SARAJEVO

Enciclopedia Italiana (1936)

SARAJEVO (dal turco [Bosna] Serai "palazzo della Bosna", Serraglio, secondo vecchi autori italiani; A. T., 77-78)

Umberto TOSCHI
Vojeslav MOLE
Augusto TORRE

Capoluogo storico della Bosnia ed ora del Banato della Drina in Iugoslavia. È situata all'imbocco SE. di un fertile bacino, corso dalla Bosna, steso a NO. fino a Zenica per 80 km., largo 25 km., affondato al livello di 300-500 m. s. m. entro il massiccio dei M. Metalliferi. La città si stende fra 530 e 560 m. s. m., curiosamente allungata entro la stretta valle della Miljačka, affluente di destra della Bosna, ed è dominata a E. da un semicerchio di pittoresche colline, dalle quali la montagna si leva sino a 1500-1600 m.

Fondata nel 1262 dal capitano ungherese Kostroman col nome di Bosnavár, prese l'attuale dalla residenza che vi si costruì Khusrev beg circa il 1460. Fu presa dagli Ungheresi nel 1480, dal principe Eugenio nel 1697. Soltanto nel 1850 vi venne portata la sede del pascià turco, che era prima a Travnik. La sua importanza crebbe nel 1878, quando vi si fissò l'amministrazione austro-ungarica dei territorî occupati, poi annessi (1908), fino al 1918.

Il vecchio quartiere musulmano si concentra intorno al Bazar (Čarsija) con le tipiche straducole affollate, quello vecchio cristiano intorno all'antica Chiesa dell'Arcangelo. Dopo il 1878 intensa fu l'opera di rinnovamento e quartieri nuovi sorsero specialmente fra il palazzo di città e la stazione ferroviaria, oltre al quartiere militare, che; con un forte e varie caserme, domina la città dalla collina. Il fiume venne chiuso fra muraglioni e sistemati gli scoli interni, le fognature e i servizî. Anche entro i quartieri rinnovati si c0nservano cospicui monumenti turchi, come un centinaio di moschee, Íra le quali brilla la Begova Džamija (1465), che in Europa cede soltanto a quelle di Costantinopoli e Adrianopoli. Altre costruzioni notevoli sono il Konak, residenza del bano, la Sinān Tekkeh (monastero derviscio), le cattedrali serba e cattolica, ospedali, scuole e il museo, con importanti collezioni antiquarie e naturalistiche. Numerosi vi sono giardini, orti, boschetti di cipressi. L'aspetto della città da lungi, con gli svettanti minareti e le frequenti zone di verdura, è inconfondibile e le valse il nome di Damasco del Nord.

La popolazione alla fine del secolo scorso era di 38.000 ab. e si accrebbe rapidamente fino a 77.039 nel 1910. L'aumento è stato nuovamente assai forte dopo la guerra, da 66.317 ab. nel 1921 a 78.182 nel 1931. La composizione è tipicamente eterogenea, specie dal punto di vista religioso: nel 1921 v'erano musulmani (33%), cattolici (28%), scismatici-serbi (24%), israeliti (11%). Etnicamente prevalgono i Serbocroati: si contavano nel 1921% di Tedeschi, 1,8% di Sloveni; gl'Italiani erano 231.

Industrie locali sono quelle della birra, delle armi, dei tabacchi, del cuoio, oltre a tradizionali lavorazioni di filigrane, seterie, tappeti. Per quest'ultima esiste anche una scuola modello governativa. Importanti i prossimi bagni termali di Ilidže. La situazione di Sarajevo ne ha fatto da tempo un attivo mercato, circa al mezzo della fondamentale direttrice N.-S. della Bosnia (seguita dalla ferrovia della Bosna e Narenta Brod-Ragusa); una linea da Sarajevo per Višegrad e Užice conduce alla valle della Morava.

Monumenti. - Importanza fondamentale per lo sviluppo artistico di Sarajevo ebbe la dominazione turca. Dell'antica architettura sacra. solo la chiesa ortodossa di S. Michele Arcangelo si è conservata, e anche questa, molto danneggiata da incendî, non risale, nelle sue condizioni attuali, oltre il secolo XVIII. La cattedrale cattolica in stile gotico è recente. Tanto più caratteristiche per Sarajevo sono le numerose moschee - più di cento - che con i loro minareti dànno alla città un' impronta peculiare. Fra queste emerge la Begova Džamija, eretta negli anni 1526-1530 dal visir della Bosnia Khusrevbeg. Per l'armoniosa composizione del suo interno, essa è uno dei più bei monumenti dell'architettura islamica in Europa. Non meno interessante è la Carska Džamija, la cui costruzione è dovuta a Isḥāqbey, primo luogotenente turco della Bosnia. Alla tradizione islamica si riallacciano anche edifici pubblici dell'epoca dell'occupazione austro-ungarica; fra questi l'esempio più caratteristico di questo particolare stile storico del sec. XIX, è il palazzo del municipio. Il museo provinciale, accanto alle sezioni di scienze naturali e di etinografia, ha una ricchissima sezione archeologica, fra i cui tesori sono i monumenti sepolcrali dei Bogomili della Bosnia.

V. guerra mondiale, XVIII, fig. p. 99.

Bibl.: M. Mandić, Sarajevo, Sarajevo 1922; Kemura, Javne muslimanske gradjevine u Sarajevu (Edifici pubblici musulmani a Sarajevo), in Glasnik Zemaljskog Muzeja, 1908; id., Sarajevske džamije i druge javne zgrade turskog doba (Le moschee di Sarajevo e altri edifici pubblici dell'epoca turca), ibid., 1909-11.

