ELETTRICHE, SCARICHE

Enciclopedia Italiana (1932)

ELETTRICHE, SCARICHE

Giorgio Valle

. Per scarica elettrica s'intende in senso lato, quel fenomeno che succede quando, a un dato momento, due conduttori di potenziale diverso sono messi in grado di neutralizzare le loro cariche attraverso un corpo interposto. Se questo corpo è anch'esso un conduttore, metallico o elettrolitico, oppure un gas ionizzato da un ionizzatore secondario (v. ionizzazione, il fenomeno rientra nei fatti ordinarî dell'elettrodinamica e acquista interesse soltanto per l'andamento diverso che può assumere, a seconda dei casi, dopo l'inserzione del corpo, il processo transitorio tendente a stabilire un nuovo stato stazionario, compatibile con le modificate proprietà del sistema elettrico, cui appartengono i due conduttori. Ma il corpo fra questi interposto può anche essere privo di conducibilità o averla trascurabile, e acquistare questa proprietà in modo sensibile, soltanto a un certo momento, esclusivamente in virtù della differenza di potenziale applicata. È a questo fenomeno che si dà, in senso più ristretto, ma secondo l'uso generale, il nome di scarica elettrica. Di solito sono i gas quei corpi in cui si producono più di frequente le scariche elettriche, ma avviene anche ch'esse si manifestino, per forti differenze di potenziale, nei dielettrici liquidi e solidi, facendo spruzzare o vaporizzare i primi, rompendo o perforando i secondi. Ciò dà l'idea del fenomeno brusco, disruptivo; e infatti molto spesso le scariche elettriche, anche nei gas, si manifestano con questi caratteri; il nome stesso di scarica richiama alla mente l'immagine di un tale fenomeno. Eppure è del pari frequente il caso, specialmente nei gas rarefatti, che la scarica elettrica assuma un andamento regolare e tranquillo e possa durare così indefinitamente, se si ha cura di mantenere costante con un generatore la differenza di potenziale che occorre per conservare al gas la sua conducibilità. Si parla in questo caso di scariche elettriche continue.

Tra i fenomeni che accompagnano le scariche elettriche, i più noti sono i fenomeni luminosi. Dal fulmine, di cui Beniamino Franklin nel 1752 dimostrò per primo la natura di scarica elettrica, all'arco voltaico (v. arco elettrico); dai pennacchi, dalle scintille, dalle fiamme che si producono fra gli elettrodi delle macchine elettrostatiche e dei potenti rocchetti di Ruhmkorff, alle aureole, ai bagliori, alle lunghe colonne luminose, che risplendono con colori intensi vivacissimi nei tubi a gas rarefatto, è tutta una ricca serie di fenomeni luminosi svariatissimi e stupendi. Ciò spiega anche come, per un periodo di tempo molto lungo, fin quasi alla soglia del nostro secolo, lo studio delle scariche elettriche sia stato rivolto con maggiore predilezione a descrivere e a classificare empiricamente questi fenomeni più che a interpretarli razionalmente e a valutarli dal lato quantitativo. Ma le grandi scoperte scientifiche della fine del secolo passato e del principio del nostro, i lavori di Augusto Righi in Italia, quelli, fondamentali per le scariche elettriche, di J. J. Thomson in Inghilterra e di J. Stark in Germania hanno detemiinato anche in questo campo un nuovo e moderno indirizzo di studî che, proseguito da numerosissimi fisici, sfruttando le simultanee conquiste della fisica atomica, ha portato in pochi decennî quasi alla completa chiarificazione dei processi che si svolgono nelle scariche elettriche, ponendo i fondamenti del loro studio analitico e aprendo inoltre nuove e insperate vie alla loro utilizzazione.

Il lettore troverà in seguito esposti i risultati di questi studî moderni, ma per un primo orientamento è però necessaria la conoscenza degli aspetti più caratteristici della scarica elettrica, con riferimento alle condizioni particolari in cui essi si presentano. Queste condizioni sono definite in primo luogo dal valore della pressione (o meglio della densità) del gas attraversato dalla scarica elettrica. Le scariche elettriche si dividono infatti, d'ordinario (sebbene non sempre opportunamente), in tre gruppi diversi, a seconda che il gas si trovi a pressione normale o quasi, oppure rarefatto moderatamente, o, infine, a pressione estremamente ridotta.

Scariche elettriche a pressione normale. - L'aspetto è diverso a seconda della distanza dei conduttori (elettrodi), tra i quali la scarica si svolge, e della loro capacità elettrostatica. Per piccole distanze, raggiunta la differenza di potenziale necessaria alla scarica (potenziale di scarica), scocca la scintilla: un tratto luminoso brillantissimo, rettilineo, di colore bianco azzurrognolo, che congiunge per un tempo brevissimo l'elettrodo positivo (anodo) al negativo (catodo), e poi si spegne, per ripetersi soltanto quando si sia raggiunta nuovamente fra gli elettrodi la differenza di potenziale annullata dalla scintilla. Questa è accompagnata da un rumore secco caratteristico, che dimostra l'effetto meccanico della scarica sull'aria circostante. Se la capacità degli elettrodi è grande, la scintilla è accompagnata da un tale sviluppo di calore da presentare l'apparenza di un vero arco voltaico. In condizioni opportune la scintilla è oscillante e consiste cioè in una successione di scintille sempre più deboli (smorzate), dirette alternativamente nei due sensi. Per maggiore distanza degli elettrodi il fenomeno è diverso. La scintilla non è più rettilinea, ma forma una spezzata e non è nemmeno più così brillante. Se molte scintille di questa specie si succedono a brevi intervalli di tempo, la scarica si presenta al nostro occhio come un groviglio di fili luminosi. La fig. 1 mostra l'aspetto del fenomeno fra una punta (anodo) e un disco, distanti 400 mm. Se la potenza messa in giuoco è grande, si ha anche in questo caso un fenomeno termico e le scintille si fondono in una fiamma unica, che per la minore densità del gas riscaldato, come nell'arco, si sposta verso l'alto (fig. 2). Quando gli elettrodi sono ancora più distanti (i limiti di distanza dipendono dalla differenza di potenziale disponibile e dalla capacità degli elettrodi) non scocca più la scintilla e i fenomeni luminosi si presentano soltanto agli elettrodi, dai quali si dipartono, costituiti da brevi peduncoli più brillanti continuati in pennacchi con le più svariate ramificazioni (anodo) o semplicemente da raggi perpendicolari all'elettrodo (catodo). Il fenomeno non presenta allora nemmeno più quel carattere di discontinuità che distingue le scintille ed è piuttosto da considerarsi già come una scarica elettrica continua. A maggiore distanza degli elettrodi cessa infatti anche la formazione dei pennacchi e solo deboli luci a struttura raggiata (effeuvio) o pallide aureole luminose rivestono i conduttori, costituendo l'unica manifestazione luminosa del passaggio della corrente elettrica nel gas. Il fenomeno noto col nome di effetto corona, che si manifesta sui fili delle condutture d'alta tensione e determina non sempre trascurabili dispersioni di energia, appartiene appunto a quest'ultima specie di scarica elettrica.

Una scarica elettrica di natura ben diversa da quelle ora considerate, e che del pari si osserva comunemente a pressione ordinaria ed ha di solito carattere di scarica elettrica continua, è l'arco voltaico. Esso richiede, per mantenersi, un potenziale molto basso, perché la causa della conducibilità acquistata dal gas risiede in questo caso nell'emissione di elettroni da parte del catodo incandescente. Dello studio dell'arco si sono occupati in Italia specialmente M. La Rosa, A. R. Occhialini, M. Pierucci, G. Polvani, ecc. La teoria è stata data da S. Simon.

