AMMIRATO, Scipione

Enciclopedia Italiana (1929)

AMMIRATO, Scipione

Saverio LA SORSA

Nato a Lecce il 27 settembre 1531, da nobile famiglia oriunda di Firenze, morì a Firenze nel 1601. Dopo varie peregrinazioni giovanili, che da Napoli, ov'era stato mandato dal padre a studiare il diritto, lo condussero a Roma, Padova, Venezia, si fece chierico; poi divenne segretario, a Venezia, di Alessandro Contarini. In quell'ambiente di alta cultura egli approfondì il suo sapere, e strinse amicizia con uomini come Sperone Speroni, Pietro Aretino, ecc., scrivendo allora gli argomenti che il Ruscelli pose in testa ai canti dell'Orlando Furioso. Per un'avventura amorosa con una Contarini, fu costretto a fuggire a Bari, dove si era ritirata la famiglia; poi ebbe qualche relazione di affari con Vittoria Colonna. Datosi in seguito tutto agli studî letterarî, costituì a Lecce l'Accademia dei Trasformati, che venti anni dopo fu fondata anche a Firenze. Egli assunse il nome di Proteo, che ben gli si addiceva: poiché scrisse di tutto, versi d'amore, orazioni, inni, canzoni, dialoghi civili e filosofici a imitazione di Platone. Mandato a Roma a perorare la causa d'un convento di monache fondato dagli Ammirati, poco mancò non fosse ucciso a tradimento da un frate fanatico.

Ormai famoso in tutta l'Italia, non riuscì tuttavia a ottenere la carica di storiografo del regno di Napoli, proposta da Agnolo di Costanzo per lui, e indignato se ne andò a Firenze, non accettando più alcun incarico, nonostante le sollecitazioni tardive del viceré. Nell'antica patria dei suoi trovò più benigna stella: Cosimo lo lodò per la sua genealogia dei Medici e, come già al Domenichi, al Varchi, all'Adriani, gli commise di scrivere l'intera storia fiorentina. Primo suo lavoro fu quello intitolato Famiglie napoletane, che ebbe un grande successo nelle corti, e meritò le lodi del Boccalini e di Annibal Caro. Ma intanto scriveva le Storie; compilava i Discorsi politici; scriveva le Filippiche e le Clementine, per spingere il re di Spagna e il papa a muover guerra ai Turchi; stendeva i Paralleli, la Vita di Ladislao re di Napoli e la Vita della seconda Giovanna, i Ritratti di Casa Medici, l'Orazione panegirica per Cosimo e quella per Francesco de' Medici.

Grandissima fu allora la sua fama. L'Attendolo lo proclamò "principe degli storici del suo secolo", e l'Accademia fiorentina "nuovo Livio"; il Peschetti lo poneva per la lingua a pari col Bembo, col Casa, col Salviati, col Varchi e col Caro. I re Enrico II di Francia e Filippo II di Spagna, i papi Clemente VIII e Sisto V gli spedivano lettere assai lusinghiere, e i Medici gli promettevano copiosi beni. Veramente, agli allori non corrisposero le ricchezze, per cui egli non visse nell'agiatezza, e invocò spesso aiuti da principi e da papi; e solo quando uscirono i Discorsi politici su Tacito ebbe un modesto canonicato in S. Maria del Fiore. Ma il giudizio che oggi si deve dare dell'opera dell'A. è molto diverso da quello, troppo encomiastico, dei contemporanei. L'opera sua maggiore, le Storie fiorentine (in cui la narrazione si ferma al 1574, anno della morte del granduca Cosimo), ordinata ancora nella forma annalistica, resta molto al disotto delle opere della grande storiografia fiorentina dell'inizio del sec. XVI. Sebbene egli abbia compulsato e introdotto nella narrazione documenti non sfruttati fino allora, manca tuttavia di senso critico nell'impiego delle fonti. La sua trattazione accoglie favole e leggende, talune anche già da gran tempo sfatate da altri studiosi del nostro Rinascimento (p. es., la donazione di Costantino); né tale deficienza è attenuata da una forte e complessa visione storica, che anch'essa manca. I Discorsi politici, poi, se offrono interesse, ad es. per la posizione dall'A. assunta verso il dominio spagnolo in Italia, non dicono nulla di nuovo sul problema dello stato e della politica, per quanto l'A. abbia più d'una volta cercato di contrapporsi al Machiavelli.

Opere: Istorie Fiorentine, 1ª ed. (dei primi 20 libri), Firenze 1600, dei rimanenti 15, Firenze 1641; ultima edizione dell'opera completa, Firenze 1846-1849; Discorsi sopra Cornelio Tacito, Firenze 1574; Opuscoli, pirenze 1637-42 e varie altre opere, alcune delle quali giacciono tuttora manoscritte.

Bibl.: U. Congedo, La vita e le opere di Scipione Ammirato, Trani 1901; E. Fueter, Geschichte der neueren Historiographie, 2ª ed., Monaco-Berlino 1925, pp. 132-134.

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