierne ora tutte le sue manifestazioni con riferimento alla origine statale a), europea (UE) b) o interstatuale c) di dette norme.

a) Norme di applicazione necessaria di origine statale.

Le norme di applicazione necessaria hanno avuto una crescente rilevanza giurisprudenziale in alcune materie oggetto, in via generale, del diritto pubblico dell’economia. Al fine di esemplificare le norme di applicazione necessaria di origine statale basti pensare alle seguenti categorie di norme: di esportazione o importazione di prodotti di alta tecnologia e di materiali di armamento; di esportazione o importazione di beni di interesse artistico o storico; di concorrenza ed antitrust; di investimenti esteri; valutaria7; doganale e fiscale; bancaria e normativa sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari; in materia di società quotate in Borsa (ad es. il Sarbanes-Oxley Act degli U.S.A.)8; di usura; di intermediazione finanziaria; di attività assicurative; di “contratti a statuto imperativo” ovvero di quei contratti in cui lo Stato agisce in funzione della direzione pubblica dell’economia relativamente a servizi pubblici essenziali e nell’ambito di un regime di contrattazione collettiva9; sanzioni internazionali economiche unilaterali.

b) Norme di applicazione necessaria di origine UE.

Altre volte le norme di applicazione necessaria possono derivare dall’appartenenza dell’Italia ad organizzazioni intergovernative dotate di Law making power e quindi risultano collegabili a fonti internazionali di terzo grado: è il caso, in particolare, delle norme di applicazione necessaria di origine UE. Va osservato che a tale categoria vanno annoverate le sanzioni comminate dall’UE nei confronti di individui, gruppi di individui ed altri Paesi. Si tratta di misure già rientranti nel cd. secondo pilastro e rientranti nellamateria della politica estera e della sicurezza comune (PESC) di cui al Titolo V del Trattato UE. Chiunque scorra la lista sintetica delle sanzioni UE, rimarrà impressionato dalla vastità di esse10. Non potendole esaminare una ad una è comunque possibile osservare che allorquando si tratta di misure di embargo sugli armamenti, le stesse incidono sui contratti di vendita e cessione all’esportazione di armi, munizioni, veicoli militari e parti di ricambio.

c) Norme di applicazione necessaria di origine interstatuale: sanzioni economiche ed embarghi multilaterali.

Di particolare rilievo per lo studio delle norme di applicazione necessaria sono quelle di origine interstatuale. Spostando il campo di osservazione sul piano delle organizzazioni intergovernative a vocazione universale, occorre fare particolare riferimento, inter alia, alle decisioni emanate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU ex capo VII della Carta ONU, atti che, sempre più spesso in tempi recenti, hanno imposto sanzioni economiche, sub specie misure di embargo nei confronti di determinati Paesi11. Al pari delle norme di applicazione necessaria tradizionali, non v’è dubbio che le misure di embargo costituiscono dei “fattori d’interferenza” particolarmente incisivi sull’efficacia dei contratti in quanto trattasi dell’imposizione di un interesse statale, di un gruppo di Stati o della Comunità internazionale, destinato a prevalere su quello dei privati contraenti. Si manifesta, infatti, in queste fattispecie, il tradizionale potere di imperium dello Stato (embargo unilaterale)12, o di un gruppo di Stati (embargo multilaterale), imperium che impedisce la conclusione del contratto o l’esecuzione di un contratto precedentemente concluso.

In particolare, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, nel quadro delle proprie competenze in materia di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, previste dal capo VII della Carta delle Nazioni Unite, può raccomandare o decidere l’adozione di misure non implicanti l’uso della forza ma dotate di particolare rilevanza per i rapporti transnazionali.

L’art. 41 della Carta prevede, infatti, un elenco non tassativo di sanzioni collettive comprendente, appunto, l’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche, delle comunicazioni marittime, ferroviarie, aree, postali, telegrafiche, radiofoniche ed altre13. Orbene, qualora dette misure fossero disposte tramite decisione queste assumerebbero forza obbligatoria e diverrebbero internazionalmente efficaci14. La prassi internazionale in materia si arricchisce così, a ritmo sempre più serrato, delle sanzioni imposte a titolo dell’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite (tali misure vennero adottate, ad esempio, nel 1966 contro la Rodesia del Sud ‒ oggi Zimbabwe ‒ e contro il Sudafrica).

Altre applicazioni dell’art. 41 si sono registrate a partire dalla fine della guerra fredda, e cioè dagli anni ‘90. Così, durante la crisi del Golfo, sanzioni economiche sono state inflitte all’Iraq incidendo pesantemente sui rapporti commerciali e finanziari conclusi con gli operatori economici di quel Paese15.

