Sessualità

Universo del Corpo (2000)

Sessualità

Philippe Brenot

Il termine sessualità indica, in generale, il complesso dei caratteri sessuali e dei fenomeni mediante i quali due organismi della stessa specie riescono a operare tra loro scambi di materiale genetico allo scopo precipuo di conservare la specie. Nelle specie a riproduzione agamica la sessualità si manifesta in vari modi (trasduzione, trasformazione, coniugazione); in quelle a riproduzione sessuata è identificabile nell'insieme delle caratteristiche anatomiche, funzionali, comportamentali che rendono gli individui dei due sessi, a sviluppo completo, atti a unirsi e a riprodursi (v. riproduzione). Nell'uomo la sessualità appare strettamente legata a fattori di ordine psicologico, culturale e sociale che in ogni individuo prevalgono sui fattori biologici, costituendo la base della cosiddetta vita sessuale o comportamento sessuale, teso non solo alla finalità riproduttiva ma anche alla ricerca del piacere.

Sessualità, divieti e norme sociali

Nella misura in cui regola le forze vitali, la sessualità ha una storia che, attraverso i divieti e le trasgressioni di cui è oggetto, definisce la struttura delle società. L'Occidente cristiano elaborò, a immagine della coppia mitica formata da Adamo ed Eva, una rappresentazione della sessualità femminile minacciosa, insidiosa e seduttrice, di cui l'uomo doveva diffidare. I processi contro la stregoneria, che si svolsero nel corso del 15°, del 16° e ancora del 17° secolo, sono una testimonianza di questo atteggiamento negativo e sprezzante degli uomini nei confronti della sessualità femminile e della cosiddetta corruzione morale della donna. A partire dal 18° secolo, questa caccia alle streghe fu sostituita dalla repressione dell'onanismo e delle pulsioni adolescenziali. La storia della sessualità nell'Occidente cristiano è quindi caratterizzata da una serie di prescrizioni e di persecuzioni (Foucault 1976), dagli interdetti biblici (contro l'onanismo, la lussuria, l'impurità e l'adulterio) fino alla morale rigorista di s. Agostino, che condannava il desiderio sessuale in quanto reminiscenza arcaica del peccato originale. Solo il sesso finalizzato alla procreazione era considerato accettabile, nella misura in cui privo di desiderio. Si deve inoltre sottolineare che, in materia di sessualità, la liberalizzazione delle idee, piuttosto che dei costumi, è una conquista recente, ottenuta solo in seguito al riconoscimento della liceità della contraccezione, cioè dopo il venir meno del legame che univa indissolubilmente la sessualità alla fecondità. Oggi, grazie a una più approfondita conoscenza dell'antropologia sessuale, si è potuto constatare quanto siano diverse in tutto il mondo le regole morali che concernono la sessualità, ma anche fino a che punto esse siano ovunque presenti, dal momento che una sessualità 'priva di freni' è sempre considerata una forza sovversiva che la società deve regolare.

La morale sessuale stabilisce, quindi, i valori comuni del gruppo familiare e sociale a cui apparteniamo e lo fa in funzione di orientamenti filosofici e religiosi. In questo quadro parentale, e quindi societario, il piccolo dell'uomo apprende i divieti e le norme sociali, e impara a valutare le sue pulsioni e a esprimerle in funzione dei valori del gruppo. Gli attuali metodi educativi si propongono di giungere all'abolizione dei divieti assoluti e dei principi di morale negativa, per evitare la colpevolizzazione che costituiva la norma per tutto ciò che riguardava la sessualità e, in materia di coinvolgimento amoroso, pongono l'accento sulla responsabilità individuale. Libertà e coercizione sono le due facce della stessa necessità di essere sé stessi, e di esse si debbono conoscere i limiti per poter vivere pienamente. La prima libertà è senza dubbio la piena disponibilità del proprio corpo, vale a dire l'acquisizione di una coscienza corporale, a cui seguono la libertà di scelta del partner, quella di aderire ai rituali sociali e, infine, la libertà di vivere pienamente e senza costrizioni le proprie pulsioni sessuali (Brenot 1996). Benché costituisca un ideale di realizzazione del Sé, quest'ultima condizione sembra essere ancora lontana dal verificarsi.

