SIDE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

Vedi SIDE dell'anno: 1966 - 1997

SIDE (v. vol. VII, p. 279)

B. Pinna Caboni

Dell'ampia cinta muraria di età ellenistica, nel lato verso la terraferma, in aggiunta alle tredici torri e alla porta principale (citata come grande porta o porta sacra: Sinaxarium Ecclesiae Costantinopolitanae, f. 813, H. Delehaye, Bruxelles 1902; Nollé, 1993, p. 8, n. 46), è stata identificata, più a S, una seconda porta, anch'essa databile per tecnica costruttiva all'età ellenistica (tra il 188 e il 102 a.C.) e poi ampliata in età imperiale: attualmente nota come Porta Est, risulta composta da due passaggi che fiancheggiano uno spazio centrale chiuso adibito a posto di guardia, e immettono, come nella porta principale, in un'ampia corte di forma rettangolare, i cui muri presentavano una ricca articolazione architettonica a colonne.

Recenti indagini hanno stabilito che mura e porte hanno subito numerose ricostruzioni e interventi di restauro, riconoscibili per le diverse tecniche murarie e per l'impiego di malta e laterizî. La cronologia di tali interventi è inquadrabile dalla metà del III sec. d.C. fino all'VIII sec. d.C. e sembra che solo più tardi, tra la fine dell'VIII e il IX sec. o forse anche dopo, la città abbia ridotto il suo centro urbano alla zona compresa tra il porto, difeso ancora dall'antica cinta, e un nuovo muro che correva in direzione N-NO tagliando la città in due ed escludendone tutta l'area monumentale a oriente. Costruito con copioso materiale di reimpiego e malta, quest'ultimo inglobava il muro della scenae frons del teatro e il vicino arco monumentale che fu tamponato, salvo lo spazio per una piccola porta urbica. Inizialmente la cronologia di questo muro è stata condizionata dal ritrovamento, in una delle torri, di un'iscrizione che riporta il nome di un Attius Philippus, non altrimenti noto e ritenuto un governatore della Panfilia nel IV sec. in base al titolo di comes primi ordinis, creato da Costantino intorno al 330. Considerando invece l'iscrizione come un pezzo reimpiegato, è stato possibile mettere in relazione la costruzione del muro con le invasioni persiana e poi araba del VII sec. (Foss, 1977).

I numerosi frammenti architettonici rinvenuti hanno permesso di definire l'originarîa articolazione architettonica del monumentale ninfeo extraurbano eretto, intorno alla metà del II sec. d.C., di fronte alla porta principale. Due erano gli ordini di colonne che fiancheggiavano le nicchie, in corrispondenza delle quali le colonne dell'elaborato attico erano sormontate da una struttura timpanata con frontone di “tipo siriaco”. Il grande bacino antistante, il cui parapetto aveva lastre con scene mitologiche a rilievo, era preceduto da un'ampia area lastricata sopraelevata con tre gradini dal livello circostante.

All'estremità SO fu costruito fin dall'età ellenistica un impianto portuale quasi completamente artificiale, destinato a sostituire quello precedente insediato in una larga insenatura posta sul lato N, presso la terraferma. Il nuovo bacino, di forma triangolare, era chiuso da possenti moli in blocchi e conglomerato sui quali vennero impostate anche le mura urbiche, con due ingressi e un faro all'estrema punta N. Anche questo porto però, benché ampio, non era molto profondo (dai 3 ai 2 m) e tendeva a essere ostruito dal materiale trasportato alla foce dal Melas, specie per le correnti e i forti venti di SE. Si rendeva dunque necessaria una continua opera di drenaggio (Diogeniano, ni, 52): l'iscrizione onoraria di Flavius Areianus Alypios (Nollé, 1993, pp. 347-351, n. 64) ricorda l'intervento di questo governatore della Panfilia, della metà del IV sec., per rendere nuovamente fruibile il porto che, con fasi alterne, fu attivo fino alla prima età medievale, allorché si insabbiò completamente e le sue costruzioni furono distrutte e sostituite da un muro di difesa. Sembra che nel III sec., ma probabilmente anche prima, le banchine del porto fossero circondate da portici, come viene schematicamente riportato nelle monete di S. al tempo di Massimino il Trace (235-238) e di Valeriano (253-260). Benché lungo il lato N della penisola vi fossero altre rade e punti di approdo, cui corrispondevano gli ingressi nelle mura, il crescere del ruolo strategico di S. in età romana (Strab., XIV, 3,2) determinò la costruzione di un altro porto artificiale affiancato al precedente, e situato all'estremità NO della penisola. Questo porto, probabilmente di carattere militare, era provvisto di un più efficace sistema di drenaggio e lo affiancavano, a O, cantieri navali e bacini di carenaggio.

