SETTE ANNI, Guerra dei

Enciclopedia Italiana (1936)

SETTE ANNI, Guerra dei

Franco Borlandi

Una delle grandi guerre del sec. XVIII (1756-1763). Combattuta in quattro continenti, essa affermò la supremazia militare della Prussia in Europa, la preponderanza dell'Inghilterra sui mari e il suo dominio in America e in India, introdusse decisamente la Russia nella politica degli stati occidentali, segnò infine la decadenza dell'Austria davanti all'affermata superiorità della Prussia, e quella della Francia davanti all'Inghilterra che le succedette nel dominio di vasti territorî extraeuropei.

La guerra diplomatica. - Il conflitto si profilava già come inevitabile quando venne stipulata la pace di Aquisgrana (1748) che aveva i caratteri di una tregua più che di una pace, non avendo risolto i contrasti tra Francia e Inghilterra in America e in India ed avendo riconosciuto alla Prussia il possesso della Slesia al quale l'Austria non intendeva rassegnarsi e nel quale la Russia, la Polonia, la Svezia e i paesi tedeschi vedevano un accresciuto potere del già temuto vicino. Tra il conflitto franco-inglese e quello austro-prussiano esisteva però più di un rapporto: l'amicizia tra Francia e Prussia saldatasi nell'ultima guerra, l'incapacità da parte della Francia, impegnata dagl'Inglesi, di disinteressarsi della Polonia su cui non celava antiche mire d'influenza, la vecchia alleanza anglo-austriaca, in cui l'Inghilterra vedeva nell'Austria, tradizionale nemica della Francia, la possibilità di tenere impegnata quest'ultima nel continente europeo. Del resto, prima ancora del trattato di Aquisgrana l'ambasciatore Robinson aveva chiaramente espresso a Vienna le intenzioni dell'Inghilterra: "bisogna fare la pace per avere il tempo di negoziare un'alleanza formidabile contro la Francia".

Dal canto suo, la Francia dell'imbelle Luigi XV, già impegnata nelle colonie, non poteva vedere che con terrore i pericoli del conflitto europeo a cui, inevitabilmente, sembrava trascinarla l'alleato prussiano. I successi militari in India, dove I.-F. Dupleix toglieva agl'Inglesi il Carnatic e il Deccan, e in America, duve i Francesi sembravano essersi assicurati contro il nemico il possesso della valle dell'Ohio, per un istante parvero consentire alla Francia un raccoglimento europeo. Il Dupleix fu richiamato dall'India (29 settembre 1753) e per protestare contro l'eccidio di Villiers de Jumonville consumato in America (3 luglio 1754, la Francia si contentò di uno scambio di note con l'Inghilterra, dimostrando così di volere la pace ad ogni costo e facendo di conseguenza il buon giuoco dell'avversaria, la quale, incoraggiata, avanzò in India, attaccò alla foce del San Lorenzo una squadra francese catturando due navi (8 giugno 1755) e s'impadronì in poche settimane di non meno di 300 altri navigli. Era la guerra; ma Luigi XV si limitò a richiamare l'ambasciatore da Londra. Persuaso tuttavia che al conflitto sarebbe stato trascinato, egli cercò di assicurarsi almeno la pace in Europa, tentando, ma inutilmente, un avvicinamento con la Russia (missione Douglas, giugno 1755), stringendo un'alleanza con la Sassonia nell'intento di difendere i Polacchi dai Russi, rigettando le proposte prussiane d'invadere improvvisamente il Belgio mentre Federico II si sarebbe gettato sulla Boemia, e resistendo alle lusinghe dello Starhemberg che riprendeva i tentativi del Kaunitz per conciliare Austria e Francia a cui si promettevano Fiandre e Brabante se avesse aiutato gli Asburgo a liberare la Slesia.