Scariche elettriche nei gas moderatamente rarefatti. - Questi fenomeni si possono osservare agevolmente in un lungo tubo di vetro munito di elettrodi, contenente dell'aria (o un altro gas) e comunicante con una pompa a vuoto capace di ridurre la pressione dal valore normale a qualche millesimo di mm. Applicata una conveniente differenza di potenziale agli elettrodi (per es., con una macchina elettrostatica), si osserva, quando la pressione è ancora normale, a seconda della distanza degli elettrodi, o una successione di scintille che lambiscono generalmente le pareti, o pennacchi ed effluvio soltanto agli elettrodi. Se si diminuisce la pressione, questi fenomeni luminosi si fanno più tranquilli, le luci meno brillanti e più espanse; se c'era formazione di scintille, queste ora da spezzate diventano soltanto tortuose e poi, a pressione ancora minore, rettilinee, formando un grosso cordone luminoso diretto assialmente dall'anodo fin quasi al catodo. Se c'era prima soltanto l'effluvio, questo si va pure trasformando col diminuire della pressione e assume forme caratteristiche e diverse intorno ai due elettrodi. L'aspetto della scarica alle varie pressioni è dato nella fig. 3. A sinistra sta il catodo a destra l'anodo. Al primo, una pellicola violetta riveste parte dell'elettrodo; all'anodo la luce è rosea ed occupa un'area molto piccola. Davanti al catodo, separata da uno spazio oscuro, appare una luce rossa, che diminuendo ancora la pressione si estende verso l'anodo e va a congiungersi con esso formando la colonna positiva. Intanto col diminuire della pressione la diversità dei fenomeni luminosi ai due poli si fa sempre più accentuata, perché le luci si estendono di più. La colonna positiva, che da rossa diventa più rosea, si ritrae verso l'anodo e mostra nette stratificazioni. Al catodo, la luce negativa si espande invadendo parti sempre maggiori dello spazio disponibile e dividendosi in due regioni luminose distinte e parallele all'elettrodo: la prima luce negativa (rosea nell'aria), che riveste il catodo, e il bagliore o seconda luce negativa (azzurra). Le separa uno spazio oscuro (spazio oscuro catodico, di Hittorf o di Crookes). Il bagliore costituisce la manifestazione luminosa catodica più vivace e da essa prende il nome il tipo di scarica elettrica considerato (scarica a bagliore). Dal fronte catodico della colonna positiva, il bagliore è pure separato da uno spazio oscuro, detto spazio oscuro di Faraday. Questi fenomeni si osservano a pressioni di qualche decimo di mm. Se la pressione diminuisce ancora, la colonna positiva si ritrae sempre più verso l'anodo quasi respinta dall'invadente bagliore negativo. Le stratificazioni si fanno più ampie, ma anche meno numerose, e infine scompaiono con l'intera colonna positiva. Sotto il decimo di mm. sono soltanto più visibili le due luci negative, deboli e sfumate, che riempiono l'intero tubo da scarica, separate dall'ampio spazio oscuro catodico, verso il quale il bagliore mostra sempre un fronte ben marcato (fronte catodico del bagliore). Col successivo diminuire della pressione, questo fronte si sposta ancora verso l'anodo e mentre le luci si fanno sempre più deboli e vanno quasi estinguendosi lo spazio oscuro invade tutto l'interno del tubo.

Scariche elettriche nei gas molto rarefatti. - Ciò avviene quando la pressione s'è ridotta a circa un millesimo di mm. Mentre l'interno del tubo è oscuro, subentra allora invece un'intensa fluorescenza verde alle pareti di vetro opposte al catodo; questo indica l'esistenza di un flusso invisibile di particelle eletrizzate (v. catodici, raggi) che, partendo normalmente al catodo, seguono traiettorie rettilinee e con la fantastica velocità raggiunta colpiscono il vetro e lo rendono fluorescente. L'indagine sperimentale ha condotto a riconoscere queste particelle elettrizzate per elettroni, cariche elettriche negative di 4,774 10-10 u. e. s. (R. A. Millikan) e di massa circa 1800 volte più piccola di quella dell'atomo d'idrogeno. Non è però soltanto questo flusso di elettroni che attraversi il gas. Un flusso analogo, più lento però, e costituito da particelle di massa atomica cariche positivamente, percorre lo spazio oscuro catodico in senso inverso, sollecitato, come gli elettroni, dal campo elettrico applicato. Questo flusso costituisce i cosiddetti raggi canali.

Meccanismo della scarica elettrica nei gas. - Le esperienze a pressione ridottissima mostrano chiaramente come la scarica elettrica nei gas sia un fenomeno di natura convettiva, e cioè la conducibilità elettrica acquisita dal gas sia dovuta alla presenza di corpuscoli elettrizzati, che il campo costringe a muovelsi verso gli elettrodi di segno opposto, di cui neutralizzano le cariche; sicché queste devono essere costantemente rinnovate da un generatore, se si vuole che il fenomeno prosegua. Ma affinché ciò avvenga, i corpuscoli elettrizzati (ioni) devono formarsi anche essi continuamente nel gas. Si può ottenere ciò ricorrendo ad agenti esterni, atti a ionizzare, cioè a scindere gli atomi in ioni positivi (di massa atomica) ed elettroni. Sono ionizzatori secondarî i raggi X, le radiazioni delle sostanze radioattive (v. radioattività), i raggi ultravioletti, ecc. Elettroni si possono pure fornire al gas mediante l'effetto termoionico (v. termoionici, fenomeni) o l'effetto fotoelettrico (v. fotoelettricità). Ma questi casi non riguardano lo studio delle scariche elettriche propriamente dette. In queste, la conducibilità elettrica si produce solo in virtù della differenza di potenziale dei due elettrodi. Come può questa differenza di potenziale provocare la formazione delle grandi quantità di ioni necessarie per il passaggio della scarica elettrica, mentre d'ordinario in un gas solo pochi ioni, prodotti da varie cause ionizzanti possono trovarsi a vagare fra gli atomi o le molecole neutre? Per spiegare questo si deve pensare che, secondo la teoria cinetica dei gas, ai corpuscoli, siano essi o no elettrizzati, compete un certo valore dal cammino libero medio ch' essi possono percorrere tra un urto e il successivo con altre particelle (v. gas). Gli ioni positivo gli elettroni però essendo elettrizzati, verranno a essere soggetti tra un urto e l'altro, a differenza delle particelle neutre, anche al campo elettrico prodotto dalle cariche degli elettrodi, e durante il percorso libero compiuto con moto accelerato, acquisteranno energia cinetica, che potrà essere assorbita dalle particelle neutre colpite successivamente e condurre alla loro ionizzazione. È appunto così che si svolge quel processo di ionizzazione per urto che rende possibile la scarica elettrica spontanea. Come ionizzatori per urto possono agire tanto gli ioni positivi quanto gli elettroni, ma questi ultimi sono molto più efficaci, sebbene il loro libero cammino medio, per le dimensioni dell'elettrone trascurabili rispetto a quelle dell'atomo e per la velocità molto superiore, risulti 4 √2 (cioè 5,65) volte maggiore di quello dato per le molecole dalla teoria cinetica dei gas. La ionizzazione di un atomo richiede d'altra parte un determinato quanto di energia, che, misurato dalla differenza di potenziale che, per acquistarlo, un ione o un elettrone deve attraversare liberamente, si chiama potenziale di ionizzazione. (Un ione di carica elementare 4,774 10-10 u. e. s. acquista percorrendo liberamente la differenza di potenziale di 1 volt l'energia di 1,6 10-12 erg). Se l'urto non è seguito da ionizzazione esso può dar luogo però all'eccitazione dell'atomo costringendolo a emettere luce. Per ciascuna riga spettrale l'energia che l'atomo deve acquistare per poter emettere la rispettiva radiazione è pure una quantità fissa e si dice potenziale di eccitazione. Ecco i valori di alcuni potenziali di ionizzazione e dei rispettivi minimi potenziali di eccitazione:

Per determinare la ionizzazione per urto è dunque assolutamente necessario che la differenza di potenziale dei due elettrodi superi quel valore che consenta, almeno in qualche parte del gas, agli ioni e agli elettroni di acquistare l'energia necessaria. Perciò il formarsi delle scariche elettriche è vincolato a un determinato potenziale di scarica. Allora anche la luminescenza del gas può prodursi senz'altro. Ma oltre alla ionizzazione per urto, un secondo fenomeno concorre a rendere possibile la scarica elettrica nei gas, arricchendoli, specialmente a bassa pressione, di elettroni liberi. Gli ioni positivi, arrivando al catodo, possono, in virtù della velocità acquistata e forse più in virtù del loro numero, estrarre direttamente elettroni dal metallo. Questo processo, cui non corrisponde un analogo all'anodo, determina anche le dimrsità che presentano a bassa pressione i fenomeni luminosi dei due elettrodi.