La tragedia di Sarajevo. - L'uccisione, avvenuta il 28 giugno 1914 a Sarajevo, dell'arciduca ereditario austriaco Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia Chotek, fu l'occasione immediata della guerra mondiale. Essa fu l'epilogo di una lunga campagna condotta dalla Serbia che aspirava a riunire sotto di sé le provincie meridionali dell'impero asburgico, abitate da Slavi. La propaganda antiaustriaca era svolta dalle due società Narodna Odbrana (Difesa nazionale) e Ujedinjenje ili Smrt (Unione o morte). La prima, sorta in principio come società terrorista, dopo il 1909 apparentemente si prefisse degli scopi culturali, ed era favorita e sovvenzionata dal governo; la seconda, detta comunemente anche Mano Nera, preferiva i mezzi terroristici anche fuori delle frontiere. Il complotto fu organizzato dal tenente colonnello Dragutin Dimitrijević, con l'aiuto soprattutto del suo principale aiutante, maggiore Vojislav Tankosić, che fornì di armi gli attentatori e li addestrò nell'uso di esse.

Come vittima fu scelto l'arciduca ereditario, non solo perché uno dei più alti personaggi del governo asburgico, ma anche perché coi suoi progetti trialistici avrebbe impedita la realizzazione dell'unità iugoslava, e si decise di ucciderlo quando si fosse recato in Bosnia per assistere alle manovre militari. Il complotto, noto a molti, alla fine di maggio fu conosciuto anche dal capo del governo serbo, N. Pašić, che ne parlò ad alcuni ministri, e quello dell'interno Protić fu incaricato d'impedire agli attentatori di passare la frontiera. Ma ciò non si ottenne, o perché gli ordini arrivarono in ritardo, o perché le autorità confinarie appartenevano alla Mano Nera. Pasić, che in quel momento era aspramente combattuto dalla Mano Nera, non seppe o non volle prendere altri provvedimenti, salvo quello di far avvertire il governo austriaco che il viaggio in Bosnia dell'arciduca non era scevro di pericoli, perché alle manovre qualche soldato esaltato avrebbe potuto sparare a pallottola anziché a salve.

Il 28 giugno Francesco Ferdinando si recò a visitare ufficialmente Sarajevo, capitale della Bosnia Quella visita venne considerata da taluni come una provocazione al sentimento nazionale serbo, perché quel giorno, anniversario dell'uccisione del sultano la sera della battaglia di Kosovo, era considerato festa nazionale serba. Mentre l'arciduca si recava al municipio per il ricevimento ufficiale, uno degli attentatori, Nedeljko Čabrinović, lanciò contro la sua automobile una bomba, che ferì un colonnello del seguito e alcuni spettatori. Arrestato l'attentatore e trasportati i feriti all'ospedale, l'arciduca ordinò di continuare nel programma stabilito. Dopo il ricevimento in municipio, dove il benvenuto del sindaco e le sue assicurazioni sulla lealtà della popolazione bosniaca caddero in un'atmosfera turbata e provocarono un'amara osservazione dell'arciduca, questi volle recarsi all'ospedale a visitare i feriti. In una curva l'automobile, avendo sbagliato strada, rallentò; di quell'attimo approfittò l'altro attentatore, Gavrilo Princip, che era venuto lì a caso, per sparare due colpi che ferirono a morte l'arciduca e la moglie. Erano le 11,30 quando la tragedia si compiva.

Le responsabilità dirette di essa, oltre quelle già ricordate, non sarà forse mai possibile stabilirle, poiché probabilmente non si sapranno mai tutte le circostanze che l'accompagnarono, né le complicità che ci furono.

Bibl.: Le conseguenze della tragedia di Sarajevo sono state così gravi, che hanno dato luogo a una letteratura amplissima su quell'eccidio. Qui ci limitiamo a indicare solo alcune opere fondamentali. Come primo orientamento, anche bibliografico, v.: J. Isaac, Un débat historique. Le problème des origines de la Guerre, Parigi 1933. Inoltre: Pharos, Der Prozess gegen die Attentäter von Sarajevo: nach dem amtlichen Stenogramm der Gerichtsverhandlung aktenmässig dargestellt, Berlino 1918; R. W. Seton-Watson, Sarajevo: A study in the Origins of the Great War, Londra 1926; Fr. Ritter v. Wiesner, Die unwidergelegt gebliebene Begründung für das Ultimatum Österreichs an Serbien von Juli 1914, in Kriegsschuldfrage, 1927, pp. 492-543; A. Boghitschewitsch, Le procès de Salonique, Parigi 1927; L. Magrini, Il dramma di Sarajevo: Origini e responsabilità della guerra europea, Milano 1929; Il delitto di Serajevo. Processo e sentenza, Bologna 1930; A. Boghitschewitsch, Mord und Justizeimord. Aus der Vorgeschichte von Sarajevo und des Königreichs Iugoslawien, in Süddeutsche Monatshefte, 1929, pp. 332-370; A. Mousset, Un drame historique: l'attentat de Serajevo. Documents inédits et texte intégral des sténogrammes du procès, Parigi 1930; B. Adler, Der Schuss in den Weltfrieden. Die Wahrheit über Sarajevo, Stoccarda 1931. Ampie trattazioni vi sono anche nelle opere sulle origini della guerra del Renouvin, Fay e Schmitt.