DE TIVOLI, Serafino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

DE TIVOLI, Serafino

Lidia Reghini di Pontremoli

Nacque da Abramo Samuel, negoziante, e Fortunata Moro, a Livorno, nel marzo 1825. Nel 1836 la famiglia si trasferì a Firenze, ove il D. frequentò la scuola degli scolopi, che abbandonò attorno al 1838 per dedicarsi alla pittura, divenendo allievo, assieme con il fratello Felice (n. a Livorno il 15 marzo 1827), del paesista austroungherese C. Markò il Vecchio.

"Dei suoi primissimi saggi (dopo il 1838 sino al 1848) non si sa nulla, ma stando ai titoli delle opere successive, doveva trattarsi di esercitazioni classicheggianti" (De Angelis, 1982 13 nov.).

Nel 1848 si arruolò tra i volontari toscani, partecipò alla prima guerra d'indipendenza, combattendo a Curtatone e Montanara e nel 1849 alla difesa della Repubblica romana. Tornato a Firenze nello stesso anno, fu, assieme con il fratello Felice, uno dei primi frequentatori e animatore assiduo del caffè Michelangelo, legandosi a T. Signorini, V. D'Ancona e ad A. Tricca, che fece una sua caricatura acquarellata (ripr. in Signorini, 1893, p. 48), commentata da alcuni versi di A. Arnaud. Sempre nel 1849 espose alla locale Promotrice due paesaggi romani (oggi dispersi), "fatti negli intervalli della sua milizia patriottica" (De Angelis, 1982 13 nov.). Altri due quadri del medesimo soggetto furono esposti dal D. alla Promotrice del 1850 (catal., nn. 37, 45).

Tra il 1850 e il 1860 dipinse insieme con il fratello nella campagna intorno Firenze e sulle rive del lago di Albano. La ricerca continua di nuovi spunti naturalistici raggiunse l'apice nel 1854, anno in cui il D. fondò, assieme con il fratello, L. Gelati, i due fratelli Markò (Andrea e Carlo il Giovane) e C. Ademollo, la scuola di Staggia (Durbé-Dini, 1981, pp. 21 s.).

I motivi naturalistici, direttamente tratti dalla campagna circostante, svilupparono nel D. un gusto completamente diverso da quel "naturalismo settecentesco appena modernizzato in senso panoramico" (Somarè, 1928, p. 83), tipico del Markò: agli oscuri paesaggi romantici del ventennio precedente seguivano visioni più immediate, in cui il vero delle cose veniva recepito e sviluppato pittoricamente attraverso la luce circostante.

Alla Promotrice del 1855 presentò quattro paesaggi della campagna toscana (catal., nn.28 s., 40, 45); nel luglio dello stesso anno, in occasione dell'Esposizione universale, si recò per vari mesi (Costa, 1927, p. 139) a Parigi. Qui frequentò gli studi di C. Troyon, R. Bonheur e di A. G. Decamps. Tornato a Firenze tra il 1855 (Bucarelli-Carandente, 1956, p. 37) e il 1856 (Durbé, 1978, p. 310), il D. divulgò tra gli amici i nuovi esiti della pittura francese.

Da una lettera di C. Banti a A. Cecioni, del 2 ott. 1884 (Somarè, 1928, p. 82), s'apprende che a Firenze nel 1859 "i due De Tivoli erano i due pittori meglio avviati". Quello stesso anno le strade dei due fratelli si separarono: Felice lasciò l'Italia per stabilirsi a Londra e il D. preferì rimanere a Firenze ancora per un decennio.

Risalgono a questo periodo le sue opere migliori, come il Paesaggio della Galleria nazionale d'arte moderna di Roma (inv. n. 3878): è attribuibile al 1855-56 per gli evidenti rapporti con il realismo della scuola di Barbizon (Bucarelli-Carandente, 1956, p. 38); in esso sviluppa uno stile autonomo, lontano dalle passate esperienze fiorentine. Venne esposto alla Promotrice del 1859 con il titolo Una pastura (catal., n. 28).

