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Senofonte

di Lucio Biasiori - Enciclopedia machiavelliana (2014)
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Senofonte

Lucio Biasiori

Nacque ad Atene intorno al 430 a.C. da una famiglia di probabile origine equestre e, in ogni caso, altolocata. Ciò gli permise di avere un’educazione di livello molto elevato, prima con il sofista Prodico di Ceo e il retore Isocrate e poi con Socrate, di cui Senofonte scriverà un’Apologia e che ricorderà nei Memorabilia (che costituiscono una delle fonti principali sul filosofo). Quando, al termine della guerra del Peloponneso, Sparta impose ad Atene il cosiddetto regime dei trenta tiranni (403), S. fu tra i loro sostenitori. Al ritorno della democrazia ad Atene egli dovette dunque emigrare. Fu in quell’occasione che partecipò alla celebre spedizione dei diecimila mercenari spartani ingaggiati da Ciro il Giovane per cacciare dal trono il fratello Artaserse, re di Persia. La spedizione si concluse con la battaglia di Cunassa (401), nella quale Ciro trovò la morte assieme ai principali generali greci. S. allora si ritrovò tra i comandanti di un esercito sconfitto, sbandato e lontanissimo dalla patria. L’avventuroso viaggio di ritorno dei diecimila venne da lui raccontato nell’Anabasi.

Nel 399 S. si pose al servizio di Sparta nella sua lotta contro Atene; di conseguenza venne definitivamente privato dei suoi diritti di cittadinanza e dovette ritirarsi a Scillunte in una proprietà procuratagli dagli spartani, dove si sposò, ebbe dei figli e poté dedicarsi alla scrittura delle sue opere. Dopo che Sparta venne sconfitta da Tebe, S. si stabilì a Corinto, dove probabilmente morì nel 354 circa, non prima però di aver ristabilito buoni rapporti con la sua città di origine.

M. cita due opere di S.: la Ciropedia, il racconto dell’educazione del primo re persiano, Ciro il Grande (6° sec. a.C.), e il Gerone o sulla tirannide, un dialogo tra il tiranno siracusano Gerone e il poeta Simonide in cui si disputa se sia più felice la condizione del privato o quella del tiranno. Aver riproposto S. all’attenzione degli studiosi di M. in modo globale è merito soprattutto di Leo Strauss (1948), secondo il quale S. era lo scrittore antico che più si era avvicinato a M. nel rifiutare la tradizione aristotelica che intendeva la virtù come giusto mezzo tra due eccessi. Particolare rilevanza ha in questo senso un passo dei Discorsi:

Mostra Senofonte nella sua vita di Ciro questa necessità dello ingannare, considerato che la prima ispedizione che fe’ fare a Ciro contro al re di Armenia è piena di fraude, e come con inganno e non con forza gli fe’ occupare il suo regno. E non conchiude altro per tale azione, se non che a un principe che voglia fare gran cose, è necessario imparare a ingannare (II xiii 4-5).

Allo stesso tempo Strauss riconosceva però che S. era molto distante da M., il quale aveva scelto di trattare solamente la «verità effettuale della cosa». Anzi, S. sarebbe stato uno dei bersagli di M., nella sua presa di distanza da coloro che «si sono immaginati republiche e principati, che non si sono mai visti né conosciuti in vero essere» (Principe xv 4). Secondo Strauss, S. sarebbe stato frenato in questo dalla sua educazione socratica, che gli avrebbe impedito di compiere il passo decisivo nello svincolamento della politica dalla morale, compiuto invece con decisione da Machiavelli. Stando alle parole di M., invece, il divario che lo separava da S. aveva radici nel fatto che gli «antichi scrittori» erano stati costretti a scrivere «copertamente» (Principe xviii 5). Grazie al confronto con passi della Ciropedia e del De venatione, possiamo ipotizzare che fra questi «antichi scrittori» M. avesse in mente principalmente S. (Biasiori 2010-2011). L’ambiguità dei giudizi su S., visto di volta in volta come il falso banditore di un principe benigno e idealizzato o come colui che aveva più francamente riconosciuto la necessità della frode nella costruzione di un dominio politico, affonda dunque nel modo in cui M. lo lesse, come se fosse un autore con un messaggio a due livelli, uno esoterico e uno essoterico (→ Ciro).

Sottolineare l’importanza di S. per M. non deveperò portare a conclusioni affrettate. È stato sostenuto che il Segretario fiorentino si riferisce a S. piuttosto che a Platone: secondo Thierry Ménissier (in N. Machiavel, Le prince, traduction et analyse par T. Ménissier, 1999), M. avrebbe preferito S. a Platone in virtù del realismo del primo contrapposto all’idealismo del secondo. La contrapposizione tra i due discepoli di Socrate, topos che proveniva dal cap. iii del XIV libro delle Noctes Atticae di Aulo Gellio (2° sec. d.C.), è frequentissima al tempo di M., dove però non viene mai declinata in chiave di concezioni politiche opposte. Per Filippo Beroaldo il Vecchio, i due «Socraticae doctrinae sectatores» si potevano distinguere per essere stato Platone «philosophorum deus» e S. l’«Attica Musa» (prefazione a Xenophon. In hoc volumine continentur infrascripta opera Xenofontis. Paedia Cyri Persarum regis, De venatione, De re publica & de legibus Lacedaemoniorum, De regis Agesilai Lacedaemoniorum laudibus, Apologia pro Socrate, Opusculum de tyrannide, 1502). Jacopo Bracciolini, in un passo che M. ebbe presente (Biasiori 2010-2011), argomentò: «Xenofonte socratico [...] essendo emulo di Platone, et intendendo lui havere composta et ordinata la sua repubblica, come quello che preferiva el principe ne formò un degno» (in Senofonte, Vita di Ciro, volgarizzata da J. Bracciolini, 1521, ff. 4v-5r). Al massimo, dunque, opposizione tra generi letterari diversi; oppure tra repubblica e monarchia, entrambe poste però su un piano ideale, non una nell’iperuranio, l’altra sulla terra. Tale schema retorico continuò fino alla Dedicatoria del Cortegiano, quando Baldassarre Castiglione replicò a coloro – tra i quali poteva avere in mente anche M. – che lo avevano accusato di aver scritto qualcosa di «superfluo», essendo «tanto difficile e quasi impossibile trovar un omo così perfetto come io voglio che sia il cortegiano». Ebbene – continuava –, se fosse vero che «vana cosa è insegnar quello che imparar non si po», l’autore del Cortegiano sarebbe stato in buona compagnia, avendo «errato con Platone, Senofonte e Marco Tullio» (Il libro del cortegiano, a cura di C. Cordié, 1960, p. 12). Proprio Cicerone, infatti, in una lettera al fratello Quinto (I 23) aveva emesso un giudizio assai netto sul ‘realismo’ di S.:

Cyrus ille a Xenophonte non ad historiae fidem scriptus, sed ad effigiem iusti imperii

il celebre Ciro non viene descritto da Senofonte secondo fedeltà storica, ma come emblema del giusto esercizio del potere.

Il giudizio fece epoca, tanto che lo si trova ripetuto in quasi tutte le edizioni senofontee tra 15° e 16° secolo. La contrapposizione tra idealismo platonico e realismo senofonteo non sussisteva dunque per i contemporanei di M., che anzi non avrebbero esitato a porre entrambi nel «mondo [...] delle idee» (B. Castiglione, Il libro del cortegiano, cit., p. 12).

Un altro degli aspetti dello storico ateniese che aveva colpito M. era la presenza dei riferimenti alla caccia come esercizio militare e come simulazione di una guerra:

E Senofonte nella vita di Ciro, mostra che andando Ciro ad assaltare il re d’Armenia, nel divisare quella fazione ricordò a quegli suoi che questa non era altro che una di quelle cacce le quali molte volte avevano fatte seco [...]. Questo si dice per mostrare come le cacce, secondo che Senofonte appruova, sono una immagine d’una guerra: e per questo agli uomini grandi tale esercizio è onorevole e necessario (Discorsi III xxxix 6 e 8).

Benché sia probabile che M. conoscesse anche il De venatione, stampato in più edizioni assieme al Gerone, la conoscenza della Ciropedia è sufficiente a spiegare l’interesse di M. per la caccia come «immagine d’una guerra»:

Al comandare agli altri quello [scil. andare a caccia] è necessario, parendogli questa una exercitatione simile a una guerra (Senofonte, Vita di Ciro, cit., f. 9r).

[Ciro] conchiuse con Cyazare che niuno v’era più atto di lui, havendo usato spesso d’andare a caccia co’ figliuoli, et che facilmente potrebbe riuscire, che, sotto spetie d’andare a cacciare di nuovo venissino sotto la sua potentia, e che andando in su i confini della Media et Armenia con poca gente, come soleva fare pel passato, sanza dimostratione alcuna da generarli sospetto di fraude o insidie, sanza dubbio credendo venissi a pigliare piacere e qualche fiera, se gli farebbono incontro e metterebbonsegli nella mani liberalmente [...]. Così cacciando s’appressò a confini degli Armeni [...] “sotto colore di venire alla caccia siamo venuti per pigliare lui se ci riuscirà” (f. 42v).

Tale uso di S. da parte di M. non rimase però limitato alla scrittura delle sue opere. M., infatti, fu con ogni probabilità coinvolto nella stampa da parte dei Giunti nel 1521 della Vita di Ciro, il già citato volgarizzamento della Ciropedia eseguito da Bracciolini sulla base della versione latina di suo padre, Poggio. Il manoscritto usato per la stampa fu copiato da un amico di M., Biagio Buonaccorsi, e l’intera operazione venne finanziata dal futuro dedicatario dell’edizione bladiana dei Discorsi e delle Istorie fiorentine e della giuntina del Principe, Giovanni Gaddi. L’anonima epistola al lettore che apre la Vita di Ciro denuncia, infine, una somiglianza così stretta, dal punto di vista stilistico e contenutistico, con le opere di M. che non pare da escludere una sua possibile paternità machiavelliana (Biasiori 2010-2011).

Bibliografia: Fonti: Vita di Ciro, volgarizzata da J. Bracciolini (1521), Firenze, Biblioteca nazionale centrale, cod. Magliabechiano XXIII 60.

Per gli studi critici si vedano: L. Strauss, On tyranny: an interpretation of Xenophon’s Hiero, Glencoe (Ill.) 1948, New York-London 19632 (trad. it. Milano 1968); L. Strauss, Thoughts on Machiavelli, Seattle-London 1958 (trad. it. Milano 1970); L. Strauss, Machiavelli and classical literature, «Review of national literatures», 1970, 1, pp. 7-25; C. Nadon, Xenophon’s Prince. Republic and empire in the Cyropaedia, Berkeley 2001; P.J. Rasmussen, Excellence unleashed. Machiavelli’s critique of Xenophon and the moral foundation of politics, Lanham (Maryland) 2009; L. Biasiori, Letture di Niccolò. Storia e fortuna di Machiavelli, tesi di perfezionamento discussa presso la Classe di Lettere della Scuola Normale Superiore di Pisa, a.a. 2010-2011, cap. I (consultabile sul sito della Biblioteca della Scuola Normale: http://biblio.sns.it).

Vedi anche
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