Al contrario, la deriva libertaria che si risolve in un'assenza di coercizioni e di divieti, divenendo spesso licenza e perversione, è in realtà solo un'apparenza di libertà, che spesso si sviluppa in reazione a un'educazione rigida che genera la trasgressione. Il divieto è una forza interiorizzata, prodotta dai valori familiari e sociali, che si oppone alla libera e totale espressione delle pulsioni. Il numero dei divieti è quindi limitato ed essi possono essere permanenti, come, per es., il divieto dell'incesto e le convenzioni sociali in materia di comportamento in pubblico, oppure temporanei come, per es., la convivenza tra adolescenti. Questi divieti strutturano l'individuo e rinsaldano la sua appartenenza al gruppo sociale. Essi determinano infine uno spazio pubblico, uno spazio privato e uno spazio dell'intimità, i cui limiti sono stabiliti dall'ordine parentale. Lo spazio dell'intimità concerne solo il Sé, a volte il coniuge, ma mai i parenti. Lo spazio privato corrisponde alla sfera della coppia, della famiglia. Dello spazio pubblico fa parte tutto ciò che non è intimo né privato. Se uno di questi livelli manca, o se essi vengono confusi, subentrano grandi difficoltà a stabilire rapporti con gli altri o con sé stessi. La pornografia è il più chiaro esempio di quanto si è detto poiché, sfruttando le tendenze voyeuristiche dell'uomo per provocare l'eccitazione sessuale, porta in pubblico la sfera dell'intimità. Al contrario della pornografia, l'erotismo, che nello scambio amoroso costituisce indubbiamente la dimensione umana della sessualità, attiene rigorosamente alla sfera dell'intimo. Esso può valorizzarsi nell'espressione artistica, letteraria o plastica che occupa lo spazio pubblico e alimenta l'immaginazione, divenendo erotismo sublimato.

Modelli esplicativi

La nostra conoscenza della sessualità umana è relativamente recente. Sono tre le date fondamentali che nel corso 20° secolo scandiscono la sua acquisizione: nel 1905 S. Freud pubblica i Tre saggi sulla teoria della sessualità, in cui espone la sua teoria psicosessuale; nel 1948 A. Kinsey sconvolge le idee dei suoi contemporanei con il rapporto su Il comportamento sessuale dell'uomo, cui segue, nel 1953, quello su Il comportamento sessuale della donna; nel 1966, W. Masters e V. Johnson conducono per la prima volta una ricerca scientifica sul coito umano e pubblicano Le reazioni sessuali. Tra i numerosi punti di vista che hanno contribuito alla comprensione della sessualità umana si configurano principalmente cinque modelli: animale, comportamentale, sociologico, antropologico, psicoanalitico.

a) Il modello animale. L'osservazione delle reazioni sessuali e del coito negli animali (v. accoppiamento), che è stata effettuata in modo scientifico solo molto recentemente, dimostra l'esistenza di una grande varietà di comportamenti a seconda delle specie e consente di comprendere la base fisiologica delle reazioni che chiamiamo istintive. Nei Mammiferi lo sviluppo dei comportamenti sessuali necessita innanzitutto dell'integrità funzionale delle strutture neuroanatomiche. I riflessi sessuali esistono quindi già molto prima della nascita e possono essere attivati da stimoli molto diversi tra loro, e non esclusivamente sessuali (Geral-Moltz-Ward 1992). Questa disposizione dipende dagli ormoni ed è articolata dal testosterone, dalla vasopressina e dalla prolattina nel maschio e dagli estrogeni, ma anche dal testosterone, nella femmina. Entrano in gioco anche alcuni processi cognitivi come, per es., lo sviluppo della sensibilità genitale attraverso il leccamento materno, la costruzione dello schema corporeo, la memorizzazione delle situazioni coitali. Sembra, infine, decisiva l'azione dei ferormoni poiché determina l'orientamento sessuale. In seguito, saranno i giochi sociali prepuberali, l'apprendimento dei comportamenti di corteggiamento e di coito e la ricettività del partner, che perfezioneranno la sessualità adulta. Questo modello ha inoltre mostrato che esiste una competizione gerarchica tra i maschi per il possesso delle femmine e una sessualità non esclusivamente finalizzata alla riproduzione in numerose specie che copulano anche nei periodi non fecondi. Il modello animale non deve essere impiegato semplicemente come uno strumento di confronto, ma può consentirci di comprendere quella parte del nostro comportamento che è comune agli animali appartenenti alla nostra stessa classe.