L'organizzazione urbanistica di S. in età ellenistica era condizionata da due importanti arterie viarîe che dalle porte urbiche conducevano al centro della città, dove si ergevano i più importanti edifici pubblici; qui era anche il confine tra il precedente insediamento arcaico e classico e l'area del nuovo ampliamento ellenistico. Quest'ultimo venne suddiviso da due arterie in tre quartieri con isolati probabilmente irregolari (πλινθεĩα). In età romana, solo l'arteria Ν (larga c.a 9,50 m) venne colonnata. Dalla porta principale, essa raggiungeva il centro da dove, attraverso un arco monumentale, proseguiva all'interno della città vecchia in direzione NE-SO, fino alla zona del porto; in questo punto si apriva una piazza intorno alla quale si disponevano i più importanti edifici religiosi della città. Un'altra strada colonnata, leggermente più stretta, fu inoltre costruita con direzione SO per collegare la porta principale con l'altra importante arteria meridionale che partiva dalla “Porta Est” per raggiungere il centro, ma che non fu mai colonnata. L'intera città di età imperiale dovette essere organizzata in un numero di quartieri maggiore rispetto a quelli di età ellenistica (almeno cinque in base alla viabilità), con amministrazioni indipendenti almeno dalla fine del III sec., e con nomi legati ai monumenti più significativi (quartiere della grande porta, della quadriga, dell'altare di Zeus, della grande fabbrica).

Non sono stati ancora individuati i resti di alcuni importanti edifici pubblici come il ginnasio - benchè due iscrizioni (Nollé, 1993, p. 9, nn. 52, 75, 103) riportino l'esistenza di ginnasiarchi - e lo stadio, anche se è possibile che le gare di corsa e gli agoni ippici si svolgessero nel vallo a ridosso del fianco settentrionale della mura.

Il polo urbanistico meglio definito è quello del centro monumentale della città, servito dalla maggiore arteria colonnata il cui snodo direzionale verso la città vecchia era segnato da un arco monumentale a un fornice, costruito in età severiana.

Del teatro, il cui impianto di II sec. d.C. ha completamente obliterato quello di età ellenistica, è ancora apprezzabile la peculiarità costruttiva del settore superiore della cavea che, invece di sfruttare il pendio naturale, è sorretto da un doppio ordine di strutture voltate: quello inferiore, la galleria esterna e le pàrodoi si sono perfettamente conservati nonché le scale che conducono al diàzoma con i cinque ingressi tra i quali si aprivano quattordici negozi; l'imponente scenae frons è invece in gran parte crollata sul pavimento marmoreo dell'orchestra e i resti permettono di ricostruirne l'alzato (di c.a 20 m di altezza) con un alto zoccolo, decorato da un fregio continuo di scene relative alle origini mitologiche di S., sul quale s'impostava la consueta articolazione a doppio ordine di colonne. Il primo era di ordine composito con fusti in granito e fregio con maschere teatrali; il secondo, invece, di ordine corinzio con il fregio a girali d'acanto popolato, che inquadrava ricche edicole timpanate e arcuate, nelle quali il riquadro centrale del soffitto era decorato col busto di una divinità (Apollo, Atena, Artemide, Demetra), di una Kore o di alcune Muse. L'orchestra fu poi trasformata in arena e attrezzata anche per naumachie; in età bizantina nel teatro furono allestite due chiese.