Al re di Francia, che si considerava sempre amico e alleato della Prussia, ripugnava ogni avvicinamento con l'Austria, ma la Prussia che non ignorava gli armeggi austriaci presso la corte di Versailles, vedeva il pericolo dell'isolamento e la possibilità di perdere l'amicizia francese proprio mentre la Russia attirava a sé quella britannica con un'alleanza (30 settembre 1755) in eui i Russi s'impegnavano a combattere con 55.000 uomini i nemici dell'Inghilterra sul continente europeo. I Russi, già alleati degli Austriaci ed irriducibili nemici dei Francesi, legati all'Inghilterra, avrebbero così privata la Francia dell'appoggio della Prussia attratta in una guerra europea. Il piano inglese era ben definito. L'America, secondo una frase di Pitt, si sarebbe conquistata in Germania.

Federico di Prussia corse ai ripari. I dominî tedeschi del re d'Inghilterra, che era principe elettore del Hannover, si trovavano esposti, come nella guerra precedente, ai pericoli di un'invasione; e nessuno come il vicino e agguerrito sovrano di Prussia avrebbe potuto garantirne una efficace difesa. Dopo laboriose trattative, col trattato di White-Hall, noto più comunemente come trattato di Westminster, Prussia e Inghilterra s'impegnarono così a una mutua difesa, a garantire l'integrità della Germania e a prendere le armi contro ogni potenza che avesse violato il territorio tedesco (16 gennaio 1756). Dal punto di vista inglese si era fatto un passo innanzi organizzando una coalizione che avrebbe impegnato la Francia in Europa lasciando mano libera all'Inghilterra oltre i mari; da quello prussiano, il trattato rappresentava invece la liberazione dai pericoli dell'isolamento, la garanzia più efficace e, forse, la possibilità di fare di Federico II l'arbitro del conflitto franco-britannico. Più in fondo era l'affinità di due popoli tratti ugualmente e ansiosamente sulla via dell'avvenire, che avvicinava Prussia e Inghilterra in una comune volontà di affermazione e di conquista.

Luigi XV aveva già pensato di restringere i patti dell'amicizia prussiana, quando a Versailles giunse notizia dell'accordo di Westminster. Il colpo era tremendo, e la Francia non vide altra via che nell'adesione all'amicizia offertale dall'Austria, già stretta alla Russia da un'alleanza che impegnava l'Austria per la Slesia e la Russia per la Prussia Orientale (25 marzo). La lotta sul mare sembrava allora favorire la Francia che, mentre minacciava seriamente le coste inglesi, mandava alcune piccole squadre alla volta delle Antille e 12 grandi vascelli a togliere Minorca agl'Inglesi. Il 17 aprile le milizie del maresciallo Richelieu erano nelle acque dell'isola; e quando, il 10 maggio, a Versailles veniva sottoscritta l'alleanza franco-austriaca, esse avevano già occupato Ciudadela e movevano verso Mahon. La stipulazione di Versailles ebbe così tutti i caratteri del particolare momento: la Francia, incoraggiata dalle recenti imprese marittime, s'impegnò con l'Austria per un aiuto reciproco di 24.000 uomini contro ogni aggressore, rinunciando però ad ogni aiuto austriaco nel conflitto contro gl'Inglesi. Il destino della Francia era segnato. Il paese già indebolito, non possedeva che una sessantina di vascelli di linea in cattivo stato da opporre ai 130 dell'Inghilterra. Anche il solo sforzo del conflitto coloniale gli sarebbe quindi stato particolarmente gravoso. L'alleanza con l'Austria, moltiplicando l'errore già compiuto con la Sassonia, venne invece a dividere gli sforzi francesi riservando alle colonie un'insufficiente difesa per mettere un esercito al servizio degli alleati europei. Questo mentre l'Inghilterra, già più forte sul mare, si limitava a fornire qualche sovvenzione alla Prussia per concentrare ogni sua energia nella guerra marittima e coloniale. Per la Francia la guerra d'America doveva essere il dramma. Diventò l'episodio.

Col trattato franco-austriaco del 1° maggio 1756 si compiva quel rovesciamento delle alleanze precedenti che si era iniziato pochi mesi prima col trattato di Westminster. Il quadro delle principali potenze in contesa era ormai definito. Da un lato Inghilterra e Prussia; dall'altro, Austria, Francia e Russia, a cui non tardarono a unirsi Polonia e Svezia. La Russia si rifiutò di ratificare il trattato difensivo stipulato l'anno prima con l'Inghilterra, e ne firmò uno di alleanza con l'Austria (2 febbraio 1757) e la Francia sottoscrisse con questa un secondo trattato di Versailles ancora più gravoso del primo. Tra Francia e Russia, ugualmente legate all'Austria, non vi fu alcun trattato.

