STEVE, Sergio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

STEVE, Sergio

Giuseppe Bognetti

– Nacque a La Spezia il 4 marzo 1915, da Edoardo e da Dina Andreani. La famiglia si trasferì a Genova quando Steve aveva quattro anni; in quella città si laureò nel 1936 in giurisprudenza, discutendo con Jacopo Tivaroni una tesi su La spesa pubblica in regime fascista (ottenne nell’anno successivo una seconda laurea in scienze politiche con una tesi in diritto tributario, discussa con Roberto Ago).

Steve ebbe interessi e curiosità intellettuali molto vasti che andavano ben al di là delle materie economiche e che lo portarono a partecipare alle attività dei Gruppi universitari fascisti (GUF), di cui divenne anche direttore culturale (a partire dalla guerra di Etiopia, abbandonò le posizioni di ‘fascista di sinistra’ per diventare antifascista). Come direttore culturale organizzò rappresentazioni teatrali e cinematografiche, che gli diedero modo di coltivare, con gli amici dell’epoca, intense curiosità letterarie. Il primo periodo di studi a Genova non fu caratterizzato da vincoli scientifici molto forti; maggiore influenza esercitarono su di lui gli anni a Pavia, dove divenne assistente di Benvenuto Griziotti nel 1939. Quegli anni non videro solo i primi approfondimenti nella teoria economica attraverso gli incontri con Griziotti (considerato il suo maestro) ed Ezio Vanoni, ma anche forti amicizie con studiosi non economisti: importante fu in particolare l’incontro con monsignor Cesare Angelini, noto critico letterario.

Rapidamente gli orizzonti di Steve si allargarono e diventarono nazionali quando si trasferì a Roma nel 1942 (lo stesso anno in cui assunse un incarico di insegnamento all’Università di Pisa), con la nomina, sollecitata da Griziotti, a segretario dell’Istituto nazionale di finanza corporativa (INFC). A Roma strinse amicizia con Pasquale Saraceno e con il suo gruppo e collaborò con Vanoni alla stesura di un codice delle leggi tributarie, andato perduto.

Nel 1943 entrò nella politica attiva aderendo alla corrente di sinistra del Partito liberale italiano (PLI). Non ancora trentenne (nel 1944-45), gli vennero affidati compiti di grande responsabilità: come collaboratore del ministro del Tesoro Marcello Soleri contribuì a predisporre l’emissione del cosiddetto prestito Soleri, operazione considerata dagli storici fondamentale nella ricostruzione del funzionamento dei meccanismi finanziari del nostro Paese. Nel 1945, su indicazione di Massimo Severo Giannini, fu nominato membro della Commissione economica del ministero per la Costituente, coordinando i lavori della sottocommissione Finanza e redigendo i capitoli Debito pubblico e Sistema tributario della relazione finale. Si accentuarono in quel periodo le sue posizioni di sinistra ed egli abbandonò quindi il PLI, presentandosi nel 1946 alle elezioni per la Costituente nella lista della Concentrazione democratica repubblicana, che conteneva nomi di alto prestigio culturale (per lo più di provenienza azionista e della sinistra liberale quali Ferruccio Parri, Ugo La Malfa, Eugenio Montale), ma che alle elezioni ottenne un seguito limitatissimo. Dopo questa esperienza Steve si sottrasse alla vita politica attiva, ma la decisione non comportò un abbandono degli interessi sui temi politici e di economia applicata. Infatti, su segnalazione di Piero Sraffa (che aveva incontrato nel dopoguerra in occasione degli incontri organizzati dai Centri economici per la ricostruzione e del quale rimase grande amico e ammiratore), fu dal 1948 al 1950 funzionario della Research and planning division della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite. Questo impegno gli consentì di entrare in contatto con personalità scientifiche internazionali di rilievo mondiale, quali Gunnar Myrdal, Nicholas Kaldor, Tibor Barna, Mogens ed Ester Boserup, Leonid Hurwicz. Archiviò poi l’esperienza alle Nazioni Unite per aver vinto una cattedra all’Università di Urbino, dove fu chiamato nel 1949; nel 1951 si trasferì a Venezia, per passare poi a Milano nel 1954 e approdare nel 1964 a Roma, anche per riunirsi alla moglie – Daria Bocciarelli, sposata nel 1945 –, ricercatrice presso l’Istituto di sanità nazionale.

Roma rimase la sua sede di insegnamento fino al collocamento a riposo, avvenuto nel 1990. Pur avendo abbandonato la tentazione di entrare in politica, partecipò all’elaborazione di documenti politici importanti. Collaborò (1950) con la Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL) al Piano del lavoro e nel 1962 alla Nota aggiuntiva al bilancio presentata dal ministro La Malfa, il documento programmatico del centrosinistra che si proponeva di trasformare l’Italia dotandola di un moderno welfare state.