All'età ellenistica dovrebbe risalire anche l'impianto di un tempio situato all'estremità settentrionale della grande via colonnata, subito a N del teatro e per questo verosimilmente dedicato a Dioniso; venne ricostruito in età romana, probabilmente in occasione del rifacimento del vicino teatro che anzi si sovrappone parzialmente all'originarîa struttura con una sezione della galleria esterna. Il nuovo tempio doveva presentarsi come un piccolo pseudoperiptero tetrastilo con le colonne in granito rosso e i capitelli corinzî in marmo bianco, ma la struttura muraria in calcare.

L'agorà, identificata subito a E del teatro in un'ampia area quadrata e porticata, con colonne in granito, basi ionico-attiche e capitelli corinzî in marmo bianco, è inquadrabile cronologicamente nel II secolo. Un monumentale pròpylon si apriva a settentrione sulla via colonnata e una serie di botteghe era posta dietro i portici NE e NO, mentre la sezione adiacente la scena del teatro era costituita da un'area coperta da volte. La thòlos centrale, come nel caso della vicina Perge, è stata identificata con un Tychàion ricostruibile con una peristasi di dodici colonne corinzie su alto podio, una scalea d'accesso sul lato O, e una copertura conica che mascherava quella interna a semicalotta. Ai quattro angoli dell'area erano esedre per comizi e dietro quella orientale, con accesso dall'interno dell'agorà, ma anche direttamente dalla strada, si trovava una latrina semianulare, con volta a mosaico, marmi alle pareti e con un complesso sistema di drenaggio per le acque sporche e un canale semicircolare dove scorrevano quelle pulite.

Dall'altra parte della strada colonnata, di fronte all'agorà si trova un ampio complesso termale, realizzato nel V sec., riconducibile alla diffusa tipologia microasiatica delle terme a pianta asimmetrica i cui vani si presentano però ortogonali tra loro, secondo un modello ben esemplificato dalle grandi terme di Faustina a Mileto. Peculiare inoltre è l'ampia sala voltata del frigidarium che, invece della lunga vasca centrale, presenta una serie di vasche rettangolari o semicircolari organizzate come spazi indipendenti lungo i suoi bordi, secondo un modello tipico delle provincie microasiatiche meridionali e sud-occidentali. Dei due ambienti circolari, uno è occupato interamente da una piscina non riscaldata - un piccolo frigidarium - e l'altro, riscaldato da un ipocausto, poteva essere un laconicum oppure un vestibolo, specie per la sua posizione tra il calidarium e l’apodyterium. A N si sviluppa l'ampia palestra con portici lungo i lati lunghi e retrostanti botteghe. Il complesso termale è attualmente destinato a spazio espositivo per le numerose opere scultoree rinvenute nel sito.

A 20-30 m a E dell'agorà, è conservato un isolato con due case, le uniche testimonianze di edilizia abitativa scavate a Side. La prima, detta delle mensole, affacciava sulla via colonnata con tre botteghe, ma l'ingresso vero e proprio era su una via secondaria. Era composta da due corti a cielo aperto, pavimentate a lastre di pietra calcarea e con le stanze disposte tutt'attorno su due livelli: le grosse mensole in calcare ancora conservate, sorreggevano infatti le travi del pavimento del secondo piano. Una sola corte a peristilio distingueva invece l'impianto dell'altra: entrambe risalgono all'età ellenistica (tra il I e il II sec. a.C.) ma furono abitate, senza eccessive modifiche, fino alla fine del V secolo.