Del 1858 è il Paesaggio con vacche al pascolo (coll. Magnelli, Milano), in cui l'accurato studio atmosferico risolve il debole impianto del quadro. Del 1859 è La raccolta del grano aCastiglioncello (coll. Zetti, Novara) e Il pascolo della Galleria nazionale d'arte moderna di Firenze, che segna il definitivo distacco dai modi scoloriti e manierati del Markò, al confronto dei quali l'opera del D. "diventa un pezzo di vero visto dalla finestra piuttostoché dipinto sulla tela" (Cecioni, 1905). Come risulta dall'Archivio dei macchiaioli (Roma), del quadro esistono vari studi e repliche; i più importanti sono il bozzetto della collezione Carnielo (Milano) e quello della collezione Corbetta (Vimercate, Milano). Sempre nella collezione Corbetta è il Pontedi legno, non datato, ma riferibile agli anni tra il 1857 e il '59 (Archivio dei macchiaioli) per gli evidenti tentativi di integrare la "tradizione paesaggista toscana con le nuove esperienze parigine" (Durbé, 1979). Del 1860 è Il pascolo del Museo civico di Torino (cat., n. 12). Del 1861 è il Porticodi villatoscana (coll. Matteucci, Milano), che ispirò un analogo quadro di C. Banti (Galleria nazionale d'arte moderna di Milano): "tale comunanza fa supporre un sodalizio tra i due artisti attorno al 1861" (Archivio dei macchiaioli).

Nel 1861 il D. partecipò alla prima Esposizione nazionale di Firenze con quattro vedute toscane (catal., nn. 499, 595, 602, 909); nel maggio 1862 alla XXI esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino, esponendo tre quadri (catal., nn. 37, 227, 438), ma la critica non gli fu favorevole: in un articolo apparso su La Nuova Europa (19nov. 1862), siglato e probabilmente attribuibile a T. Signorini, pur annoverando il D. tra quei pittori "nei quali assieme all'amore per l'arte si manifesta un inquieto desiderio di progresso", non si esita a definirlo a "un passo dai produttori per guadagno". L'anno successivo, dopo un'ennesima aspra discussione con il Signorini, riportata in una lettera del 4 maggio 1863 di D. Martelli a G. Uzielli (Dini-Del Soldato, 1975, p. 186), il D. si allontanò definitivamente da Firenze e "corse fama essere a Parigi" ove, secondo una lettera di G. Uzielli a D. Martelli dello stesso anno (ibid.), prese parte all'Esposizione dei "rifiutati" con due quadri "che non fanno dove sono esposti cattiva figura". Ma il soggiorno parigino fu momentaneo, visto che nello stesso anno (1862) il D. si trasferì a Londra. Vi ritrovò il fratello Felice, che dipingeva nel quartiere di Hampstead (il Signorini [1893, p. 83] affermava che vivesse piuttosto "negoziando").

Fu forse tramite A. Arnaud, vecchio amico dei due fratelli, che il D. ottenne l'incarico d'insegnare pittura "ad un certo Sig. Thenison ricchissimo inglese", come si legge una lettera dell'Arnaud al Martelli, datata 23 ott. 1864 (Marabottini-Quercioli, 1978, p. 125). Comunque, "dell'opera sua durante il soggiorno in Inghilterra poco sappiamo: forse fece dei ritratti" (De Angelis, 13 nov. 1982), oggi scomparsi. Analogamente disperso è Unprato a Londra, esposto alla Promotrice fiorentina del 1876 (catal., n. 24). Lettera alla mamma, un'opera pervenuta nel 1895 alla Galleria d'arte moderna di Milano (catal., inv. n. 203), è probabilmente riferibile agli anni attorno al 1864 (Galleria d'arte moderna; L. Caramel-C. Pirovano, Opere dell'Ottocento, I, Milano 1975, p. 50).