Il concorso simultaneo della ionizzazione per urto e dell'estrazione di elettroni dal catodo permette dunque la ionizzazione spontanea del gas sotto l'azione d'una differenza di potenziale sufficiente. Si producono allora due flussi di particelle d'opposto segno, dirette verso i rispettivi elettrodi, flussi che durante il percorso s'ingrossano per la ionizzazione da essi stessi provocata (doppia valanga di ioni). Per uno stato di regime stazionario (scarica elettrica continua) si richiede naturalmente che questi due flussi si regolino in modo da compensare in ogni istante la diminuzione di ioni dovuta alla neutralizzazione delle cariche agli elettrodi (corrente), alla ricombinazione (fenomeno inverso della ionizzazione) e alla diffusione di ioni fuori della regione del gas percorsa dalla scarica elettrica. Che ciò possa avvenire lo dimostra l'esperienza. In regime stazionario la densità della corrente elettrica (corrente per unità di sezione) alla distanza generica dal catodo è data da

se ε è la carica elementare, np, e nn, me densità e vp, e vn, i le velocità degli ioni positivi e rispettivamente negativi al posto x. Al catodo è nn, nullo e la corrente è tutta trasportata da ioni positivi, all'anodo è np = 0 e la corrente è di soli ioni negativi (elettroni). Le quantità considerate dànno però anche modo di calcolare la carica elettrica spaziale che si forma in ogni regione del gas quando la densità degli ioni dei due segni non è la medesima. La densità della carica spaziale (carica per unità di volume) è data da

Se la densità di corrente è notevole, anche queste cariche spaziali possono diventare molto rilevanti. Esse deformano allora il campo elettrico, che senza di esse dovrebbe avere fra gli elettrodi la distribuzione voluta dalle leggi dell'elettrostatica per il vuoto.

S'incontra così un nuovo fattore caratteristico e importantissimo del processo che si realizza nelle scariche elettriche. Infatti, se le cariche spaziali deformano notevolmente il campo elettrostatico, sarà nel campo deformato e non più in quello puro che dovranno procedere in senso opposto le due valanghe di ioni, e il modo in cui esse cresceranno sarà allora ben diverso, perché la facoltà di ionizzare dipende dall'intensità del campo. D'altra parte lo sviluppo diverso delle due valanghe di ioni influirà a sua volta sulla distribuzione delle cariche spaziali. Lo stato finale stazionario dovrà risultare adunque da un equilibrio compensatore di queste opposte influenze e sarà ben diverso da quello che si sarebbe presentato a densità di corrente molto piccola, mancando l'intervento delle cariche spaziali e la conseguente deformazione del campo. Si delinea così la spiegazione della distribuzione non uniforme delle luci nella scarica a bagliore e dell'importanza fondamentale che in questa scarica elettrica hanno i fenomeni catodici. Per effetto delle cariche spaziali si forma infatti al catodo, come vedremo più innanzi, una caduta di potenziale fortissima, attraverso lo spazio oscuro catodico, e ivi si compenetrano le due valanghe ioniche determinando, quando si raggiungono le condizioni di stazionarietà, un costante flusso di elettroni verso le altre regioni di scarica. Il valore della caduta di potenziale catodica, lo spessore dello spazio oscuro e la densità della corrente sono determinati appunto dalla condizione che questo flusso di elettroni sia sufficiente alle esigenze della scarica. Lo Stark ha dato il nome di doppio stato di ionizzazione catodica alla regione in cui si svolgono i processi descritti. La sua reale esistenza è dimostrata dal formarsi delle due distinte luci negative; la sua essenziale importanza per la scarica a bagliore, dal fatto che tutte le altre regioni di ionizzazione o luminose possono mancare senza alcun pregiudizio per il fenomeno. La teoria è stata data da R. Holm, ed ha avuto recenti sviluppi da parte di R. Seeliger, M. Steenbeck, W. Rogowski.

Le forme o fasi della scarica elettrica in regime stazionario. - Riconosciutasi l'influenza preponderante delle cariche spaziali in certe forme di scarica elettrica, è stato conveniente di procedere nella moderna fisica delle scariche elettriche a una distinzione di queste in due gruppi, a seconda che in esse le cariche spaziali hanno effetto trascurabile o effetto rilevante. Le scariche del primo tipo prendono il nome generico di scariche di Townsend, perché le condizioni che le determinano sono quelle stesse che suppose J. S. Townsend nella sua teoria del potenziale di scarica. Esse si presentano transitoriamente come fase iniziale (durante l'accensione) di tutte le altre forme di scarica; come fase stabile, principalmente nell'effetto corona e cioè a pressione elevata intorno a elettrodi di forte curvatura. Il secondo tipo di scarica comprende, oltre a quelle scariche a pressione notevole, che si sviluppano quando la densità della corrente cresce oltre il valore che presenta nell'effetto corona (pennacchio, scintilla), la scarica a bagliore, per cui è condizione essenziale l'esistenza di forti cariche spaziali che, deformando il campo, rendano possibile il formarsi del doppio strato di ionizzazione catodico, e l'arco, in cui sempre la densità di corrente è molto forte.

Si distinguono tre forme o fasi della scariea elettrica: la fase di Townsend, quella a bagliore e quella d'arco; la prima, del primo tipo, le due altre del secondo. Tutt'e tre possono sussistere, in condizioni opportune, stazionariamente in un gas. Per precisare queste condizioni il Seeliger considera come variabili la densità j della corrente nel gas e la pressione p. Risulta allora, secondo l'esperienza, un diagramma del tipo indicato dalla fig. 4, dal quale si vede come a bassa pressione la forma normale sia quella a bagliore, a pressione elevata, quella di Townsend, mentre il campo della fase d'arco rimane limitato, sempre per forti densità di corrente, a un intervallo compreso fra le più alte e le più basse pressioni.

Si è detto che ciascuna delle tre fasi può sussistere stabilmente nel gas; perché ciò avvenga devono essere naturalmente soddisfatte le condizioni di pressione e di densità di corrente richieste e l'alimentazione degli elettrodi dev'essere a sua volta sufficiente per garantire il passaggio continuo della scarica. La stazionarietà del fenomeno è quindi legata anche a certe speciali condizioni, cui deve soddisfare il modo d'alimentazione. L'esperienza insegna che ciascuna delle fasi della scarica elettrica indipendente può sussistere per tutti gl'infiniti valori dell'intensità i della corrente, compresi in un certo intervallo, diverso per le varie fasi; richiedendo però, per ciascun valore diverso della i, anche un valore, generalmente diverso, ma non proporzionale come nei conduttori ordinarî, del potenziale (potenziale di regime stazionario). In un diagramma (i, V), si possono tracciare perciò tre curve sperimentali diverse, una per fase, rappresentanti la relazione V = f(i) (caratteristiche statiche, fig. 5). La fig. 5 si riferisce al caso in cui si possano realizzare tutte e tre le fasi, corrispondente alla linea aa della fig. 4. Le curve mostrano come il gas abbia una resistenza elettrica variabile con l'intensità. La resistenza è data infatti da cotang ω e quest'angolo varia se il punto rappresentativo descrive la caratteristica. Inoltre le tre fasi si distinguono per l'ordine di grandezza di questa resistenza variabile, ch'è massimo per la fase di Tomsend (fase più debole), minore per quella a bagliore, minimo per l'arco (fase più forte). Le caratteristiche sono in certe loro parti crescenti (dV/di > 0), in certe altre decrescenti (dV/di 〈 0). La caratteristica della fase di Townsend è preponderantemente crescente, quella della fase a bagliore, decrescente per un breve tratto iniziale (regime subnormale), è parallela all'asse i nel tratto seguente (regime normale), poi di nuovo crescente (regime anomalo) e decrescente solo alla fine. La fase d'arco ha caratteristica essenzialmente decrescente. Le caratteristiche descritte in senso inverso, cioè facendo diminuire l'intensità della corrente, non ricoprono esattamente quelle ottenute procedendo nell'altro senso (isteresi).

Gli stati corrispondenti ai tratti delle caratteristiche fortemente decrescenti sono per loro natura instabili. Soltanto speciali accorgimenti (resistenza molto elevata del circuito) consentono di raggiungere una certa stabilità, e anche così soltanto nei punti più prossimi alle parti ascendenli. Nei tratti punteggiati intermedî non si può generalmente ottenere la scarica elettrica continua. Si ha allora invece un processo discontinuo, in cui, nonostante la continuità dell'alimentazione, le due fasi prossime s'alternano periodicamente (scariche discontinue).

