FRISCIA, Saverio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FRISCIA, Saverio

Francesco M. Biscione

Nacque a Sciacca, nella provincia di Girgenti (oggi Agrigento), l'11 nov. 1813 da Michele e Michelangiola Sortino. Per volontà dei genitori, che volevano farne un ecclesiastico, frequentò le scuole medie presso il locale seminario. Laureato in medicina all'università di Palermo (1837), accolse e praticò la medicina omeopatica teorizzata da Samuel Hahnemann, dottrina allora tenuta in gran sospetto nell'accademia e nella cultura e che si era diffusa in Sicilia negli anni Trenta insieme con i principî del fourierismo. Alla sua formazione contribuirono le frequentazioni del circolo utopistico-radicale, con visibili ascendenze carbonare, che faceva capo al fisiologo Michele Foderà e agli intellettuali della cerchia dello storico Domenico Scinà.

Dopo la laurea tornò a risiedere a Sciacca, ove fu iniziato alla massoneria dall'omonimo cugino, frate domenicano e tenace cospiratore antiborbonico, tornato anch'egli a Sciacca dopo tredici anni di carcere duro inflittogli per la partecipazione alla congiura carbonara dell'Unione italica dei fratelli barabisti (1823).

In contatto con i promotori dei moti messinesi del 1847, il F. organizzò la rivolta antiborbonica a Sciacca, vittoriosa prima ancora dell'insurrezione palermitana del gennaio 1848, e venne eletto deputato al Parlamento generale di Sicilia (1848-49), mentre con il giornale palermitano L'Armamento promosse l'arruolamento volontario dei cittadini in difesa della rivoluzione. La linea politica su cui si era attestato era quella ultrademocratica che si riconosceva in P. Calvi.

Con la restaurazione borbonica, nell'ottobre 1849 fu inviato al domicilio coatto a Trapani prima e poi nell'isola di Favignana, quindi nel luglio 1850 espatriò. Mentre le persecuzioni poliziesche colpivano ancora la sua famiglia, nel pensiero del F. si accentuavano i contenuti repubblicani e unitari, ma, con un atteggiamento decisamente antidogmatico, rivolgeva attenzione non minore al federalismo di C. Cattaneo. Una volta a Genova, il F. operò in contatto con Rosalino Pilo e fu eletto nel Comitato siciliano (ne facevano parte anche M. Amari, G. Carini, T. Landi, F. Milo Guggino, A. Vasta Fragalà), con sede a Parigi, costituito quale articolazione del Comitato nazionale italiano presieduto a Londra da G. Mazzini.

Nel maggio 1851 si trasferì pertanto a Parigi e partecipò alla discussione sulla tattica e la strategia mazziniane, discussione nella quale, evitando i toni troppo accesi e auspicando sempre la composizione dei contrasti, si trovò comunque solidale con le posizioni più "radicali" di Landi e G. Interdonato. Dissoltosi il Comitato siciliano (1852), il F. seguitò a vivere a Parigi, sposò una ricca signora belga, continuò a frequentare i circoli dell'emigrazione politica italiana - anche se non sembra abbia svolto attività dirigente (cosa di cui lo stesso Mazzini ebbe a dolersi in una lettera a F. Crispi del 5 nov. 1855) -, seguitò, come nel periodo genovese, a esercitare con successo la professione di medico.

Furono la spedizione dei Mille e la liberazione dell'Italia meridionale a indurlo a una nuova svolta per cui nell'agosto 1860 tornò a Palermo. Il F. riprese la posizione di rilievo acquisita nella gerarchia massonica e repubblicana dell'Isola, ora, nelle nuove condizioni politiche, con un'inclinazione garibaldina che si contrapponeva, uscito sconfitto il piano repubblicano di Mazzini, alla prospettiva dell'annessione incondizionata al Piemonte. Fu membro e poi (settembre 1861) segretario generale del supremo magistrato di Salute (sorta di ministero della Sanità), organo attraverso il quale sostenne, talora in contrasto con il governo prodittatoriale, istanze di rigenerazione sociale e di autonomia regionale, con queste dimostrandosi sensibile alla predicazione cattaneana, con quelle cercando di dar voce al malcontento di fasce più ampie della popolazione isolana e del Sud in genere. In questa direzione egli svolse una missione su incarico del prodittatore A. Mordini (settembre 1860) presso Garibaldi, a Caserta, per rappresentare al generale le esigenze dell'autonomia amministrativa siciliana, ed ebbe parte rilevante nel varo del decreto del 18 ott. 1860 "per la censuazione dei beni ecclesiastici", che garantiva in minima parte l'assegnazione di terra ai contadini e che però, cessata la prodittatura, non ebbe più effetto.

Destituito dal suo incarico per aver criticato le misure di rigore adottate dalle autorità militari in Sicilia e ormai figura di notabile la cui influenza regionale era paragonabile a quella di Crispi (con il quale ebbe peraltro, almeno fino al 1862, un serrato sodalizio), il F. "si trovò… ad impersonare un'oggettiva posizione di "raccordo", e più spesso di mediazione, tra le varie componenti della democrazia laica siciliana e il mazzinianesimo, e tra il mazzinianesimo e il garibaldinismo, e anche tra il mazzinianesimo-garibaldinismo… e le forze politiche anticavourriane e "antimoderate", autonomistiche e sicilianistiche, che reagivano alla "piemontesizzazione" della Sicilia" (Marino, p. 102).