Nel 1866 espose alla Società Promotrice di Genova L'innocenza (Genova, Acc. ligustica di Belle Arti; cfr. Baccheschi, 1983), alla mostra della British Institution Ragazza fiorentina (catal., n. 385) e nello stesso anno alla Royal Society due quadri: Riposo dopo la danza. Una contadina romana (catal., n. 84) e La campagna romana (catal., n. 214). Ancora, nel 1867, espose alla Royal Society due opere: Il messaggero nero (catal., n. 545) e Nello Warwickshire (catal., n. 214). Espose alla Royal Academy of Arts nel 1867 (catal., nn. 406, 526, 617, 667), nel 1868 (catal., n. 81) e nel 1869 (catal., nn. 36, 727).

Nel 1873 il D. ritornò a Parigi, per rimanervi quasi ininterrottamente fino al 1890. Dapprima visse isolato, frequentando sporadicamente gli artisti del caffè Guerbois, come lamenta in una lettera dell'8 apr. 1874 al Martelli (Dini-Del Soldato, 1975, p. 185). Dopo il 1880 la situazione migliorò e il D. divenne uno dei maggiori animatori del circolo conviviale-culturale de 'La Polenta'. A Parigi frequentò la cerchia di G. Boldini e di E. Degas (probabilmente conosciuto a Firenze tra il 1855 e il 1856; cfr. Dini, 1986, pp. 26 s.); T. Signorini scriveva (1893, p. 49) d'averlo visto a Combs-la-Ville con G. Palizzi e a Bougival con G. De Nittis. Documentati sono i contatti con artisti francesi del caffè Nouvelle Athènes (Dini, 1986, p. 93) ed altri italiani come D. Martelli, F. Zandomeneghi, C. Banti, e con V. D'Ancona, a Parigi già dal 1867.

Della produzione parigina rimangono alcune tele dipinte sui bordi della Senna quali Bordi della Senna (coll. Giuliana Viano, Cassato, Vercelli, cfr. Borgiotti, 1964, tav. 233). Nel 1874, all'Exposition de la Societé anonyme des artistes, esposero P. Cézanne, E. Degas, E. Manet, A. Renoir, A. Sisley; il D. vide le loro opere ma recepì epidermicamente la portata ideologico-espressiva dell'impressionismo, ripetendo stancamente un certo gusto per i giochi d'acqua opalescenti; esempio ne è L'antica pescaia a Bougival (coll. Angelini, Livorno; cfr. Bucarelli-Carandente, 1956, cat. n. 17): datata posteriormente al 1873, risente dei modi del naturalismo chiaroscurale della scuola di Barbizon, che indurranno il D. a schiarire gradualmente la sua tavolozza in favore d'un colore più arioso e vibrante.Nel 1878 partecipò all'Esposizione universale di Parigi: D. Martelli in un articolo nota come il D. "si faccia distinguere nella nostra sezione" (Scritti d'arte..., 1952, p. 79). Nel 1879 espose al Salon parigino due opere: Mattino di fine estate sui bordi della Senna (catal., n. 2857) e Battello di pescatori del Mediterraneo (catal., n. 2858).

Come si legge in una lettera inviata al Martelli il 5 maggio 1879 (Dini-Del Soldato, 1975, p. 188), il D. ringraziava l'amico d'avergli comunicato per tempo "dei ragguagli" sull'Esposizione nazionale di belle arti di Torino, confermando che si sarebbe preparato "per mandarci dei quadri". Molto probabilmente la lettera si riferiva alla IV Esposizione torinese (1880) a cui il D. partecipò con due paesaggi francesi (catal., nn. 280 s., p. 69).