Dichiarata dall'Inghilterra alla Francia il 17 maggio 1756, la guerra, che da tempo si trascinava fra le due potenze, ebbe il suo inizio ufficiale. La Francia rispose nel giugno seguente. Il 29 agosto, senza dichiarazione alcuna, Federico II protestava contro i concentramenti austriaci compiuti in Boemia, piombando fulmineo sulla Sassonia alla testa di 60.000 soldati e mandandone altri 30.000 in Boemia al comando del maresciallo Schwerin. La guerra generale era cominciata. Essa ebbe due campi nettamente distinti, quello terrestre, combattutissimo e pieno d'alternative, in cui dominò la grande personalità di Federico II; quello marittimo e coloniale, dominato invece letteralmente dall'Inghilterra, anche quando, verso la fine del conflitto, entrò contro di essa la Spagna.

La guerra in Europa. - Gettatosi improvvisamente sulla Sassonia, Federico II entrò a Dresda e a Lipsia, bloccando Augusto III nel campo di Pirna in attesa di aiuti austriaci che dovevano giungere dalla Boemia. Battuti gli Austriaci a Lowositz (1° ottobre) anche Pirna capitolava. Augusto III si ritirò in Polonia e Federico incorporò nel suo esercito i 15.000 prigionieri. La reazione europea fu al colmo. Federico fu messo al bando dell'Impero; Polonia e Svezia entrarono nella coalizione; Austria, Russia e Francia rinnovarono ed accrebbero i precedenti impegni (v. sopra). I più di 100.000 Francesi messi a disposizione dell'Austria furono divisi in due armate. La prima, invadendo il Hannover, doveva cercar di costringere il re d'Inghilterra ad abbandonare la Prussia, la seconda doveva riprendere la Sassonia, agendo di concerto con una delle armate austriache, mentre l'altra aveva il compito di cacciare i Prussiani dalla Slesia: la Russia e la Svezia avrebbero premuto dalle parti della Lituania e della Pomerania orientale. Federico disponeva di 100.000 uomini che aveva diviso in quattro corpi. Sfondati gli Austriaci e respintili fino a Praga, dove vinse una superba battaglia sotto le mura della città, il re di Prussia, non contento, volle anche attaccare le superstiti truppe del maresciallo Daun, appostate ad una quindicina di leghe, sulle alture di Kolín. La consumata tattica dell'austriaco gl'inflisse però una sanguinosa sconfitta, che gli costò 13.000 uomini: più del doppio di quelli perduti dall'altro, il quale, indugiando, gli consentì tuttavia di evacuar la Boemia. Non molto più fortunate, per la Prussia, le vicende sugli altri settori. A nordest i Russi, comandati da Arpaxin, occupato Memel e Tilsit, battevano i Prussiani a Grossjägersdorf (30 agosto); a nord, gli Svedesi avevano varcato il Peene; nel Hannover i 50.000 uomini del duca di Cumberland, ripetutamente battuti dai Francesi, avevano abbandonato il Hannover e il Brunswick e capitolato a Kloster Zeven (8 settembre 1757), impegnandosi a riparare oltre l'Elba. Per la fortuna della Prussia, i vinti non furono disarmati e la capitolazione finì per avere un'applicazione parziale. Intanto la Russia si era ritirata in anticipo nei campi d'inverno: Federico poté così tentare la riscossa delle armi. Ebbe qualche successo di abilità e di audacia; ma un corpo austriaco entrava a Berlino e l'armata imperiale del principe di Sax-Hildburghausen muoveva verso Lipsia. Il momento era disperato. Radunate poche truppe, il re di Prussia raggiungeva a Rosbach le milizie del principe di Soubise: 20.000 Prussiani contro 60.000 franco-imperiali. Un'abile finta fece uscire questi ultimi dalle difese e la minoranza prussiana ebbe pieno successo (5 novembre 1757). Quaranta leghe all'intorno erano sparse di cadaveri di coalizzati. Per Federico era il trionfo. La disfatta dell'armata francese che Luigi XV aveva ricevuto dal "grande re" faceva di lui l'eroe dell'intera Germania. Anche quella che combatteva contro di lui trionfava per la sua vittoria.