Deputato (1861) del collegio Sciacca-Menfi nella VII legislatura (poi di Palermo nella IX e ancora di Sciacca fino alla XIV), con il profilarsi della convergenza di Crispi sulle posizioni governative, il F. costituì (gennaio 1863) l'Associazione democratica italiana per la Sicilia, che disponeva anche di un quotidiano (Aspromonte, diretto da E. Bay), posizionata sul delicato crinale tra repubblicanesimo e sicilianismo, ma sciolta d'autorità tra le proteste degli studenti poco dopo la sua costituzione. L'esito della vicenda siciliana e l'egemonia politica della Destra lo confermarono in una posizione di definitiva e globale differenziazione dalla classe dirigente liberale, posizione che ebbe modo di esprimere anche alla Camera specie in opposizione alle iniziative del generale G. Govone.

Negli anni 1863-65 mantenne serrati rapporti politici ed epistolari con Mazzini - ricevendone più di un richiamo a evitare velleitarismi e confusioni ideologiche - e si trasferì a Napoli (1863) a svolgervi una funzione di raccordo tra Mazzini stesso e l'Italia meridionale. Qui, oltre a collaborare al democratico Popolo d'Italia, s'impegnò con G. Ricciardi nella costituzione del Comitato centrale elettorale, che diede vita all'Associazione elettorale italiana, organismo del Partito d'azione. Maturava intanto, coeva all'opposizione parlamentare alla Convenzione di settembre (1864) e alla sua presa di posizione in favore dell'incameramento dei beni ecclesiastici a patto che fossero restituiti al popolo (1865), una concezione vieppiù strumentale del lavoro di deputato "come mezzo per educare il popolo e come modo di protesta contro il sistema" (lettera a M. Speciale, 16 giugno 1865); ma intanto gli sviluppi dell'Associazione internazionale dei lavoratori, il differenziarsi delle posizioni nel campo repubblicano circa la questione sociale, la presenza a Napoli di M.A. Bakunin costituivano il terreno dell'evoluzione socialista del Friscia.

Fu uno dei primi amici italiani del rivoluzionario russo insieme con G. Fanelli, A. Dramis e C. Gambuzzi, con i quali nel 1867 costituì a Napoli l'associazione Libertà e giustizia (che ebbe un omonimo organo di stampa), di orientamento democratico avanzato (suffragio universale, separazione dei poteri, libertà di stampa, associazione, ecc.) con visibili ascendenze proudhoniane e pisacaniane, ma con un radicamento tuttora forte nella dottrina mazziniana, di cui si desiderava non tanto il superamento quanto lo sviluppo in senso materialistico e rivoluzionario.

Con una sorta di doppia militanza, mentre partecipava ancora alla cospirazione mazziniana, il F. divenne tra i più attivi ed efficaci divulgatori del verbo internazionalista e seguì il Bakunin anche nelle complesse vicende e polemiche politiche in seno al movimento democratico e rivoluzionario europeo. Nel settembre 1868 fu al Berna al secondo congresso della Lega della pace, durante il quale, messo in minoranza Bakunin, i suoi sostenitori (oltre al F., Fanelli, Gambuzzi, U. Tucci) abbandonarono i lavori per dar vita all'Alleanza internazionale per la democrazia socialista (si trattava di fatto della corrente bakuninista dell'Internazionale), nel cui comitato centrale italiano il F. venne inserito. Nel 1871 il giornale internazionalista di A. Riggio L'Eguaglianza, di Girgenti, pubblicò l'articolo, steso dal F. o direttamente da lui ispirato, L'Internazionale e Mazzini, che venne largamente ripreso dalla stampa internazionalista europea, nel quale si polemizzava contro Mazzini per l'attacco da questo mosso alla Comune di Parigi e allo stesso tempo si evidenziava la difficoltà di un compiuto distacco dal mazzinianesimo. Nell'agosto 1872 il F. fu delegato al congresso di Rimini delle sezioni italiane dell'Internazionale, che sancì l'adesione alle posizioni di Bakunin in polemica con la linea di Marx e di Engels.

Il F. non rinunciò mai alla milizia nella massoneria; anzi, operò con qualche successo una penetrazione internazionalista nell'ambito delle logge del Grande oriente siciliano, già largamente ricettive delle tematiche mazziniane e garibaldine. Mantenne altresì il seggio parlamentare fino al 1882, pur partecipando ai lavori con una certa discontinuità, ma attento alle esigenze del collegio elettorale.

Verso la metà dei Settanta, con il mutare degli scenari politici e ideologici che avevano caratterizzato la sua milizia, il F. si ritirò, senza abiure né rotture, dalla politica internazionalista e accentuò la pratica del riformismo parlamentare. Sostenne la "rivoluzione parlamentare" del marzo 1876 e, dopo le elezioni di novembre, il primo governo Depretis. Nel 1878 caldeggiò l'avvento della Sinistra e votò la fiducia al governo Cairoli-Zanardelli; successivamente sostenne anche il governo Cairoli-Depretis, spiegando la sua scelta con la considerazione che un governo borghese più avanzato avrebbe potuto affrontare e risolvere la questione sociale costruendo i presupposti per una successiva rivoluzione sociale (vedi il periodico La Luce, da lui fondato a Sciacca nel 1879).

Non rieletto alla Camera nelle elezioni del 1882, il F. si ritirò a Sciacca, ove seguitò a svolgere la professione medica (nel 1885 divenne presidente nazionale dell'Accademia omeopatica italiana). Ormai considerato padre nobile della democrazia e del socialismo siciliani e riferimento morale e politico anche dalle giovani generazioni, il F. morì a Sciacca il 22 febbr. 1886.

Fonti e Bibl.: G.C. Marino, S. F. socialista libertario, Palermo 1986 (con ulter. bibl.); G. Sanfilippo, S. F. e la sua battaglia per il federalismo e le autonomie locali, in Nuove Prospettive meridionali, V (1995), pp. 29-42.

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