b) Il modello comportamentale. Le prime osservazioni scientifiche del comportamento sessuale umano furono indubbiamente effettuate da Kinsey in un'epoca in cui non era ancora possibile rivendicare la sua esistenza. La continuazione di questo lavoro si deve a Masters, un ginecologo americano che dal 1954 al 1966, in un primo momento da solo e successivamente assieme a Johnson, effettuò su 382 donne e 312 uomini il primo studio coerente della sessualità umana e l'osservazione di 10.000 coppie sessuali. In seguito, i due ricercatori hanno descritto le reazioni sessuali, maschili e femminili, contribuendo alla soppressione di numerose idee false, tra le quali quella secondo cui la donna è costruita sul modello dell'uomo, quella secondo cui la clitoride sarebbe un minuscolo pene, quella secondo cui esisterebbe una dualità orgasmica femminile (vaginale e clitoridea), quella secondo cui la menopausa e l'andropausa corrisponderebbero a una pausa sessuale, o ancora quelle relative alla potenza fallica ecc. Le loro osservazioni hanno infine dimostrato che il comportamento sessuale viene fondamentalmente appreso. L'apprendimento è estremamente precoce come dimostrano i comportamenti autoerotici che sono osservabili già nell'utero (Brenot 1994), nei primi mesi di vita e poi nel corso dell'infanzia e soprattutto durante l'adolescenza, ossia nel periodo in cui si cerca di acquisire una certa familiarità con le reazioni sessuali prima di viverle con un partner. In seguito, il comportamento sessuale sembra essere condizionato dall'esperienza e influenzato, in senso positivo oppure negativo, a seconda della risposta del partner e del valore che le si attribuisce. Così, se si ritiene che i nostri comportamenti siano l'espressione di processi cognitivi complessi, in cui intervengono certi determinismi ‒ quali, per es., il modello parentale, le esperienze successive, il valore affettivo di queste esperienze sessuali ecc. ‒ sembra lecito parlare di apprendimento sociale (Bandura 1969). Le terapie sessuali che hanno posto a proprio fondamento le teorie dell'apprendimento si sono dimostrate realmente efficaci, soprattutto quando, con H.S. Kaplan (1974), hanno iniziato a combinare l'approccio psicoterapico e quello comportamentale.

c) Il modello sociologico. La prima indagine sociologica sulla sessualità umana si deve a Kinsey che, grazie a un considerevole lavoro di indagine nel corso del quale furono condotti colloqui individuali con 12.000 uomini e 600 donne, contribuì notevolmente a sdrammatizzare la sessualità e a decolpevolizzare i comportamenti minoritari (l'omosessualità) o ancora condannati (la masturbazione). Il grande merito del suo lavoro innovatore è stato quello di aver posto in rilievo la realtà sociologica della sessualità, di aver elencato quelle che egli definisce le 'fonti principali del parossismo' (l'autostimolazione, i sogni notturni orgasmici, le carezze, le relazioni eterosessuali, le relazioni omosessuali, i rapporti con gli animali), e di aver indicato le relazioni esistenti tra il livello sociale e l'attività sessuale, vale a dire di aver dimostrato che i comportamenti sessuali sono profondamente influenzati dalle variabili sociologiche (per es. la masturbazione è più praticata dalle persone più istruite; v. anche masturbazione). Secondo la scuola americana (Gagnon-Simon 1973; Reiss 1986) come pure per la scuola canadese (Samson 1974), la conoscenza dei processi di socializzazione consente quindi un miglior accesso alla comprensione del comportamento sessuale umano rispetto all'approccio biologico e a quello psicologico. Infine, le concezioni dei sociologi della quotidianità (Alberoni 1986; Kaufmann 1992) hanno arricchito l'interpretazione della sessualità umana, sottolineando, per es., l'importanza che viene assunta dalle rappresentazioni mentali nell'elaborazione dei ruoli sessuali.

