Cino-giapponese, seconda guerra

Dizionario di Storia (2010)

cino-giapponese, seconda guerra


Conflitto combattuto nel 1937-45 tra Cina e Giappone. Iniziò senza formale dichiarazione di guerra con l’invasione della Cina propriamente detta da parte dell’esercito giapponese, dopo gli eventi compresi fra l’incidente del ponte Marco Polo del 7 luglio 1937, nei pressi di Pechino, e i combattimenti che si accesero a Shanghai l’agosto successivo. Il Giappone diede inizio alla campagna, seguendo la convinzione dello stato maggiore dell’esercito che rapide vittorie avrebbero indotto il governo nazionalista a piegarsi. A questo si aggiunsero la tendenza a punire la Cina per l’atteggiamento sempre meno sottomesso assunto durante il 1937 e, probabilmente, l’idea che l’invio di quattro divisioni cinesi nella Cina del Nord, deciso in luglio, avrebbe modificato l’equilibrio strategico favorevole al Giappone nella regione. Il governo nazionalista schierò in campo le truppe moderne create con la collaborazione dei consiglieri militari tedeschi, ma queste furono gravemente sconfitte di fronte a Shanghai a novembre. L’avanzata nipponica proseguì fino alla conquista di Nanchino, ove furono perpetrate gravi atrocità. Jiang Jieshi però si ritirò spostando la capitale prima a Wuhan e poi a Chongqing nel Sichuan. Nel gennaio del 1938 l’esercito giapponese lanciò una nuova offensiva, ma nell’aprile subì una sconfitta a Taierzhuang nella provincia del Jiangsu, che non valse a cambiare il corso della guerra. Entro la fine dell’anno Hangzhou e Canton, nella Cina del Sud, furono conquistate. Praticamente da allora sino al 1945 si presentavano tre zone: una fascia costiera dal confine con la Corea a quello con l’Indocina, occupata dai giapponesi, come la Cina del Nord; le regioni del Sichuan, Guizhou e Yunnan, rimaste al governo centrale; il resto del Paese, in una condizione fluida, soggetto a guerriglia, con passaggi di armate e situazioni mutevoli. Il Giappone cercò allora di trovare una soluzione politica, incoraggiando la nascita di un governo diverso da quello di Jiang Jieshi nel 1938 a Nanchino e poi nel 1940 a Shanghai sotto Wang Jingwei. Poiché Jiang ricevette aiuti finanziari, rifornimenti militari e invio di piloti da parte dell’URSS, fra il 1937 e il 1941, e sostegno economico da parte di Gran Bretagna e Stati Uniti, soprattutto dal 1939, Tokyo provò a spingerlo ad arrendersi, stringendo un’alleanza con i Paesi dell’Asse. Grazie alla guerra partigiana, nel frattempo l’area controllata dai comunisti si estese molto dalla regione dello Shaanxi verso la Cina interna. Essi combatterono contro gli occupanti fino al 1941, collaborando col governo e poi da soli, sperimentando moderatamente le loro politiche agrarie ed estendendo l’area che controllavano attraverso la guerriglia. Dopo l’attacco a Pearl Harbor il conflitto confluì nella guerra del Pacifico. Nel 1944 il Giappone ottenne una nuova vittoria colpendo Chongqing e assumendo il controllo dello Hunan, importante regione risicola, ma nell’agosto del 1945 le sue forze si arresero dopo l’invasione sovietica della Manciuria e la capitolazione agli alleati.

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