SAVOIA AOSTA, Luigi Amedeo Giuseppe Maria Ferdinando Francesco di, duca degli Abruzzi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SAVOIA AOSTA, Luigi Amedeo Giuseppe Maria Ferdinando Francesco di, duca degli Abruzzi

Francesco Surdich

SAVOIA AOSTA, Luigi Amedeo Giuseppe Maria Ferdinando Francesco di, duca degli Abruzzi. – Nacque a Madrid il 29 gennaio 1873, terzogenito (era fratello minore di Emanuele Filiberto e Vittorio Emanuele) di Maria Vittoria Dal Pozzo della Cisterna e di Amedeo Ferdinando Maria, da due anni re di Spagna, ma costretto ad abdicare l’11 febbraio.

La famiglia rientrò a Torino e si stabilì nel palazzo Cisterna, dove nel novembre del 1876, a soli trent’anni, morì la madre. Di lui e dei suoi fratelli si sarebbe presa cura la principessa Margherita, dal 1878 regina d’Italia.

Il 19 agosto 1879, ad appena sei anni e mezzo, Luigi venne arruolato come mozzo nella Regia Marina per ricevere un’educazione militare. Durante le vacanze estive, trascorse assieme ai fratelli in montagna, venne affidato al padre barnabita Francesco Denza, meteorologo di grande fama, che lo avviò alla pratica dell’alpinismo. Nel dicembre del 1884 divenne allievo di prima classe dell’Accademia navale di Livorno, imbarcandosi a bordo della fregata Vittorio Emanuele, dove condivise studi e addestramento con un altro figlio illustre, il coetaneo Manlio Garibaldi. Nel luglio del 1889 venne nominato guardiamarina nel corpo di stato maggiore generale della Regia Marina e si imbarcò sul brigantino Amerigo Vespucci, con cui compì la sua prima navigazione intorno al mondo, nel corso della quale conobbe il tenente di vascello Umberto Cagni, che lo avrebbe accompagnato in quasi tutte le sue successive esplorazioni. Nel febbraio del 1891, al suo rientro in Italia, diventò sottotenente di vascello e, in seguito alla morte del padre avvenuta nel gennaio del 1890, venne nominato duca degli Abruzzi. Successivamente compì alcune brevi crociere sulla nave scuola Venezia e sulla torpediniera 107 S e, tra il 1892 e il 1894, si impegnò in numerose ascensioni sulle Alpi nel gruppo del Gran Paradiso, del monte Rosa e nel massiccio del monte Bianco, accompagnato da prestigiose guide valdostane; la più importante fu la scalata del Cervino lungo la costa di Zmutt, realizzata nell’agosto del 1894, che gli valse la presidenza onoraria della sezione di Torino del Club alpino italiano (CAI) e l’ammissione nell’elitario Club alpino britannico.

Nel giugno del 1893 era stato assegnato come ufficiale in seconda alla cannoniera Volturno e nell’arco di due mesi venne promosso tenente di vascello: a settembre la nave venne inviata in Somalia per sedare alcuni disordini e rimase un mese a presidiare il porto di Mogadiscio. Il 16 ottobre 1894 Luigi Amedeo salpò da Venezia sulla Cristoforo Colombo per una missione diplomatica che durò poco più di due anni e gli consentì di compiere il suo più lungo viaggio di circumnavigazione del globo; approfittando di una sosta di un mese a Calcutta attraversò l’India, arrivando fino alle prime propaggini dell’Himalaya, in prossimità di Darjeelin.

Nel 1897 poté riprendere l’attività alpinistica, sostituendo la fidata guida Émile Rey (scomparso nel 1895) con Joseph Petigax, che lo avrebbe accompagnato non solo nelle successive ascensioni alpine, ma anche in tutte le spedizioni extraeuropee: con il suo aiuto portò a compimento, nello stesso anno, la scalata del monte Sant’Elia, in Alaska, dopo una lunga marcia che prese le mosse dalla baia di Yakutat. Nell’estate del 1898 scalò due delle cime delle Grandes Jorasses, che battezzò punta Margherita e punta Elena, in onore della zia Margherita e della cognata Elena d’Orléans, e l’Aguille San Nom, nel gruppo dell’Auguille Verte, che chiamò Auguille Petigax.