Contrastanti sono i pareri della sua fama all'estero: anche se il Signorini (1893) affermava che a Parigi era considerato il "decano dell'arte", ci sono due lettere del D. al Banti (Matteucci, 1982, pp. 190, 195), in cui si lamentava di quanto andassero male le vendite; e fu infatti costretto ad incaricare Vito D'Ancona e lo stesso Banti "a fare a Firenze una lotteria privata" di due suoi quadri, precedentemente inviati da Parigi. Dopo poco tempo (27 giugno 1876) ripeté l'invito al Banti raccomandandogli d'occuparsi della vendita dei due dipinti. Di essi si sa solo che, dopo infruttuosi tentativi di vendita, vennero acquistati dallo stesso Banti, che già aveva nella sua collezione altri quattro quadri del pittore livornese. Al Salon del 1880 furono premiate le Lavandaie sulla Senna (catal., n. 3663), oggi nella collezione Florio, a Milano. Nel 1881 partecipò all'Esposizione nazionale di belle arti di Milano con due dipinti (catal., nn. 22 s.). Nel 1884 espose AMarly (catal., n. 718) all'Esposizione generale italiana di Torino. Fu presente all'Esposizione universale di Parigi del 1889 (catal., n. 207), dove ottenne una medaglia di bronzo.

Per il resto dei suoi giorni visse in povertà, facendo saltuariamente ritorno a Firenze, come si legge da una lettera di F. Zandomeneghi al Martelli del novembre 1883 (Marabottini-Quercioli, 1978, p. 178), che cita il D. presente "un mese o due fa" al caffè Michelangelo. Nel 1890 l'assoluta carenza di mezzi e la progressiva cecità lo spinsero a ritornare definitivamente a Firenze, ove l'anno successivo espose alla mostra della Società di belle arti (catal., nn. 207-09, 250, 255), distinguendosi tra "i campioni del rinnovamento ... che rimangono ancora sulla breccia", come si legge in un articolo del 5 marzo 1891 apparso sul Corriere italiano (Giardelli, 1958, p.276). Sempre nel 1891 partecipò alla prima Esposizione triennale della R. Accademia di Brera (catal., nn. 306, 445).