A pressione elevata si presenta come forma normale della scarica la fase di Townsend, finché non si raggiungano (linea bb della fig. 4) delle densità di corrente tali da provocare spontaneamente l'inizio della fase d'arco. Alla densità di corrente e alla pressione si deve aggiungere però, in questo caso, come variabile da cui dipende l'aspetto complessivo della scarica elettrica, anche la distanza degli elettrodi; si ha infatti l'efluvio, quale fase più debole, quando la distanza superi un certo valore; il pennacchio (fase più forte) per distanze ancora maggiori. Per distanze piccole subentra invece, subito, non appena sia raggiunto il potenziale di scarica, il fenomeno discontinuo della scintilla. Il potenziale di scarica è perciò, per piccole distanze tra gli elettrodi, anche potenziale di scintilla. Non così per le grandi, nel qual caso il potenziale di scintilla è maggiore del potenziale di scarica. Il diagramma della fig. 6, secondo M. Toepler, dà di ciò una chiara idea.

La corrente di Townsend e la determinazione del potenziale di scarica. - Affinché una scarica elettrica si produca tra due elettrodi è necessario, qualunque abbia da essere la forma in cui essa potrà poi stabilizzarsi, che si raggiunga o superi il potenziale, per cui ha inizio e può sussistere stabilmente la fase di Townsend. Questo potenziale costituisce dunque il vero potenziale di scarica. La sua determinazione analitica è dovuta appunto al Townsend e si fonda sulla considerazione che all'inizio della scarica elettrica, quando nessuna corrente sensibile attraversa ancora il gas, le cariche spaziali possono riguardarsi come nulle e il campo esistente fra gli elettrodi come non diverso da quello elettrostatico. Il Townsend ammette che in queste condizioni agiscano come ionizzatori per urto tanto gli elettroni quanto gli ioni positivi e, avendo supposto inoltre che il gas sia sufficientemente denso, che sia α il numero delle paia di ioni prodotte da un elettrone e β quello delle paia di ioni prodotte da un ione positivo su 1 cm. di percorso forzato nel campo esistente fra gli elettrodi α e β prendono il nome di funzioni d'urto o coefficienti di ionizzazione e sono da considerarsi dipendenti dall'intensità del campo (E, gradiente del potenziale) nel punto considerato, e dalla pressione p. Questa relazione dev'essere della forma:

perché se il campo E e la pressione p diventano ambedue - α - volte maggiori, in modo che resti costante E/p e così puie la caduta di potenziale applicata al libero cammino medio, la α (rispettivamente la β) deve del pari diventaie - α - volte maggiore e crescere cioè come la pressione, in quanto l'unità di lunghezza viene a contenere un numero - α - volte maggiore di liberi cammini medî sottoposti alle medesime condizioni di prima (legge di similitudine di Townsend).

Scritte ora, per il caso più semplice di elettrodi piani e paralleli posti alla distanza x = d, le equazioni differenziali relative al moto convettivo dell'elettricità fra gli elettrodi:

e annullate le derivate rispetto al tempo per soddisfare alla condizione di stazionarietà, si ottengono le nuove equazioni:

dove j = εnp + εnnvn rappresenta la densità di corrente, che è costante, nel semplice caso considerato, in tutte le sezioni di distanza generica dal catodo. L'integrazione conduce, tenendo conto delle condizioni al contorno per il catodo (x = 0, εnnvn = 0; x = εnnvn = j) e per l'anodo (x = 0, εnpvp = j; x = d, εnpvp = 0), alle relazioni:

dove si è posto Z (x) =

Data la forma di questa funzione, le due relazioni si equivalgono, sicché si può assumere indifferentemente o l'una o l'altra come condizione necessaria perché la scarica elettrica si verifichi. Scelta p. es. la seconda, si ha:

Questa relazione, contenendo la E, funzione della differenza di potenziale V fra gli elettrodi, α e β, funzioni della E e della p, e la distanza degli elettrodi d, definisce il valore A di V ch'è potenziale di scarica per la distanza d, alla pressione p. Essendo in campo uniforme E costante e = V/d, rispettivamente = A/d e α e β di conseguenza indipendenti dalla x, si ha, per definire A, risolvendo l'integrale, la relazione più semplice:

che, sostituendo al posto di E il suo valore A/d, diventa:

donde si ha:

L'ultima relazione esprime la legge di Paschen (1889), la quale dice, generalizzata, che per elettrodi piani e paralleli, cioè in campo uniforme, il potenziale di scarica è soltanto funzione del prodotto della pressione e della distanza degli elettrodi. Tratti di scarica per cui il prodotto pd è lo stesso si dicono simili. L'andamento di A quale funzione di pd è in tutti i gas del medesimo tipo, come lo mostra la fig. 7 (secondo W. R. Carr ed E. Mayer). Mentre per valori pd elevati la legge di dipendenza è praticamente lineare (potenziale di scarica proporzionale sia alla pressione, sia alla distanza), per ciascuno dei gas si ha, per un valore caratteristico del prodotto pd, un minimo del potenziale di scarica. Questo minimo si può raggiungere naturalmente ancora in infiniti modi diversi purché si realizzi sempre il valore critico di pd. Per l'aria esso è di 5,65 mm. Hg per mm. con A (min) = 327 volt (Meyer), sicché a pressione atmosferica la distanza critica risulta di 0,0074 mm. l'intensità del campo è capace di provocare la scarica (campo disruptivo) e in queste mndizioni di 44,2 kV per mm. Per l'elio invece il minimo di A è, se il gas è purissimo, di soli 146 volt, con un prodotto critico pd di 40 mm. Hg per mm., ciò che importa una distanza critica di o,05 mm. e un campo disruptivo di 3kV per mm., a pressione normale. Col crescere della distanza degli elettrodi, pur crescendo il potenziale di scarica A, il campo disruptivo diminuisce fortemente. Così basta, nell'aria a pressione atmosferica, per la distanza di 1 mm., il campo di 44,7 kV per cm.; per la distanza di i cm., quello di 31,7 kV per cm. Ciò sempre per elettrodi piani e paralleli, secondo le medie calcolate da H. R. Schumann (1923).

Se gli elettrodi sono sfere o cilindri di raggio piccolo rispetto alla loro distanza, le cose cambiano notevolmente d'aspetto. A parità di distanza e di pressione, il potenziale di scarica diminuisce col raggio di curvatura, ma d'altra parte cresce il campo disruptivo (che si calcola ora, come valore massimo del gradiente, dalla differenza di potenziale nota e dalla distribuzione del campo data dalle leggi dell'elettrostatica). In funzione della distanza degli elettrodi, il campo disruptivo diminuisce inoltre, col crescere di questa, fino a un minimo, ma torna poi a crescere per avvicinarsi a un limite oltre il quale esso diventa indipendente dalla distanza. Il limite è tanto maggiore quanto più piccolo è il raggio di curvatura, come risulta, per l'aria alla temperatura di 20° e a pressione normale, dalla seguente tabella, che si riferisce a due sfere eguali di raggio r, nessuna delle quali sia derivata a terra (campo simmetrico):

I valori variano quando il campo sia asimmetrico (una sfera derivata a terra) e così pure se si tratta di sfera e piano o di cilindri concentrici o eccentrici. Per tutti questi e per varî altri casi lo Schumann ha raccolto dati precisi e calcolato i campi disruptivi, soddisfacendo specialmente ai bisogni dell'elettrotecnica.

Se i potenziali di scarica hanno da servire, come spesso avviene, per la misura di differenze di potenziale, i dati relativi devono riferirsi naturalmente a sfere di determinato raggio. Alcuni valori sono raccolti nella seguente tabella, che dà i potenziali di scarica in kV per due sfere eguali (campo asimmetrico) nell'aria a 760 mm. di pressione e a 20°.

Tensioni dell'ordine di 500 kV si misurano opportunamente con sfere di 37,5 cm. e distanze intorno ai 30 cm.

