Secondo termine di paragone

Enciclopedia dell'Italiano (2011)

secondo termine di paragone

Luca Cignetti

Definizione

Il secondo termine di paragone (o di comparazione) è un costituente sintattico di varia natura, che esprime il secondo dei due termini che si confrontano in una relazione di comparazione (➔ comparativo, grado). Può presentarsi come una forma nominale, aggettivale o di altro tipo, dando origine a un complemento di comparazione, oppure come intera frase, detta frase comparativa (➔ comparative, frasi).

Il secondo termine di paragone è tipicamente segnalato da un introduttore, diverso secondo il tipo di comparazione, che può essere di uguaglianza o di disuguaglianza. In misura minore, l’introduttore cambia secondo la classe morfosintattica di appartenenza dell’elemento su cui cade la relazione comparativa.

Comparazioni di uguaglianza

Nelle comparazioni di uguaglianza vertenti su un sintagma aggettivale, il secondo termine di paragone può presentarsi sotto forma di ➔ sintagma nominale (Giuseppe nell’es. 1), di sintagma aggettivale (simpatico nell’es. 2) oppure di frase (Luisa è noiosa nell’es. 3):

(1) Michele è alto quanto / come Giuseppe

(2) Piero è intelligente quanto simpatico

(3) Paolo è paziente quanto Luisa è noiosa

In tali manifestazioni, il secondo termine di paragone è preceduto dagli introduttori quanto o come se si presenta come sintagma nominale (1) e da quanto se si presenta come sintagma aggettivale o come frase (2 e 3). È inoltre possibile la presenza dell’introduttore tanto, che può essere anteposto e correlato sia a quanto (4-6) sia, in alternativa, al primo termine di paragone come in (7-9) (Belletti 1991: 834; ➔ correlative, strutture):

(4) Michele è alto tanto quanto / come Giuseppe

(5) Piero è intelligente tanto quanto simpatico

(6) Paolo è paziente tanto quanto Luisa è noiosa

(7) Michele è tanto alto quanto / come Giuseppe

(8) Piero è tanto intelligente quanto simpatico

(9) Paolo è tanto paziente quanto Luisa è noiosa

In alternativa, il secondo termine di paragone può essere preceduto da quanto correlato ad altrettanto anteposto al primo termine:

(10) Michele è altrettanto alto quanto Giuseppe

(11) Piero è altrettanto intelligente quanto simpatico

Negli esempi il secondo termine di paragone corrisponde grammaticalmente a un complemento diretto e assume pertanto, quando ciò è possibile (come coi pronomi personali; ➔ clitici; ➔ personali, pronomi), il ➔ caso accusativo:

(12) Michele è alto quanto/come me / te (non come io/tu)

Nelle comparazioni di uguaglianza vertenti su un sintagma nominale, il secondo termine di paragone è introdotto da quanto e il primo termine da tanto. In tali casi quanto è aggettivo, e concorda sempre in genere e numero con il sintagma nominale del primo termine (Belletti 1991: 835):

(13) ho letto tanti libri quanti ne hai letti tu

L’introduttore quanto concorda con l’antecedente anche nelle comparative di uguaglianza con ellissi del verbo:

(14) il professore ha fatto tante domande a Mario quante (ne ha fatte) a Luigi

Hanno quanto come introduttore, talvolta anche in correlazione con tanto o altrettanto, pure le comparazioni di uguaglianza che vertono su sintagmi preposizionali o verbali. In tali casi, tuttavia, entrambi gli introduttori hanno valore avverbiale e pertanto sono indeclinabili:

(15) ho mangiato (tanto / altrettanto) quanto te.

Comparazioni di disuguaglianza

Nelle comparazioni di disuguaglianza che vertono su un sintagma nominale, l’introduttore del secondo termine è rispettivamente più per le comparazioni di maggioranza e meno per quelle di minoranza; in entrambe le occorrenze il secondo termine fa parte di un ➔ sintagma preposizionale introdotto da di (16). In alternativa, il secondo termine può comparire con la stessa funzione grammaticale del primo e collocarsi in una frase isomorfa alla principale ma non espressa (17) (Belletti 1991: 839):

(16) Luigi ha bevuto più / meno vino di te

(17) Mario ha bevuto più / meno vino che acqua

Anche nelle comparazioni di disuguaglianza vertenti su un sintagma aggettivale il secondo termine di paragone è introdotto da più/meno, preceduto da di se si presenta come sintagma nominale (18) e da che se si presenta come sintagma aggettivale (19):

