Orlando, Silvio

Lessico del XXI Secolo (2013)

Orlando, Silvio


Orlando, Silvio. – Attore cinematografico (n. Napoli 1957). Tra i più amati interpreti del cinema italiano dell’ultimo decennio del 20° sec., O. si conferma, all’inizio del nuovo millennio, come attore di spicco e di pregio nel panorama cinematografico nostrano. Grazie alla sua malinconica recitazione, a volte collerica a volte intimista, riesce sempre a commuovere e a dare spessore a personaggi e film. Nel 2001, sotto la direzione di Nanni Moretti, impersona con la consueta meticolosa ossessività uno dei pazienti di uno psicanalista (Moretti) in La stanza del figlio, film che vincerà la Palma d’oro al Festival di Cannes. Sempre nello stesso anno convince, recitando per la prima volta la parte del cattivo, per l'interpretazione di uno strozzino senza scrupoli in Luce dei miei occhi di Giuseppe Piccioni. Tuttavia è nuovamente per mano di Moretti ne Il caimano (2006) che mette a segno la sua migliore interpretazione: Bruno Bonomo, autore e regista di filmetti horror, improduttivo da anni che vede crollare in un rocambolesco succedersi di eventi i suoi sogni artistici e privati. O. riesce a infondere a questo personaggio una concretezza fuggevole, sempre in bilico tra sogno e realtà, catastrofe e speranza, che gli varrà il David di Donatello nel 2006. Sempre a fianco di Moretti, stavolta diretto da Antonello Grimaldi, è Samuele in Caos calmo (2008) cui trasmette tutte le sue squisite qualità interpretative e umane. Nello stesso anno O. dà vita a un difficile personaggio, il papà di Giovanna nell’omonimo film di Pupi Avati. Complicato e contraddittorio, innamorato perdutamente della figlia anche quando diventa un’omicida, O. impersona alla perfezione tutto il male e il fallimento generati da un amore indiscusso e totalizzante, aggiudicandosi la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile alla Mostra del cinema di Venezia. Da segnalare, infine, la parte di Gianni Dubois in La passione (2010) di Mimmo Calopresti, personaggio che a tratti ricorda quello de Il caimano, perché O. è ancora una volta un regista frustrato, un uomo sull’orlo del fallimento, ma in sintonia con la sua anima.

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