Lo sbandamento dei franco-imperiali non consentì al re di Prussia di trarre gran profitto dal trionfo di Rosbach. La Slesia era stata rioccupata dagli Austriaci; bisognava accorrere alla liberazione di Breslavia. Sulle creste di Leuten s'impegnava così una nuova, grande battaglia (5 dicembre). Federico, messa da parte la cavalleria nemica, finse una ritirata e piombò sul punto più debole dell'armata avversaria, ricacciandola fino a Lissa. Dei suoi 80.000 uomini, Daun non ne riportò che 3000. Era una vittoria che sola sarebbe bastata a immortalare Federico II; una delle più grandi vittorie che siano state mai riportate. Questo il giudizio di Napoleone.

Alla fine del 1757 il re di Prussia, già prossimo a una completa disfatta, era così il vero vincitore. Delle quattro grandi battaglie che aveva combattute, ne aveva perduto una sola, e, attaccato da ogni parte, se aveva abbandonato la Boemia, aveva però conservato Slesia e Sassonia. Qualche tentativo di pace non approdò a nulla, così che la guerra ebbe seguito, fino dal gennaio, con un attacco dei Russi, i quali, occupata Königsberg, minacciarono azioni più gravi. Federico, che aveva respinto gli Austriaci in Moravia, interruppe l'assedio di Olmütz e si scontrò coi Russi a Zorndorf (25 agosto): undici ore di battaglia sanguinosissima, ma esito incerto. I Francesi, messi di fronte al duca di Brunswick, il miglior luogotenente di Federico II, abbandonarono Brema, si ritirarono dal Hannover, restarono sconfitti a Crefeld e non riuscirono a rifarsi col mutamento dei capi e con nuove e più fortunate battaglie. Intanto la distrazione prussiana verso la Russia e verso la Francia aveva incoraggiato gl'imperiali che, invasa la Sassonia, minacciavano la Slesia. Federico, battuto a Hochkirch, riusciva però a ricacciarli in Boemia.

Era così passato un altro anno di guerra senza eccessivi mutamenti nella situazione generale; ma col 1759 il russo Soltykov, battuti i Prussiani ed entrato a Francoforte sul Meno, sembrò decidere le sorti di tutta la guerra. Il re di Prussia accorse per arrestarlo, ma a Kunersdorf, il 20 agosto, subì la più tremenda disfatta. Federico II, che dopo Kolín aveva ancora l'animo sereno ("la fortuna mi abbandona: essa è femmina ed io sono poco galante"), meditò il suicidio: "tutto è perduto". In un certo momento, dei suoi 48.000 soldati non ne ritrovò che 3000. Tuttavia al disopra del suo dolore che gli faceva invidiare i morti, egli ascoltò l'orgoglio del suo popolo e il suo dovere di re: "Io vivrò e sosterrò il mio stato come il mio dovere m'impone". Questa, più ancora che la forza delle armi, fu la vera superiorità della Prussia.

La Sassonia era perduta, Lipsia, Wittemberg, Torgau cadevano nelle mani del nemico; Dresda capitolava; gli Svedesi prendevano forza e i Danesi minacciavano Amburgo. Poi (1760) Berlino era di nuovo occupata da Russi e da Austriaci. Federico ricacciò gl'imperiali oltre l'Elba (Torgau, 3 novembre 1760), i Russi si ritirarono in Polonia, e ì Francesi, respinti sul Reno, ripresero l'offensiva, ma con gravissime perdite. Nell'anno seguente, la morte di Giorgio II privava però la Prussia dei sussidi britannici. L'armata di Federico appariva prossima all'esaurimento, composta ormai di soldati giovanissimi. Il re si ritirò in Slesia, mentre Russi e Austriaci agivano lentamente e in disaccordo, e mentre i Francesi erano ancora battuti dal duca di Brunswick (16 luglio 1761). La guerra terrestre era virtualmente finita.