Ulteriori sanzioni, ex art. 41 della Carta, sono state adottate nella crisi jugoslava in relazione al conflitto in Bosnia-Erzegovina nonché nel 1992 e 199316; contro la Libia in relazione all’attività di supporto al terrorismo ed alla resa dei responsabili dell’incidente di Lockerbie17. Parimenti, vennero inflitte sanzioni nei confronti di Haiti con l’istituzione di un embargo commerciale su armi e petrolio e il congelamento dei rapporti finanziari con il governo risultante dal colpo

di Stato avvenuto nel 1991, fino al ritorno al potere del Presidente Aristide nel 199418. Ancora, il colpo di Stato avvenuto in Sierra Leone nel 1997 provocò apposite sanzioni che dall’embargo di armi si sono recentemente estese anche al commercio di diamanti19.

Più recentemente, analoghe misure erano state imposte contro l’Afganistan dei Talebani al fine di ottenere la consegna di Osama Bin Laden ritenuto responsabile degli attentati nei confronti di due ambasciate statunitensi20.

Ma l’elemento di maggiore novità per la tecnica internazionalistica consiste nella predisposizione di sanzioni interstatali mirate a colpire specifici individui.

Le sanzioni finanziarie internazionali (cd. embarghi finanziari) rientrano tra le misure restrittive maggiormente utilizzate per contrastare l’attività di individui o di organizzazioni, che minacciano la pace e la sicurezza internazionale21. Tali misure consistono nel congelare fondi e risorse economiche possedute in Italia e all’estero da persone o organizzazioni di un Paese straniero e nel divieto di metterli a loro disposizione22.

Lo studio del diritto internazionale del nostro secolo dunque non può prescindere da un esame attento delle sanzioni internazionali in quanto queste ultime colpiscono una serie indefinita di contratti e dimostrano, una volta di più, la simultanea presenza di questioni di diritto internazionale privato e diritto internazionale “pubblico” allorquando si affrontano i problemi nascenti dalla pratica internazionale.

Né poi l’adozione di misure di embargo contrasta con gli impegni internazionali assunti dagli Stati membri dell’OMC o del Fondo Monetario Internazionale.

Per quanto riguarda l’embargo commerciale, sia l’art. XXI del GATT 1994, che l’art. XIV-bis del GATS, consentono agli Stati, in caso di minaccia alla sicurezza internazionale, di ricorrere a tale sanzione economica fermo restando che non si tratti di misura arbitraria. Ai sensi dell’art. XXI del GATT 1994, in materia di “Eccezioni concernenti la sicurezza”: «Nessuna disposizione del presente Accordo sarà interpretata:

a) nel senso di imporre ad una Parte contraente l’obbligo di fornire delle informazioni la cui divulgazione sarebbe, a suo avviso, contraria agli interessi essenziali della sua sicurezza;

b) o nel senso di impedire ad una Parte contraente di prendere tutte le misure che giudicherà necessarie per la protezione degli interessi essenziali della sua sicurezza: i) relative alle materie fissili o alle materie che servono alla loro fabbricazione; ii) relative al traffico d’armi, di munizioni e di materiale da guerra e a qualsiasi commercio d’altri articoli e materiale destinati direttamente o indirettamente ad assicurare l’approvvigionamento delle forze armate; iii) applicate in tempo di guerra o in caso di grave tensione internazionale;

c) o nel senso di impedire ad una Parte contraente di prendere delle misure in applicazione dei suoi impegni ai sensi della Carta delle Nazioni Unite al fine di mantenere la pace e la sicurezza internazionale» Mentre, in materia di servizi, l’art. XIV bis del GATS così dispone:

«1. Nulla di quanto contenuto nel presente accordo può essere interpretato nel senso di:

a) imporre ad un Membro di fornire informazioni la cui divulgazione sia ritenuta contraria ai suoi interessi essenziali in materia di sicurezza;

b) impedire ad un Membro di prendere provvedimenti che lo stesso ritenga necessari ai fini della tutela dei suoi interessi essenziali in materia di sicurezza: i) relativamente alla fornitura di servizi prestati, direttamente o indirettamente, allo scopo di approvvigionare un’installazione militare; ii) relativamente a materiali fissili e per la fusione, ovvero materiali derivati dagli stessi; iii) adottati in periodo di guerra o comunque di crisi nelle relazioni internazionali;

c) impedire ad un Membro di prendere provvedimenti nell’adempimento dei suoi obblighi a norma della Carta delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

2. Il Consiglio per gli scambi di servizi è informato nella misura più ampia possibile in merito a provvedimenti adottati ai sensi dei paragrafi 1.b) e 1.c), nonché alla revoca degli stessi».

