SIEROTERAPIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

SIEROTERAPIA (XXXI, p. 725)

Brenno BABUDIERI
Alfredo CURATOLO

In questi ultimi anni le indicazioni deìla sieroterapia non si sono gran che estese, anzi in qualche campo si sono piuttosto ridotte. Questo regresso è dovuto essenzialmente all'introduzione in medicina di nuovi potenti mezzi terapeutici, quali i sulfamidici e gli antibiotici (penicillina, streptomicina, ecc.), mezzi che in molti casi modificano in senso favorevole il decorso della malattia, con maggiore rapidità e decisione di quanto lo possa fare la sieroterapia. Così il siero anti-leptospira, quello anti-streptococcico, anti-pneumococcico, anti-meningococcico, ecc., sono più scarsameme usati e in qualche caso sono stati addirittura abbandonati. In determinate malattie (meningite cerebrospinale epidemica, meningite da b. di Pfeiffer, ecc.) l'associazione sierosulfamidico o siero-antibiotico si è rivelata invece di singolare efficacia e ha dato risultati superiori a quelli ottenibili dall'impiego di uno solo dei due mezzi terapeutici.

Tutto ciò vale naturalmente per i sieri anti-batterici. Quelli antitossici invece sono ancor oggi largamente usati là dove la gravità della sintomatologia morbosa è essenzialmente determinata dalle esotossine che l'agente morbigeno diffonde nell'organismo.

I maggiori progressi ottenuti in questi ultimi anni nel campo dei sieri terapeutici, sono quelli dovuti alla migliore conoscenza circa la distribuzione degli anticorpi nelle varie frazioni proteiche del siero. Ciò ha permesso di ottenere, mediante delicati procedimenti di precipitazioni frazionate, di adsorbimenti e di dialisi, sieri dotati di altissima attività e privi o per lo meno poveri, di componenti inerti o di componenti dannosi.

Questi sieri si son potuti concentrare, così da portarli ad avere in scarso volume un altissimo titolo di unità immunizzanti. Se ad esempio consideriamo il siero più largamente usato, quello anti-difterico, vediamo che mentre agli albori della sieroterapia, nel 1896, per somministrare al paziente 10.000 unità immunizzanti occorreva iniettare 50 cc. di liquido, questo volume si era ridotto a 10 cc. nel 1910, a 5 cc. nel 1931 e a meno di 2 cc. nel 1946.

Un altro recentissimo procedimento, quello del trattamento dei sieri con enzimi proteolitici, costituisce l'ultima conquista in questo campo e permette di ottenere sieri non solo pressoché completamente privi di proteine inattive, ma anche modificati nel loro contenuto di globuline attive, in modo da eliminare interamente o quasi i pericoli ed i disturbi dell'accesso anafilattico e della malattia da siero. Per il cosiddetto ittero da siero o ittero da siringa, v. fegato, in questa App.

Bibl.: H. Schmidt, Grundlagen der spezifischen Therapie, Berlino 1940; H.J. Parish, Bacterial and Virus diseases, Edimburgo 1948.

Siero citotossico antireticolare (SCA).

Introdotto dallo scienziato ucraino A. Bogomolec, è un immunsiero che contiene anticorpi specificamente diretti contro le cellule del sistema reticolo-endoteliale. Lo SCA ad uso umano si prepara inoculando animali sieroproduttori (coniglio, montone, cavallo) con una sospensione di cellule provenienti da un miscuglio di 1-2 parti di midollo osseo e 8-9 parti di milza di uomo, deceduto da non oltre 6 ore, per cause non patologiche (morti per accidenti). Le realizzazioni che si prefigge lo SCA derivano dalle conoscenze concernenti i sieri citotossici in generale, e da quelle relative al sistema reticolo-endoteliale.

Le prime ricerche sui sieri citotossici avevano già accertato che gli anticorpi anticellula, o citotossine, mentre ad alta concentrazione tendono a distruggere, a bassa concentrazione, invece, hanno la capacità di stimolare quelle stesse cellule verso le quali sono specificamente diretti.

Nel corso delle sue ricerche sulla senescenza, A. Bogomolec, profondamente impressionato dell'enorme importanza fisiologica del sistema reticolo-endoteliale, i cui confini sono da taluni estesi sino a comprendere quasi tutto il connettivo dell'organismo, fu indotto ad affermare che "l'età e la salute del corpo sono in gran parte determinate dalle condizioni fisiologiche del sistema connettivale". Lo scienziato russo pensò allora di realizzare un siero citotossico anti reticolo-endotelio, con l'intento di sfruttarne l'azione stimolante delle piccole dosi. Infatti, non essendovi praticamente processo morboso cui direttamente o indirettamente non partecipi il sistema reticolo-endoteliale, è ovvio che se lo SCA possiede realmente la capacità di stimolarne l'attività, esso può rappresentare un prezioso ausilio alle attuali risorse della terapia.