Nel 1962-63 prese parte con atteggiamento critico alla Commissione per la riforma tributaria (in particolare sull’imposta personale e su quella di registro le sue posizioni risultarono differenti se non addirittura in contrasto con quelle degli altri componenti). Nella successiva Commissione per l’attuazione della riforma (1964) diede le dimissioni dopo una breve partecipazione iniziale. A partire dalla metà degli anni Sessanta prese maggiore consistenza il suo distacco dalla sinistra, distacco che però non lo portò ad aderire «all’altra parte» (così si espresse Steve in una conversazione privata con chi scrive). Dal 1966 al 1968 fu componente del gruppo di lavoro dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, composto da eminenti studiosi internazionali e presieduto da Walter Heller, che pubblicò il rapporto Fiscal policy for a balanced economy (Paris 1968). L’ultima sua attività di ‘esperto’ si svolse quando, nominato da Giuliano Amato, presiedette la Commissione per la verifica dell’efficienza e della produttività della spesa pubblica (1987-88).

Morì a Roma il 10 luglio 2006.

Steve è stato autore di numerosi articoli, saggi e interventi di grande rilievo, in tutto centonovantatré, che hanno riguardato l’intero campo dell’economia pubblica: le teorie generali della finanza pubblica, lo studio dei sistemi tributari, la politica fiscale, i sistemi di sicurezza sociale, la finanza locale, la regolamentazione, l’impresa pubblica. I più importanti, scelti dallo stesso autore, sono stati raccolti in un grosso volume (Scritti vari. Esperienze e riflessioni, finanza pubblica e politica tributaria, politica economica e politica sociale, università, amici e maestri, Milano 1997) che comprende anche la monografia Il sistema tributario e le sue prospettive (Milano 1947). Di grande importanza il manuale Lezioni di scienza delle finanze (Padova 1957, litografata; 1976), che ha esercitato una considerevole influenza negli studi universitari, essendo stato uno dei testi di scienza delle finanze più utilizzato per una trentina d’anni. Molto significativa infine l’Intervista autobiografica (a cura di G. Arena - G. Bognetti - P.L. Porta, in Economia pubblica, XXXVI (2006), 1-2, pp. 5-66), nella quale tracciò una valutazione del suo percorso intellettuale.

Da considerare uno dei maggiori economisti italiani del secondo dopoguerra, Steve appartiene a pieno diritto a quella scuola di pensiero conosciuta come la scuola italiana della finanza pubblica, rappresentata da studiosi quali Ugo Mazzola, Enrico Barone, Antonio De Viti De Marco e Luigi Einaudi. Steve si ispirò a questa tradizione (in numerose occasioni riconobbe il suo debito, in particolare nei confronti di Einaudi e di De Viti De Marco), dedita allo studio delle motivazioni del comportamento economico dello Stato e che considerava i tributi non come mero onere, ma come costo necessario per la produzione dei servizi pubblici. L’arricchì con approfondimenti e l’aggiornò recependo la teoria keynesiana quando ancora in Italia questa aveva scarsa fortuna. Fu sempre alla ricerca del ragionamento rigoroso, logico e a un tempo persuasivo, senza concessioni a toni enfatici. Dimostrò indipendenza e autonomia di giudizio, andando anche contro la communis opinio. Durante tutta la sua lunga carriera, ad esempio, si mantenne molto critico nei confronti dell’imposta personale con aliquote fortemente progressive, considerata dalla maggioranza degli economisti come strumento fondamentale per la soluzione dei problemi di giustizia tributaria. Molte delle sue osservazioni sono valide ancora oggi, anticipatrici delle critiche che ora vengono mosse a questo tipo di imposta (Il sistema tributario..., cit.; Miti e paradossi della giustizia tributaria, in Mondo economico, 14 giugno 1980, pp. 79-83, ristampato in Scritti vari, cit., pp. 333-343).

Ritenne che la teoria dovesse essere espressione di una visione dinamica e probabilistica dell’economia e che quindi vi fosse «l’impossibilità di pervenire ad un sistema teorico assolutamente chiuso, donde la necessità di accettare un certo grado di frammentarietà» (Riflessioni sulla mia esperienza di studioso di scienza delle finanze, in Giornale degli economisti e annali di economia, XLV (1986), 1-2 e in Scritti vari..., cit., pp. 27 ss.). Rimase pertanto critico nei confronti dei recenti indirizzi di estremismo neoclassico basati su schemi teorici che sono spesso privi di consistenza per l’astrattezza delle assunzioni e incapaci di applicazioni a complesse situazioni concrete. Per capire la concezione che Steve ebbe in generale del fatto economico nel settore pubblico è importante esaminare le sue tesi in merito alla formazione delle decisioni collettive, che a suo giudizio non possono essere considerate come il risultato della somma delle valutazioni individuali, come proposto dalle ‘teorie economiche della finanza’. Individuò invece la caratteristica del processo democratico nella scelta e nel controllo, con l’eventuale sostituzione del gruppo dirigente. Sostenne però che la presenza dei gruppi di interesse produce spesso, attraverso accordi e reciproche concessioni, una maggioranza il cui risultato finale non coincide con l’interesse generale del Paese (La finanza di Antonio De Viti De Marco, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, giugno 1994, pp. 171-186, poi in Scritti vari..., cit., pp. 361 ss.). Pertanto le decisioni finanziarie dello Stato sono il risultato dello scontro tra forze politiche e gruppi di pressione e non sono suscettibili di facili generalizzazioni, proprio perché, frutto di compromesso, possono produrre interventi incoerenti. Compito dell’economista è l’analisi empirica che può condurre tanto a un giudizio tecnico sull’efficienza di determinati provvedimenti quanto a chiarimenti sui motivi dei provvedimenti stessi; è anche suo obbligo di onestà intellettuale esplicitare i giudizi di valore che introduce nell’analisi economica (Lezioni..., cit., cap. II).