A S di questo centro cittadino e a esso collegato con una strada che partiva dal portico meridionale dell'agorà, purtroppo assai danneggiata dalla costruzione delle mura tardo-antiche, si trova un altro grande complesso (edificio M) costituito da un'ampia piazza quadrata e porticata con colonne di ordine ionico, sul cui lato orientale si attestava un'imponente struttura divisa in tre sezioni di cui quella centrale, più ampia ed elaborata, aveva la fronte esastila e corinzia, marcata da un leggero aggetto dell'antistante tratto del colonnato del portico. L'articolazione interna delle sue pareti, rivestite in marmo, prevedeva un doppio ordine di grandi nicchie voltate entro una struttura timpanata - tre nel muro di fondo, due in quelli laterali e una in ciascun angolo per ogni piano. Le nicchie erano inquadrate da un doppio ordine di colonne corinzie che, poste su un alto basamento con avancorpi, formavano edicole architravate e, nell'ordine superiore, timpanate. Nelle nicchie e nelle edicole era collocato un gran numero di statue, in gran parte recuperate nel corso degli scavi (Nemesis, Nike, Igea, Apollo «tipo Kassel», statue di imperatori e atleti). Gli ambienti laterali - solo quello meridionale però è stato completamente indagato - avevano lo spazio interno diviso in tre navate da due file di due ordini di colonne corinzie focalizzanti verso il muro di fondo nel quale si aprivano tre grandi nicchie mentre, sulla parete settentrionale, si trovavano cinque nicchie più piccole. Per la mancanza di fonti epigrafiche, la destinazione del complesso, inquadrabile nel II sec., è incerta: l'organizzazione e l'apparato decorativo, specie scultoreo, dei tre ambienti porta a identificare quello centrale come una sala destinata al culto imperiale, e quelli laterali come biblioteca o archivio; l'area porticata antistante potrebbe essere stata un ginnasio con annessa la sala per il culto imperiale, secondo il modello del ginnasio di Vedio a Efeso, oppure una seconda agorà, fiancheggiata da tre ampî ambienti invece che da un'unica aula basilicale.

All'estremità SO della penisola, subito a E del porto, dove arrivava anche la grande strada colonnata, era il centro religioso della città: qui sono stati rinvenuti gli edifici templari più significativi, databili alla piena età imperiale. Dei due templi affiancati, il maggiore era dedicato ad Atena, forse la divinità poliade, ma è stato in gran parte distrutto in età bizantina, per cui rimangono la struttura della crepidine e solo alcuni resti delle ventiquattro colonne scanalate con basi ionico-attiche e capitelli compositi. Il vicino tempio dedicato forse ad Apollo (tempio 1) conserva ancora buona parte della sua decorazione architettonica: basi ionico-attiche, capitelli corinzî e trabeazione con architrave a fasce e cornice con gocciolatoi a protomi leonine; ma è soprattutto il fregio, con la sua ricca decorazione a protomi antropomorfe, a offrire un valido contributo per alcune valutazioni sulla produzione architettonica microasiatica tra il II e il III sec. d.C., e sui suoi rapporti con l'Occidente romano. In particolare le protomi gorgoniche in disposizione metopale, separate da mensole verticali che nascono da cespi d'acanto i cui viticci si diramano in modo simmetrico, trovano un preciso confronto col fregio del Traianeo di Pergamo e, con alcune varianti, con quello del Tempio di Apollo a Didyma (II Didymàion), datati tra la fine dell'età traianea è gli inizî di quella adrianea: le analogie tra il Traianeo e alcuni elementi del grande Tempio di Atena (tempio 2) e del Tychàion dell'agorà di S., hanno fatto pensare a maestranze comuni (Heilmeyer, 1995).

Non lontano da questi due templi, all'estremità meridionale della piazza dove terminava la grande strada colonnata N-S, sorgeva un tempio a pianta semicircolare con fronte tetrastila, corinzia, ma con un intercolummnio centrale particolarmente ampio e preceduto da un'imponente scalinata. Databile agli inizî del III sec. d.C., il tempio era dedicato al dio Men, come può dedursi dal rilievo di un busto con copricapo di forma conica originarîamente posto nel timpano.