Per quanto concerne, infine, l’embargo finanziario va notato che nello Statuto del FMI non è stata prevista alcuna disciplina in materia, sicché nessun vincolo specifico sembra doversi imporre alla condotta degli Stati membri rispetto agli impegni assunti in sede FMI23.

I profili problematici

L’efficacia delle sanzioni dipende, in ultima analisi, da due fattori diversi ma convergenti: il numero e l’importanza economica degli Stati che le adottano; la loro ampiezza, in funzione della materia regolata e dei soggetti che vengono colpiti.

Nel caso della Russia, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non è sinora riuscito a risolvere la crisi ucraina a causa del diritto di veto di cui dispone la Russia. Pertanto, le misure nei confronti della Russia restano al livello di sanzioni unilaterali e, a tale titolo, sono state adottate principalmente dagli Stati Uniti e dalla UE a partire dal marzo 2014. La relativa “solitudine” di queste due grandi potenze economiche è evidenziata anche nell’adozione di misure diversamente concepite: la UE ha preferito sanzioni “intelligenti” quali il congelamento di beni ed attività di enti ed individui particolarmente legati all’esecutivo russo, le restrizioni commerciali in materia di armamenti e tecnologia, nonché una più generale limitazione all’accesso al mercato dei capitali europeo24.

Ne è risultato, finora, un peculiare sviamento dei flussi commerciali dalla UE alla Cina ed ai Paesi dell’America latina e ciò nonostante l’ulteriore minaccia di escludere la Russia dal sistema interbancario SWIFT.

Per di più, in risposta alle sanzioni euroamericane, il governo russo ha considerato l’ulteriore prospettiva di chiudere il proprio spazio aereo alle compagnie aeree di quei Paesi, oltre a progettare una limitazione nella fornitura di gas ed energia all’Europa.

In conclusione, la crisi ucraina e le misure di embargo adottate contro la Russia hanno mostrato, ancora una volta, tutti i limiti dell’unilateralismo in termini di efficacia dissuasiva delle sanzioni oltre all’importanza di combinare gli strumenti di pressione economica con un dialogo costruttivo da intraprendere al più presto in sede ONU per riaffermare i valori di cui il diritto internazionale è custode.

1 Su cui v., inter multos, il volume di Villani, U., L’ONU e la crisi del Golfo, III ed., Bari, 2005, nonché Galgano, F.- Marrella, F., Diritto del commercio internazionale, III ed., Padova, 2011, ove ampi riferimenti.

2 Cfr. www.un.org ove riferimenti.

3 V. il nuovo art. 230 bis c.p.

4 La sentenza C. giust., grande sezione, 3.9.2008, cause riunite C-402/05 e C-415/05, Kadi, in Racc. 2008, I-06351, ha concluso una complessa vicenda giudiziaria avviata da un ricorso di un individuo sospettato di legami terroristici ed inserito in una lista redatta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, i cui beni erano stati congelati dalla CE.

5 Regolamento (UE) n. 833/2014 del Consiglio, del 31.7.2014 , concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina, in GUUE, L 229 del 31.7.2014, 1 ss. e la rettifica ivi contenuta.

6 C. giust., 23.11.1999, cause riunite 369/96 e 376/96, Arblade, in Racc., 1999, I-8453 ss. ove il giudice comunitario ha fatto riferimento a una «norma nazionale la cui osservanza è stata reputata cruciale per la salvaguardia dell’organizzazione politica, sociale o economica dello Stato membro interessato, al punto da imporne il rispetto a chiunque si trovi sul territorio nazionale di tale Stato membro o a qualunque rapporto giuridico localizzato sul suo territorio». V. anche C. giust., 15.3.2001, causa 165/98, Mazzoleni, ivi, 2001, I-2189 ss., anch’essa in materia di lavoro subordinato e C. giust., 19.6.2008, Commissione c. Lussemburgo, causa 319/06, ivi, 2008, I-4323 ss., punto 29.

7 Cfr. Cass., 10.3.1992, n. 2875, Soc. ed. A. Mondadori c. Soc. Turner Entertainment co., in Riv. dir. int. priv. proc., 1993, 752, concernente un contratto di cessione di diritti di sfruttamento televisivo di film(regolato dall’art. 25 disp. prel. c.c. ora abrogato) ove si rileva che il nulla-osta dell’Ufficio italiano cambi, previsto dal d.m. 12.3.1981 per il pagamento all’estero a non residenti, influisce sull’esecuzione delle obbligazioni, cioè sul trasferimento della valuta all’estero operando come condicio iuris dell’efficacia degli accordi intercorsi.

8 In argomento cfr. Kronke, H., Capital Markets and Conflict of Laws, in RCADI, 2000, t. 286, 245 ss.; Garcimartin Alferez, F.J., Cross-border listed companies, in RCADI, 2007, v. 328, 9-173.