Il fatto che il campo disruptivo (taluni parlano di rigidità dielettrica) non muti più, oltre un certo valore della distanza degli elettrodi, dimostra che il processo di ionizzazione si svolge, quando gli elettrodi sono fortemente curvi, soltanto in uno spazio limitato in vicinanza degli stessi, dove il campo è più intenso. Nel rimanente intervallo si ha solo una corrente di trasporto convettivo. Perciò il potenziale di scarica è sempre molto minore di quanto non lo richiederebbe il campo disruptivo, se dovesse estendersi all'intero spazio compreso fra gli elettrodi. Fra punta e piano è sempre la punta che funge, per la medesima ragione, da elettrodo di scarica. Il secondo elettrodo può naturalmente, in questi casi, anche mancare ed essere sostituito dal contorno dell'ambiente. Lo spazio di scarica intorno all'elettrodo attivo crescerà evidentemente col diminuire della sua curvatura.

La scarica di punte è usata a scopo scientifico nel conta-elettroni di H. Geiger (fig. 8), costituito da una punta metallica lievemente ossidata D, fissata per mezzo di un tappo isolante E lungo l'asse di un cilindro metallico A, che porta alla base B un foro circolare affacciato alla punta.

Tra questa e il cilindro si stabilisce una conveniente differenza di potenziale (qualche migliaio di volt), di poco inferiore a quella necessaria al passaggio della scarica. L'entrata di un elettrone o di una particella α (v. alfa, particelle) determina immediatamente, ionizzando il gas, l'inizio della scarica, che però non essendo ancora soddisfatte appieno le condizioni per la scarica indipendente, non può svilupparsi e deve subito estinguersi, per riadescarsi soltanto all'arrivo d'una nuova particella α o di un nuovo elettrone. Gli arrivi successivi possono essere quindi contati, se il semplicissimo strumento è collegato con un elettrometro o un galvanometro, che indichi il passaggio della scarica.

L'effetto corona, il fenomeno luminoso che si osserva sui fili delle condutture d'alta tensione, appartiene pure alla specie di scarica che ora abbiamo considerato. Nell'effetto corona mancano quasi del tutto fenomeni di polarità; il campo, per cui si produce l'effetto, è lo stesso per i fili di opposto segno. Ciò si verifica sempre se è α = Kβ. Le condizioni di Townsend diventano in questo caso (condizioni di Schumann);

e i due integrali sono indipendenti dal senso dell'integrazione. Per un campo omogeneo le due condizioni diventano

La condizione che l'integrale

debba avere un certo valore, significa semplicemente che, per l'adescamento della scarica, è necessario che lungo il percorso dal catodo all'anodo ciascun elettrone produca un numero determinato di paia di ioni. Si deve ammettere che si verifichi questo ultimo caso nel pennacchio e nella scintilla, dove per la forte densità di corrente deve subentrare, subito dopo l'inizio della scarica, l'influenza delle cariche spaziali. Si pensa che allora lo strato attivo di ionizzazione, adiacente da principio all'elettrodo di scarica si sposti poi, in virtù delle cariche spaziali che si formano, lontano dall'elettrodo, e che così la scintilla, costituita in realtà solo da un breve tratto d'intensa ionizzazione, possa penetrare nel gas (o anche in uP dielettrico liquido o solido), varcando lo spazio che separa i due elettrodi. Si capisce perciò anche come la scintilla possa per grandi distanze assumere la caratteristica forma di spezzata e il pennacchio mostrare le più svariate ramificazioni. Questo fenomeno si manifesta del pari nelle scariche lambenti le superficie dei dielettrici. La fig. 9 mostra l'aspetto del pennacchio negativo, la fig. 10 quello del positivo, in questi fenomeni superficiali secondo il Toepler.

Per la determinazione del campo disruptivo fra elettrodi variamente conformati (sfere, cilindri, ecc.) la condizione di Schumann è di grande utilità e di essa appunto si è servito lo Schumann per facilitare i suoi calcoli. Se però gli elettrodi sono a punta o la pressione si riduce eccessivamente sotto il valore normale, gli effetti di polarità non sono più trascurabili. Fra punta e piano si ha maggiore intensità di scarica se la punta è positiva; il potenziale di scarica è però minore a bassa pressione se la punta è negativa (effetto raddrizzante normale e anomalo, A. Pochettino e G. Fulcheris). La natura del materiale di cui è costituito il catodo, come pure lo stato della superficie di questo elettrodo (E. Dubois) cominciano inoltre a influire fortemente sulla scarica elettrica, quando il gas è rarefatto. L'estrazione di elettroni dal catodo per parte degli ioni positivi si afferma in questo caso come un fenomeno di essenziale importanza per la scarica elettrica. E in queste condizioni si manifesta la scarica a bagliore.

La scarica a bagliore. - L'estrazione di elettroni dal catodo è tanto più facile, quanto più piccolo è il lavoro di estrazione (la costante di Richardson del rispettivo metallo). Si può tener conto di questo nuovo fattore di ionizzazione, introducendo nelle formule di Townsend una terza funzione d'urto γ che rappresenti il numero di elettroni estratto da un ione positivo. Questa funzione ha nel neon, secondo determinazioni di F. M. Penning, per ioni di 1000 volt, il valore o,3-0,6, per ioni di 100 volt il valore 0,08-0,14, per ioni di 0 volt il valore limite di 0,05.

L'influenza fondamentale delle cariche spaziali nella scarica a bagliore si rivela nella distribuzione particolare dei caratteristici strati luminosi, già descritti e in quella del potenziale lungo l'asse del tubo da scarica. La fig. 11 mostra ancora una volta la successione delle regioni luminose, com'essa si presenta a bassa pressione in un tubo ampio, in modo che manchi la colonna positiva. OA rappresenta uno spazio oscuro molto stretto (spazio oscuro di Aston), che in certi gas (elio, neon e idrogeno) si è osservato al limite fra il catodo e la prima luce negativa ILN (rossa nell'elio, rosa nell'aria, gialla nel neon). OC è lo spazio oscuro catodico, oscuro più che altro per contrasto, ma non privo del tutto di luminosità (violetto nell'aria, verde smeraldo nell'elio, rosso cupo nel neon). FB rappresenta il fronte catodico del bagliore, che del pari si stacca nettamente dalla regione oscura vicina soltanto per un effetto fisiologico. Infatti l'esame spettroscopico rivela, per ogni singola radiazione emessa, un distacco molto meno marcato e per di più un'estensione diversa dello spazio oscuro; sicché il fronte catodico del bagliore presenta una sua particolare struttura fine, in quanto si constatano delle radiazioni di eccitazione tanto minore quanto più si procede verso l'interno del bagliore. Talvolta anzi questa struttura spettroscopica si rivela persino all'osservazione diretta; così p. es. in una miscela di Hz e vapori di Hg, ove il fronte catodico del bagliore è doppio, verde verso il catodo, rosa più all'indietro (doppio bagliore). Il bagliore B, che si estende verso lo spazio oscuro di Faraday OF non ha invece dalla parte anodica un fronte marcato. La luce sfuma nello spazio oscuro gradualmente. Le cosiddette aureole sono dovute alla diversa lunghezza che ha il bagliore per le varie radiazioni luminose emesse. Il bagliore è azzurro nell'aria e nell'azoto, bianco giallastro nell'ossigeno, rosa azzurrognolo nell'idrogeno, verde pallido nell'elio, rosso aranciato nel neon. Queste colorazioni variano molto del resto con la purezza del gas e con la natura delle impurità. La luce anodica LP costituisce in generale una pellicola luminosa poco estesa che riveste la superficie dell'elettrodo, separata solo talvolta da esso da uno spazio oscuro sottilissimo. Nel neon essa forma in certi casi una mezza sferula. La luce positiva è rossa nell'aria e nell'azoto, quasi bianca nell'idrogeno, gialla o rossa (sferula) nel neon. Diremo più innanzi della colonna positiva, che, pur essendone il fenomeno luminoso più appariscente, non è affatto una regione essenziale nella scarica a bagliore.