Sempre nella zona del porto, si trovano due complessi termali, assai ben conservati: il più antico della città, risalente al II sec., all'estremità NE del porto, e l'altro, il maggiore della città, costruito nel III sec. e utilizzato fino al VI, poco più a S, separato dal precedente dalla grande strada colonnata. Il primo dei due complessi, le “terme del porto”, presenta una semplice serie di dieci vani paralleli, coperti da volta a botte e comunicanti tra loro; tra gli ampi ambienti voltati del secondo complesso, le “grandi terme”, sempre a disposizione asimmetrica, si distinguono il calidarium, con tre vasche indipendenti e copertura a crociera, il tepidarium diviso in tre sezioni, il frigidarium caratterizzato invece da un'unica vasca, e un grande ambiente con articolazione a nicchie e pilastri, poi chiusi, che davano sull'ampio spazio antistante della palestra; nell’apodyterium, infine, si è conservato un bel fregio con corteo di Nereidi e Tritoni che nella parte retrostante presenta Eroti con ghirlande alternati a protomi umane.

In età tardoantica, e non già con la tetrarchia di Diocleziano, ma piuttosto nel corso dei secoli IV e V, l'aspetto di S. dovette mutare radicalmente: eventi traumatici - i ripetuti attacchi delle tribù montane degli Isauri, le invasioni dei Persiani e dei Goti, nonchè la crisi monetaria della fine del III sec., determinarono infatti un periodo di crisi tra la seconda metà del III sec. e gli inizî del IV sec., testimoniato anche dal riuso di strutture più antiche e dal crollo nella qualità della lavorazione artistica (nelle statue, p.es., viene semplicemente sostituita la testa). Dalla seconda metà del IV sec. si assiste alla netta rinascita della città, attestata dal ripristino del funzionamento del porto nel 340 a opera di Flavius Areianus Alypios - premessa indispensabile per la ripresa economica e commerciale e per la difesa militare - e dal rifiorire dell'attività edilizia, già favorita dagli aiuti concessi dall'imperatrice Elena durante la sua visita nel 327, nel corso di un suo viaggio in Oriente e in Terrasanta. Probabilmente la città ricevette anche aiuti governativi, come sembra confermare l'iscrizione del vicario Attius Philippos, che fornisce la città di una regolamentazione edilizia. Nel corso del IV sec., S. e Perge si contendevano il primato sulla Panfilia, ma presumibilmente fin dalla fine del IV sec., prima quindi del Concilio di Efeso (431), si fregiarono entrambe del titolo di metropoli essendo divenute, nel corso del secolo, importanti centri cristiani. Fintanto che l'amministrazione ecclesiastica lo consentì, furono rispettivamente metropoli della Paraphilia Prima - a E - e Secunda - a O -, ma dopo il Concilio di Calcedonia (451), che impose la coincidenza del titolo ecclesiastico con quello di capitale provinciale, sembra comunque che S. abbia mantenuto il rango più alto come pare confermare anche l'importanza dei monumenti costruiti fino al V-VI secolo. Molti monumenti antichi, riparati e abbelliti, restarono in uso, come le mura, gli acquedotti, il teatro, e la principale strada colonnata, i cui portici vennero ornati da mosaici; l'attività costruttiva interessò, oltre l'edilizia religiosa, anche quella civile. Vennero infatti costruiti le terme dell'agorà, già descritte, una grande villa situata nella parte SE della penisola, formata da numerosi ambienti coperti a cupola su archi in laterizi disposti intorno a una corte, nonché un nuovo foro, noto come foro di Arcadio (383-408), eretto agli inizî del V sec. nell'area compresa tra la grande porta urbica e l'antistante ninfeo. La costruzione di nuovi impianti chiesastici ebbe inizio nel IV sec., mentre la loro sovrapposizione a edifici più antichi, specie templi, cominciò solo agli inizî del V sec., dopo che, con l'editto di Teodosio (391-395), venne vietata la celebrazione dei culti pagani: sorse così, tra il V e il VI sec., la basilica meridionale, nel centro pagano della città - ossia nell'area dei templi di Atena e di Apollo, inglobati nel grande atrio della chiesa a tre navate; un altro impianto basilicale, tipologicamente simile, fu costruito a NO del teatro, mentre nel teatro stesso, luogo del martirio di molti cristiani di S., furono erette due cappelle alle estremità E e O della cavea e, presumibilmente in questa occasione, fu distrutta la maggior parte della decorazione architettonica e figurativa.