I Russi vantano già buoni risultati dall'impiego delle piccole dosi di SCA nel corso delle infezioni in genere, durante i processi di riparazione (piaghe, ferite, fratture), in molte malattie metaboliche ed in talune malattie mentali. Vi è grande aspettativa anche per quanto riguarda l'impiego dello SCA nel trattamento dei tumori maligni. I Russi, che l'hanno sperimentato su vasta scala, ne preconizzano l'impiego sistematico, a complemento delle cure chirurgiche, Roentgen- e Radium-terapiche, per la prevenzione delle metastasi e delle recidive.

Bibl.: Vedi la relazione dello stesso Bogomolec in Giornale medico dell'Accademia delle scienze della R.S.S. Ucraina, XIII, 1942, p. 38; e inoltre: R. Straus, in Journal of Immunology, LIV (2), 1942, p. 151; A. Curatolo, in Oncologia, XXII, 1948, p. 112.

Preparazione industriale dei sieri terapeutici.

Si preparano inoculando sottocute o, più spesso, endovena ad un animale (per lo più cavallo, più di rado bue, pecora, coniglio) un determinato antigene, costituito sia da una sospensione batterica, sia da una tossina o anatossina. L'inoculazione va ripetuta più volte, in genere ad intervalli di una settimana, aumentando gradatamente la dose dell'antigene somministrato. Allo scopo di determinare una più intensa produzione di anticorpi da parte dell'animale, alla tossina o anatossina s'associano spesso sostanze atte a determinare una reazione infiammatoria locale e a rallentare l'assorbimento dell'antigene, quali la tapioca o l'idrossido d'alluminio.

Quando l'immunizzazione dell'animale ha raggiunto un alto grado, controllato su campioni di sangue prelevati di tanto in tanto, si procede al salasso con cautele di asepsi. Per ragioni economiche non è opportuno sottrarre all'animale la massima quantità possibile di sangue, ma conviene limitarsi a quella quantità che non comprometta la vita e la salute di esso. In pratica dal cavallo si può ottenere con ogni salasso un litro o poco più di sangue per ogni 100 kg. di peso dell'animale.

Il sangue viene lasciato coagulare e dal coagulo si ottiene, per spremitura, il siero, il quale, dopo esser stato controllato dal punto di vista della sterilità e dell'innocuità e dosato nel suo contenuto di anticorpi, viene messo in fiale ed è pronto per l'uso. In genere però prima d'essere impiegato il siero viene lasciato riposare per un periodo di alcune settimane o di un paio di mesi. Con questo invecchiamento si ottengono due risultati: si stabilizza il valore terapeutico del siero che nelle prime settimane subisce una brusca diminuzione, e si diminuisce la sua capacità di dare, se inoculato, spiacevoli reazioni aspecifiche.

Attualmente si tende ad usare sieri che in scarso volume contengano un'alta quantità di anticorpi e che siano il più possibile scarsi di proteine aspecifiche e dannose. Questo scopo viene raggiunto purificando i sieri, previa concentrazione ottenuta approfittando della circostanza che gli anticorpi non sono uniformemente distribuiti nelle varie frazioni proteiche del siero, ma sono invece addensati in alcune delle sue frazioni globuliniche: con l'aggiunta di soluzioni variamente concentrate di solfato d'ammonio è possibile precipitare dal siero esclusivamente tali frazioni. Il precipitato viene poi ridisciolto in acqua e i sali ne sono allontanati per mezzo di processi di dialisi o di elettrodialisi. Un più recente processo di purificazione dei sieri si basa sull'uso di fermenti selettivi che portano alla decomposizione e al successivo allontanamento delle proteine inattive.

I sieri, se sterili, possono essere conservati senza aggiunta di sostanze antisettiche, più spesso però, per maggior sicurezza, viene loro aggiunto il 0,5% di fenolo, o di chinosol o di sostanze analoghe. I sieri dopo una iniziale rapida diminuzione di attività, continuano col tempo a perdere, sia pure più lentamente, la loro efficacia. Ciò nonostante, e naturalmente a condizione che siano stati ben conservati, possono essere usati per un periodo di due anni e forse anche per un tempo più lungo.

L'industria dei sieri terapeutici richiede un personale specializzato, un'attrezzatura tecnica non indifferente e l'impiego di notevoli capitali. Perciò solo pochi grandi istituti sono in grado di prepararli su scala commerciale. Essi associano per lo più tale produzione a quella, economicamente più redditizia, dei vaccini. In quasi ogni paese la produzione dei sieri è condizionata ad una particolare autorizzazione e sottoposta a sorveglianza statale: in Italia questa sorveglianza viene esercitata dall'Alto commissariato per l'igiene e la sanità il quale, attraverso l'Istituto superiore di sanità, controlla ogni partita di siero che sia destinata a venir messa in commercio.