L'importanza invece fondamentale delle regioni catodiche si prova facilmente con un tubo da scarica, che abbia gli elettrodi mobili. Spostando il catodo verso l'anodo (fig. 12 a) l'insieme delle luci negative si sposta inalterato con esso. La colonna positiva, all'opposto, rientra nell'anodo in modo da distare sempre ugualmente col suo fronte catodico dall'elettrodo negativo. Spostando l'anodo (fig. 12 b) verso il catodo, le luci catodiche rimangono inalterate e ferme, mentre l'anodo assorbe in sé la parte della colonna positiva corrispondente al tratto di cui lo si è fatto avanzare. Le due luci negative sono interdipendenti, come lo richiede anche la teoria; l'esistenza dell'una è condizione necessaria per l'esistenza dell'altra. Lo si prova facilmente interponendo fra la prima luce negativa e il bagliore un piccolo schermo. Esso impedisce la formazione di ambedue le luci nella zona corrispondente all'estensione dell'ostacolo. Inoltre le luci negative si sviluppano sempre parallelamente alla superficie del catodo, sicché il fronte catodico del bagliore riproduce la forma del catodo, qualunque essa sia. Che la posizione dell'anodo non abbia influenza, lo si prova con un catodo girevole. Le luci negative seguono il moto del catodo, rimanendo sempre a esso parallele.

La fig. 13 mostra l'andamento del gradiente (intensità del campo elettrico) lungo l'asse del tubo da scarica nel caso della scarica a bagliore completa. Si ha, come si vede, in immediata vicinanza del catodo, una caduta di potenziale fortissima, caduta (di potenziale) catodica. La caduta anodica è molto minore. Si vede inoltre come la scarica a bagliore deformi il campo in modo notevolissimo. Forti cariche spaziali positive debbbono sussistere davanti al catodo, in modo da intensificare fortemente il campo nelle sue immediate vicinanze e indebolire invece il campo nel rimanente dello spazio percorso dalla scarica. Per la stessa ragione devono presentarsi cariche spaziali negative, sebbene con densità minore, davanti all'anodo, per produrre la caduta di potenziale anodica. Gli elettroni che arrivano all'anodo determinano naturalmente il formarsi di questa carica spaziaie, come la prevalenza di ioni positivi lenti intorno al fronte catodico del bagliore, dove più intensa è la ionizzazione per urto da parte degli elettroni (sorgente dei raggi canali), forma la carica spaziale positiva davanti al catodo.

La caduta catodica (in regime normale della scarica a bagliore) è una quantità fissa, che non dipende se non dalla natura chimica dell'elettrodo e del gas, ma è indipendente dalla pressione e dall'intensità della corrente. Diamo alcuni valori in volt per vari metalli e gas:

Le minori cadute catodiche si presentano nel neon; da ciò deriva principalmente l'importanza che questo gas inerte ha assunto negli ultimi anni nei tubi a gas rarefatto per uso pratico. La caduta catodica è proporzionale alla costante ϕ di Richardson, ma è fortemente influenzata dalle impurità, anche, e anzi particolarmente, se minime. Può essere abbassata da quei processi che facilitano l'emissione di elettroni dal catodo come gli effetti fotoelettrici e termoelettrici. L'uso di catodi incandescenti è per questo frequentissimo (tubi Coolidge per raggi X: v. raggi X; oscillografo catodico: v. oscillografo).

Oltre alla caduta catodica è costante, in regime normale, anche la densità della corrente al catodo. Il bagliore ricopre cioè il catodo soltanto per una parte proporzionale all'intensità della corrente che passa (Legge di Hehl-Wilson). Questa legge vale anche quando la corrente varia con rapidità non troppo grande e ha condotto a un'applicazione per l'esame delle correnti variabili di piccola frequenza: l'oscillografo a bagliore (E. Gehrcke, E. Ruhmer); un tubo da scarica con elettrodi filiformi, l'uno dei quali, a seconda del senso della corrente, si ricopre di una guaina luminosa di lunghezza proporzionale all'intensità. Si osserva l'immagine in uno specchio rotante. La densità normale della corrente al catodo dipende dal metallo e dal gas, inoltre dalla pressione, con la quale cresce secondo la legge jn = apb. (R. Seeliger). La costante a è dell'ordine di qualche decimo (nel neon di qualche centesimo), la b varia da 1 a 2, se si misura la densità in Milliampère per cm2. e la pressione in mm. Hg. Si tratta, come ordine di grandezza, sempre di densità di decimi di Milliamp. per cm2 alla pressione di 1 mm. La densità normale cresce con il raggio di curvatura del catodo.

La lunghezza dello spazio oscuro catodico è anch'essa, in regime normale, praticamente indipendente dall'intensità di corrente. Essa aumenta col diminuire della pressione secondo la legge pd = d0, costante. A. Güntherschulze dà per la costante i seguenti valori:

Per l'idrogeno si ha, secondo questa tabella, una lunghezza dello spazio oscuro in liberi cammini medî degli ioni (li) e degli elettroni (le): 2,6 le e rispettivamente 14,4 li su catodo d'Al; e 3,3 le e rispettivamente 18,6 li su catodo di Fe.

Condizioni di regime anomalo subentrano per la scarica a bagliore soltanto quando l'intensità cresce tanto che il bagliore ricopra tutto il catodo. Allora la densità di corrente cresce oltre il suo valore normale e lo stesso avviene della caduta catodica, che segue per forti intensità di corrente la legge di W. Aston:

La lunghezza dello spazio oscuro catodico diminuisce in corrispondenza di questo aumento della caduta catodica.

Nel caso opposto invece, quando l'intensità diventa tanto piccola che solo una minima porzione del catodo risulta ancora ricoperta dal bagliore, si ha una diminuzione della densità della corrente catodica sotto il valore normale, un aumento della caduta catodica e un allargamento dello spazio oscuro (regime subnormale (A. von Muralt, G. Valle). In condizioni analoghe si osserva nel neon che il bagliore si fonde con lo spazio oscuro formando una luminosità finemente stratificata parallelamente all'elettrodo (strati negativi, G. Holst e E. Oosterhuis, F. M. Penning). La scarica a bagliore comincia in queste condizioni subnormali a degenerare nella corrente di Townsend; le cariche spaziali diminuiscono d'importanza. I tre rami della caratteristica statica della scarica a bagliore (fig. 5) corrispondono ai tre tipi di regime ora descritti.

Naturalmente anche le altre regioni luminose od oscure della scarica variano con l'intensità della corrente e con la pressione; s'espandono, in particolare, col diminuire di quest'ultima. Ma non rivelano regolarità così marcate. La luce anodica sembra seguire una legge analoga a quella di N. Hehl. La caduta anodica normale s'identifica col potenziale di ionizzazione del gas e tende, per forti intensità di corrente, diventando anomala, al minimo valore del potenziale d'eccitazione. Al catodo, per forti intensità di corrente si manifesta, in modo molto sensibile, la polverizzazione catodica, il distacco cioè di atomi neutri dal metallo sotto l'urto degli ioni positivi: una specie di evaporazione, per cui questi atomi, mricandosi successivamente, vengono respinti verso l'anodo e verso le pareti, che rivestono d'uno specchio del metallo polverizzato. L'Ag, il Pt, l'Au polverizzano fortemente; l'Al e il Mg quasi nulla. Perciò si ricorre, se possibile, molto volentieri a catodi di Al.

Mancando la colonna positiva (recipienti larghi) il corpo della scarica rimane oscuro ed è percorso da una pura corrente convettiva di trasporto. Il gradiente di potenziale è costante. Si ha, sulla lunghezza l (A. Gu̇ntherschulze), una differenza di potenziale

dove σg è il cosiddetto gradiente normale, di cui diamo alcuni valori pei varî gas:

Se invece, a pareti ristrette, si presenta la colonna positiva non stratificata il gradiente, pur rimanendo costante (fig. 13), è maggiore e tanto più forte quanto più stretto è il tubo. Inoltre si ha per effetto delle cariche spaziali positive un gradiente radiale verso le pareti, le quali possono presentare una differenza di potenziale di pareechi volt rispetto all'asse.