La guerra sul mare e oltremare. - Ebbe il suo paladino in William Pitt. Iniziatasi con qualche successo francese, piegò presto decisamente ad assoluto favore dell'Inghilterra. Due giorni dopo la dichiarazione delle ostilità, il 19 maggio 1756, dodici vascelli britannici comparivano nelle acque di Minorca che i Francesi stavano ancora occupando e, venuti a battaglia, finivano per ripiegare su Gibilterra. Col novembre, per una convenzione con Genova, la Francia otteneva una nuova base nei porti della Corsica; nell'anno seguente, ricacciava gl'Inglesi che per due volte tentavano impadronirsi di Saint-Malo e si opponeva gloriosamente ad un tentativo di sbarco nella Baia di Saint-Cast. I progetti di passare addirittura all'offensiva organizzando uno sbarco in Inghilterra, stringendo un'alleanza con l'Olanda, convincendo Svezia e Russia a gettare contro l'Inghilterra 15.000 uomini ciascuna, si mostrarono del tutto irrealizzabili. Ie Havre fu bombardato e una squadriglia che vi si costruiva, fu mandata alle fiamme; la squadra di Tolone, passato lo Stretto di Gibilterra, venne distrutta o dispersa (18 agosto 1759); quella di Brest fu battuta ingloriosamente presso Belle-Isle (20 novembre). Da questo momento la Francia cessò di avere una propria marina e vendette all'incanto le poche navi rimastele. La guerra marittima rimase affidata alle sole navi corsare che tra il 1756 e il 1761, inflissero agl'Inglesi una perdita di 3300 navigli, ma che non erano in grado di decidere del conflitto.

Pressoché indisturbata sui mari, l'Inghilterra poté così condurre più agevolmente le sue conquiste oltre i mari. Nell'America, dimenticata dalla corte di Versailles, Montcalm e Vaudreuil, costretti a sostenersi sulle risorse locali, realizzavano più di un prodigio. Il 14 agosto 1756, mentre gl'Inglesi attendevano rinforzi dall'Europa, Montcalm prendeva loro, con Oswego, sull'Ontario, 120 cannoni, 7 navi da guerra e 200 da trasporto e la brillante impresa, seguita l'anno successivo dall'acquisto del forte William Henry, servì a incutere terrore e rispetto e a conservare alla Francia la valle dell'Ohio. Ma i pochi soccorsi a stento ottenuti dall'Europa non giunsero a destinazione e le difese divennero impossibili. Su 1.120.000 Bianchi che nel 1755 si trovavano nelle colonie inglesi, i Francesi non ne contavano che poco più di 80.000, sparsi fra il Canada, la Louisiana, gli stabilimenti di San Lorenzo e l'Isola del Capo Bretone. Dall'Inghilterra di Pitt, tutta protesa verso quelle contrade giungevano invece uomini ed aiuti. Lo squilibrio segnava ormai il destino delle colonie di Francia. Il 25 luglio 1758 Luisburg, difesa da 5000 uomini, cadeva davanti all'attacco di 15.000 Inglesi e di 14 navi. Era il principio della fine. Mentre i Francesi si difendevano a Carillon, gl'Inglesi si impadronivano del forte di Fontenac e di quello Duquesne. Messo di fronte a quattro armate di più di 50.000 soldati, Montcalm si ridusse all'ultima difesa sotto le mura di Quebec, dove, con lui, caddero definitivamente le colonie francesi d'America (12 settembre 1759). Vaudreuil, ritiratosi a Montréal, capitolò l'8 settembre dell'anno seguente.