Nella parte SE della città, a c.a 150 m dalla porta principale, è conservato uno dei complessi tardo-antichi più vasti e importanti dell'Asia Minore, identificabile come palazzo episcopale per la presenza di una grande chiesa episcopale, un battistero, altri edifici per il culto e una serie di ambienti a destinazione residenziale. Il complesso si presenta come un vero e proprio quartiere (l'area è di c.a m 117x160), completamente circondato da un muro e accessibile da N, dove arrivava la seconda via colonnata che, così bloccata, venne a costituire il sontuoso percorso d'accesso. Quest'ultimo introduceva nell'atrio della grande basilica a tre navate, costruita con una notevole quantità di materiale di spoglio che occupava la metà settentrionale del complesso assieme ad altri due edifici, un triconco e un battistero composto da tre ambienti, preceduti da un lungo corridoio, di cui quello centrale con la grande vasca battesimale marmorea. Dal blocco centrale, identificato come un martyrion e composto da due vani a pianta cruciforme coperti da cupole e da un terzo vano rettangolare, preceduti ciascuno da un'anticamera, si accede al blocco che sembra essere stata la residenza del vescovo, di cui restano una grande cisterna e, probabilmente, un impianto termale formato da una serie di ambienti voltati, una lunga sala voltata e altri ambienti minori; gli alloggi potevano essere al piano superiore. In un gruppo di ambienti più a S, si trova una piccola chiesa, probabilmente la “cappella privata” e un ampio triconco, preceduto da una sala, evidentemente l'ambiente di rappresentanza. Di notevole interesse sono le caratteristiche architettonico-costruttive della cappella che si ripetono, in scala maggiore, nella chiesa (chiesa H) posta nei pressi dell'Episkopèion, dall'altra parte della strada colonnata: analoghi l'assetto stilistico dell'abside nonché la sistemazione del synthronon e dello spazio centrale sormontato da una cupola sorretta da quattro colonne. In base a una rilettura dei resti e delle epigrafi, è stata proposta (Ruggieri, 1995) la contemporaneità delle due chiese e la loro attribuzione a nuovo ambito cronologico da porsi fra la seconda metà dell'VIII e la seconda metà del IX secolo. Queste due chiese testimonierebbero pertanto la continuazione della vita in tutto il tessuto urbano della città anche dopo la costruzione del muro difensivo dell'VIII sec., da considerarsi un castrum od ochyròma di ulteriore difesa all'interno della città.

La necropoli è situata subito fuori delle mura verso l'entroterra, in una vasta area che raggiunge le due coste della penisola: la maggior parte delle sepolture appartiene all'età romano-imperiale, ma la frequentazione è attestata fino all'epoca bizantina. Riguardo all'imponente tomba a tempio prostilo, tetrastilo con frontone di “tipo siriaco” entro una corte porticata preceduta da un ampio recinto, conservata nella zona occidentale e datata all'età dioclezianea, un'attenta analisi del suo ricco apparato architettonico ha permesso di alzare la sua datazione tra il II e gli inizî del III sec. d.C., in base al confronto con numerosi monumenti in ambito microasiatico e, a S. stessa, con il ninfeo extraurbano di fronte alla «grande porta» urbica (Kramer, 1983). Il secondo grande mausoleo, nella necropoli orientale, caratterizzato da un'articolazione tetracora delle nicchie, trova confronto in mausolei analoghi in Asia Minore e in Siria, databili tra il IV e il V secolo.

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