Recandosi nell’arcipelago norvegese delle Svalbard nell’estate del 1898 e compiendo a dicembre un lungo viaggio in Siberia, preparò e guidò una spedizione al Polo Nord. Partita da Christiania il 12 giugno 1899 a bordo della baleniera Stella Polare, si spinse fino alla massima latitudine dell’arcipelago Francesco Giuseppe, dove trascorse l’inverno (il duca subì per congelamento l’amputazione di due falangi della mano sinistra) e il 25 aprile 1900 raggiunse la massima latitudine artica di 86°33′49″, prima di rientrare a Tromso il 6 settembre. A questa impresa Giovanni Pascoli avrebbe dedicato due poesie in Odi e Inni (A Umberto Cagni e Al Duca degli Abruzzi e ai suoi compagni).

Dopo essere stato promosso capitano di corvetta, tra il 1902 e il 1905, affrontò, a bordo dell’incrociatore Liguria, un’altra circumnavigazione del globo che lo avrebbe portato a coprire 52.000 miglia marine, visitare centoquattordici porti e risalire nove fiumi. Nel 1906 esplorò le maggiori vette del Ruwenzori (oggi al confine tra Uganda e Repubblica Democratica del Congo), nell’antichità note come i Monti della Luna di Tolomeo, scoperti da sir Henry Morton Stanley nel 1888, scalandole più volte in poco più di venti giorni e facendo redigere una carta dell’intero gruppo montuoso in scala 1:40.000 e una carta geologica della zona visitata.

Già capitano di vascello dal 30 aprile 1906, al ritorno in Italia riprese a navigare al comando di due incrociatori, il Varese, con cui effettuò una visita ufficiale negli Stati Uniti, e l’Etruria, prima di assumere il comando della modernissima corazzata Regina Elena, sulla quale compì il prescritto triennio di comando per ottenere l’idoneità al grado superiore, cioè la direzione dell’arsenale di La Spezia, che avrebbe esercitato dal 1° gennaio 1910 al 26 settembre 1911. Nel frattempo, il 26 marzo 1909 era partito dal porto di Marsiglia, sulla nave Oceana, per raggiungere Bombay, a capo di una spedizione che si sarebbe inoltrata nel massiccio del Karakorum con l’obiettivo di salire sulla vetta del K2, partendo dal campo base di Urdukas; ma le difficoltà incontrate costrinsero il duca e i suoi compagni di viaggio a dirottare i propri obiettivi sull’Alto Baltoro, riuscendo a raggiungere, sul Chogolisa, una quota di 7493 m, che per diversi anni non sarebbe stata superata. Il più significativo risultato scientifico della spedizione fu la compilazione della Carta al 100.000 dei ghiacciai Baltoro e Godwin Asten, prima rappresentazione cartografica attendibile dell’area.

Quando la flotta italiana si stava preparando all’impresa di Libia Luigi Amedeo ottenne il comando del naviglio silurante e il 27 settembre 1911 poté innalzare sulla Vettor Pisani l’insegna azzurra con la stella d’oro corrispondente all’incarico di ispettore delle siluranti nell’Adriatico. Dopo essere stato riassegnato (24 maggio 1912), con il titolo di viceammiraglio, alla direzione dell’arsenale di La Spezia, allo scoppio della prima guerra mondiale divenne comandante in capo delle forze navali riunite con insegna sulla nave da battaglia Conte di Cavour, distinguendosi nell’organizzazione dell’evacuazione, con trecento traversate, di centottantacinquemila profughi civili e militari serbi dalla costa albanese, che gli valse la gran croce dell’Ordine militare sabaudo. In seguito, per le pressioni sullo stato maggiore da parte delle potenze alleate che, contrariamente alle intenzioni del duca, volevano utilizzare la marina italiana solo per scopi difensivi, venne rimosso dall’incarico e si ritirò nella reggia di Capodimonte per tutto il resto della guerra. Nonostante quel provvedimento, ufficialmente giustificato con ragioni di salute, il 28 febbraio 1918 fu promosso ammiraglio, anche se di fatto venne esautorato da incarichi operativi.