Per quanto riguarda il rapporto Stato-mercato, Steve rifiutò una contrapposizione aprioristica e astratta, ritenendo che bisognasse di volta in volta valutare quale dei due fosse, nella circostanza, il soggetto più adatto (Considerazioni di sintesi, in Tassazione consumo ambiente, a cura di E. Gerelli - G. Tremonti, Milano 1991, pp. 165-172, poi in Scritti vari..., cit., pp. 349 ss.).

Steve fu tra i primi studiosi in Italia a introdurre la teoria di John Maynard Keynes in un trattato di scienza delle finanze: sostenne che ciò che conta non è il saldo del bilancio pubblico, ma l’equilibrio del sistema nel suo complesso, e fu quindi contro il dogma del bilancio in pareggio. Steve vide precisi limiti alla politica di bilancio per le possibili strozzature all’offerta, vuoi globale vuoi settoriale, che possono tramutare gli stimoli della spesa pubblica in spinte inflazionistiche senza aumentare l’occupazione: la politica anticiclica è soprattutto efficace quando lo squilibrio è forte (Lezioni..., cit., cap. VI).

Nell’Italia degli anni Settanta e Ottanta le preoccupazioni di Steve aumentarono, in una situazione politica nella quale a richieste tipiche di società egualitarie, quali una maggiore spesa sociale e per consumi pubblici, si accompagnavano richieste crescenti di consumi privati proprie di società acquisitive, sottoponendo il sistema a pressioni inflazionistiche intollerabili (Considerazioni e limiti della politica fiscale, in Giornale degli economisti, novembre-dicembre 1972, pp. 742-759; Politica fiscale keynesiana e inflazione, in Rivista internazionale di scienze economiche e commerciali, febbraio 1977, pp. 97 ss.).

Steve modificò, anche in modo importante, alcune delle tesi che avevano caratterizzato il suo pensiero fino alla fine degli anni Sessanta, cambiamenti che lui stesso riconobbe apertamente sia negli scritti dell’ultimo periodo sia nel Colloquio autobiografico... (a cura di G. Arena - G. Bognetti - P.L. Porta, 2006): l’iniziale fiducia nell’ingegneria economica e sociale si attenuò (Introduzione in Lezioni..., cit.) e sottolineò che meri cambiamenti amministrativi non possono portare ai risultati voluti senza che un corrispondente mutamento si sia verificato anche negli atteggiamenti della società stessa. Nel Colloquio autobiografico... ricorda che rivide anche le sue idee sulla giustizia distributiva: «Le misure ugualitarie non si inseriscono in un contesto statico [...] ma in un contesto dinamico, e quindi hanno effetti molto più complessi della pura redistribuzione della ricchezza [...] e non avremmo Siena e Venezia se fossero state in società egualitarie [...] e non si possono definire criteri non arbitrari per pesare i sacrifici di coloro che erano poveri quando si costruivano Siena e Venezia contro i benefici che ha dato e dà anche ai poveri la loro esistenza» (cit., p. 65).

Sergio Steve diede contributi importanti a molti dei temi tradizionali di scienza delle finanze, mostrando sempre una grande capacità di individuare gli aspetti cruciali del tema oggetto della sua analisi.

Fonti e Bibl.: L’archivio delle carte di Steve è custodito a Torino presso la Fondazione Einaudi; la corrispondenza si trova presso la famiglia Steve; Colloquio autobiografico di Sergio Steve, a cura di G. Arena - G. Bognetti - P.L. Porta, in Economia pubblica, XXXVI (2006), 1-2, pp. 5-66.

Per S. S., a cura di G. Bognetti - A. Pedone, in Economia pubblica, XXIX (1999), suppl. al n. 2, monografico; F. Forte, S. S. as a public economist, in History of economic ideas, XVIII (2010), 1, pp. 95-115; Economia politica e cultura nell’Italia del XX secolo. Attualità del pensiero critico di S. S., a cura di S. Gorini - E. Longobardi - G. Vitaletti, Milano 2018 (con una bibliografia completa dei lavori di Steve).

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