Il gradiente radiale è dovuto alla distribuzione delle cariche spaziali positive con simmetria cilindrica intorno all'asse del tubo. Esse si producono per la diffusione di elettroni rapidi, seguiti da ioni positivi lenti, verso le pareti e sono l'unica causa della formazione della colonna positiva, che appunto per questo può seguire, come avviene (si pensi ai lunghi tubi al neon, che servono per la reclame formando lettere e disegni luminosi) la forma del tubo (tubi di Geissler). A forte intensità di corrente (arco, arco a vapori di mercurio) la colonna positiva si contrae verso l'asse. Il colore è rosso nell'azoto, rosa nell'idrogeno, violetto-rosa nell'elio, rosso sangue nel neon. Se con questo si trovano tracce di vapori di Hg, è la luce del mercurio che si eccita, perché il potenziale di ionizzazione del mercurio è, come si è visto, molto minore di quello del neon. La colonna è in questo caso violetta. La colonna positiva in tubi capillari è utilizzata per la sua intensità luminosa nei tubi di J. Plücker, che servono per l'analisi spettroscopica. La colonna positiva presenta radiazioni di livello d'eccitazione minore che non il bagliore. Al suo fronte catodico la struttura fine segue una regola opposta a quella del fronte del bagliore.

La colonna positiva è deviata da un campo magnetico; oltre che direttamente, lo si dimostra molto bene con l'esperienza seguente. Il catodo (fig. 14) è costituito da un anello entro il quale si protende assialmente l'espansione polare cilindrica di un elettromagnete, protetta dalle pareti del tubo opportunamente rientranti. Lungo lo stesso asse, ma a notevole distanza dall'estremità dell'espansione polare, si trova l'anodo. La colonna positiva viene così a trovarsi per un tratto abbastanza esteso in un campo magnetico trasversale e ruota perciò intorno all'asse del tubo.

Azioni varie del campo magnetico sulla scarica a bagliore sono state inoltre osservate da A. Righi, T. Collodi, R. Holm, ecc. Il riscaldamento produce pure fenomeni diversi (P. Cardani, L. Amaduzzi, ecc.).

Una delle più interessanti manifestazioni della scarica a bagliore è la colonna positiva stratificata. - Specialmente bene compaiono gli strati nei vapori di Hg e nell'idrogeno. In quest'ultimo due specie diverse e cioè strati azzurri di piccolo spessore e ampî strati rossi. Inoltre spesso si osserva la suddivisione di ciascun strato in due, formanti uno strato doppio. Negli altri gas sembra preponderante l'azione delle impurità sulla formazione degli strati, tanto che in gas purissimi essi si possono difficilmente produrre. A ogni modo la formazione degli strati è limitata a determinati intervalli della pressione e dell'intensità di corrente, intervalli che dipendono dalle dimensioni trasversali del tubo. Inoltre la forma degli strati è varia. Ogni strato è a ogni modo ben limitato nella parte rivolta verso il catodo, che è convessa. Lo strato va sfumando invece verso la parte anodica, nello spazio oscuro che precede il successivo. Varî aspetti delle stratificazioni sono riprodotti nella fig. 15. Vale in generale per lo spessore l degli strati la legge di E. Goldstein:

con la costante è 0,53 per gli strati azzurri dell'idrogeno, e 0,32 per l'azoto. Gli strati rossi dell'idrogeno non seguono però questa legge (e forse non sono dovuti a impurità). Essi si allungano col crescere della pressione. L'esponente m è minore di 1. Lo spessore degli strati cresce lievemente col raggio del tubo. Il gradiente elettrico nell'interno d'uno strato cresce rapidissimamente fino a un massimo alla fronte catodica e poi decresce entro lo strato e il successivo spazio oscuro fino a raggiungere un minimo poco prima che s'inizî il nuovo strato (fig. 16).

Questo minimo può essere anche negativo, cioè invertirsi in quel posto la direzione del campo imposta dalle cariche elettriche degli elettrodi. Periodicamente si ripete dunque fra gli strati successivi una certa differenza di potenziale. Questa differenza di potenziale di ciascuno strato diminuisce col crescere dell'intensità di corrente e tende a eguagliare il potenziale di ionizzazione del gas. Alla periodicità del gradiente lungo la serie di strati corrisponde una periodicità delle cariche spaziali, positiva al fronte catodico dello strato, negativa dalla parte opposta.

Si tratta di condizioni ben particolari che dànno modo agli strati di formarsi e mantenersi fissi in regime stazionario. Stratificazioni si formano però nella colonna positiva ben più spesso di quanto non sia compatibile con il verificarsi delle anzidette condizioni. Essi si possono osservare allora soltanto con lo specchio rotante, perché dotati di moto rapidissimo, quasi sempre dall'anodo verso il catodo, benché non siano all'apparenza diversi da quelli fissi. Specialmente bene si. osservano questi strati in moto nel neon e nell'elio, ma essi compaiono anche nell'idrogeno, nell'aria, nei vapori di Hg. La velocità di movimento è paragonabile con quella del suono e cresce col diminuire della sezione del tubo. Talvolta la velocità di movimento è costante; più spesso essa varia periodicamente e per certi valori dell'intensità si riesce a fermare gli strati e a ottenere la colonna positiva stratificata. L'osservazione diretta non permette in generale di riconoscere l'esistenza degli strati in moto e la colonna positiva apparisce non diversa da quella che si suol chiamare non stratificata. Bellissime esperienze sono dovute al Righi, che ha potuto ottenere con la scarica di potenti condensatori masse luminose in moto lentissimo dall'anodo al catodo, fenomeno avente una certa analogia col fulmine globulare di Arago. Nello sviluppo toepleriano della scintilla si hanno pure porzioni di eolonna positiva in moto fra l'uno e l'altro elettrodo.

Scariche senza elettrodi. - Fenomeni di ionizzazione per urto e di luminescenza elettrica si presentano anche quando il tubo da scarica non ha elettrodi interni e il campo eccitante agisce dal di fuori, essendo necessariamente variabile con frequenza sufficientemente alta. I fenomeni più noti sono quelli della scarica anulare, che si ottiene in un tubo, generalmente sferico, intorno al quale sono avvolte secondo un cerchio massimo alcune spire percorse dalla corrente d'alta frequenza. Nell'interno del tubo si forma allora, quando la pressione raggiunge un certo valore (qualche decimo di mm.) un anello luminoso brillantissimo, nel piano delle spire. Col diminuire della pressione l'anello si espande verso il centro fino a rinchiudersi, mentre in pari tempo la luminosità si espande sempre più nel tubo e s'indebolisce sino a scomparire. Il colore cambia del pari eon la pressione e col crescere dell'intensità dell'eccitazione, nel senso medesimo con cui varia lo spettro d'emissione provocato dai raggi catodici, al crescere della loro velocità. Talvolta si ha questa variazione di colore dall'esterno verso l'interno dell'anello luminoso. Nel caso della scarica anulare si tratta di azioni elettromagnetiche. Azioni elettrostatiche si hanno applicando a un tubo due elettrodi esterni, che formano le armature di un condensatore. Anche in questo caso si eccitano con campi d'alta frequenza (N. Tesla) delle luci che sono talvolta stratificate.

I fenomeni transitorî delle scariche elettriche. - Abbiamo determinato il potenziale di scarica seguendo la teoria del Townsend, ma in realtà la scarica non si adesca mai se il potenziale ha esattamente questo valore. Il potenziale dev'essere in generale un po' maggiore e anche allora la scarica avviene appena dopo un certo tempo (ritardo di scarica). Il fenomeno dell'accensione deve considerarsi come un fatto statistico, per cui a un certo eccesso ΔV sul potenziale teorico (statico) di scarica, corrisponde una certa probabilità, tanto maggiore quanto più forte è questo eccesso, che la scarica si adeschi dopo un tempo determinato. Si ha per questa probabilità

in cui 1/K è il ritardo medio di scarica, funzione di ΔV. Esso diventa infinito per ΔV = 0. Il potenziale statico d'accensione risulta definito da quel valore della differenza di potenziale agli elettrodi per cui il ritardo di scarica è infinitamente grande. Quello che avviene dopo l'accensione dipende dalle condizioni nel tubo da scarica e dal modo in cui si svolge l'alimentazione. A ogni modo si ha sempre in condizioni normali da principio la fase di Townsend e poi appena il passaggio ad altre fasi più forti, in una delle quali la scarica o si stabilizza o è costretta a estinguersi.