Colpito da malore il 5 febbr. 1892, fu ricoverato all'ospizio israelitico di Firenze, dove morì la mattina del 1º novembre successivo.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio dei macchiaioli, ad vocem;Milano, Archivio Malesci, ad vocem. Oltre ai cataloghi delle mostre citate all'interno della voce, cfr.: T. Signorini, Caricaturisti e caricaturati al caffè Michelangelo, Firenze 1893, ad Indicem; A. Cecioni, Scritti e ricordi, Firenze 1905, pp. 296-301, 318; R. Focardi, Esposizione retrospettiva della Società delle belle arti, Firenze 1911, pp. 20 s., 25, tav. 23; E. Cecchi, La raccolta Checcucci, in Vita artistica, II (1927), pp. 49 s.; N. Costa, Quel che vidi e quel che intesi, Milano 1927, pp. 139 s.; E. Somarè, Storia dei pittori italiani dell'Ottocento, II, Milano 1928, pp. 82-85, tav. 24; C. Benedieti, S. D., in Liburni Civitas, II (1929), pp. 145-149; E. Cecchi, La raccolta del duca di San Donato di Napoli, Milano 1930, p. 21; Mostra del Centenario della Società amatori e cultori di belle arti, II mostra del Sindacato laziale fascista di belle arti (catal.), Roma 1930, p. 76; R. Buscaroli, La pittura di paesaggio in Italia, Bologna 1935, pp. 469 s.; Raccolta d'arte d'artisti ital. dell'800, Esposiz., Vendita, Firenze 1941, p. 41; P. Bargellini, Caffè Michelangelo, Firenze 1944, pp. 170 s., 176, 222-227; M. Borgiotti, Mostra dei macchiaioli (catal.), Firenze 1946, p. 7; F. Russoli, Appunti sui macchiaioli, in Arti figurative, II (1946), pp. 210 s.; G. Bedarida, Ebrei d'Italia, Livorno 1950, pp. 138 s.; Scritti d'arte di D. Martelli, a cura di A. Boschetto, Firenze 1952, pp. 79, 92, 127, 204, 216; B. M. Bacci, D. Martelli, Firenze 1952, p. 65; P. Bucarelli-G. Carandente, I macchiaioli (catal.), Roma 1956, pp. 37 ss., tavv. 12-19; P. D'Ancona, Quattro maestri ebrei della pittura moderna italiana, in Scritti in mem. diSally Mayer, Gerusalemme 1956, pp. 73 s.; M. Giardelli, Imacchiaioli e l'epoca loro, Milano 1958, ad Indicem; E. Cecchi-M. Borgiotti, Macchiaioli toscani d'Europa, Firenze 1963, pp. II s., 35; M. Azzofini, Gli artisti del caffè Michelangelo, in Arti figurative, XI (1963), pp. 11 ss.; M. Borgiotti, Genio dei macchiaioli, I, Milano 1964, pp. 25 s., 711, tavv. 233, 236; A. M. Fortuna, Il Gazzettino delle arti del disegno di D. Martelli - 1867, Firenze 1968, pp. 140, 175; M. E. Delai, Pittura ital. dell'Ottocento nella raccolta Giacomo Jucker, Milano 1968, pp. n.n.; M. Giardelli, C. Banti, in Prato, Storia e arte, IX (1968), pp. 17, 23; F. Bellonzi, I macchiaioli a palazzo Strozzi (catal.), Firenze 1969, p. 6; M. Giardelli, Via dei Malcontenti. Figurazioni e caricature fiorentine dell'Ottocento, Firenze 1971, pp. 19, 147; A. Cannistraro, Pittura dell'Ottocento nelle collezioni private, Firenze 1971, p. 35; R. De Grada, L'Ottocento europeo. Arte e società, Milano 1971, pp. 137, 194, 303, 355; F. Sbrogi, Pittura e cultura artistica, Genova 1974, pp. 43, 50, 65; P. Dini-A. Del Soldato, Lettere ined. dei macchiaioli, Firenze 1975, pp. 185-91; Imacchiaioli (catal.), Firenze 1976, ad Ind.; A. Marabottini-E. V. Quercioli, D. Martelli. Corrispond. ined., Roma 1978, pp. 21 s., 69, 99, 125, 178 s.; R. De Grada, La pittura ital. dell'Ottocento, Milano 1978, pp. 21, 23, 102, 110, 189; D. Durbé, I macchiaioli, Roma 1978, ad Indicem; Id., I macchiaioli. Pittori toscani del secondo Ottocento (catal.), Lugano 1979, pp. 21 s., 26, 109 s.; D. Durbé-G. Matteucci, Trenta macchiaioli ined. (catal.), Roma 1980, pp. 17, 30-34, tav. 13; D. Durbé-P. Dini, Contributo a Borrani (catal.), Roma 1981, pp. 20 ss.; D. Durbé, Catalogo generale dei macchiaioli. Fattori, I, Roma 1981, pp. 43-47; G. Matteucci, C. Banti, Firenze 1982, ad Indicem; M. A. De Angelis, S. D., in L'Osservatore romano, 13 e 19 nov. 1982; Garibaldi arte e storia (catal.), Roma 1982, pp. 79, 155, 159, 169, 187; D. Durbé-E. Piceni, I dipinti dell'Ottocento ital., Milano 1983, pp. 168 s.; P. Dini, Imacchiaioli nelle collezioni private pistoiesi e le evidenze culturali dell'epoca, Pistoia 1983, pp. 18 s., 21, 34; E. Baccheschi, in Il Museo dell'Accademia ligustica di belle arti. La pinacoteca, Genova 1983, pp. 77, 309 tav. 249; Aspetti della pittura toscana tra Ottocento e Novecento (catal., Gall. d'arte Eleuteri), Roma 1984, pp. 20, 29; P. Dini, Dal caffè Michelangelo al caffè Nouvelle Athènes. I Macchiaioli tra Firenze e Parigi, Torino 1986, ad Indicem; The Macchiaioli-Painters of Italian Life 1850-1900 (catal.), Los Angeles 1986, pp. 75, 108; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIII, p. 288 (sub voce Tivoli, Serafino de); Encicl. Ital., XII, pp. 694 s.; Encicl. Judaica, XV, p. 1171.

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