A partire dal 1919 avviò un’operazione di bonifica su larga scala lungo la valle del fiume Uebi Scebeli, del quale era in gran parte poco noto il percorso e sconosciute le sorgenti. A questo scopo, dopo aver messo a punto un ambizioso progetto di azienda agricola modello, basato sull’agricoltura, la zootecnia e la sistemazione idraulica nella piana paludosa e infestata dalla boscaglia di Giohar (Jowhar), sul medio corso dello Uebi Scebeli, a 120 chilometri da Mogadiscio, nel novembre del 1920 costituì, con sede a Milano, la Società agricola italo-somala (SAIS). A lavori ultimati questa azienda, che comprendeva sedici villaggi abitati da tremila somali e duecento italiani, venne battezzata Villaggio Duca degli Abruzzi dal governatore della Somalia italiana.

All’inizio degli anni Venti ebbe una relazione, molto enfatizzata dalla stampa italiana e d’Oltreoceano, con una ricca ereditiera americana, Katherine Hilk Elkins, figlia del re del carbone e dell’acciaio, il senatore della Florida Davis Elkins, ma il cugino, il re Vittorio Emanuele III, e soprattutto la regina madre Margherita, non gli concessero il permesso di sposarla per motivi mai ben chiariti e quindi oggetto di varie illazioni.

Nel 1924 venne nominato senatore del Regno e nel 1925 cavaliere del lavoro. Nel 1927, dopo aver ricevuto da Vittorio Emanuele III l’incarico di restituire ufficialmente al ras Tafari Maconnen (il futuro Hailè Selassiè) la visita che questi aveva fatto a Roma l’anno prima, ottenne anche il permesso e l’appoggio di Addis Abeba per l’esplorazione dell’Uebi Scebeli. Il 26 ottobre 1928 la carovana da lui comandata lasciò la stazione ferroviaria di Hadama per dirigersi verso i monti Arussi, giungendo il 12 novembre nella conca di Hoghisò, al centro della quale un recinto di canne segnava il punto dove i Galla veneravano l’origine del fiume come genio benefico.

Rilevate le coordinate della vasta savana da cui nasce anche il Giuba, la marcia riprese per rilevarne topograficamente l’andamento sino al confine somalo e in cento giorni vennero percorsi, in settantasette tappe, 1400 chilometri. Nelle settimane successive la marcia continuò lungo il corso dello Uebi, con alcune puntate verso gli affluenti, che portarono alla scoperta di cascate, gole, forre e grandi canyon, per concludersi alla frontiera della colonia italiana il 5 febbraio 1929.

Sembra che negli ultimi anni della sua vita avesse avuto una relazione con una giovane principessa somala di nome Faduma Alì, di cui si conserva un busto in gesso nella casa del duca in Somalia. Colpito da un carcinoma al fegato che lo costrinse a diversi mesi di inattività trascorsi in Italia, dove era stato nominato accademico d’Italia e presidente della Società di navigazione Italia, volle tornare in Somalia all’inizio del 1933 e il 18 marzo morì nel Villaggio Duca degli Abruzzi; secondo le sue volontà, venne sepolto sulle sponde dell’Uebi Scebeli.

Nel 1992 la missione militare Restore Hope tentò di recuperarne i resti per sottrarli al rischio della profanazione ma, su richiesta della popolazione locale, avallata anche da Amedeo d’Aosta, la tomba di Luigi Amedeo venne lasciata in Somalia. Dopo la sua morte la Regia Marina intitolò alla memoria del duca degli Abruzzi un incrociatore che nel dopoguerra avrebbe ricoperto anche il ruolo di nave ammiraglia della Marina militare italiana.

Opere. Osservazioni scientifiche eseguite durante la spedizione polare di S.A.R. L. A. di Savoia, duca degli Abruzzi 1899-1900, Milano 1903 (con U. Cagni - A. Cavalli Molinelli); La Stella Polare nel Mare Artico, 1899-1900, Milano 1903 (con U. Cagni - A. Cavalli Molinelli); Il Ruwenzori, I-II, Milano 1908-1909; La spedizione nel Karakorum e nell’Imalaia occidentale, 1909, Bologna 1912; La esplorazione dello Uabi-Uebi Scebeli dalle sue sorgenti nella Etiopia meridionale alla Somalia italiana (1928- 29), Milano 1932.