Non minore successo ebbero gl'Inglesi in India, dove s'impossessavano del Bengala sottomettendo il nababbo Suradja-ud-Daula, alleato dei Francesi, sconfiggendo questi ultimi nella battaglia di Chandernagor e affermando il proprio dominio in quella di Plassey (23 giugno 1757). Sulla costa del Coromandel, Lally-Tollendal, inviato dalla Francia per sostenere la guerra, mentre d'Aché aveva uno scontro indeciso con la flotta britannica, occupava Gondelour e Saint-David, la piazza più fortificata dell'India (maggio-giugno 1758). Agl'Inglesi non rimaneva che Madras. Lally, per prenderla, mancava di danaro. Per procurarsene aggredì il regno di Tandjore; ma gli eccessi compiuti provocarono una ritirata disastrosa; prese Arcote; ma non trovò gli attesi tesori. I pochi soccorsi che spediva la Francia finivano nelle mani della flotta. Non v'era che una soluzione: gettarsi su Madras, dove gl'Inglesi vivevano nell'abbondanza. L'impresa temeraria riuscì a mezzo, poi fallì (16 febbraio 1759). A Pondichéry, d'Aché, batté in ritirata davanti alla flotta britannica (27 settembre); le popolazioni in rivolta e gli ammutinamenti delle truppe non pagate, fecero il resto. Dopo una nuova sconfitta (gennaio 1760), i Francesi, ritiratisi a Pondichéry non avevano più che 1200 uomini. La disperata resistenza al blocco nemico finì in una durissima resa (18 gennaio 1761). Il mese seguente, con la caduta di Mahé, la dominazione francese era tramontata anche in India.

Davanti al generale disastro, la Francia che, fino dal 1759, aveva cercato di concludere una pace separata con l'Inghilterra, riprendeva le trattative nel 1761, a condizioni pur gravosissime (ultimatum di Choiseul, 9 settembre). L'inflessibilità che costò a Pitt il suo posto di governo, determinò l'entrata in guerra della Spagna, che, esasperata per la continua violazione dei diritti dei neutri, temendo che l'Inghilterra, impadronitasi delle colonie francesi, attaccasse quelle spagnole, strinse con la Francia un "patto di famiglia", che, legando i due rami della casa borbonica, avrebbe dovuto estendersi anche ai Borboni d'Italia. Si diede così all'Inghilterra l'occasione per occupare la Martinica, le Piccole Antille, l'Avana e Manilla (febbraio-settembre 1762).

La pace. - Quando nel 1761, dopo un segreto accordo con gli alleati, erano partite dalla Francia proposte di pace, accanto al rifiuto di Pitt, Federico II aveva alzato la voce per dichiarare che non avrebbe abbandonata la Slesia, anche se pochi mesi dopo scriveva: "io non vedo ciò che potrà allontanare o scongiurare la nostra sconfitta". Ma il 5 febbraio 1761 moriva Elisabetta di Russia, lasciando il trono a Pietro III, tedesco "puro" e ammiratore di Federico II, col quale si affrettò a firmare una tregua (16 marzo) e poi una pace (6 maggio), restituendogli prigionieri e provincie e inducendo alla pace anche la Svezia (22 maggio). Con l'esito della Russia la coalizione perdeva il più potente esercito ch'era stato opposto a Federico II, esercito di cui i precedenti alleati avevano temuto più i successi che le sconfitte, paventando ogni aumento della potenza russa. Ma Pietro III strinse anche un'alleanza con Federico e gli mandò 20.000 uomini. Federico riacquistò la Slesia, l'Austria riperdette la Sassonia, i Francesi vennero cacciati da Hesse e un'armata prussiana giunse fino al Danubio. Dopo i preliminari di Fontainebleau (3 novembre 1762), si firmarono i due trattati di pace: Parigi (10 febbraio 1763) e Hubertusburg (15 febbraio). Per il primo, che poneva fine alla guerra marittima e coloniale, la Francia restituiva Minorca e cedeva all'Inghilterra tutto il Canada con le sue dipendenze, meno la città di Nuova Orleans, alcune delle Antille, tutto il Senegal meno una piccola isola, e tutta l'India meno le cinque città che ancora le sono rimaste. La Spagna cedeva all'Inghilterra la Florida, ma aveva avuto dalla Francia la riva destra del Mississippi. Il trattato di Hubertusburg, col quale finì la guerra sul continente, riportò invece l'Europa allo stato quo ante, restituendo la Sassonia e lasciando alla Prussia la Slesia.

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