d) Il modello antropologico. L'antropologia sessuale rivela la ricchezza, la varietà ma anche l'uniformità dei comportamenti sessuali umani, in una profonda compenetrazione tra sessualità e socialità. Essa presenta una sequenza costante: la formulazione dei divieti, tra cui la proibizione dell'incesto, l'educazione, il matrimonio ecc. L'antropologia sessuale nasce nel corso dei primi venticinque anni del 20° secolo dall'incontro, ma anche dallo scontro, tra un'etnologia già ben strutturata e una psicoanalisi ancora in via di formulazione. Nel 1920, dopo aver pubblicato Totem e tabù, opera in cui si individua nel complesso di Edipo una regola comune a tutto il genere umano (v. complesso), Freud, che era molto impegnato nell'enunciazione di una teoria che superasse la cultura giudaico-cristiana, si era circondato di 'missionari', uno dei quali era G. Roheim, che si recavano a verificare la sua teoria presso altri gruppi sociali. Roheim (1950) dimostrò che nelle società matrilineari il complesso di Edipo esiste, ma viene deviato sul fratello della madre. Questa concezione psicoanalitica e quella di E. Jones (1949) furono molto criticate, in particolar modo da B. Malinowski che non ammetteva l'universalità del complesso di Edipo, di cui non aveva trovato alcuna traccia nella società trobriandese in cui aveva vissuto per numerosi anni. Malinowski (1927) propone un'altra struttura universale, il modello complesso della famiglia nucleare, organizzata intorno all'attrazione tra fratello e sorella e all'odio tra zio e nipote. Per Malinowski questa struttura assume la forma del complesso di Edipo solo nelle società patrilineari. Nel 1949, C. Lévi-Strauss ne Le strutture elementari della parentela individua un'altra regola universalmente seguita dal genere umano: la proibizione dell'incesto, il divieto dell'unione consanguinea con un parente di primo, di secondo o di terzo grado, a seconda delle norme sociali. Questo principio di regolamentazione delle parentele, che sembra essere universale, caratterizza l'articolazione della sessualità e della socialità. L'antropologia sessuale consente di relativizzare le teorie psico- e sociosessuali confrontandole con la diversità antropologica. Così, per es., non essendo stato mai riscontrato in altre popolazioni umane quello che Freud definisce periodo di latenza, un periodo di 'sonno' sessuale tra la risoluzione del complesso di Edipo e la preadolescenza, si può ipotizzare che esso derivi dalla separazione, a quel tempo obbligatoria, tra maschi e femmine nelle scuole. Questa interpretazione antropologica risulta indispensabile alla comprensione relativa della sessualità come sistema complesso.

e) Il modello psicoanalitico. Già prima del 1905, il riconoscimento del primato della sessualità da parte di Freud, la grande importanza della sessualità infantile nella psicoanalisi e la teoria sessuale delle nevrosi avevano suscitato le critiche e le reazioni delle autorità in campo morale e scientifico. La teoria psicoanalitica fu tacciata di 'pansessualismo', di vedere cioè la sessualità anche dove non c'è. Dietro queste critiche si nascondeva una cattiva conoscenza della teoria freudiana, la quale distingue ciò che è sessuale da ciò che è genitale, vale a dire le pulsioni di vita dalla loro possibile realizzazione sessuale. Il contributo della psicoanalisi è fondamentale per ciò che concerne la conoscenza dell'organizzazione della vita psichica e dei suoi riferimenti sessuali, ma la psicoanalisi non si occupa direttamente della realizzazione sessuale. Freud dimostra l'esistenza della sessualità infantile nei già ricordati Tre saggi sulla teoria della sessualità, pubblicati in un'epoca in cui la sessualità, appunto, veniva negata. Questa sessualità, costituita da pulsioni parziali, appare come 'perversa polimorfa', vale a dire che per il bambino tutti i diversi tipi di stimolo sono una fonte di piacere: la poppata, le carezze, la ritenzione delle materie fecali, la masturbazione, i giochi corporei. La sessualità polimorfa dimostra di avere il suo fine nel piacere e non nella fecondità; essa prova allo stesso modo che la scelta sessuale non è predeterminata e che il bambino sperimenta tutto ciò che gli si presenta come fonte di piacere prima di giungere all'individuazione dell'oggetto della sua scelta. Freud descrive quindi tre fasi psicosessuali successive: la fase orale, che corrisponde al primo anno di vita, la fase anale (da 2 a 3 anni), che si svolge contemporaneamente a un conflitto d'autorità con i genitori, e una fase fallica (da 4 a 5 anni), nel corso della quale si sviluppa e si risolve il complesso di Edipo. Queste tre fasi, secondo la letteratura classica, sono seguite da una fase di latenza, che attesta una rimozione della libido. Altri psicoanalisti preciseranno questo modello; J. Lacan, per es., individua quattro fasi psicosessuali ‒ orale, anale, dello specchio e invocante ‒, che includono in particolare il riconoscimento simbolico nello specchio e la strutturazione tramite il linguaggio, e attraverso le quali il soggetto viene introdotto nella dimensione metaforica dell'altro. Per Lacan (1966), il godimento totale dell'altro rimane per sempre irraggiungibile, rendendo possibile il desiderio e la ripetizione dell'atto amoroso. Tra le interessanti opinioni espresse da alcune psicoanaliste di cultura anglosassone, meritano di essere citate quelle di K. Horney (1967), e di J. McDougall (1995), che criticano severamente la concezione troppo maschile e perfino maschilista della psicoanalisi freudiana e la nozione di 'invidia del pene', considerata espressione del ruolo dominante maschile nelle società occidentali, e sostituita con quella dell'invidia dell'uomo per lo spazio interno della donna, una nozione che viene del tutto ignorata dalla psicoanalisi.