Fonti e Bibl.: Una ricca documentazione sul duca e sulle sue spedizioni si trova nel Centro di documentazione del Museo della montagna di Torino a lui intitolato (vedi Guida “Collezioni Spedizioni Duca degli Abruzzi”, Torino 1993), presso l’Istituto geografico polare di Fermo e la Fondazione Sella di Biella; fotografie relative alla spedizione allo Uebi Scebeli, sulla quale fu realizzato dall’Istituto Luce anche un documentario, si conservano nell’Istituto di fotografia alpina di Biella; si vedano anche gli archivi storici della Società geografica italiana, dell’Ufficio storico della Marina militare, dell’Istituto geografico militare e del ministero degli Affari esteri, nonché del Centro di documentazione dell’Istituto agronomico per l’oltremare. F. De Filippi, Spedizione di sua altezza reale il principe L. A. di S. duca degli Abruzzi al Monte Sant’Elia, Milano 1900; L. Giannitrapani, Le relazioni sulla spedizione di S.A.R. il Duca degli Abruzzi nel Karakorum, in Rivista geografica italiana, XIX (1912), pp. 668-679 (ma sui risultati di questa spedizione si veda anche il Bollettino della Società geografica italiana, XLIX (1912), pp. 355-365, 819-840 e 945-965); G. Dainelli, Esploratori e alpinisti nel Caracorum, Torino 1959, pp. 101-140; C. Maino, La Somalia e l’opera del duca degli Abruzzi, Roma 1959; G. Dainelli, Il duca degli Abruzzi. Le imprese dell’ultimo grande esploratore italiano, Torino 1967; G. Rapetti, L’opera della Società agricola italo somala in Somalia, Milano 1978, passim; A. Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale, II, La conquista dell’impero, Roma-Bari 1979, ad ind.; V. Sella, Dal Caucaso all’Himalaya, Milano 1981, passim; S. Zavatti, L’Italia e le regioni polari, Ancona 1981, pp. 135-149; Dal Polo al K2. Sulle orme del duca degli Abruzzi, 1899-1954 (catal.), Torino 1984; G. Speroni, Il duca degli Abruzzi, Milano 1991; E. Milanese, Storia di una bonifica coloniale: la nascita della Società agricola italo somala, in Rivista di storia dell’agricoltura, XXXV (1995), pp. 67-122; Id., Tra Sardegna e Somalia: storia di due bonifiche nella corrispondenza fra il duca degli Abruzzi e Vittorio Sella, in Atti dell’Accademia dei Georgofili, s. 7, XLII (1995), pp. 209-231; F. Pozzo, Due lettere inedite del duca degli Abruzzi, in Miscellanea di storia delle esplorazioni, XXII (1997), pp. 277-286; E. Milanese, Bibliografia della Società agricola italo-somala (1920-1942), Firenze 1998, passim; Id., La Società agricola italo somala e l’opera del duca degli Abruzzi in Somalia tra il 1920 e il 1993, in Miscellanea di storia delle esplorazioni, XXIV (1999), pp. 233-258; M. Tenderini - M. Shandrick, Vita di un esploratore gentiluomo. Il duca degli Abruzzi, Milano 2006; I popoli della Luna / The people of the Moon. Ruwenzori 1906-2006 (catal.), a cura di C. Pennacini, Torino 2006, passim; E. Milanese, L’intrapresa di L. di S. in Somalia, ovvero storia di una bonifica ‘integrale’ coloniale, in I sentieri della ricerca, 6, dicembre 2007, pp. 201-230; P. Dell’Osa, Il principe esploratore. L. A. di S., duca degli Abruzzi, Milano 2010; Vito Cosimo Basile. Uebi Scebeli. Diario di tenda e cammino della spedizione del duca degli Abruzzi in Etiopia (1928-1929), a cura di D.M. Pegorari, Bari 2010; F. Pozzo, Il Duca degli Abruzzi, Katherine Elkins ed Emilio Salgari, in Studi piemontesi, XLV (2016), pp. 585-592.

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