(18) Roberto si è impegnato a questo progetto meno di me

(19) Luigi è più erudito che colto

Quando il secondo termine si presenta come proposizione l’introduttore è invece di quanto (20) (Belletti 1991: 837-838):

(20) Elisabetta ha letto più libri di quanto pensassi

Quando il secondo termine è una frase, è inoltre possibile la presenza di una ➔ negazione espletiva, costituita da non. Il fenomeno si presenta soprattutto con le comparative di maggioranza al ➔ congiuntivo o al ➔ condizionale, dove ha la funzione di segnalare la presenza di una implicitazione pragmatica negativa (Manzotti & Rigamonti 1991: 298):

(21) Maria si è impegnata più di quanto non pensassi [implicito: «non pensavo che Maria si sarebbe impegnata»]

Quando ha forma di frase, il secondo termine di paragone può anche contenere la ripresa del nome introdotto nel primo termine: tale richiamo è il pronome clitico ne (➔ pronomi di ripresa); anche in questo caso può esserci una negazione espletiva:

(22) Giulio ha vinto più premi di quanti (non) ne abbia vinti Alberto

Quando la comparazione verte su un sintagma preposizionale, il secondo termine di paragone è invece introdotto da che e si presenta come sintagma preposizionale esso stesso:

(23) a volte si deve avere più timore del successo che dell’insuccesso.

Usi nell’italiano antico

In ➔ italiano antico nell’espressione del secondo termine di paragone è quasi assente l’introduttore di, a eccezione dei casi in cui precede un pronome:

(24) Non dannare: scrivi CCCC. Per mala ventura se una tua penna sarà più larga di me! (Il Novellino 1970: 184)

Non sono invece attestati i moduli di quanto e di quello che (Pelo 2009: 514-515). Nelle comparative di disuguaglianza è sistematico il ricorso alla negazione espletiva non ed è ammesso l’impiego di che seguito da un verbo di modo finito:

(25) per che io, quasi sbigottito de la bella difesa che m’era venuta meno, assai me ne disconfortai, più che io medesimo non avrei creduto dinanzi (Dante 1999: 27)

Per l’espressione delle comparative di tipo qualitativo (o di analogia; cfr. Schwarze 1970) è inoltre attestato l’uso di introduttori oggi scomparsi come () come e secondo che (Mazzoleni 2006: 26):

(26) Appresso ciò non molti dì passati, sì come piacque al glorioso sire lo quale non negoe la morte a·ssè, colui che era stato genitore di tanta maraviglia quanta si vedea ch’era questa nobilissima Beatrice … (Dante 1999: 107)

(27) So bene che ci vieni e vai a tua posta, ma più di celato, perché, se cosí non fosse, in malo stato saremmo, secondo che sono le contrade ove non regne e governe (Giamboni 1968: 33).

Fonti

Dante (1999), Vita nova, Milano, Mondadori.

Giamboni, Bono (1968), Il Libro de’ Vizî e delle Virtudi, in Il Libro de’ Vizî e delle Virtudi e Il Trattato di Virtù e Vizî, a cura di Cesare Segre, Torino, Einaudi.

Il Novellino (1970), a cura di G. Favati, Genova, Bozzi, 1970.

Studi

Belletti, Adriana (1991), Le frasi comparative, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 1991, pp. 832-853.

Manzotti, Emilio & Rigamonti, Alessandra (1991), La negazione, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 1991, pp. 245-317.

Mazzoleni, Marco (2006), Le congiunzioni subordinanti (sì) “come” e “secondo” che in italiano antico, «Cuadernos de filología italiana» 13, pp. 9-29.

Pelo, Adriana (2009), La proposizione comparativa “di grado” nell’italiano antico, in Sintassi storica e sincronica dell’italiano. Subordinazione, coordinazione e giustapposizione. Atti del X congresso della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana (Basilea, 30 giugno - 3 luglio 2008), a cura di A. Ferrari, Firenze, Cesati, 3 voll., vol. 1°, pp. 513-526.

Renzi, Lorenzo, Salvi, Giampaolo & Cardinaletti, Anna (a cura di) (1991), Grande grammatica italiana di consultazione, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 2° (I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale; la subordinazione) (2a ed. 2001).

Schwarze, Christoph (1970), Untersuchungen zum syntaktischen Stil der italienischen Dichtungssprache bei Dante, Bad Homburg - Berlin - Zürich, Gehlen.

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