I varî casi possibili si possono ricavare dal diagramma della fig. 1, (diagramma delle fasi, diagramma di Valle) se si considera che lo stato particolare del gas percorso dalla scarica elettrica sia in ogni istante definito dall'intensità di corrente che attraversa il gas e dalla differenza di potenziale istantanea agli elettrodi. Una linea che parta dal punto (i = 0), che corrisponde al potenziale con cui la scarica si inizia, e attraversi il campo del diagramma, mostra chiaramente quali vicende subisca la scarica elettrica, mentre tende a stabilizzarsi o va di nuovo a estinguersi. La linea 1 rappresenta l'accensione di una scarica a bagliore (B), durante la quale si presenta dapprima la fase di Townsend (T), per cui il tubo s'illumina al primo istante, anche nella regione interna; poi col rapido formarsi delle cariche spaziali si ha il passaggio alla fase a bagliore (campo B), mentre il corpo della scarica s'oscura e rimangono soltanto le luci agli elettrodi. Infine la fase a bagliore si stabilizza nelle condizioni di regime a un potenziale ben minore di quello d'accensione. La linea 2 rappresenta invece quello che avviene se la scarica non può stabilizzarsi. Essa si estingue allora per mancanza d'alimentazione sufficiente, mentre le cariche spaziali caratteristiche della scarica a bagliore sussistono ancora per la ionizzazione residua. L'intensità della corrente che attraversa il gas decresce quindi rapidamente e le cariche spaziali scompaiono. Se l'alimentazione, pure essendo debole, è costante, dopo un certo tempo il fenomeno può ripetersi. Si ottengono così le scariche discontinue, le quali consistono in una successione periodica di scariche parziali tutte uguali. Se si mette in derivazione agli elettrodi del tubo un condensatore di conveniente capacità (qualche millesimo di μF) si possono ottenere queste scariche anche con intensità di corrente abbastanza grandi e raggiungere così frequenze di decine di migliaia di smriche parziali per secondo, tutte dirette nello stesso senso, mentre per grandi capacità e piccole intensità di corrente si ottengono delle frequenze bassissime. La linea 3 corrisponde a un fenomeno analogo, ma nel quale la grande rapidità con cui avvengono le variazioni di potenziale (capacità piccola), consente la riaccensione della scarica mentre ancora la deformazione del campo, prodotta dal bagliore nella scarica precedente, non è del tutto scomparsa. Corrispondentemente il potenziale d'accensione è più basso e la corrente non risulta mai nulla (scarica discontinua di 2a specie). In questo caso a ogni riaccensione non tutto il corpo della scarica s'illumina uniformemente e la luce manca dove il campo è meno intenso, rivelando così con uno spazio oscuro (G. Valle) la deformazione prodotta dalle cariche spaziali. La fig. 18 mostra gli aspetti del fenomeno luminoso tra elettrodi filiformi nel caso delle scariche discontinue di 1ª specie, in quello delle scariche di 2ª specie, e nella fase a bagliore in regime stazionario normale e anomalo (procedendo da sinistra a destra).

I fenomeni periodici ora descritti non sono però oscillazioni, perché non avvengono col concorso di un circuito di scarica oscillante. Si possono naturalmente ottenere anche delle vere e proprie scariche oscillanti, se il circuito di cui fa parte il tubo da scarica è capace di oscillare. Si distinguono in tal caso tre specie di oscillazioni, a seconda che la scarica, pur verificandosi costantemente in un senso, presenta un' intensità oscillante col periodo del circuito (1a specie), o si spegne nei minimi (2ª specie) o si riaccende periodicamente anche in senso inverso (3ª specie). Specialmente con l'arco si possono ottenere benissimo questi tre tipi di oscillazioni, che sono persistenti e perciò utilizzate nelle radiotrasmissioni. La facilità di ottenere queste oscillazioni con l'arco si spiega col fatto che la sua caratteristica statica è decrescente, ciò che costituisce appunto la condizione essenziale per quella instabilità (W. Kaufmann, W. Dällenbach), che determina il prodursi e il mantenersi delle oscillazioni. La scintilla vera e propria è anch'essa un fenomeno transitorio, il passaggio brusco (rapidissimo, 10-7 secondi e meno, W. Ragowski) dalla fase di Townsend al bagliore e, se le quantità di elettricità messe in giuoco sono notevoli, anche all'arco; seguita dalla non meno brusca estinzione. Ma oltre a questo fenomeno, che si può considerare appartenente al gruppo delle scariche discontinue, si ha l'analogo delle scariche oscillatorie e cioè la scintilla oscillante, scoperta dal H. Feddersen (1859), in cui scintille parziali, smorzate, si alternano nei due sensi, come si può constatare fotografando l'immagine della scintilla data da uno specchio concavo che ruoti con grande rapidità. Il periodo proprio del fenomeno è quello del circuito oscillante.

Utilizzazione pratica delle scariche elettriche. - Le applicazioni si possono dividere in quattro gruppi: 1. Applicazioni del particolare comportamento di una scarica elettrica come conduttore. 2. Applicazioni a scopo d'illuminazione. 3. Applicazioni chimiche e termiche. 4. Altre applicazioni.

1. Vengono in prima linea i raddrizzatori di corrente, che si fondano sull'asimmetria del comportamento dell'arco e rispettivamente di scariche a bagliore tra elettrodi di forma, estensione σ metallo diverso, rispetto al passaggio della corrente nei due sensi. Usati industrialmente sono i raddrizzatori a vapori di mercurio; nella pratica radiotecnica i raddrizzatori a gas nobile rarefatto, con anodo filiforme e catodo cilindrico (scarica impedita, in senso contrario, dalla caduta catodica anomala) o catodo rivestito di metalli alcalini o alcalino-terrosi (che abbassano la caduta catodica) di fronte ad anodo di metallo pesante (con caduta catodica notevole). Anche l'arco a tungsteno è utilizzato come raddrizzatore. Svariatissime sono pure le altre applicazioni delle proprietà elettriche delle scariche, proprietà che si rivelano e rendono utilizzabile nelle sue svariate forme la comune lampadina al neon (scarica a bagliore nel neon). Serve essa per il controllo a distanza di macchinarî elettrici e delle condizioni di una linea, come generatrice di bassa frequenza (scariche discontinue), anche a scopo di misura delle capacità e delle resistenze, per segnalazioni, come sensibilissimo relais (H. Geffcken), come lampada ricevente per la televisione, ecc. 2. D'importanza non minore sono le applicazioni a scopo d'illuminazione. Non solo il comune arco voltaico con i più convenienti tipi di carboni animati, o l'arco a tungsteno, che consente la realizzazione di una sorgente praticamente punti forme di luce, ma anche tutte le applicazioni delle scariche elettriche, in lunghi tubi variamente piegati, a scopo di pubblicità (riempiti di neon, rossi se esso è puro, violetti se contenenti vapori di Hg, verdi se questa luce è opportunamente filtrata da vetro speciale). La scarica a bagliore dà in questo campo le migliori prospettive per uno sfruttamento più redditizio della trasformazione di energia elettrica in luminosa, senza soverchia dissipazione in calore. 3. Delle applicazioni chimiche o termiche basta ricordare la saldatura elettrica, i forni ad arco, i tubi ozonificatori, ecc. 4. Altre applicazioni speciali vanno ancora ricordate, come la purificazione dell'aria da pulviscolo mediante l'effluvio, l'utilizzazione della polverizzazione catodica per ottenere depositi metallici estremamente sottili (resistenze elevatissime), l'applicazione dei raggi catodici nel tubo di Braun (v. oscillografo), che quale oscillografo catodico è sussidio di ricerca importante per il fisico e per l'elettrotecnico.

Bibl.: J. Stark, Elektrizität in Gasen, Lipsia 1902, Winkelmann, Handbuch d. Physik, IV, I, Lipsia 1905; J. J. Thomson, Conduction of Electricity trough Gases, Cambridge 1906; O. Lehmann, Die Elektrizität in Gasen, Halle 1898; Marx, Handbuch der Radiologie, Lipsia 1916; Geiger e Scheel, Handbuch der Physik, Berlino 1927; Harms, Handbuch der Experimentalphysik, Lipsia 1929; R. Seeliger, Einführ. in die Physik d. Gasentladungen, Lipsia 1927; O. W. Schumann, Durchbruchsfeldstärke in Gasen, Berlino 1923; A. Righi, I fenomeni elettroatomici sotto l'azione d. magnet., Bologna 1918; L. Amaduzzi, La ionizzazione e la convez. elettrica nei gas, Bologna 1907; G. Valle, Die diskontinuierlichen Entladungen, in Physik. Zeitschr., XXVII (1926), p. 473.

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