9 A tale proposito è appena il caso di ricordare che, nei testi ufficiali della convenzione di Roma si individuano le accezioni dispositions impératives e lois de police; nel testo tedesco zwingende Bestimmungen e zwingende Vorschrifen, mentre la versione inglese della convenzione di Roma impiega in ambedue i casi il termine di mandatory rules. Poiché anche nel testo italiano della convenzione di Roma viene impiegato il termine di “norme imperative”, la distinzione tra norme imperative e norme di applicazione necessaria deve ritenersi implicita.

10 Cfr. www.eeas.europa.eu.

11 Sul punto v. Conforti, B.-Focarelli, C., Le Nazioni Unite, VIII ed., 2010, 238 ss. ove ampi riferimenti; cfr. Boschiero, N., Appunti sulla riforma del sistema di diritto internazionale privato, Torino, 1996, 255 s. che sottolinea la vincolatività per l’Italia dei provvedimenti di embargo decisi in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite indipendentemente da uno specifico atto di esecuzione nell’ordinamento interno. Contra v. Ronzitti, N., Diritto internazionale dei conflitti armati, Torino, 2001, 61, che osserva: «nel nostro ordinamento, le decisioni del Consiglio di sicurezza comportanti provvedimenti di embargo non sono self-executing. Si provvede mediante l’adozione di atti ad hoc, che possono anche consistere in meccanismi cui si dà attuazione a decisioni appartenenti ad una determinata categoria. Qualora la materia oggetto della decisione incida su competenze comunitarie, l’attuazione della decisione avrà luogo mediante un atto comunitario, generalmente un regolamento». In argomento cfr. Davì, A., Comunità europee e sanzioni economiche internazionali, Napoli, 1993, ove ampi riferimenti.

12 È il caso, ad esempio, dell’embargo statunitense nei confronti di Cuba.

13 L’embargo unilaterale costituisce una misura classica di sanzione nel diritto internazionale e, come tale, viene adottato da uno Stato uti singuli. L’embargo multilaterale, invece, viene adottato in seno ad una data organizzazione internazionale e beneficia di una sorta di “presunzione di liceità” consacrata nel capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite; cfr. Carreau, D.-Marrella, F., Droit international, XI ed., Paris, 2012, cap. XX. V. altresì Marrella, F.-Marotta, P.-Primiceri, S., Codice doganale comunitario commentato, Piacenza, 2015.

14 L’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite così dispone: «Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l’uso della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i Membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie,marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche».

15 In argomento cfr. Vaccà, C., a cura di, Il conflitto del Golfo e i contratti di impresa, Milano, 1992; Sacerdoti, G., Embargo iracheno, effetti sui contratti in corso ed efficacia delle clausole per arbitrato internazionale, in Riv. arbitrato, 1993, 361 ss. Per un’analisi dal punto di vista del diritto interno v. Rolli, R., L’impossibilità sopravvenuta della prestazione imputabile al creditore, Padova, 2000.

16 Cfr., inter alia, S.C. Res. 661 (1990), nonché S.C. Res. 687 (1991); Res. 1409 (2002). Cfr. App. Torino, 10.12.2004, in Riv. dir. int. priv. proc., 2005, 777.

17 Cfr., inter alia, S.C. Res. 757 (1992), nonché S.C. Res. 820 (1993); S.C. Res. 1021 e 1022 (1995).

18 Cfr., inter alia, S.C. Res. 731 (1992), 748 (1992), 883 (1993).

19 Cfr., inter alia, S.C. Res. 841 (1993). Le sanzioni vennero successivamente sospese tramite S.C. Res. 944 (1994).

20 Cfr. S.C. Res. 1132 (1997), S.C. Res. 1156 e 1171 (1994) nonché S.C. Res. 1306 (2000). I massacri compiuti in Rwanda hanno determinato le sanzioni di cui alle S. C. Res. 918 (1994); 997 (1995); 1005 (1995) e 1011 (1995).

21 V. ad es. Reg. (CE) n. 501/2009 del Consiglio del 15.6.2009, che attua l’art. 2, par. 3, del Reg. (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga la decisione 2009/62/CE, al sito www.eeas.europa.eu.

22 Il congelamento di fondi e delle risorse economiche è anche uno strumento ampiamente utilizzato nella lotta al finanziamento del terrorismo.

23 S.C. Res. 1267 (1999), poi rafforzata con S.C. Res. 1333 (2000) e 1363 (2001). Cfr. ora S.C. Res. 1388 (2002) e 1390 (2002). Sui provvedimenti relativi a misure restrittive nei confronti di Zimbabwe, Sudan, Liberia v. Riv. dir. int. priv. proc., 2005, 1237 ss.

24 Reg. n. 833/2014, cit.

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