Scaldare

Enciclopedia Dantesca (1970)

scaldare

Andrea Mariani

Del verbo, che vanta un discreto numero di occorrenze (tredici, di cui dieci nella Commedia), un primo uso proprio è in If XXIX 74 Io vidi due sedere a sé poggiati, / com'a scaldar si poggia tegghia a tegghia. La similitudine non è parsa chiara a molti, ma qui interessa notare che " lo scopo di questo ‛ poggiarsi ' delle due teglie non sarà il sostegno reciproco, ma la più efficace utilizzazione del calore (a scaldar) ", Mattalia; e cfr. anche Porena.

Sempre in senso proprio, in Pd XXI 36, dove D. segue i movimenti delle cornacchie che, al cominciar del giorno, / si movono a scaldar le fredde piume: " si muoveno tutte insieme e volano per iscaldarsi, che sono fredde per lo freddo della notte " (Buti). In Pd XXIV 102 l'opera della natura si contrappone a quella del fabbro, in quanto " il fabbro... per foggiare un oggetto, prima arroventa il ferro, poi gli dà la sua forma col martello " (Pietrobono), mentre essa non scalda ferro mai né batte incude: " metaphora bona est, scilicet quod ‛ natura ' non calefacit ferrum, nec percutit incudem, idest non operatur... talia " (Serravalle).

Il passo di If XVII 110 Icaro... le reni/ sentì spennar per la scaldata cera si riferisce non solo all'azione del sole che " surriscalda " le ali, ma anche alla conseguenza di tale azione. In Rime C 16 Levasi de la rena d'Etiopia / lo vento peregrin... / per la spera del sol ch'ora la scalda (e non riscalda; v. RISCALDARE), l'asserzione dantesca assume due sensi diversi a seconda del valore attribuito a ora. Se vale " in questo momento ", poiché si è in inverno, vorrà dire che l'Etiopia, ‛ riscaldata ' dai raggi del sole più d'inverno che d'estate, è considerata appartenente all'emisfero opposto al nostro (Dante's lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, Oxford 1967, 262). Se invece vale " sempre ", l'Etiopia è " costantemente " riscaldata dal sole, in quanto luogo torrido per antonomasia (cfr. l'Etïopo di Pg XXVI 21).

Il passaggio dagli usi propri ai traslati è riscontrabile nell'apostrofe di Virgilio al sole: Tu scaldi il mondo, tu sovr'esso luci... (Pg XIII 19). Infatti il sole è simbolo della grazia divina: " tu, gratia divina, calefacis calore caritatis mundum, idest homines in mundo viatores " (Serravalle), o dell'amore per il bene che " scalda... l'animo umano rendendolo fecondo di opere buone " (Steiner).

Altrove indica l'azione spirituale che " accende " d'amore l'uomo disposto a ben agire. Beatrice, quel sol che pria d'amor mi scaldò 'l petto (Pd III 1), " diviene nel ricordo il sole che scaldò il petto del poeta negli anni giovanili e il nuovo sole della verità " (Fallani). Ancora più efficace la lode di Beatrice in Pd IV 120 0 amanza del primo amante, o diva / ... il cui parlar m'inonda / e scalda sì, che più e più m'avviva..., in cui è evidente il valore progressivo dei tre verbi usati, m'inonda, scalda e m'avviva, per spiegare l'effetto delle parole della donna: " il suo parlare inaffia e scalda ", commenta l'Ottimo. Così Matelda che ‛ si scalda ' a' raggi d'amore (Pg XXVIII 44), " arde " di amore per Dio, e manifesta questo suo amore nei sembianti: " per li toi atti e sembianti eo decerno che tu sei ne li ragi d'amore incesa " (Lana). Nel Purgatorio Stazio, per esaltare l'Eneide, afferma: Al mio ardor fuor seme le faville, / che mi scaldar, de la divina fiamma / onde sono allumati più di mille (Pg XXI 95), cioè " la mia poesia trasse origine dall'Eneide, ispiratrice d'innumerevoli... poeti " (Chimenz; cfr. Stat. Theb. XII 816-817 " tu divinam Aeneida... / longe sequere et vestigia semper adora "). Si noti che anche qui, come ad es. nei casi già visti di Pg XIII 19, Pd III 1 e IV 120, all'idea di " riscaldare " Si associa quella di " illuminare ": l'un verbo indica l'effetto sul sentimento, l'altro sull'intelletto. In Pg XXI 134 il senso del verbo è in accordo con gli usi esaminati fin qui, ma la costruzione è singolare: dice Stazio a Virgilio: Or puoi la quantitate / comprender de l'amor ch'a te mi scalda: " proprietà di lingua, invece di: ‛ che mi scalda ad amar te ' " (Cesari; v. anche Sapegno: " mi accende, mi trasporta verso di te ").

Nel Fiore il verbo ricorre due volte. In XV 14 (fate che la madre al Die d'amore / ... le scaldi un poco il core) vale " scaldare di passione " il cuore, così freddo, di Cupido; in CCXIX 7 (i' lavorroe / col mi' brandone; sì gli scalderoe, / che ciaschedun verrà a comandamento) s. può valere " infiammare ", " entusiasmare " (cfr. Petronio: " accenderò in tal modo... gli uomini... che ognuno di essi si ridurrà a fare la nostra volontà ") ma non è escluso il senso osceno che si ha nel ‛ riscaldare ' di CCXXI 14.

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