Storia naturale della sessualità

Le molteplici spiegazioni che contribuiscono a una comprensione della sessualità possono essere riassunte in una storia 'naturale' della sessualità. Tale storia ha origine in un amplesso amoroso, la scena primaria nel significato freudiano dell'espressione, che rende possibile la fusione di due gameti portatori di geni umani, i quali determinano il sesso del nascituro. Sin dal periodo in cui vive nell'utero materno, il piccolo dell'uomo, ancora molto immaturo, riceve i primi segnali che provengono dal mondo esterno. Grazie all'impulso dei motoneuroni comincia a esplorare l'ambiente che lo ospita, il suo corpo e il sesso a cui appartiene. Dopo sei mesi di vita nel grembo materno, scopre le sensazioni genitali e rivolge loro la sua attenzione e, dal momento della nascita, si dedica intensamente a un'attività autoerotica. Il periodo dell'autoerotismo sembra essere determinante per la futura sessualità del lattante, a seconda degli atteggiamenti di accettazione oppure di rifiuto della cerchia familiare. In seguito, il bambino, sotto l'impulso delle sue pulsioni 'polimorfe', sperimenta tutte le fonti di piacere, seduce i familiari e ottiene da essi alcune gratificazioni corporee, viene cullato, gli viene offerto il seno o un biberon, tocca il suo corpo e prova una sensazione di piacere, trattiene le sue pulsioni e prova ancora una sensazione di piacere. In questo periodo, il bambino acquisisce una struttura e costruisce la sua personalità scegliendo ciò che gli sembra più adeguato alla sua economia psichica. Durante il percorso che separa questi primi tentativi dalla sessualità adulta egli dovrà passare attraverso numerose tappe (fasi psicosessuali), condurre a termine la maturazione psicologica, risolvere il complesso di Edipo, nonché affrontare gli sforzi necessari alla strutturazione e alla separazione. E ancora il bambino dovrà superare deviazioni e inibizioni che, nella maggior parte dei casi, avranno un'espressione sessuale anche se l'oggetto iniziale non è di carattere sessuale.

Allo scioglimento del legame edipico segue, secondo la letteratura classica, un periodo di latenza degli interessi sessuali, durante il quale prevale l'adattamento sociale attraverso la vita scolastica. Oggi sappiamo che le strategie di esplorazione sono permanenti e che il periodo infantile e prepuberale è ricco di emozioni amorose, di tentativi di scoperta della sessualità e di verifica delle ipotesi infantili. I contatti con i partner dello stesso sesso sono molto frequenti e facilitano la presa di contatto con il corpo dell'altro e con le sue reazioni emotive. Come i giovani Primati che, separati al momento della nascita dai loro simili e reintrodotti nel loro ambiente durante la pubertà, si dimostrano incapaci di accoppiarsi, il piccolo dell'uomo ha bisogno di interazioni sociali e di giochi corporei per riuscire a elaborare prima una rappresentazione del corpo dell'altro, poi del corpo a corpo, uno schema corporale di sé e dell'altro (Geral-Moltz-Ward 1992). La pubertà è l'età delle trasformazioni nel corso della quale si dà un nuovo orientamento alle scelte libidiche: secondo Freud, la pulsione sessuale, che fino a quell'età risulta essenzialmente autoerotica, si volge alla scoperta dell'oggetto sessuale. Questa nuova scelta dell'oggetto sessuale è una replica di ciò che è stato fatto durante l'infanzia. La fissazione oppure la regressione verso un oggetto infantile peserà allora palesemente sugli incontri dell'inizio della vita di relazione. Dopo aver risolto ancora una volta il complesso di Edipo, il compito più impegnativo è costituito dalla separazione dai genitori (Freud 1916-17). Nell'affrontare questo passaggio i nevrotici falliscono, i perversi lo evitano, gli altri riescono ad assolverlo ma non senza difficoltà. La vita adulta resterà segnata da queste successive fasi psicosessuali le cui conseguenze si rifletteranno per sempre nelle difficoltà individuali e in quelle della vita di coppia. A partire da questo momento hanno inizio sia la vita genitale sia i tentativi di trovare un accordo, corporeo e psichico, con l'altro. Da questa lunga storia traggono inoltre la loro origine gran parte delle frequenti disfunzioni (eiaculazione precoce, impotenza, frigidità, impossibilità di raggiungere l'orgasmo ecc.) e le numerose varianti o deviazioni che evidenziano la natura fortemente multideterminata della sessualità e spesso si presentano come patologie solo in funzione delle norme sociali vigenti: le perversioni, che si esprimono in una deviazione dell'oggetto o del fine sessuale, in cui l'altro è considerato un oggetto parziale (v. perversione); l'omosessualità, che oggi è socialmente più accettata; il transessualismo, accidente imprevedibile della costruzione fisica per cui si coltiva la convinzione di appartenere all'altro sesso (v. transessuale).

Ethos, eros e amore

La sessualità, per assumere integralmente la sua dimensione umana nonché distinguersi dal coito animale, si valorizza divenendo cultura erotica e sentimento amoroso. Tre livelli ‒ biologico, psicologico e dell'ideale sociale ‒ trovano la loro espressione nel sentimento amoroso che concretizza lo scambio dell'affettività e del piacere fisico. Nell'erotismo si svolge un conflitto tra spontaneità e artificio, tra amore e seduzione (Alberoni 1986). L'innamorato prende coscienza della sua goffaggine, si accorge che non basta il desiderio per riuscire a 'toccare' l'altro e che deve comprendere, come donna, la natura dell'uomo e come uomo, quella della donna, che deve poter accedere nell'immaginario del partner per suscitare il suo desiderio. Per Alberoni, l'erotismo è una forma di conoscenza del nostro corpo e di quello dell'altro, una conoscenza che passa attraverso il corpo divenuto esso stesso oggetto erotico nel processo della seduzione, ed è il desiderio dell'altro che mette in moto la nostra conoscenza. L'erotismo è la dimensione umana del comportamento sessuale che può trovare o non trovare la sua realizzazione nel sentimento amoroso, il quale solo raramente è stato oggetto di studio delle discipline scientifiche, a eccezione della psicoanalisi in cui l'amore non è che una forma della libido, dell'istinto di vita. Non si può offrire in poche parole una definizione dell'amore: per riuscirci bisognerebbe render conto della moltitudine dei vissuti amorosi e della loro soggettività. Possiamo, tuttavia, ricordare le profonde trasformazioni che lo shock amoroso opera nella storia personale e nelle relazioni interpersonali. Il sentimento amoroso mobilita un'energia che può riorganizzare la vita psichica e la sua espressione relazionale, che può catalizzare le energie, sopprimere le inibizioni e trasformare le relazioni con gli altri. Questo movimento altruista, che sembra avere la sua origine nella relazione con l'essere amato, ha una natura profondamente narcisistica, in quanto attinge le sue risorse in identificazioni arcaiche la cui eco risuona nel presente. Il 'colpo di fulmine' è un tentativo di colmare le lacune narcisistiche che portiamo con noi sin dall'infanzia. Diciamo "ti amo" anche per sentirci rispondere "ti amo". L'amore ha senso solo se è condiviso e ciò riduce le possibilità di esprimerlo in modo esclusivamente narcisistico. Esso è, infine, la realizzazione dell'intimità sessuale in un progetto di vita che restituisce all'amore la sua integrale dimensione riflessiva, vale a dire umana.

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